Nitsana Darshan-Leitner, l’avvocato che lotta contro i terroristi

 
Emanuel Baroz
8 febbraio 2015
3 commenti

Nitsana Darshan-Leitner: è donna l’avvocato che lotta contro l’Isis

di Matteo Angeli

Nitsana-Darshan-Leitner-avvocato-terrorismo-focus-on-israel

È l’incubo di stati canaglia e terroristi: l’avvocato israeliano Nitsana Darshan-Leitner non si ferma davanti a nessuno. Supportata dallo staff del suo studio legale, lo Shurat HaDin, Leitner ha rappresentato centinaia di vittime del terrorismo in casi contro al Qaeda, Hezbollah e l’Autorità nazionale palestinese, ma anche contro Iran, Siria e Corea del nord. Quest’autunno, poi, ha cominciato a dare la caccia allo Stato Islamico.

L’avvocato israeliano intende, infatti, fare causa a chi fa affari con gli uomini del califfo Abu Bakr al Baghdadi. Più in particolare, Leitner vuole scovare le banche che ricevono il denaro proveniente dalle vendite del petrolio. “La questione è: da dove provengono i soldi dell’Isis?”, commenta l’avvocato israeliano dal suo studio di Tel Aviv. E continua: “Tecnicamente, non possiamo dare la caccia all’Isis. Ma possiamo inseguire le banche arabe che lo finanziano. Non si tratta di noccioline. Stiamo parlando di svariati milioni di dollari che l’Isis ottiene ogni giorni grazie al controllo dei giacimenti di petrolio. Ci devono essere delle banche che aiutano l’Isis a ricevere quei soldi. È lì che dobbiamo cercare”.

La strategia di Leitner è, quindi, colpire i terroristi mettendo mano al loro portafoglio. Il primo passo in questa direzione consiste nell’individuare le banche utilizzate dai gruppi criminali. Spesso, si tratta di istituti di credito con una o più filiali negli Stati Uniti o in Canada. In questi casi, lo studio legale dell’avvocato israeliano ha il via libera per perseguirli in giudizio, grazie al Patriot Act o al Canadian Anti-terrorism Act.

Con l’Isis, però, è tutto più difficile. Come ammette Leitner, dare la caccia allo Stato Islamico è “arduo”. Infatti, l’organizzazione presenta una struttura di comando torbida e, quel che è peggio, opera in Siria e in Iraq. In questi paesi, il sistema bancario è particolarmente oscuro. Perfino con Al Qaeda si riusciva a rintracciare il conto in banca dei suoi esponenti. “Con l’Isis, invece, perdi le tracce”, ammette sconsolata Leitner.

L’avvocato israeliano però non molla. Dal 2003, il suo studio legale ha intentato una lunga serie di azioni civili contro numerose banche e istituzioni finanziarie accusate di sostenere e aiutare i gruppi terroristici musulmani e arabi. Diversamente da quello che si potrebbe credere, i clienti di Leitner non sono solo ebrei, ma anche arabi, cristiani, musulmani e drusi.

Le vittime del terrorismo rappresentate da Leitner sono più di cento. Di volta in volta, l’avvocato israeliano ha citato in giudizio l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Hezbollah, Hamas, la Repubblica dell’Iran, la Corea del nord e la Bank of China. Recentemente, poi, ha avviato una causa presso la Corte internazionale di giustizia contro Khaled Meshaal, il leader di Hamas.

Nel corso degli anni, il suo studio legale ha ottenuto: un miliardo di dollari in risarcimenti dai finanziatori del terrorismo islamico, il congelamento di 600 milioni di dollari di fondi appartenenti ai terroristi e un risarcimento di 120 milioni di dollari alle vittime del terrorismo e alle loro famiglie.

La svolta per la carriera di Leitner è arrivata nel febbraio del 2002. L’avvocato israeliano era impegnato nel caso “Ira Weinstein”. Ira Weinstein era l’autista dell’autobus che nel febbraio del 1996 fu oggetto dell’attacco di un attentatore suicida a Gerusalemme. In quell’occasione, morirono venticinque israeliani. Il team di Leitner presentò denuncia contro il governo iraniano per conto della famiglia Weinstein, nel Distretto di Columbia. Le autorità iraniane erano accusate di aver sostenuto i terroristi di Hamas, responsabili di aver effettuato l’attacco. Nel febbraio 2002, il giudice federale ordinò a Teheran di pagare 183 milioni di dollari di risarcimento.

Per quanto riguarda il caso contro l’Isis, l’avvocato israeliano si dice intenzionato ad andare avanti per il bene dell’intera comunità internazionale. “È ovvio che sarà arduo, non solo per la natura del caso ma anche per il pericolo che pone per il resto del mondo. Non si tratta di terrorismo locale, come nei casi di Hamas o Hezbollah”, riconosce Leitner. E ribadisce: “Il blocco dei finanziamenti avrà un ruolo chiave nella lotta contro il terrorismo”.

(Fonte: La Voce del Trentino, 31 Gennaio 2015)

Nella foto in alto: l’avvocato israeliano Nitsana Darshan-Leitner

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  • #1Emanuel Baroz

    L’incubo dei terroristi

    L’avvocato Darshan-Leitner vuole mandare in bancarotta la guerra santa. Finora è riuscita a togliere un miliardo di dollari agli islamisti. La Erin Brockovich israeliana

    di Giulio Meotti

    Nitsana Darshan-Leitner combatte il terrorismo con la penna e con la carta. I suoi campi di battaglia sono le corti di giustizia di Israele, dell’Europa e del Nord America. Figlia di ebrei iraniani, Leitner quando creò il suo studio legale, Shurat HaDin, o Centro legale israeliano, lo fece senza un centesimo. Una sorta di Erin Brockovich israeliana. Da allora, Leitner ha perso soltanto una causa su sessanta, ottenuto un miliardo di dollari in risarcimenti dagli sponsor del terrorismo islamico e congelato beni al jihad per 600 milioni di dollari.

    Leitner ha rappresentato centinaia di vittime del terrorismo in casi contro il Jihad islamico, Hezbollah, al Qaida e l’Autorità palestinese. L’ultima causa che ha avviato presso la Corte dell’Aia è contro il leader di Hamas, Khaled Meshaal. Ma anche contro paesi come l’Iran, la Siria e la Corea del nord. La sua causa la perse quando nel 1995 Leitner si infuriò per il fatto che a Muhammad Abbas, uno dei terroristi palestinesi che avevano preso parte al dirottamento della nave da crociera Achille Lauro nel 1985, era stato concesso di tornare in Israele. Decise di rivolgersi alla Corte suprema israeliana. Leitner non aveva mai sostenuto una causa prima. Perse, ma i magistrati non le fecero pagare le spese legali. Fu una mezza vittoria.

    Da allora, Leitner avrebbe fatto causa anche all’Unione europea per i fondi ai palestinesi dirottati al terrorismo o all’incitamento all’odio. Bruxelles gode di immunità diplomatica quindi il caso non è arrivato in tribunale. Ma l’azione di Leitner ha spinto l’Unione europea a vigilare meglio su come vengono impiegati i fondi. La sua organizzazione ha anche impedito che la seconda flotilla per Gaza salpasse dalla Grecia. Leitner minacciò le navi greche messe a disposizione dei “pacifisti”.

    Fra i suoi maggiori successi c’è stata una causa da 378 milioni di dollari contro la Corea del nord. Leitner accusò il regime comunista di aver foraggiato i gruppi terroristici che nel maggio del 1972 fecero strage di passeggeri nell’area ritiro bagagli dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Ebbe l’idea di rivolgersi a una corte federale americana, interessata alla vicenda poiché gran parte delle vittime di quell’attentato proveniva da Porto Rico. Esecutori del bagno di sangue (26 morti e 80 feriti, in maggioranza pellegrini cattolici portoricani) furono tre terroristi dell’Armata rossa giapponese arrivati in Israele con un carico di armi su un volo proveniente dall’Italia. Poi Leitner ha ottenuto 338 milioni di dollari dalla Siria per il sequestro di archeologi in Turchia nel 1991 e 70 milioni dall’Iran.

    Leitner ha preso di mira anche Mohammed Khatami, l’ex presidente iraniano, a nome delle famiglie ebree i cui cari erano stati imprigionati e torturati perché intenzionati a fuggire dall’Iran quando Khatami era in carica. Leitner attese che Khatami venisse a parlare alle Nazioni Unite, a New York. Una sera Khatami doveva parlare al Council on American-Islamic Relations di Washington. Per ottocento dollari non si poteva solo andare a cena, ma anche ottenere una stretta di mano e una photo opportunity con il turbante nero. E consegnargli anche una citazione in giudizio.

    E’ stato però nel febbraio 2002 che la vita di questo avvocato è definitivamente cambiata. La sentenza riguardava il caso di Ira Weinstein, autista dell’autobus numero 18 a Gerusalemme nel febbraio 1996, quando un attentatore suicida si fece esplodere uccidendo venticinque israeliani. La squadra di Leitner aveva presentato una denuncia per conto della sua famiglia nel Distretto di Columbia contro il governo iraniano, sostenitore dei terroristi di Hamas che avevano effettuato l’attacco. Nel febbraio 2002, il giudice federale costrinse Teheran a pagare 183 milioni dollari di risarcimento.

    Il Centro legale israeliano ha già esportato il suo modello al di fuori del medio oriente, aiutando le vittime del gruppo terroristico colombiano delle Farc e dell’Ira irlandese. Lo scorso autunno, Newsweek ha dedicato alla Leitner un ritratto dal titolo “The Woman fighting Isis in court”. Sì, perché l’avvocato israeliano ha fatto causa anche a chi fa affari con il califfo al Baghdadi. Alle banche che ricevono il denaro proveniente dalle vendite del petrolio. Si dice che la Cia assista la Leitner in questa causa.

    Se le banche hanno filiali negli Stati Uniti o in Canada, Leitner li può perseguire in giudizio grazie al Patriot Act e al Canadian Anti-terrorism Act. Uno dei successi di Leitner ha coinvolto la Bank of China. La Corte suprema dello stato di New York ha emesso una storica sentenza: le vittime israeliane degli attacchi terroristici organizzati da Hamas possono procedere contro l’istituto di credito cinese. La Bank of China era stata accusata infatti dallo studio Leitner di non aver fatto nulla per bloccare il trasferimento di denaro verso i gruppi islamisti di Gaza. Soldi che poi sono stati usati per acquistare i missili lanciati verso lo stato ebraico.

    Inoltre Leitner si è dedicata alle organizzazioni non governative (ong) della carità. Associazioni come Rashid Trust (pachistana), Islamic Heritage Revival Society (Kuwait), Al Haramain (Arabia Saudita), Holy Land e World Islamic Charity. Perché gli oboli raccolti nelle moschee in occidente vengono spesso incanalati dalle ong verso i jihadisti, dietro al pretesto dell’aiuto agli affamati e ai senzatetto. Di 156 milioni di dollari l’ammontare dei risarcimenti ottenuti dalla Leitner da queste charities islamiche che agiscono in Europa e America.

    Ogni volta che c’è un attacco terroristico, la sua squadra comincia a costruire lentamente il caso. Come quando fece causa all’American Express per i milioni trasferiti da Hezbollah tra il 2004 e il 2006, denaro poi utilizzato per compiere attacchi missilistici sulle città israeliane. Leitner ha anche lanciato una campagna pubblica per salvare la vita di Imad Sa’ad, un agente di polizia palestinese accusato di aiutare l’intelligence israeliana nella caccia ai latitanti. Era stato condannato a morte da un tribunale palestinese. Leitner è riuscita a salvargli la vita, e a fargli scontare la prigione.

    Nel 2002, il suo team si è messo sulle tracce dell’ex ministro della Difesa siriano, Mustafa Tlass, uno dei più famosi uomini del regime di Bashar al Assad, a nome della famiglia Shatsky, la cui figlia era stata uccisa in una pizzeria nel centro commerciale a Karnei Shomron nel nord-ovest della Samaria, a est di Kfar Saba, da un gruppo terroristico finanziato da Damasco. Ha presentato una denuncia a Washington contro la Siria, sostenendo che ha fornito il supporto fondamentale per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, i cui membri realizzarono l’attacco suicida. Il caso è ancora pendente.

    Leitner incarna lo spirito ebraico di emancipazione, la convinzione che le vittime del terrorismo possano fermare i loro oppressori e ottenere anche un po’ di giustizia.

    http://www.ilfoglio.it/articoli/v/125099/rubriche/israele-avvocato-guerra-santa-incubo-dei-terroristi.htm

    9 Feb 2015, 00:12 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Nitsana Darshan-Leitner, l’avvocato che spaventa i terroristi

    http://www.progettodreyfus.com/nitsana-darshan-leitner-lavvocato-che-spaventa-i-terroristi/

    9 Feb 2015, 00:12 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    New York: processo per terrorismo contro l’Autorità Palestinese

    Accettate come prove le sentenze di condanna dei tribunali israeliani

    L’accusa nel primo storico processo per terrorismo contro l’Autorità Palestinese in corso negli Stati Uniti ha concluso venerdì scorso la presentazione delle sue prove affermando d’aver dimostrato che l’Autorità Palestinese “ha cancellato intere famiglie lasciandosi alle spalle un fiume di sangue e di paura”.

    Tocca ora alla difesa presentare le sue controdeduzioni, in una causa di risarcimento civile per omicidi intenzionali che potrebbe ammontare a miliardi di dollari.

    Benché l’illustrazione del caso da parte dei ricorrenti sia durata circa un mese, con alcuni momenti molto commoventi, si può tentare una sintesi dei punti centrali.

    Gli avvocati hanno sottolineato come i terroristi, molti dei quali detenuti in Israele, continuino a percepire salari e stipendi dall’Autorità Palestinese nonostante il fatto che siano stati condannati per omicidio, tentato omicidio e appartenenza a organizzazioni terroristiche. Dopodiché hanno dimostrato che questi terroristi, processati e condannati, ricevono regolari promozioni di status dall’Autorità Palestinese mentre stanno scontando la pena. Gli avvocati hanno poi dimostrato che l’Autorità Palestinese versa regolari pagamenti alle famiglie degli attentatori suicidi e di altri terroristi morti nel corso di attacchi terroristici, riconoscendoli tutti come “martiri”.

    Un esempio illustrato dai querelanti è quello di Abdullah Barghouti (parente del più noto Marwan Barghouti, capo delle milizie Tanzim di Fatah, in carcere per pluriomicidi). Abdullah Barghouti (attualmente all’ergastolo in Israele per 66 omicidi) è l’ingegnere di Hamas che, fra l’altro, fabbricò le bombe per l’attentato del 31 luglio 2002 alla caffetteria dell’Università di Gerusalemme (9 morti, quasi cento feriti) e per altri efferati attentati. Secondo l’accusa, Abdullah Barghouti, arrestato nel 2001 dall’Autorità Palestinese per il suo coinvolgimento nella strage al ristorante Sbarro, nel 2002 venne scarcerato dopo che le Forze di Difesa israeliane avevano ucciso un altro terrorista. “L’Autorità Palestinese era infuriata con Israele – hanno spiegato gli avvocati – e rilasciò Barghouti per consentirgli di perpetrare altri attacchi contro Israele come vendetta per le azioni dell’esercito israeliano. A Barghouti venne data una casa sicura, e lui poco dopo effettuò l’attentato all’Università di Gerusalemme”.

    L’Autorità Palestinese è implicata nel terrorismo anche perché suoi uomini “hanno assicurato il trasporto dentro Gerusalemme di vari attentatori suicidi, compresa Wafa Idris, la terrorista che perpetrò l’attentato suicida in via Giaffa del 27 gennaio 2002 in cui venne gravemente colpita la famiglia di Mark Sokolow”, uno dei cittadini americani querelanti. Idris, un’infermiera nota per essere la prima donna terrorista suicida palestinese, utilizzò un’ambulanza della Mezzaluna Rossa Palestinese per superare i controlli e raggiungere il luogo dell’attentato.

    Dopo aver presentato tutte queste prove, gli avvocati dovevano ancora operare i necessari collegamenti per evitare che l’Autorità Palestinese possa sostenere che, in ogni singolo caso presentato, non fosse dimostrato il coinvolgimento del livello alto decisionale dell’organizzazione, che poteva essere all’oscuro degli attacchi, o che alcuni aspetti dei casi portati come prova possano essere interpretati come forme giustificabili di resistenza di un movimento di liberazione anziché come terrorismo. Gli avvocati dell’accusa ritengono d’aver dimostrato che fornire incentivi in denaro alle famiglie dei “martiri” dopo ogni attacco equivale a “fornire risorse e supporto materiale” al terrorismo. Ritengono inoltre d’aver provato che Autorità Palestinese, Olp e Brigate Martiri di al-Aqsa sono tutte organizzazioni interconnesse fra loro e che ciascuna può essere ritenuta direttamente o indirettamente responsabile del comportamento delle altre. Ciò significa che l’Autorità Palestinese non può sottrarsi alla sua responsabilità per le azioni di un membro delle Brigate al-Aqsa sostenendo che si tratta di un’organizzazione separata (un vecchio trucco utilizzato da molti movimenti terroristi). Quanto poi alla natura squisitamente terroristica degli attentati in Israele, la cosa è stata dimostrata con la loro descrizione, a tratti molto toccante, fatta da alcuni cittadini ebrei americani sopravvissuti.

    Un primo successo fondamentale per i querelanti è arrivato quando il giudice federale di New York, George B. Daniels, ha accettato come prove le sentenze di condanna dei tribunali israeliani, respingendo la tesi degli avvocati della difesa secondo cui i tribunali israeliani, in quanto “tribunali d’occupazione”, sarebbero “iniqui e prevenuti nei confronti dei palestinesi”.

    “Siamo fiduciosi – ha dichiarato l’avvocato Nitsana Darshan-Leitner, attivista per i diritti umani, direttrice della ong giuridica Shurat HaDin – che la parte palestinese verrà ritenuta responsabile di questa politica di terrorismo diretto e intenzionale, concepito per intimidire gli israeliani e costringerli ad accettare i suoi obiettivi estremisti ogni volta che gli ‘sforzi diplomatici’ della parte palestinese non riuscivano nel loro intento”.

    (Fonte: Jerusalem Post, 10 Febbraio 2015)

    http://www.israele.net/new-york-processo-per-terrorismo-contro-lautorita-palestinese

    15 Feb 2015, 14:34 Rispondi|Quota