Hamas diffonde video animato su Shalit: “Illusione è devastante”

 
Emanuel Baroz
1 luglio 2010
6 commenti

Hamas diffonde video animato su Shalit: “Illusione è devastante”

“Quattro anni dopo, abbiamo ancora Shalit”. È questa la frase che apre il video animato realizzato da Hamas e diffuso sul sito di Izzadin al-Kassam. Il filmato, realizzato in 3D, riproduce il momento in cui il caporale israeliano è stato rapito dal movimento islamico il 26 giungo 2006 nella Striscia di Gaza

Gaza, 28 Giugno 2010 – A quattro anni, ormai, da suo rapimento, Hamas diffonde un nuovo video animato sul soldato israeliano Gilad Shalit. Non è la prima volta che le brigate di Al Qassam (le famigerate Brigate Izzedine al Qassam), braccia armato della formazione politico-terrorista che governa la strisca di Gaza, diffondono un video sul soldato di efferata crudeltà e cinismo.

Pochi mesi fa era stato diffuso un filmato in animazione 3d in cui il padre di Shalit – rappresentato come un uomo ormai vecchio e stanco – vagava triste e desolato per le strade di Israele, bussando alle porte dei politici di turno perché lo aiutassero a ritrovere il figlio, per poi vederselo riconsegnato in una bara.

Questa volta, nel video diffuso da Hamas non ci sono riferimenti a ipotetici episodi reali, ma un carro armato che israeliano che esplode, mentre una mano gigante trattiene un soldato, mentre in arabo appare la frase “l’illusione è devastante”. Segue la data del raid eseguito da Hamas e che, oltre al rapimento di Shalit, ha provocato la morte di due suoi commilitoni e il ferimento di altri quattro.

Il video, il secondo di questo tipo, è stato diffuso in concomitanza con l’avvio della marcia organizzata dai genitori del soldato, Noam e Aviva Shalit, che insieme a circa 10mila sostenitori sono diretti a Gerusalemme. Il loro obiettivo è quello di fare pressioni sul governo per il rilascio del figlio e di sostare di fronte alla residenza di Benjamin Netanyahu fino a quando Gilad non venga liberato.

(Fonte: Infoaut.org e L’Occidentale.it, 28 Giugno 2010)

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  • #1esperimento

    Che cinici :((
    Chissà che fine hanno fatto gli altri israeliani rapiti? (Ron Arad, Guy Hever, ecc.)

    1 Lug 2010, 09:48 Rispondi|Quota
    • #2Emanuel Baroz

      la vergogna vera è il silenzio che circonda questa questione…

      1 Lug 2010, 10:28 Rispondi|Quota
  • #3Muriel

    Tutto ‘sto ‘psicodramma in 3D’…..e ne hanno uno solo da 4 anni….
    Lo stanno usando per provocare la dissidenza all’interno di Israele perché sanno bene che la forza di una democrazia è pure la sua più grande debolezza e sanno bene che per finire solo gli Israeliani possono indebolire Israele…
    Saluto il coraggio giornaliero di Shalit e della sua famiglia, purtroppo non penso proprio che il suo ritorno a casa sia imminente, nonostante le grandi manifestazioni organizzate ovunque…

    1 Lug 2010, 16:05 Rispondi|Quota
  • #4Sherry

    Anachnu Rozim Gilad Po BaIsrael!… vogliamo Gilad qua in israele!!!… è sconcertante come associazioni quali emergency e roba varia nn siano intervenuti sulla faccenda.. eppure dovrebbero intervenire se si violano i diritti umani no??? ma nooooo basta ke gli israeliani muoiono e va tutto bene!.. scandalo proprio! EMERGENCY STA CON I TERRORISTI

    1 Lug 2010, 20:56 Rispondi|Quota
  • #5Sabina Falivene

    Spero vivamente che Shalit venga liberato presto se ancora vogliono conservare un’impronta di Credibilità di fronte a tante voci che si levano contro Hamas, per me assassini e terroristi da sempre, bisogna lottare affinchè Israele entri di FATTO, ATTO e DIRITTO in EUROPA!!!
    Ciao Elena vedo che anche tu sei quì…! ;-)))Nenè

    2 Lug 2010, 14:20 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    martedì 6 luglio 2010

    Sconfiggere Hamas “le flottila” non servono a Gaza

    Uno studio della rivista inglese “Lancet” evidenzia come non sia facile vivere a Gaza dopo l’operazione “Piombo Fuso”, che nel 2009 provocò circa 1.400 morti fra i palestinesi. Secondo il dottor Nahed Mikki, dell’Università di Oslo, un bambino su quattro soffre di malnutrizione, il 6 per cento è rachitico e l’11 per cento anemico. Quasi il 40 per cento delle case sono state distrutte o danneggiate dalla guerra e la popolazione s’ingegna in tutti i modi per ricostruirle, e per avere acqua ed elettricità sufficienti per andare avanti. L’embargo israeliano imposto alla Striscia, nonostante ‘l’alleggerimento’ della stretta dopo il fallito attacco alla Flotilla, rende ‘off limits’ materiali come cemento, plastica, vetro e acciaio. L’economia ristagna, la disoccupazione è oltre il 40 per cento, industrie come quelle della pesca sono andate praticamente distrutte. Per tutto questo, il G8 canadese ha chiesto al governo israeliano di modificare il regime di embargo a Gaza, nella speranza che una mossa del genere possa favorire lo scambio di prigionieri (il caporale Shalit in cambio di centinaia di prigionieri politici palestinesi detenuti nello stato ebraico). Che cosa ha fatto Hamas per migliorare le cose dopo “Piombo Fuso”? Praticamente quello che faceva già prima del conflitto e che costituì il “casus belli” dell’intervento israeliano: nei giorni scorsi, un nuovo missile artigianale è caduto in territorio israeliano, colpendo una fabbrica, per fortuna senza lasciare vittime. Dall’inizio del 2010, secondo l’esercito ebraico, sono oltre 60 i razzi sparati dalla Striscia contro Israele. Non si ricordano prese di posizione altrettanto dure della comunità internazionale sulla questione dei missili che continuano a piombare in territorio ebraico come se nulla fosse. L’attenzione dell’opinione pubblica, d’altra parte, è calamitata dalle condizioni di vita degli abitanti di Gaza. Si parla degli effetti ma senza ricordare le cause. L’offensiva mediatica sempre accesa su Israele, condotta soprattutto in Europa da un potente network dove si uniscono elementi della sinistra occidentale e delle comunità islamiche radicate nel vecchio continente, impedisce di cercare nuove soluzioni e nello stesso tempo sfavorisce qualsiasi approccio diplomatico più o meno indiretto fra Hamas e Israele. “La strategia più efficace per fermare una occupazione sempre più sanguinosa – ha scritto Naomi Klein, in un articolo apparso su The Nation – è far sì che Israele diventi il bersaglio della stessa specie di movimento che fermò l’apartheid in Sudafrica”. L’episodio della Freedom Flottilla, da questo punto di vista, è paradigmatico. Gestito in maniera erronea da Israele, non ha fatto altro che rafforzare il network mediatico di cui parliamo, senza che i pacifisti pro-palestina dei Paesi occidentali abbiano mosso una sola critica agli islamisti dell’IHH che erano partiti verso la Striscia con l’obiettivo del martirio.

    Non contento dell’accaduto, lo European Campaign to end the siege of Gaza ha annunciato a stretto giro una nuova spedizione umanitaria verso la Striscia. Il convoglio avrebbe già raccolto 5.000 adesioni, comprese quelle di alcuni parlamentari italiani. Il sito della Ong è quanto di peggio possa nuocere alla ‘causa’ palestinese. Dimenticate la fierezza di un Arafat o le battaglie in nome dell’autodeterminazione: vedrete solo fotografie di bambini denutriti che reggono il moccolo di una candela che si sta spegnendo. La pietà, ci mancherebbe, è un sentimento cristiano. Il piagnisteo è invece no, è una delle moderne forme della palestinolatria, la tecnica che il network islamo-comunista utilizza per martellare le opinioni pubbliche occidentali, con la scusa che di Gaza non si parla mai abbastanza (quando invece non c’è altro luogo della Terra che goda di maggiore attenzione da un punto di vista massmediatico). Di Hamas, al contrario, e delle conseguenze generate dal fascismo islamico sul movimento di liberazione del popolo palestinese, interessa poco. Militanti di Hamas erano al varo della nave turca Marmara, e fra le sigle della European Campaign che si sono impegnate a portare nuovi aiuti a Gaza ci sono gli islamisti attivi in Gran Bretagna e nella penisola scandinava, alcuni di questi, a Oslo, finanziati apertamente dall’Iran, che nella capitale nordica costruisce grandi moschee.

    Israele ha solo un modo per non ricadere nel brutto scivolone della Freedom Flottilla. Forse non sarà sufficiente a evitare nuovi incidenti ma è decisivo per sovvertire l’andamento della ‘guerra mediatica’ con Hamas: denunciare ed evidenziare tutti i collegamenti fra le Ong pacifiste e solidali con gli islamisti, mostrare da che parte stanno gli europei che danno vita ai convogli come la Flottilla. I palestinesi, soprattutto quelli di Gaza, farebbero bene a riflettere su quanto possa essere conveniente, o su quanto lo sia stato fino adesso, fare affidamento su forze che strumentalizzano la loro battaglia ormai secolare – il diritto di avere una terra in cui vivere – per soddisfare i propri rigurgiti anti-occidentali. Col rischio, ormai è quasi una certezza, che “l’Hamastan” venga abbandonato a se stesso.

    Anche i palestinesi della West Bank non se la passano troppo bene – come denuncia un rapporto di “Save the Children” sulla povertà infantile nella Cisgiordania ancora sotto controllo militare israeliano. Ma c’è una differenza sostanziale con Gaza. Dopo l’Intifada dei kamikaze, vista la reazione israeliana, gli eredi di Arafat hanno cambiato registro, mettendo un freno alla violenza. C’è stato “un miglioramento delle situazione economica complessiva”, come ammette Salam Kanaan, responsabile di Save the Children in in West Bank. Un dato già ampiamente annunciato dal governo Netanyahu in quelle che viene sinteticamente definita “pace economica”. Le notizie circolate nei giorni scorsi su una ripresa dei ‘talk’ che porterebbe, grazie alla mediazione americana, a uno scambio di territori fra ANP e governo israeliano, mostra che l’unica strada da seguire per far tacere le armi è proprio quella dei “piccoli passi”, nella ripresa economia, nella trattativa diplomatica, e via discorrendo.

    Se si giungesse ad un risultato del genere sarebbe anche il frutto della determinazione israeliana, l’uso della forza dopo l’Intifada dei martiri, Muro compreso. Come ha lasciato intendere Natan Sharansky è questo il modello che Israele deve tener presente per risolvere la questione di Gaza. Forse è “politicamente scorretto” dirlo, ma qual è l’alternativa? Ecco perché una nuova spedizione della Flottilla rischia di complicare e peggiorare la situazione ancora di più di quanto non lo sia adesso. Ecco perché, forse, alla popolazione di Gaza non conviene ricevere il frutto – marcio – del network politico-mediatico che sostiene le “Flottilla”. Nei giorni scorsi è morto ‘Abu Daoud’, nome di battaglia di Mohammad Oudeh, la mente dell’attacco terroristico alle Olimpiadi di Monaco, quando il cuore della sinistra occidentale batteva forte per le gesta del terrorismo palestinese. Si chiude un’epoca, nella speranza che quella destinata ad aprirsi non abbia soltanto le sembianze di Hamas e dei rottami ideologici che, in Europa, fanno ancora il suo gioco.

    Pubblicato da Giacomo Palumbo Lorito a 22.04

    http://giacomopalumbo.blogspot.com/2010/07/sconfiggere-hamas-le-flottila-non.html

    20 Lug 2010, 10:07 Rispondi|Quota