16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei di Roma

 
admin
16 ottobre 2008
19 commenti

16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei di Roma

La “soluzione finale” per gli ebrei romani arriva il 24 settembre 1943 con l’ordine da Berlino di “trasferire in Germania” e “liquidare” tutti gli ebrei “mediante un’azione di sorpresa”. Il telegramma riservatissimo è indirizzato al tenente colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma. Nonostante il colpo delle leggi razziali, gli ebrei a Roma non si aspettano quello che sta per accadere: Roma è “città aperta”, e poi c’è il Papa, sotto l’ombra della cupola di San Pietro i tedeschi non oserebbero ricorrere alla violenza. Le notizie sul destino degli ebrei in Germania e nell’Europa dell’Est sono ancora scarse e imprecise. Inoltre, la richiesta fatta il 26 settembre da Kappler alla comunità ebraica di consegnare 50 chili d’oro, pena la deportazione di 200 persone, illude gli ebrei romani che tutto quello che i tedeschi vogliono sia un riscatto in oro. Oro che con enormi difficoltà la comunità riesce a mettere insieme e consegnare due giorni dopo in Via Tasso, nella certezza che i tedeschi saranno di parola e che nessun atto di violenza verrà compiuto. Nelle stesse ore le SS, con l’ausilio degli elenchi dei nominativi degli ebrei forniti dall’Ufficio Demografia e Razza del Ministero dell’Interno, stanno già organizzando il blitz del 16 ottobre.

C’è una lapide sulla facciata della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte a Via del Portico d’Ottavia, quasi di fronte alla Sinagoga. Ricorda che “qui ebbe inizio la spietata caccia agli ebrei”. Qui, in un’alba di 56 anni fa, si radunarono i camion e i soldati addetti alla “Judenoperation” nell’area del ghetto, dove ancora abitavano molti ebrei romani. Il centro della storia e della cultura ebraiche a Roma stava per vivere il suo giorno più atroce. «Era sabato mattina, festa del Succot, il cielo era di piombo. I nazisti bussarono alle porte, portavano un bigliettino dattiloscritto. Un ordine per tutti gli ebrei del Ghetto: dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, via anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermeriao», così Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, ha ricordato quella mattina del 16 ottobre 1943.

Alle 5,30 del mattino di sabato 16 ottobre, provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle famiglie ebree, 300 soldati tedeschi iniziano in contemporanea la caccia per i quartieri di Roma. L’azione è capillare: nessun ebreo deve sfuggire alla deportazione. Uomini, donne, bambini, anziani ammalati, perfino neonati: tutti vengono caricati a forza sui camion, verso una destinazione sconosciuta. Alla fine di quel sabato le SS registrano la cattura di 1024 ebrei romani.

“Quel 16 ottobre -racconta uno degli scampati alla deportazione- era un sabato, giorno di riposo per gli ebrei osservanti. E nel Ghetto i più lo erano. Inoltre era il terzo giorno della festa delle Capanne. Un sabato speciale, quasi una festa doppia… La grande razzia cominciò attorno alle 5.30. Vi presero parte un centinaio di quei 365 uomini che erano il totale delle forze impiegate per la “Judenoperation”. Oltre duecento SS contemporaneamente si irradiavano nelle 26 zone in cui la città era stata divisa per catturare casa per casa gli ebrei che abitavano fuori del vecchio Ghetto. L’antico quartiere ebraico fu l’epicentro di tutta l’operazione… Le SS entrarono di casa in casa arrestando intere famiglie in gran parte sorprese ancora nel sonno… Tutte le persone prelevate vennero raccolte provvisoriamente in uno spiazzo che si trova poco più in là del Portico d’Ottavia attorno ai resti del Teatro di Marcello. La maggior parte degli arrestati erano adulti, spesso anziani e assai più spesso vecchi. Molte le donne, i ragazzi, i fanciulli. Non venne fatta nessuna eccezione, né per persone malate o impedite, né per le donne in stato interessante, né per quelle che avevano ancora i bambini al seno…”.

“I tedeschi bussarono, poi non avendo ricevuto risposta sfondarono le porte. Dietro le quali, impietriti come se posassero per il più spaventosamente surreale dei gruppi di famiglia, stavano in esterrefatta attesa gli abitatori, con gli occhi da ipnotizzati e il cuore fermo in gola”, ricorda Giacomo Debenedetti.

“Fummo ammassati davanti a S. Angelo in Pescheria: I camion grigi arrivavano, i tedeschi caricavano a spintoni o col calcio del fucile uomini, donne, bambini … e anche vecchi e malati, e ripartivano. Quando toccò a noi mi accorsi che il camion imboccava il Lungotevere in direzione di Regina Coeli… Ma il camion andò avanti fino al Collegio Militare. Ci portarono in una grande aula: restammo lì per molte ore. Che cosa mi passava per la testa in quei momenti non riesco a ricordarlo con precisione; che cosa pensassero i miei compagni di sventura emergeva dalle loro confuse domande, spiegazioni, preghiere. Ci avrebbero portato a lavorare? E dove? Ci avrebbero internato in un campo di concentramento? “Campo di concentramento” allora non aveva il significato terribile che ha oggi. Era un posto dove ti portavano ad aspettare la fine della guerra; dove probabilmente avremmo sofferto freddo e fame, ma niente ci preparava a quello che sarebbe stato il Lager”, ha scritto Settimia Spizzichino nel suolibro “Gli anni rubati”.

Per la prima volta Roma era testimone di un’operazione di massa così violenta. Tra coloro che assistettero sgomenti ci fu una donna che piangendo si mise a pregare e ripeteva sommessamente: “povera carne innocente”. Nessun quartiere della città fu risparmiato: il maggior numero di arresti si ebbe a Trastevere, Testaccio e Monteverde. Alcuni si salvarono per caso, molti scamparono alla razzia nascondendosi nelle case di vicini, di amici o trovando rifugio in case religiose, come gli ambienti attigui a S. Bartolomeo all’Isola Tiberina. Alle 14 la grande razzia era terminata. Tutti erano stati rinchiusi nel collegio Militare di via della Lungara, a pochi passi da qui. Le oltre 30 ore trascorse al Collegio Militare prima del trasferimento alla Stazione Tiburtina furono di grande sofferenza, anche perché gli arrestati non avevano ricevuto cibo. Tra di loro c’erano 207 bambini.

Due giorni dopo, lunedì 18 ottobre, i prigionieri vengono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame in partenza dalla Stazione Tiburtina. Il 22 ottobre il treno arriva ad Auschwitz.

Dei 1024 ebrei catturati il 16 ottobre ne sono tornati solo 16, di cui una sola donna (Settimia Spizzichino). Nessuno degli oltre 200 bambini è sopravvissuto.

Dopo il 16 ottobre 1943, la polizia tedesca catturò altri ebrei: alla fine scomparvero da Roma 2091 ebrei. Uno dei momenti più tragici fu il massacro delle Fosse Ardeatine; in queste cave di tufo abbandonate, fuori dalle porte della città e contigue alle vecchie catacombe, il 24 marzo 1944 furono trucidati 335 uomini di cui 75 ebrei.

Roma fu liberata il 4 giugno 1944 e la capitolazione finale di tedeschi e fascisti si ebbe il 2 maggio 1945. Nel 1946, le vittime accertate per deportazioni da tutta Italia furono settemilacinquecento e quelle per massacri mille; gli abbandoni per emigrazione, cinquemila. Dalla comunità di Roma, oltre ai 2091 deportati e morti, mancavano alla fine della guerra anche molti emigrati. Nel biennio 1943-1945 le perdite della popolazione ebraica in tutta Italia furono all’incirca 7750, pari al 22% del totale della popolazione ebraica nel nostro Paese.

Per approfondire:

Bibliografia

L’oro di Roma

Testimonianze sul 16 ottobre 1943

La partenza dei convogli dei deportati

Massacrate gli ebrei di Roma: i documenti segreti

Carte segrete Cia su ebrei romani e spie SS

Nota: il manifesto ritrae Settimia Spizzichino ed è opera di Claudia Giacinti.

Romacivica.net

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  • #1Emiliano

    Grazie per il bel post. Se la Storia fosse ricordata così e le date ben sottolioneate in grassetto, forse qualcuno la smetterebbe di etichettare gli atti della Resistenza come criminali e le atrocità dei tedeschi come “ritorsioni”… ma va da sè che gli italiani (brava gente) hanno la memoria di un pesciolino rosso (meno di sette secondi!)…

    16 Ott 2008, 09:47 Rispondi|Quota
  • #2donnaemadre

    Mi dispiace che tu abbia pubblicato subito un altro post. Credo che questo meritasse le luce della ribalta almeno per tutta la giornata di oggi.

    In questo momento non posso scrivere di più, ma il ricordo del 16 ottobre penso che rimanga nella memoria anche di chi non c’era.

    16 Ott 2008, 13:14 Rispondi|Quota
  • #3Piero P.

    Davvero scritto molto bene, mi sono permesso di ricopiarlo (citando la fonte, naturalmente!) aggiungendo una nota dell’UCEI nel mio blog proprio perchè penso, come dice donnaemadre, che davvero questa data debba poter avere il rilievo che merita. Anche (e soprattutto) oggi.
    Buon lavoro.

    16 Ott 2008, 15:09 Rispondi|Quota
  • #4redazione C6.TV Post-iT

    Ciao.. interessante questo post! L’ho scelto per la prossima puntata Post-iT, in onda su C6.TV
    SE VUOI INTERVENIRE DURANTE LA DIRETTA, PARLANDO TU DIRETTAMENTE DI QUESTO POST E DEL TUO BLOG IN GENERALE, CONTATTAMI IL PRIMA POSSIBILE!

    L’autore,
    Daniel Enrique C.

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    16 Ott 2008, 15:15 Rispondi|Quota
  • #5Focus on Israel

    Per donnaemadre: hai ragione, avevamo pensato di lasciarlo per tutta la giornata…ma purtroppo l’attualità di alcune notizie ha reso necessaria la sovrapposizione….cmq direi che è stata una notizia letta da molti….ed è quello che volevamo

    Per Piero P: bene,bene…come per l’articolo di Bruno Zevi del 9 Ottobre scorso crediamo sia importante che venga letto da più persone possibile…..quindi ben vengano altri amici che ripropongono la notizia da noi citata

    16 Ott 2008, 17:25 Rispondi|Quota
  • #6Alberto

    Scrivo in ritardo ma spero di contribuire alla memoria. Quella mattina mio padre, Dario, ebreo di Roma, era alla macchia nella resistenza contro i tedeschi. Non dormiva quasi mai, per questo ebbe notizia all’alba di quanto stava accadendo. Per fortuna i genitori non abitavano nel ghetto ma a via Labicana. Riuscì miracolosamente a portarli in un luogo sicuro. Mio nonno, anziano, piangeva: non si può vivere così! ma almeno si salvò. Pochi mesi dopo la liberazione morì esausto. La mia famiglia si salvò dalla deportazione, io nacqui 10 anni dopo. Shalom alla memoria di tutti loro

    17 Ott 2008, 12:40 Rispondi|Quota
  • #7Focus on Israel

    Una risposta a Sergio Romano, che qualche giorno fa sul Corriere della Sera ha scritto un’altra delle sue innumerevoli castronerie dettate dal suo antisemitismo, ormai sempre più conclamato:

    16 ottobre 1943
    i conti che non tornano

    Sbaglia Sergio Romano quando scrive (Corriere della Sera, 12 ottobre) “Per il genocidio ebraico, le cifre vanno da circa quattro milioni e duecentomila nel 1953, a 4.800.000 verso la fine degli anni Settanta e ai 6 milioni comunemente citati più recentemente”. Già nel 1948 lo statistico Jacob Lestschinsky, sulla base di un accurato studio geografico, stimava le perdite ebraiche a 6.093.000. Imbarazzante poi il distinguo di Romano: “Ma la differenza è spiegata in parte dal fatto che la cifra maggiore include probabilmente anche gli ebrei morti nei ghetti di stenti e malattie (circa 800.000)”. Perché quelli non contano.

    La risposta alle giustificative di Romano viene da uno studio pubblicato nel 1996 dalla rivista del Museo dell’Olocausto di Washington, /Holocaust and Genocide Studies. Se non ci fosse stato lo sterminio di massa, sulla base di una proiezione minima delle tendenze demografiche mantenuta bassa da ipotesi rigidamente limitative, la popolazione ebraica mondiale odierna sarebbe non di 13 milioni, come è in realtà, ma di circa 26. Il computo delle vittime e dei loro potenziali figli e nipoti che mancano all’appello a causa dei nazisti e dei loro compagni di viaggio non è dunque di 6 milioni, bensí di 13 milioni.

    Sergio Della Pergola

    19 Ott 2008, 11:04 Rispondi|Quota
  • #8donnaemadre

    Beh, c’è una grossa differenza tra 4.800.000 e 6.000.000.
    Se ne avessero uccisi “solo” quattromilioniottocentomila gli ebrei non avrebbero diritto a sentirsi vittime e a gridare alla persecuzione. Insomma, uccidere 4.800.000 persone è una cosa che può capitare, non c’è intenzionalità, e questi ebrei li hanno arrotondati a sei milioni per poter parlare di Olocausto…

    Ma dico, il “signor” Romano ha riletto quello che ha scritto? L’ha capito? Avere perseguitato, torturato, mutilato, ucciso o fatto morire di sevizie quattro milioni e ottocentomila persona è meno grave di averlo fatto a sei milioni? Qual è lo scopo di questa precisazione, e di questo conteggio degno per l’appunto di chi il genocidio l’ha perpetrato?

    Chi uccide una persona, uccide un intero mondo.

    19 Ott 2008, 13:54 Rispondi|Quota
  • #9Daniele Coppin

    Giusto, donnaemadre, è proprio ciò che ho scritto alla redazione del Corriere e sarebbe il caso che, forse, altri facessero lo stesso.
    Il fatto è che Romano si affanna in tutti i modi a delegittimare Israele e crede che contestando le cifre sulla Shoà possa dimostrare che, in fondo, gli Ebrei hanno costruito il loro Stato su di una “menzogna”. Peccato che, così facendo il Prof. Amb. ecc. faccia solo una figura ridicola.

    19 Ott 2008, 15:53 Rispondi|Quota
  • #10tiberio

    mi è venuto un dubbio in questi giorni, ascoltanndo le ricostruzioni de la storia siamo noi e leggendo, ed il dubbio è questo: come mai non è avvenuta alcuna reazione della resistenza romana per tutta la durata dell’operazione di rastrellamento del ghetto? se anche gli alleati non sono intervenuti, direttamente o indirettamente, per evitare che si scoprisse che avevano la possibilità di decifrare i messaggi in codice dei tedeschi, la notizia del rastrellamento e la sua durata non sono stati certo nascosti e limitati alla zona del ghetto. forse qualche studio su questo specifico punto esiste ed io lo ignoro, e lo leggerei volentieri.

    25 Apr 2009, 00:06 Rispondi|Quota
    • #11Emanuel Baroz

      Caro Tiberio, ci hai dato uno spunto veramente interessante…..faremo qualche ricerca e se dovessimo trovare qualche testimonianza interessante la pubblicheremo volentieri

      26 Apr 2009, 09:45 Rispondi|Quota
  • #12Ceccus

    Ricordo anche l’opera dell’allora Rabbino Capo di Roma, Israel Zoller (Italo Zolli), che scongiurò il responsabile della Comunità romana, Foà e Almansi, Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia, di mettere in salvo gli ebrei e di non credere alla favola dei 50 Kg. d’oro di riscatto, senza essere creduto.
    Si ricorda anche che la maggior parte del popolo romano difese e nascose gli ebrei, come fecero pure le comunità monastiche e le parrocchie cattoliche.
    Roma ha sempre amato e considerato suoi figli gli ebrei, parte integrante della città e della sua storia.
    Ho visitato Auschwitz, mio padre aveva un amico ebreo negli anni del liceo a Senigallia. Mi sono commosso quando anche Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei “nostri fratelli maggiori”.
    Il dramma della comunità ebraica a Roma è degno di considerazione e di memoria e sono molto onorato di avere avuto anche io amici ebrei nella mia gioventù.
    Ho visitato due volte la Terra Santa.
    Grazie.
    Francesco Giuseppe Pianori
    Rimini

    15 Ott 2009, 13:01 Rispondi|Quota
  • #13Emanuel Baroz

    Nel ghetto

    L’ ossario digitale dei bimbi ebrei Rastrellati in 288, uno solo tornò

    di Gian Antonio Stella

    Rastrellati nel ‘ 43, uno solo tornò Sono le immagini che i parenti scampati al genocidio consegnarono a partire dalla liberazione: per anni e anni sono rimaste chiuse in un faldoneDei 1023 ebrei rastrellati nel ghetto di Roma nell’ ottobre del ‘ 43, ne rientrarono vivi solo 17. Tra questi solo un bambino dei 288 che erano stati portati viaI sorrisi dei bambini prima del lager Un ossario digitale per 288 storie

    C’ è un ossario digitale di bambini ebrei, da questa mattina, online: le foto di Fiorella e Samuele, Roberto e Giuditta e tutti gli altri piccoli, coi fiocchi tra le trecce e il triciclo e il vestito da marinaretto, scattate prima che fossero caricati sui treni per Auschwitz. Dal solo ghetto di Roma ne portarono via 288: quelli che passarono per il camino furono 287. E intanto gli opuscoli del Terzo Reich incoraggiavano le mamme germaniche: «Offrite un bambino al Führer ché ovunque si trovino nelle nostre province tedesche gruppi di bambini sani e allegri. La Germania deve diventare il Paese dei bambini».

    Ferma il respiro, rileggere quelle righe propagandistiche della dispensa «Vittoria delle armi, vittoria del bambino» o i proclami nel «Mein Kampf» di Adolf Hitler («Lo Stato razzista deve considerare il bambino come il bene più prezioso della nazione») mentre riaffiorano su internet quelle immagini di piccola felicità familiare e domestica. Per questo, 66 anni dopo la retata del 16 ottobre 1943 e dieci dopo l’ istituzione nel 2000 del Giorno della Memoria, il Cdec, il Centro Documentazione Ebraica Contemporanea, ha deciso di metterle on line.

    È sulla rete, inondata di pattume razzista, che si trovano migliaia di rimandi a siti che strillano «L’ olocausto, una bufala di cui liberarsi» e «Il diario di Anna Frank: una frode» o arrivano a sostenere che ad Auschwitz c’ era una piscina «usata dagli ufficiali delle SS per guarire i pazienti». È sulla rete che siti multilingue di fanatici sedicenti cattolici («Holywar»: guerra santa) si spingono a indire un «giorno della memoria» per ricordare «l’ olocausto comunista perpetrato dalla mafia razzista ebraica responsabile dello sterminio di 300 milioni di non ebrei».

    È sulla rete che sono approdate canzoni naziskin come quella dei «Denti di lupo» che urlano «quelle vecchie storie / sui campi di sterminio / abbiamo prove certe / son false e non realtà» e «Terra d’ Israele, terra maledetta! / I popoli d’ Europa, reclamano vendetta!» e ancora «Salteranno in aria le vostre sinagoghe / uccideremo tutti i rabbini con le toghe…». Ed è sulla rete, perciò, che doveva essere eretto questa specie di sacrario virtuale che ci ricorda come l’ ecatombe successe solo una manciata di decenni fa. Un battere di ciglia, nella storia dell’ uomo. Sono le fotografie che i parenti scampati al genocidio consegnarono via via, a partire dalla liberazione di Roma, al Comitato Ricerche Deportati Ebrei che tentava in quegli anni di ricostruire il destino degli italiani marchiati dal fascismo con la stella gialla e mandati a morire nei lager: «Questa è mia sorella Rachele…» «Questo è mio fratello Elio con sua moglie…» «Questi sono i miei nipotini Donato e Riccardo…»

    Quelli del Crde raccoglievano le immagini, le pinzavano su un cartoncino azzurro, ci scrivevano i nomi e inserivano le schede al loro posto, negli archivi dell’ orrore. Furono rarissimi, ad avere la fortuna di veder tornare un loro caro. Dei 1023 ebrei rastrellati quel maledetto «sabato nero» dell’ ottobre ‘ 43, rientrarono vivi a Roma solo in 17. E tra questi, come dicevamo, solo un bambino dei 288 che erano stati portati via. Una strage degli innocenti. Uguale in tutta l’ Italia.

    Il dato più sconvolgente della strage, scrivono appunto Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida ne «Il futuro spezzato: i nazisti contro i bambini», è «l’ altissimo numero delle vittime più giovani, dei bambini e dei ragazzi ebrei: complessivamente i morti, da zero e 20 anni, ammontano a 1541». Di questi, i figlioletti con pochi mesi o pochi giorni di vita furono 115. Fatta salva una mostra organizzata a Milano per ricordare la Liberazione, le foto di quei piccoli, accanto a quelle di distinti signori con il panciotto come Enrico Loewy, floride matrone come Lucia Levi, ragazze nel fiore della bellezza come Laura Romanelli, famigliole intere come quella di Benedetto Bondì, sono rimaste per anni e anni dentro un faldone dell’ archivio del Cdec.

    Riaprire oggi quel faldone, per far vedere a tutti i volti di quegli italiani schiacciati sotto il tallone dai nazi-fascisti, non è solo un recupero della memoria. Restituire a quegli ebrei una faccia, un nome, un cognome, qualche briciola di storia personale, come già aveva fatto ad esempio ne «Il libro della memoria – Gli ebrei deportati dall’ Italia» quella Liliana Picciotto di cui è in uscita «L’ alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944», vuol dire strappare ciascuno di loro all’ umiliazione supplementare. L’ essere stati uccisi come anonimi. Riconoscibili l’ uno dall’ altro, come il bestiame, solo per i numeri marchiati a fuoco sul braccio.

    Ed ecco il passato restituirci bambini, bambini, bambini. Come Fiorella Anticoli, che aveva due anni e due grandi nastri bianchi tra i boccoli. Graziella Calò, che in piedi su una sedia pianta le manine sul tavolo per non cadere. Olimpia Carpi, infagottata in un cappottino bianco. E Massimo De Angeli che dall’ alto dei suoi quattro o cinque anni bacia il fratellino Carlo appena nato. E poi Costanza e Franca ed Enrica il giorno che andarono al mare a giocare col tamburello sulla battigia. E Sandro e Mara Sonnino, un po’ intimoriti dalla macchina fotografica mentre la mamma Ida sprizza felicità.

    Sono 413, gli ebrei delle foto messe in rete all’ indirizzo http://www.cdec.it/voltidellamemoria/. Quelli tornati vivi furono due: Ferdinando Nemes e Piero Terracina. Tutti gli altri, assassinati. Buona parte lo stesso giorno del loro arrivo ad Auschwitz, come il 23 ottobre 1943 la romana Clelia Frascati e i suoi dieci figli, il più piccolo dei quali, Samuele, aveva meno di sei mesi. «Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata», ha scritto ne «La notte» lo scrittore e premio nobel Elie Wiesel, «Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede».

    Sono in troppi, ad aver fretta di dimenticare. O voler voltar pagina senza riflettere su quello che è successo. A rovesciare tutte le colpe sui nazisti. Quelle foto, due giorni dopo l’ amaro riconoscimento del Papa su quanti restarono indifferenti, ci ricordano come andò. E magari è il caso di rileggere, insieme, qualche passo di quel libro di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida. «I bimbi ebrei sono anche vittime di una ulteriore piaga che infuria nei mesi dell’ occupazione nazista, quella della delazione: secondo la sentenza emessa dalla corte di assise di Roma nel luglio 1947, un gruppo di sei spie italiane che agiscono nella capitale vendono i bambini ebrei a mille lire l’uno e i militi italiani si distinguono in dare loro la caccia, come l’ appuntato dei carabinieri che arresta nel febbraio 1944 a La Spezia Adriana Revere, di nove anni…».

    (Fonte: Corriere della Sera, 19 Gennaio 2010)

    http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/19/ossario_digitale_dei_bimbi_ebrei_co_9_100119003.shtml

    20 Gen 2010, 23:46 Rispondi|Quota
  • #14tiberio

    è passato quasi un anno dal mio precedente messaggio e nel frattempo si è anche verificato il secondo incontro nella sinagoga romana con il pontefice.

    i discorsi che si sono uditi in quella occasione hanno affrontato ovviamente il ricordo e l’omaggio rispettoso e doloroso agli ultimi testimoni del 16 ottobre 1943.

    tuttavia non è rotto il silenzio sulla mia domanda.

    è anche vero, purtoppo, che di silenzi ce ne sono fin troppi da tutte le parti, a quanto pare non solo da oggi ma fin dall’epoca dei fatti. una ricostruzione su rai storia parlava in questi giorni dei silenzi degli alleati, della croce rossa internazionale di Pio XII sui fatti che accadevano in europa.

    qualcuno ha notizie in merito più precise oppure può suggerirmi dove rintracciare documenti per approfondire la mia ricerca?

    ringrazio per la cortese attenzione. saluti commossi e rispettosi.

    2 Feb 2010, 19:40 Rispondi|Quota
  • #15Archivio Storico – CER

    Secondo le ultime ricerche, coloro che sono stati arrestati durante la razzia del 16 ottobre 1943 erano 1264 ai quali andrebbe aggiunto anche Ermanno Samuele Valabrega di Emanuele, che però è morto proprio durante la razzia, quindi i coinvolti nell’arresto sono stati 1265.

    Mentre erano detenuti presso il Collegio Militare, 252 sono stati liberati (sono rimasti in 1012) ed è nato un bambino, figlio di Cesare Di Veroli e Marcella Perugia (quindi sono diventati 1013).

    Il 18 ottobre sono stati portati alla Stazione Tiburtina, dove Costanza Sermoneta si è aggregata al convoglio diretto ad Auschwitz (sono diventati 1014).

    Quindi si può affermare che gli ebrei coinvolti nell’arresto e la deportazione del 16 ottobre 1943 a Roma sono stati 1015 (599 donne, 416 uomini, di questi i bambini e gli adolescenti sotto i 15 anni erano 272, tra questi 107 avevano meno di 5 anni), mentre, effettivamente, sul treno per Auschwitz erano in 1014.

    Sono ritornati in 16:

    1) Michele Amati, nato a Roma il 20/10/1926, liberato a Buchenwald il 04/04/1945

    2) Lazzaro Anticoli, nato a Roma il 03/01/1910, liberato a Stolberg l’08/05/1945

    3) Enzo Camerino, nato a Roma il 02/12/1928, liberato a Buchenwald in data ignota, tornato a Roma il 09/06/1945

    4) Luciano Camerino, nato a Roma il 23/07/1926, liberato a Buchenwald in data ignota

    5) Cesare Di Segni, nato a Roma il 05/10/1926, liberato ad Auschwitz il 27/01/1945

    6) Lello Di Segni, nato a Roma il 04/11/1926, liberato a Dachau il 29/04/1945

    7) Angelo Efrati, nato a Roma il 29/04/1924, liberato a Ravensbrueck il 02/05/1945

    8) Cesare Efrati, nato a Roma il 02/05/1927, liberato a Flossenburg il 22/05/1945

    9) Sabatino Finzi, nato a Roma l’08/01/1927, liberato a Buchenwald l’11/04/1945

    10) Ferdinando Nemes, nato a Fiume l’08/06/1921, liberato a Buchenwald l’11/04/1945

    11) Mario Piperno, nato a Roma il 06/06/1916, liberato a Dachau il 29/04/1945

    12) Leone Sabatello, nato a Roma il 18/03/1927, liberato a Ravensbrueck il 30/04/1945

    13) Angelo Sermoneta, nato a Roma il 10/06/1913, liberato a Dachau il 29/04/1945

    14) Isacco Sermoneta, nato a Roma l’08/03/1912, liberato a Monaco l’01/05/1945

    15) Settimia Spizzichino, nata a Roma il 15/04/1921, liberata a Bergen Belsen il 15/04/1945

    16) Arminio Wachsberger, nato a Fiume il 04/11/1913, liberato a Dachau il 29/04/1945

    Fonte: S.H. Antonucci, C. Procaccia, G. Rigano, G. Spizzichino, Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, Guerini e Associati, Milano 2006

    N.B.: Da tale volume risulta che gli ebrei che furono coinvolti nella razzia il 16 ottobre 1943 a Roma furono 1016, ma recentemente è stato riscontrato un errore (Bellina Calò, che invece è morta nel 1933), quindi il numero effettivo allo stato attuale delle ricerche è 1015.

    16 Ott 2012, 20:16 Rispondi|Quota
  • #16Archivio Storico – CER

    Dati aggiornati sulla razzia del 16 ottobre 1943 a Roma

    Secondo le ultime ricerche, coloro che sono stati arrestati durante la razzia del 16 ottobre 1943 a Roma e sono rimasti imprigionati al Collegio Militare fino al giorno 18 erano 1018, ai quali andrebbe aggiunto anche Ermanno Samuele Valabrega di Emanuele, che però è morto proprio durante la razzia, quindi, coloro che sono stati coinvolti nell’arresto e sono rimasti al Collegio Militare fino al 18 ottobre sono stati 1019.
    Durante la detenzione è nato un bambino, figlio di Cesare Di Veroli e Marcella Perugia (quindi i detenuti sono diventati 1019).

    E’ da sottolineare che tra gli arrestati vi era anche Carolina Milani, non ebrea, assistente di Enrichetta De Angeli che era molto malata e che la Milani non volle lasciare.
    Il 18 ottobre 1943 le 1019 persone detenute nel Collegio Militare sono state portate alla Stazione Tiburtina, a queste è stato aggiunto anche Massimo Darmon (che era stato arrestato il 20/09/1943); alla stazione, Costanza Sermoneta si è aggregata al convoglio diretto ad Auschwitz (quindi i deportati sono diventati 1021).

    Quindi si può affermare che gli ebrei (e non) coinvolti nell’arresto e la deportazione del 16 ottobre 1943 a Roma sono stati 1022, mentre, effettivamente, sul treno per Auschwitz erano in 1021.

    Sono ritornati in 16:

    1) Michele Amati, nato a Roma il 20/10/1926, liberato a Buchenwald il 04/04/1945

    2) Lazzaro Anticoli, nato a Roma il 03/01/1910, liberato a Stolberg l’08/05/1945

    3) Enzo Camerino, nato a Roma il 02/12/1928, liberato a Buchenwald in data ignota, tornato a Roma il 09/06/1945

    4) Luciano Camerino, nato a Roma il 23/07/1926, liberato a Buchenwald in data ignota

    5) Cesare Di Segni, nato a Roma il 05/10/1926, liberato ad Auschwitz il 27/01/1945

    6) Lello Di Segni, nato a Roma il 04/11/1926, liberato a Dachau il 29/04/1945

    7) Angelo Efrati, nato a Roma il 29/04/1924, liberato a Ravensbrueck il 02/05/1945

    8) Cesare Efrati, nato a Roma il 02/05/1927, liberato a Flossenburg il 22/05/1945

    9) Sabatino Finzi, nato a Roma l’08/01/1927, liberato a Buchenwald l’11/04/1945

    10) Ferdinando Nemes, nato a Fiume l’08/06/1921, liberato a Buchenwald l’11/04/1945

    11) Mario Piperno, nato a Roma il 06/06/1916, liberato a Dachau il 29/04/1945

    12) Leone Sabatello, nato a Roma il 18/03/1927, liberato a Ravensbrueck il 30/04/1945

    13) Angelo Sermoneta, nato a Roma il 10/06/1913, liberato a Dachau il 29/04/1945

    14) Isacco Sermoneta, nato a Roma l’08/03/1912, liberato a Monaco l’01/05/1945

    15) Settimia Spizzichino, nata a Roma il 15/04/1921, liberata a Bergen Belsen il 15/04/1945

    16) Arminio Wachsberger, nato a Fiume il 04/11/1913, liberato a Dachau il 29/04/1945

    Si sottolinea che anche Fiorella Anticoli di Marco ed Ester Frascati ed Enrica Spizzichino di Prospero e Belladonna Frascati furono liberate, ma morirono subito dopo.
    Quindi le persone liberate furono 18 (15 uomini e 3 donne), ma le persone effettivamente ritornate che hanno potuto riprendere la propria vita sono state 16 (15 uomini ed 1 donna).

    CONTEGGIO RAZZIA 16 OTTOBRE 1943:
    Arrestati vivi esclusi i liberati (1017 persone+1 non ebreo) 1018
    Morto durante l’arresto 1
    TOTALE COINVOLTI NELL’ARRESTO 1019

    Imprigionati al Collegio Militare subito dopo la razzia 1018
    Nato nel Collegio Militare 1
    TOTALE DETENUTI NEL COLLEGIO MILITARE 1019

    Aggiunto al gruppo dei deportati ma arrestato precedentemente 1
    Aggiunta al treno 1
    TOTALE DEPORTATI 1021

    TOTALE COINVOLTI IN ARRESTO E DEPORTAZIONE 1022

    Si sottolinea, per completezza di informazione, che la razzia del 16 ottobre 1943 avvenne in tutta Roma, non solo nell’area dell’ex ghetto e si ribadisce che durante il periodo nazista a Roma non vi fu nessun ghetto; l’unico è stato quello istituito da Papa Paolo IV Carafa che durò dal 1555 al 1870.

    17 Ott 2013, 17:00 Rispondi|Quota
  • #17Simonetta

    Rimango sconvolta ogni volta che vengo a conoscere cose che non sapevo, prima e adesso comprendo cosa deve aver passato mia nonna…. il cuore che ti batte a 1000, deve essere qualcosa di orrendo essere accerchiati senza una colpa, solo perchè Ebrei….. la follia umana e così orribile che certe volte penso che il pianeta senza gli umani sarebbe “sereno”

    20 Apr 2015, 16:39 Rispondi|Quota
  • #18Francesca Rennis

    Buongiorno. Volevo inserire il riferimento all’articolo in una bibliografia e ho tentato senza successo di leggere gli approfondimenti, ma sono introvabili. Come mai?
    Grazie

    11 Gen 2019, 15:31 Rispondi|Quota
    • #19Emanuel Baroz

      Salve Francesca, a quali link fa riferimento precisamente?

      15 Gen 2019, 23:42 Rispondi|Quota
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