ANP contro la decisione della UE sui prodotti di Giudea e Samaria: “Ci danneggia!”

 
Emanuel Baroz
18 luglio 2013
9 commenti

PALESTINESI: LA DECISIONE DELLA UE CI DANNEGGIA!!!

ue-unione-europea-prodotti-focus-on-israelRamallah, 17 Luglio 2013 – Un alto funzionario dell’Autorità Palestinese ha confermato martedì a Israel Hayom che a Ramallah c’è preoccupazione per la decisione dell’UE di sospendere ogni accordo, sovvenzione e incentivo economico alle aziende israeliane che operano in Giudea e Samaria (Cisgiordania).

”Da parte nostra – ha detto l’anonimo funzionario – abbiamo avvicinato un certo numero di funzionari europei, qui e in Israele, per cercare di evitare la decisione, o almeno di mantenerla a livello non ufficiale” giacché “rischia di rivelarsi economicamente e socialmente disastrosa per la comunità palestinese”.

Secondo il funzionario palestinese, la mossa europea congelerebbe numerosi progetti comuni, costringerebbe gli imprenditori a bloccare l’assunzione di palestinesi nei progetti congiunti con israeliani e causerebbe molti licenziamenti di palestinesi che lavorano nelle zone industriali in Cisgiordania. Sammer Darawsha, un palestinese che lavora in una serra nel quadro di un progetto agricolo congiunto israelo-palestinese vicino all’insediamento di Halamish, finanziato da stati dell’UE, ha detto a Israel HaYom che la decisione UE ”colpirà tutti, ebrei e palestinesi: se ci tolgono cibo e fonte di sostentamento, vorrei sapere che genere di pace avremo qui?”

(Fonte: Israele.net, 18 Luglio 2013)

Thanks to Progetto Dreyfus

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  • #1Emanuel Baroz

    Il boicottaggio europeo colpisce anche i lavoratori palestinesi

    http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=49939

    18 Lug 2013, 23:12 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    L’Europa taglia fuori Israele e allontana ancora la pace

    di Fiamma Nirenstein

    Finalmente tutto l’irragionevole livore dell’Europa contro Israele ha superato i confini delle solite condanne, e si è rovesciata in un documento bilioso, degno di una ong di attivisti filopalestinesi, e che porterà grandi danni economici e morali: li porterà a Israele perché ne delegittima la politica e infine la stessa capacità di decidere che cosa sia necessario alla sua sopravvivenza; all’Ue perché la rende un corpo squilibrato e quindi escluso da eventuali colloqui di pace cui invece John Kerry, alla sua quinta visita in Medio Oriente, sembra avvicinarsi; ai palestinesi perché il numero di coloro che hanno interessi primari nella convivenza con gli ebrei anche nei territori oltre la Linea Verde è certo molto maggiore di quello dei loro politici. Abu Mazen esprime la maggiore soddisfazione: l’Unione europea gli fornisce l’ennesima ragione per rifiutare il processo di pace che gli Usa faticosamente cercano di reinstaurare, tanto quello che vogliono lo ottengono comunque. Non è peregrino immaginare che il documento europeo, particolarmente brutale e misero, non sia stato stilato ai massimi livelli, ma da funzionari abituati a sguazzare nel politically correct antisraeliano: esso dice che «l’Ue si impegna a che tutti gli accordi fra l’Ue stessa e lo Stato d’Israele debbano inequivocabilmente ed esplicitamente indicare la loro inapplicabilità ai territori occupati da Israele nel 1967, ovvero le alture del Golan, la West bank, Gerusalemme Est o la Striscia di Gaza». E allarga il suo raggio a tutti coloro che anche dentro la Green Line svolgano attività comuni con i Territori. Un intervento di boicottaggio plenario. A parte che Gaza non è più occupata da tempo, che il Golan è stato annesso (e meno male altrimenti chissà cosa ne farebbe oggi Bashar Assad, dato che il territorio era siriano, non palestinese, ma l’Ue pensa affettuosamente anche a lui, pare), per la West Bank la volontà di compiere un gesto di esplicita ostilità verso Israele è evidente. Il fatto che vi siano implicate tutte le istituzioni e le persone che in un modo o nell’altro hanno a che fare con i Territori, e proibisca di avere a che fare con loro, significa per esempio che non sarà più possibile proseguire i progetti di ricerca comune con l’Università di Gerusalemme, o di Ariel, o di altri istituti di ricerca siti al di là della Linea Verde. Significherà che improvvisamente 500mila persone, con i loro annessi e connessi dentro la Linea Verde (esportatori, distributori..) verranno intrappolate, discriminate, impoverite. Che Gerusalemme domani dovrebbe essere, secondo l’Ue, divisa, magari con un muro come a Berlino. Nei Territori vivono contadini, vinai, piccoli fabbricanti, professori e scienziati che collaborano produttivamente con i palestinesi. Ma la fantasia dell’Ue è che in Giudea e Samaria, si aggiri una schiera di 500mila fanatici a cavallo, che impediscono la pace. Ma la pace si farà, secondo la risoluzione dell’Onu 242 quando il confine fra i due stati sia disegnato anche in base alla sicurezza di Israele. Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza definisce illegale l’occupazione dei territori conquistati dopo la guerra di difesa del ’67, e tutti i documenti rilevanti sugli agglomerati abitati a ovest del fiume Giordano, dal 1920 in poi dimostrano che la cosiddetta illegalità internazionale è un’invenzione politica senza fondamento. L’Ue sembra aver già compiuto la trattativa, e ha posto il confine lungo la Linea Verde. Ma essa è solo la linea armistiziale del ’49, che non esiste più dai tempi della pace con la Giordania. Stabilire un confine lungo quella linea, l’Ue sa che cosa significherebbe? Vorrebbe dire consentire che l’aereoporto Ben Gurion fosse preda di possibili attacchi, e lo stesso avverrebbe con molte altre zone di importanza vitale, compresa Gerusalemme. L’Ue sa benissimo che Abu Mazen ha dichiarato che una volta stabilito uno stato esso dovrebbe essere completamente judenrein. Si tratta di un messaggio razzista, in linea coll’antisemitismo che domina l’Autorità Palestinese nei libri di testo scolastico, alla tv, sulla stampa… e che prelude allo spostamento forzato di 500mila persone che vivono e lavorano nelle zone che l’Europa considera già stato palestinese, e quindi judenrein, secondo le dichiarazioni dei suoi leader. Perché l’Europa fa questo? E proprio adesso? Di certo, il più irritato non è Netanyahu, è Kerry: l’Europa gli sta distruggendo ogni possibilità di convincere i palestinesi a intraprendere la normale strada della trattativa.

    (Fonte: Il Giornale, 18 luglio 2013)

    18 Lug 2013, 23:13 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Netanyahu all’Unione Europea: non accettiamo ultimatum su confini

    GERUSALEMME – “Non accettiamo ultimatum esterni circa i nostri confini”: lo ha affermato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, dopo consultazioni sulle nuove linee guida dell’Unione Europea riguardo gli insediamenti.

    “In quanto Primo ministro di Israele – ha affermato Netanyahu in un comunicato – non posso consentire che si colpiscano centinaia di migliaia di israeliani che vivono in Giudea-Samaria, nelle alture del Golan e a Gerusalemme, nostra capitale riunificata”.

    Dopo consultazioni con i ministri Tzipi Livni e Naftali Bennett e col viceministro degli esteri Zeev Elkin, il premier ha ribadito che i confini definitivi di Israele saranno definiti solo mediante trattative dirette fra le parti interessate.

    (Fonte: ANSAmed, 16 luglio 2013)

    18 Lug 2013, 23:14 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Il futuro confine di Israele? Lo ha già deciso l’Unione Europea

    L’Unione Europea ha decretato che tutti i contratti tra i paesi europei e Israele devono includere una clausola che sposa la posizione dell’Unione Europea secondo cui i territori come Gerusalemme est e Cisgiordania che stanno oltre la Linea Verde (la linea armistiziale in vigore dal 1949 al 1967) non fanno parte dello Stato d’Israele e quindi non rientrano nel contratto. Il decreto, contenuto in una direttiva vincolante per i 28 Stati membri che entrerà in vigore venerdì, vieterà inoltre qualsiasi forma di finanziamento, borse di studio, cooperazione economica, sovvenzioni, premi per la ricerca, retribuzioni e finanziamenti a favore di qualunque individuo o ente israeliano che risieda al di là della Linea Verde.

    David Kriss, portavoce dell’UE in Israele, ha confermato la notizia inizialmente diffusa da Ha’aretz, spiegando che “il 30 giugno scorso la Commissione Europea aveva adottato una Nota contenente le linee guida in materia di ammissibilità di enti israeliani nei territori occupati a borse di studio, premi e altri strumenti finanziati dall’Unione Europea dal 2014 in avanti. Queste linee guida erano state preparate a seguito delle conclusioni del Consiglio dei ministri degli esteri UE del 10 dicembre 2012, che aveva dichiarato che tutti gli accordi tra lo Stato di Israele e l’UE devono inequivocabilmente ed espressamente indicare la loro inapplicabilità ai territori occupati da Israele nel 1967”. “Le linee guida – ha aggiunto il portavoce dell’UE – sono importanti in vista delle nuove opportunità che verranno offerte a Israele come partner nella Politica Europea di Vicinato e altri strumenti di finanziamento nel periodo 2014-2020. L’Unione Europea – secondo il suo portavoce – desidera che Israele partecipi a pieno titolo a questi strumenti e dunque con questa nuova direttiva vuole garantire che la partecipazione di Israele non venga messa in discussione [per la questione dei territori]”.

    “La richiesta non è nuova – ha detto martedì il vice ministro degli esteri israeliano Zeev Elkin in un’intervista a radio Galei Tzahal – e compariva già nelle trattative per accordi precedenti con l’Unione Europea. Ma gli accordi sono bilaterali ed è sempre una questione di negoziato. Penso che gli europei stiano facendo un errore preoccupante, soprattutto in questo momento, perché non fanno che rafforzare l’intransigenza dei palestinesi riducendo la loro motivazione a scendere a compromessi con Israele negli sforzi di pace. Anziché favorire un’atmosfera favorevole a colloqui di pace, si alimenta il rifiuto palestinese di tornare al tavolo dei negoziati”.

    Silvan Shalom, ministro per l’energia e per lo sviluppo regionale, ha definito la direttiva “un altro bastone nelle ruote dei negoziati”, sottolineando come essa dimostri quanto l’Europa è “scollegata dalla realtà del Medio Oriente” mentre le sue politiche dimostrano come “non possa svolgere un ruolo efficace nel delicato processo diplomatico israelo-palestinese”. Rafforzando la sensazione dei palestinesi di poter ottenere concessioni ed esercitare pressioni su Israele rifiutandosi di negoziare, “la UE allontana i palestinesi dai negoziati”. Shalom ha ricordato che sono i palestinesi che si oppongono alla ripresa dei colloqui di pace e che l’Autorità Palestinese pone come pre-condizioni proprio la questione degli insediamenti, compresi alcuni quartieri ebraici di Gerusalemme, e quella dei confini, sui cui ora l’UE si è unilateralmente schierata. “Perché – si è chiesto – il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) dovrebbe accettare di negoziare se gli europei stanno facendo il lavoro per lui? Ma la verità è che le attività ebraiche negli insediamenti non impedirono a Begin di abbandonare il Sinai, a Sharon di abbandonare la striscia di Gaza Gaza, a Netanyahu di firmare gli accordi di Wye Plantation, a Olmert di offrire un accordo negoziale praticamente su tutto il territorio”.

    La decisione dell’UE è “sbagliata e deplorevole – ha detto il vice ministro Ofir Akunis – Misure come questa, adottate ancor prima che i palestinesi annuncino d’essere disposti a tornare al tavolo delle trattative, non fanno che allontanare i negoziati di pace”. Secondo Akunis, l’Europa dovrebbe capire che la Cisgiordania non è un territorio “occupato”, bensì un territorio conteso su cui anche Israele vanta legittime rivendicazioni, e che dunque deve essere oggetto di negoziati diretti fra le parti.

    “Questa direttiva è semplicemente un errore, una mossa stupida che non aiuta ad arrivare a un accordo”, ha affermato il parlamentare laburista Hilik Bar, uno dei fondatori del comitato parlamentare a sostegno della soluzione a due Stati nonché autore di un disegno di legge volto a vietare qualunque annessione di territori di Cisgiordania da parte israeliana se non nel quadro di un accordo con i palestinesi. “Questa direttiva – ha spiegato – non fa che rafforzare la sensazione degli israeliani di essere sotto assedio, e servirà solo a tenere lontano Abu Mazen dal tavolo dei negoziati”.

    Il ministro delle finanze Yair Lapid ha definito “spregevole” la decisione dell’UE e ha spiegato: “Purtroppo il tempo non è a nostro favore e ogni giorno che passa senza negoziati la nostra posizione internazionale peggiora. Ma questa direttiva capita nel momento più sbagliato e sabota gli sforzi del segretario di stato Usa John Kerry tesi a riportare le parti al tavolo dei negoziati”. Secondo Lapid, la nuova direttiva fa credere ai palestinesi di poter imporre pre-condizioni senza pagare pegno, e li illude che Israele possa essere costretto a capitolare con le pressioni economiche e diplomatiche. Lapid ha aggiunto che intende rivolgersi ad amici di Israele nell’UE e spiegare loro che la direttiva “danneggia gli obiettivi che volevano raggiungere, e allontana la pace”.

    Naftali Bennett, ministro dell’economia e del commercio ha definito le nuove direttive UE “un attacco economico contro le possibilità di pace”.

    “Si tratta di un classico caso di doppio standard – ha affermato Yuval Steinitz, ministro per intelligence, relazioni internazionali e affari strategici – Come mai l’Unione Europea non adotta misure analoghe per la parte turca di Cipro? Eppure l’UE è contraria al fatto che un terzo dell’isola di Cipro sia controllata dalla Turchia. È chiaro che, ancora una volta, si tratta Israele in modo diverso dagli altri”.

    La leader del partito laburista Shelly Yachimovich, dopo aver criticato il governo israeliano per “il crescente isolamento diplomatico che sta causando danni al paese e al mercato e che rappresenta una minaccia strategica non meno delle armi puntate contro di noi”, ha aggiunto: “Tuttavia è una vera disgrazia che l’Unione Europea si concentri su sanzioni e divieti anziché sostenere e aiutare gli sforzi americani per la ripresa de negoziato”.

    Ha commentato martedì sera il ministro della giustizia e capo negoziatore israeliano Tzipi Livni: “Mi rattrista che si sia arrivati a questo punto, ma spero che questo possa aprire gli occhi a tutti coloro che pensano che possiamo convivere con la situazione di stallo attuale. Ogni iniziativa israeliana è preferibile a iniziative internazionali unilaterali. Una volta avviati i negoziati, gli europei vedranno che Israele desidera stabilire confini definitivi, ma solo attraverso negoziati”.

    “La nostra posizione è chiara e ben nota – ha affermato Eliyahu Shviro, sindaco di Ariel, cittadina israeliana di 16.000 abitanti che si trova in Samaria (Cisgiordania settentrionale) – Siamo contro ogni tipo di boicottaggio. Il boicottaggio non raggiungere mai l’obiettivo dichiarato e serve solo a fomentare discordie. E forse è proprio questa l’intenzione che sta dietro all’iniziativa dell’UE. Chi vuole creare ponti per superare le differenze e favorire la fratellanza umana non ricorre a questi metodi. Gli abitanti palestinesi di Samaria sono impiegati a migliaia nell’industria israeliana e non viene in mente a nessuno di bandirli per via della religione, della nazionalità o del luogo in cui abitano. Ora il boicottaggio dell’UE potrebbe compromettere anche questo”.

    La nuova direttiva UE, scrive Haviv Rettig Gur su “Times of Israel”, ha suscitato vivaci reazioni negative in Israele non perché qualcuno fosse sorpreso della posizione che esprime, che era ben nota, ma per la ottusa puntigliosità con cui ora l’UE ingiunge che venga applicata. “Hanno passato il segno – ha spiegato martedì un alto rappresentante israeliano – Che l’UE non avrebbe mai firmato, ad esempio, un accordo con l’Università di Ariel non è un segreto. Ma ora cosa vogliono? Che l’Università di Gerusalemme garantisca che nessun accademico e scienziato che opera su un programma di cooperazione UE abiti al di là della Linea Verde, magari negli appartamenti che sorgono lungo la strada che porta al campus universitario del Monte Scopus [che dal ’48 al ’67 fu una enclave israeliana circondata dalla Legione Araba giordana, per cui l’unica strada che lo collega a Gerusalemme ovest si trova tecnicamente al di là della Linea Verde]? O che non abiti nel quartiere ebraico della Città Vecchia, che era ebraico giusto qualche secolo prima che esistesse l’Unione Europea [e dal quale la popolazione ebraica venne bandita nel periodo ’49-‘67]? Siamo davvero all’assurdo”. Come ha sottolineato un altro funzionario, la nuova politica dell’Unione Europea di fatto pretende che Israele rinunci, per iscritto, a ogni diritto sul Muro Occidentale (del pianto), il luogo più sacro del giudaismo, come condizione preliminare alla firma di qualunque accordo UE. Anche il Muro Occidentale, infatti, era rimasto al di là della Linea Verde, precluso agli ebrei di tutto il mondo nel periodo dell’occupazione giordana di Gerusalemme est dal 1948 al ‘67. Aderendo ciecamente alla Linea Verde (che in tutta la storia di questa terra è esistita solo per 19 anni, e che non esiste più da 46 anni), l’Unione Europea di fatto prende posizione nel conflitto in un modo che la allontana nettamente dalla posizione della maggioranza degli israeliani favorevoli al negoziato e alla soluzione a due Stati purché il futuro confine venga negoziato, come previsto da tutti gli accordi finora firmati. Ecco perché la mossa dell’UE suscita sdegno anche fra molti esponenti della sinistra israeliana, che pure solitamente considerano l’Europa un’alleata nella ricerca della pace.

    “Non accetteremo nessun diktat esterno riguardo ai nostri confini: queste sono questioni che vanno risolte solo attraverso negoziati diretti”. Lo ha dichiarato martedì sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo essersi consultato nel suo ufficio con il ministro della Giustizia Tzipi Livni, il ministro dell’economia e del commercio Neftali Bennett, e il vice ministro degli esteri Ze’ev Elkin. “Mi aspetterei – ha aggiunto Netanyahu – che coloro che desiderano realmente vedere pace e stabilità in questa regione si preoccupino di questa questione solo dopo aver affrontato una serie di questioni regionali un po’ più pressanti, come ad esempio la guerra civile siriana e la corsa iraniana alle armi nucleari”.

    (Da: YnetNews, Jerusalem Post, Times of Israel, Israel HaYom, Haaretz, 16.7.13)

    http://www.israele.net/articolo,3786.htm

    18 Lug 2013, 23:15 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    Se l’Unione Europea etichetta i prodotti in base alla «linea verde»

    http://www.israele.net/articolo,3741.htm

    18 Lug 2013, 23:15 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Israele – Europa: dove ha portato la corrotta politica della Ashton

    di Franco Londei

    Leggo quasi incredulo che l’Unione Europea ha deciso per un specie di boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti da quel territorio che loro chiamano genericamente West Bank (Giudea e Samaria), dal Golan e da Gerusalemme Est. Dal prossimo agosto tali prodotti non potranno più essere importati con il marchio Made in Israel.

    Parliamoci chiaro, la decisione è del tutto simbolica e persino dannosa per i palestinesi dato che nelle aziende che la UE vorrebbe boicottare ci lavorano oltre 50.000 palestinesi che guadagnano, oltretutto, cinque volte tanto di quanto guadagna un loro pari in Palestina. Per il resto non mancheranno certamente acquirenti dei buonissimi prodotti israeliani di Giudea e Samaria.

    Quindi cosa vuole l’Unione Europea? Semplice, vuole piegare alla sua ideologia uno Stato extraeuropeo come Israele credendo di avere a che fare con la Grecia o con l’Italia. Ma se questo è già di per se gravissimo, è ancora più grave scoprire che una sola persona, per meri interessi personali (leggi qui: http://www.rightsreporter.org/israele-ecco-il-perche-della-linea-anti-israeliana-di-catherine-ashton-ce-conflitto-di-interessi/), condiziona negativamente le decisioni dell’Unione Europea. Questa persona si chiama Catherine Ashton ed è veramente, passatemi il termine di cui mi assumo completa responsabilità, una fogna.

    Come mai, per esempio, la Baronessa inglese non propone una misura del genere per i prodotti che provengono da Cipro occupata dai turchi? Oppure per quelli dell’Irlanda del Nord occupata dai suoi compatrioti? E perché non prendere le stesse misure per i prodotti in Kurdistan occupato da Siria, Giordania, Turchia, Iraq e Iran? E che dire dei prodotti del Tibet occupato dalla Cina? E guardate che qui si sta parlando di territori occupati e non di territori contesi come sono la Giudea e la Samaria (a Gerusalemme Est c’è ben poco da contendere, quello è territorio israeliano e Gerusalemme la capitale di Israele).

    Ci rendiamo conto di dove ha portato la politica corrotta e antisemita della baronessa Catherine Ashton? Ha portato l’Europa, da sempre promotrice delle democrazie, a boicottare e combattere l’unica democrazia in Medio Oriente, Israele, uno Stato piccolissimo posizionato in mezzo ai peggiori regimi islamici dai quali si deve difendere ogni giorno che Dio ci manda. Ci rendiamo conto di quale livello di bassezza ha toccato l’Europa dei burocrati e dei non eletti?

    Oggettivamente credo che sia arrivato seriamente il momento di fare qualcosa. Come Secondo Protocollo abbiamo inoltrato tre esposti in due anni al Parlamento Europeo contro Catherine Ashton senza ottenere alcuna risposta se non un patetico documento dove ci si diceva che avrebbero “analizzato” il nostro esposto. Un esposto lo ha inviato Rights Reporter dopo la scoperta del “conflitto di interessi” della baronessa e consorte, ma anche questa volta nessun riscontro degno di nota. E’ ora quindi di passare a metodi più duri per costringerla a rassegnare le dimissioni. Stiamo quindi studiando una petizione che sia perfettamente legale (non le solite petizioni online che certo fanno pressione ma che legalmente non sono riconosciute) oltre ad altri sistemi per fare in modo che chi governa e rappresenta l’Europa sia una persona eletta e non nominata da altri burocrati. La lotta è appena cominciata.

    http://www.francolondei.it/israele-europa-dove-ha-portato-la-corrotta-politica-della-ashton/

    18 Lug 2013, 23:18 Rispondi|Quota
  • #7Robdic

    Che dire? L’ennesima riprova (semmai ce ne fosse bisogno) che ai loro supporter europei non gliene frega niente dei palestinesi. Loro odiano gli ebrei e basta, di tutto il resto non gliene frega niente (“palestinesi compresi”, che sono importanti solo in quanto antagonisti di Israele)

    19 Lug 2013, 17:02 Rispondi|Quota
  • #8HaDaR

    Gli UNICI in Israele a godere di questa schifosa decisione discriminatoria e antisemita (perché è da doppio standard: non si fa lo stesso con nessun altro paese!) sono le organizzazioni DI SINISTRA israeliane che da anni premono ovunque – in attività comune con tutti gli antisemiti d’Europa e vivendo dei loro fondi – con sta “linea verde” che non è altro che la linea del cessate il fuoco del 1949, tracciata in verde nelle mappe militari giordane.

    19 Lug 2013, 17:48 Rispondi|Quota
    • #9gianni

      @HaDaR:
      Ti sbagli. É la decisione europea di intrattenere rapporti commerciali a tassi favorevoli con israele, unico paese non europeo non avviene neanche con gli usa, a essere profondamente discriminatoria verso tutti gli altri paesi.

      20 Lug 2013, 13:40 Rispondi|Quota