Il caso Al Dura: cronaca di una bugia fatta passare per realtà

 
esnaider
18 novembre 2007
3 commenti

 16 novembre 2007

Finto bimbo morto E’ un bluff la foto che scatenò l’intifada  

La morte di Mohammed Al Dura era un falso

Che i mezzi di informazione siano in misura preoccupante schierati contro Israele non è una novità. La menzogna, a furia di essere ripetuta, può persino diventare una verità, come diceva uno che se ne intendeva, il famigerato dottor Goebbels, l’inventore della propaganda nazista. Uno dei casi più esemplari è quello di Mohammed Al-Dura, il bambino palestinese, ripreso tra le braccia del padre durante un conflitto a fuoco tra soldati israeliani e palestinesi all’incrocio di Netzarim prima dello scoppio dell’Intifada. Un caso diventato famoso in tutto il mondo grazie a France 2, una rete televisiva che ricora da vicino la nostra Rai 3, la vecchia Telekabul rimasta antiamericana e antisraeliana quanto lo era sotto la direzione di Sandro Curzi..

Il fatto accadde il 30 settembre 2000, quando il corrispondente Charles Enderlin mandò in onda un filmato nel quale si accusava apertamente i soldati israeliani di avere colpito in piccolo Mohammed causandone la morte. Quell’immagine, il volto disperato  del padre accovacciato per terra, nel tentativo di ripararsi dalle pallottole, con il figlio tra le braccia, fece il giro del mondo, giornali e Tv la diffusero, e continuano a farlo, per dimostrare la “crudeltà” dell’esercito israeliano. In Tunisia venne emesso addirittura un francobollo commemorativo, e in molte città nei paesi arabi sono stati eretti monumenti alla sua memoria, un simbolo del popolo palestinese vittima della brutalità israeliana. Quelle immagini aggiunsero fuoco all’inizio dell’intifada.

Peccato che il servizio non raccontasse il vero, una verità che è venuta fuori dopo le inchieste in Israele, ma che sarebbero rimasta un documento burocratico se un francese coraggioso, Philippe Karsenty, non avesse sporto denuncia contro France 2 e il suo corrispondente da Israele. L’inchiesta appurò infatti che i colpi non potevano essere partiti dai soldati israeliani, perché questa spiegazione era in contrasto con la loro postazione, da lì non avrebbero potuto colpire Mohammed a suo padre, mentre era sicuro che i colpi potevano essere arrivati da parte palestinese, alla quale poteva essere utile, come poi i fatti hanno dimostrato, creare un caso internazionale che danneggiasse l’immagine dello stato ebraico. France 2 ha sempre rifiutato di far conoscere l’intero filmato  – la trasmissione andata in onda durava 3 minuti, mentre l’intera registrazione delle riprese era di 45 – dalla quale si sarebbe potuto verificare come i fatti si erano realmente svolti.

Per obbligarla a farlo c’è voluta la denuncia di Karsenty. Mercoledì c’è stata in tribunale a Parigi l’udienza in Corte d’Appello, dopo che la prima sentenza aveva dato ragione all’emittente televisiva, sentenza che aveva avuto anche il sostegno dell’allora presidente Chirac.In appello la corte visionerà l’intero servizio, dal quale si vede chiaramente che non c’è stato nessun ferito o colpito a morto, incluso Mohammed, che alla fine delle riprese è vivo, senza dare nessun segno di essere stato colpito. Elderlin finora ha dichiarato che le riprese erano state fatte da un cameraman palestinese di Gaza. Nell’edizione “lunga” del film si capisce che l’intero servizio è il risultato di vari collages, non una ripresa unica del fatto, e che non c’è nessuna dimostrazione che il ragazzo sia morto. Nelle ultime sequenze risulta vivo, visto che parla con il padre. Persino quando viene presentato come ucciso, si vede chiaramente che muove le braccia. La sentenza si avrà a febbraio, ma quello che va sottolineato fin da subito è il silenzio dei media internazionali sull’intera vicenda. La storia intorno a Mohammed Al-Dura è esemplare. E’ stata costruita senza che la minima investigazione venisse fatta, né da France 2 né dai media che l’hanno ripresa ciecamente. Se staranno zitti ancora una volta su quanto sta avvenendo nella Corte d’Appello di Parigi, allora quel silenzio avrà una sola spiegazione possibile.

Angelo Pezzana

www.liberaliperisraele.ilcannocchiale.it

05.10.2007 Un falso smascherato: qualcuno ne dà notizia
informazione sul caso Al Dura
Testata: Tgcom
Data: 05 ottobre 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «M.O., mito bimbo-martire era falso»
Il TGCOM informa correttamente riguardo il caso di Mohammed Al-Dura a questo URL: http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo382067.shtml .Titolo del messaggio: “M.O., mito bimbo-martire era falso”. Dopo 7 anni: filmato costruito ad hoc”

Ecco l’articolo:Sette anni dopo la diffusione delle immagini della sua fucilazione col padre sotto una pioggia di proiettili, il mito del bambino palestinese martire crolla. E si scopre che il filmato, mandato in onda su France 2, di Mohammed Al-Dura, fu costruito ad hoc per incolpare gli israeliani. La verità emerge da un tribunale francese per il quale l’operazione servì a giustificare l’inizio della 2° Intifada. Il bimbo pare ancora vivo.Come rivela sul Giornale, la corrispondente Fiamma Nierestein, che all’epoca si occupò della vicenda, i 59 secondi dell’episodio, mandati in onda dalla tv pubblica francese France 2, furono un’operazione di taglia e cuci studiata a tavolino sotto un’abile regia politica.

Ma poiché le bugie hanno le gambe corte, sette anni dopo, in nome della correttezza dell’informazione, un tribunale francese ritorna sul caso e intima all’emittente di consegnare tutto il materiale, il filmato completo. E, dopo questa mossa, Dani Seaman, il direttore del Press Office israeliano, colui che accredita i giornalisti in Terra Santa, esce allo scoperto e dichiara che il video fu un falso.

Così ora France 2, che finora si era sempre rifiutata di farlo, dovrà consegnare alle autorità tutto il filmato (27 minuti complessivi), girato dal cameraman arabo Abu Rahman.

Nel video si assisteva allo scontro a Netzarim, dove da una parte alcune migliaia di palestinesi assaltarono un posto di guardia israeliano e, dall’altra, la risposta dei soldati dello stato ebraico. Nelle immagini si vedevano addossati ad un muro padre e figlio investiti da una vera e propria fucilazione. Il bimbo, che sembrava fosse stato ucciso, divenne proprio grazie al quel filmato, il simbolo del martire innocente.

Il suo nome venne invocato in varie altre circostanze: quando fu assassinato il giornalista Daniel Pearl, in un video in cui Bin Laden reclutava combattenti e nel video-testamento della terrorista suicida Wafa al-Samir.

Ma ora si scopre che gli israeliani non potevano aver colpito il bambino perché erano in posizione laterale, mentre i colpi sono stati sparati frontalmente (quindi forse dagli stessi palestinesi). E poi, in tutto il filmato, non si vede una goccia di sangue.

Ora, dopo sette anni di indagine, la verità sta finalmente venendo a galla. 

http://www.tgcom.it

04.10.2007 Mohammed Al Dura non è stato ucciso da soldati israeliani
e non è neppure certo che sia morto: un editoriale di Fiamma NirensteinTestata: Il Giornale
Data: 04 ottobre 2007
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Crolla il mito del bimbo martire dell’Intifada»

 Dal GIORNALE del 4 ottobre 2007:

Quando il 30 di settembre verso sera giunsero le immagini dal posto di difesa dell’insediamento di Netzarim nella Striscia di Gaza, chiamai il giornale: «France2 ha mandato in onda 59 secondi di immagini in cui si vede un bambino palestinese, che si chiama Mohammed Al-Dura, morire tra le braccia di suo padre. Sono immagini terribili. Come è stato ucciso? In uno scontro a fuoco fra palestinesi e israeliani». E così è scritto nel mio pezzo che apparve sul giornale del giorno dopo. Non era difficile capire allora, nonostante le affrettate, affannate scuse dell’esercito israeliano, che non era affatto evidente a un giornalista che Mohammed Al-Dura fosse stato ucciso, in quei primissimi giorni dell’Intifada, mentre tramontava nel mare del terrorismo suicida il sogno degli accordi di Oslo. Bastava guardare con gli occhi, e non con il caleidoscopio dell’ideologia, per capire che le cose erano quanto meno incerte. Ma soltanto oggi, sette anni dopo, ora che Dani Seaman il direttore del “press office” israeliano a cui tutti i giornalisti si rivolgono per l’accredito, sostiene che quei 59 secondi sono stati fabbricati ad arte. Questa dichiarazione messa per iscritto, segue la decisione di un tribunale francese che ordina a France2, in seguito al ricorso di Philippe Karsenty, presidente di Media Ratings, un gruppo che controlla l’accuratezza dell’informazione, di mostrare tutto il materiale, 27 minuti, girato dal cameraman arabo Abu Rahman il primo di ottobre. Charles Enderlin, il titolare di France2, si era sempre rifiutato di consegnare la pellicola, e in prima istanza il tribunale gli aveva dato ragione. Adesso, la storia aspetta all’angolo. Per quel video, infatti, non si tratta più di cronaca, ma di storia.
Lo scontro di Netzarim vedeva da una parte alcune migliaia di palestinesi che presero d’assalto il posto di guardia israeliano, e la risposta israeliana. Nel video si vede, addossato a un muro che presto sarà crivellato di pallottole, Jamal Al-Dura assieme a suo figlio Mohammed. Jamal cerca inutilmente di coprire il ragazzino col suo corpo. I 59 secondi della tv francese assieme al sonoro di Enderlin indicavano una sorta di autentica fucilazione, protrattasi per lungo tempo, di un bambino innocente. Al-Dura diventò immediatamente il simbolo della seconda Intifada, la ragione vera per cui, poiché indicava e incarnava la crudeltà israeliana, ogni piano di pace era stato rotto. Al-Dura divenne l’icona, il martire per eccellenza, la ragione per cui non si poteva fare nessuna pace con Israele, la piccola figura agonizzante sulle ginocchia del padre divenne manifesto, francobollo, urlo di guerra nelle manifestazioni.
Due settimane dopo, due soldati israeliani entrarono per sbaglio a Ramallah, la folla li catturò, li fece a pezzi dopo averli trascinati in una stazione di polizia, i corpi vennero smembrati e trascinati con urla di vendetta e inni ad Al-Dura. Quando il giornalista Daniel Pearl fu assassinato, i rapitori invocarono il nome di Al-Dura. Anche Bin Laden ha invocato il suo nome in un video di reclutamento. La terrorista suicida Wafa Al-Samir nel giugno del 2005 si diresse all’ospedale infantile israeliano di Beersheva per farsi esplodere dopo aver detto di volere uccidere quanti più bambini possibile per vendicare Al-Dura. In Giordania, Egitto, Tunisia, sono stati stampati francobolli con la sua immagine. L’Autorità Palestinese ha spesso usato il nome di Al-Dura indicandolo come un esempio di martire ai bambini.
Adesso, ciò che sostanzialmente risulta chiaro, se non tutta la dinamica della vicenda, è che l’angolo da cui sono state sparate le pallottole è completamente diverso da quello in cui si trovavano i soldati, che erano in posizione laterale mentre i fori sono frontali; che i frammenti di cui è costruita la pellicola sono sette e che l’ultimo segmento mostra due dita che indicano un «take two», una seconda ripresa della morte del bambino, a cui molti non credono più. Sono diversi infatti a ritenere non solo che Al-Dura non sia stato ucciso dagli israeliani, ma che non sia affatto morto. Anche i vari cambiamenti di posizione della supposta vittima sono ormai causa di attenzione particolare. Un altro elemento sottolineato dagli osservatori, è che non si vede in tutto il film una sola goccia di sangue, anche se il padre ha parlato di numerose ferite subite anche da lui stesso. Shlomi Pereg, uno dei soldati che era sul posto, semplicemente sorride all’idea che uno dei suoi compagni abbia potuto sparare volontariamente su un bambino prendendolo di mira per tanti minuti: «Ci venivano addosso a centinaia con pietre e bottiglie molotov. Da dietro, qualcuno sparava. Se qualcuno fosse così pazzo da volere uccidere un ragazzino, ce n’erano a bizzeffe davanti a noi, cercavamo appunto di respingerli senza colpirli. Io personalmente non ho visto il padre e il figlio nascosti dietro il muro, certo erano in una posizione molto più esposta al loro fuoco che al nostro». Forse solo la pellicola che Enderlin dovrà mostrare dirà la verità. Sapremo innanzitutto se Mohammed è morto o se, come dice Nahum Shahaf (uno scrittore che ha ricostruito il caso, così come tanti altri giornalisti, storici, politici), lavora al mercato di Gaza, o semplicemente chi l’ha ucciso in quello scontro a fuoco.
Quello che sappiamo di certo e che distrugge l’onore stesso del giornalismo, è la consueta corsa alla condanna di Israele che abbiamo già visto. Come a Jenin, quando molti si affrettarono a scrivere che Israele aveva ucciso migliaia di persone, mentre si trattava di circa cinquanta palestinesi contro trenta soldati israeliani, uccisi in coraggiosi corpo a corpo casa per casa, oppure in Libano a Kfar Khan-a, dove i blogger hanno scoperto che la messa in scena di una strage mai compiuta era stata immediatamente presa per buona. Basta che il colpevole sia Israele.

www.informazionecorretta.com

 26 settembre 2007

Caso Al Dura, scoperto l’imbroglio francese ai danni d’Israele

 

Caso Al Dura, una petizione chiede a France2 la verità

“France 2 tiri fuori tutte le videoregistrazioni del giorno della sparatoria in cui morì Mohammed Al Dura (il 30 settembre del 2000, ndr) perché abbiamo diritto alla verità e a smontare la mistificazione giornalistica che ha portato tanto odio e tanti lutti in Medio Oriente”. Oramai esiste persino una petizione online ai vertici dell’emittente di stato francese e presto i suoi risultati verranno consegnati anche al presidente Sarkozy dalla comunità ebraica francese. Che intanto continua a far circolare su internet la cosa. 

Il 30 settembre del 2000 è  infatti la data in cui una campagna di disinformazione mediatica, ancora oggi in atto, ha contribuito più di ogni altro pregiudizio a creare un clima di odio contro Israele da cui sembra quasi impossibile uscire. Dopo sette anni. E quella morte segna anche l’inizio dell’Intifada degli “shaeed” suicidi ed è stata persino  usata come giustificazione per il terrorismo in genere e quello dell’11 settembre in particolare. 

Quel giorno il mondo venne indelebilmente impressionato dalla morte di un ragazzino palestinese, Mohammed Al Dura, che nell’immaginario tutto artificioso della propaganda anti israeliana, venne rappresentata come il crimine per antonomasia. L’assassinio dell’inerme bambino da parte dell’oppressore feroce e colonialista. La lotta di Davide e Golia a parti invertite, con i palestinesi a incarnare il ruolo dei combattenti per la libertà. 

Cosa era in realtà successo? Che un proiettile vagante durante un aspro scontro tra terroristi e soldati dell’esercito dello stato ebraico colpì questo ragazzo in testa mentre era accucciato insieme con il padre che tentava di proteggerlo in un angolo della scena della sparatoria. Punto. Altre certezze non esistono. In pratica una disgrazia che sarebbe potuta accadere anche in Europa, ad esempio nelle banlieu parigine quando ci furono scontri tra polizia e manifestanti e vennero sparati anche colpi di arma da fuoco. 

Ma un servizio di un reporter arabo di France 2, Talal Abu Rhama, montato senza alcune fondamentali parti dei filmati di quel pomeriggio, diede a tutti l’impressione, anzi la certezza, che a uccidere il bambino fossero stati i soldati israeliani magari sparando a bella posta. All’epoca non erano state ancora rese pubbliche tutte le messinscene che negli anni successivi caratterizzarono la maniera di fare informazione di alcune tv europee che usavano in loco cameramen e giornalisti palestinesi e spesso anche attori e comparse che a comando morivano e resuscitavano per morire davanti alle telecamere di altre tv di altri paesi. Un momento fondamentale della guerra d’immagine che i palestinesi vinsero a man bassa fin quando non furono scoperti tutti i trucchi di “Palestina Hollywood” o “Pallywood” che dir si voglia. 

Nel caso del piccolo Mohammed Al dura, dissero addirittura, per rendere più drammatico il tutto, che persino il conducente dell’ambulanza venuto a prelevare il bambino era stato a sua volta ucciso da un cecchino israeliano. Ma fu questa bugia a fare scoprire tutto l’altarino della mistificazione. Infatti era risultato chiaro che nessuno dei 20 fotografi e teleoperatori presenti aveva filmato o fotografato la scena dell’autista ucciso. Cosa molto strana visto che rappresentava uno scoop nello scoop. 

Dopo quasi due anni di ricerche, Nahum Shahaf, un fisico israeliano, arrivò alla determinazione quasi certa che il proiettile che aveva ucciso Al Dura non poteva venire da dove stazionavano i soldati di Tzahal. E riuscì a farlo visionando ore di filmati amatoriali e ufficiali in cui era escluso che al momento della morte del ragazzo ci fossero soldati che sparavano nella sua direzione.

Il cerchio quadrò quando Shahaf poté intervistare anche il cineoperatore di France 2, Abu Rahama. E lo mise spalle al muro chiedendogli proprio perché non aveva filmato anche la morte del conducente dell’ambulanza. Avendo Abu Rahama per giunta diffuso quella notizia per primo. Lui rispose farfugliando che era stato ucciso prima del suo arrivo. E allora come faceva a sapere che era stato ucciso e a farlo dire da France 2 se non lo aveva visto? “Perché l’ambulanza non era arrivata”, fu la laconica risposta. A quel punto il fisico israeliano chiese al teleoperatore come faceva a essere sicuro che i soldati israeliani avessero ucciso Mohammed Al Dura e perché lui avesse dato questa notizia a France 2. Abu Rahama che, secondo la testimonianza mandata in onda, opportunamente montata, la sera del 30 settembre 2000 su France 2, era a 30 metri dal luogo della morte del ragazzino, diede a Nahum Shahaf questa incredibile risposta che è stata ovviamente registrata: “io non ho detto che i soldati dell’Idf hanno ucciso lui…ho solo detto che i proiettili venivano da quella direzione…e che avevano colpito Mohammed Al Dura e Jamal suo padre…”. 

Nei nastri che coprono l’intero giorno di scontri a fuoco non esiste un singolo fotogramma che può avvalorare quella ricostruzione, ma con un abile montaggio di immagini era facile dare questa suggestione. Infatti Shahaf ha potuto visionare questi filmati da altre emittenti televisive e ha potuto constatare che le uniche cose certe  riprese quel giorno furono: 1) giovani palestinesi e ragazzini che si riuniscono correndo a pochi metri dalla linea di fuoco dell’esercito israeliano a Netzarim; 2) scene di eventi di scontri a fuoco e lanci di ordigni incendiari ma in zone non vicine a quelle dove è morto Mohammed al Dura; 3) altri eventi violenti che avvennero nel campo palestinese dall’altra parte della giunzione di Netzarim a più di 120 metri dalle fortificazioni israeliane. Totale? Nessuno, e neanche il cameramen usato da France 2, ha visto chi ha ucciso Al Dura e come. 

Ma in quella trasmissione, rimasta fatidica per i destini della comunicazione anti israeliana nella prima fase dell’Intifada del 2000, si fece credere che queste prove fotografiche esistessero. C’è di più: l’emittente televisiva ha sempre querelato, ci sono tre processi in corso a Parigi, chiunque osasse mettere in dubbio la sua buona fede, contemporaneamente rifiutandosi, però, di far vedere in pubblico dibattito tutti i filmati di quel giorno in suo possesso. Adesso arriva questa petizione di verità da parte delle comunità ebraiche francesi. Sulla morte di Mohammed Al Dura si è innestata una tragica speculazione che ha portato altre morti e altri lutti, da una parte e dall’altra, ma non una sola parola di verità è stata ancora detta.

Dimitri Buffa
L’Opinione

www.liberaliperisraele.ilcannocchiale.it

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  • #1liberaliperisraele

    messo nei preferiti 🙂

    18 Nov 2007, 09:56 Rispondi|Quota
  • #2dottorclone

    Sono davvero sconcertato da questa notizia, talmente sconcertato che vorrei che fosse falsa: che la tv avesse un enorme potere non è una novità, ma questo è uno di quei casi dove appare più evidente quanto questo sia vero. Secondo me gli autori di questo montaggio(o montatura) dovrebbero essere paragonati a terroristi, perchè il loro è stato un atto che mirava consapevolmente a gettare benzina sul fuoco per destabilizzare i già precari equilibri di quelle aree, senza contare il danno che hanno arrecato alla credibilità dei mass media.

    2 Dic 2007, 00:48 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    16/02/2012 La Corte Suprema francese ha assolto mercoledì il medico israeliano Yehuda David dall’accusa d’aver calunniato il palestinese Jamal al-Dura (padre del 12enne Muhammad al-Dura che un controverso reportage della tv “France 2” descrisse come vittima di proiettili israeliani durante uno scontro a fuoco Netzarim, dodici anni fa, all’inizio della “seconda intifada”). Jamal al-Dura sostenne d’essere rimasto ferito nell’incidente mostrando ai mass-media le cicatrici, ma il dottor David dell’ospedale Tel Hashomer lo smentì rivelando che le cicatrici erano in realtà dovute a un intervento che l’uomo aveva subito anni prima, dopo che era stato aggredito da militanti di Hamas che lo accusavano di collaborazionismo. A quel punto Al-Dura querelò il medico, accusandolo d’aver infranto il segreto professionale, ma mercoledì la Corte Suprema francese ha dato ragione all’israeliano. “Non poteva andare meglio – ha commentato il dottor David – Significa che io ho detto la verità e quell’uomo ha mentito”.

    (Fonte: Israele.net)

    16 Feb 2012, 12:27 Rispondi|Quota
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