Un semplice esperimento smaschera il doppio standard utilizzato da Facebook riguardo Israele

 
Emanuel Baroz
15 gennaio 2016
2 commenti

I like dell’odio

Le maschere di Facebook: oscura le pagine contro i palestinesi, ma non ha problemi se sono contro Israele

di Giulio Meotti

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Il terrorismo contro Israele corre sui social media. Facebook, in particolare. Il Foglio, lo scorso 5 gennaio, ha rivelato ad esempio come alcuni ufficiali della Guardia presidenziale di Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, hanno creato pagine Facebook che incitano a pugnalare israeliani (anche ieri, due accoltellamenti di ufficiali dell’esercito israeliano). Adesso il colosso di Mark Zuckerberg è stato colto in fallo. Molti israeliani e simpatizzanti di Israele credono che Facebook permetta ai nemici dello stato ebraico di pubblicare sulle loro pagine. Per verificare questa teoria, il 28 dicembre la ong israeliana Shurat HaDin, nota anche come Israel Law Center, ha lanciato il suo “Big Facebook Experiment”, in cui cerca di verificare se il gigante dei social media abbia un pregiudizio misurabile contro Israele. Il progetto è semplice: creare due pagine di Facebook, una anti palestinese e una anti israeliana. Poi segnalarle a Facebook come violazione delle sue regole etiche, ad esempio, l’incitamento all’odio e l’incitamento alla violenza. Poi aspettare e vedere cosa succede.

Ai fini dello studio, Shurat HaDin ha postato messaggi gemelli su entrambe le pagine, una pagina chiamata “Fermare Israele” e l’altra “Fermare la Palestina”. Frasi come “vendetta contro il nemico arabo” e “morte a tutti gli arabi” vengono postate sulla pagina antipalestinese; “vendetta contro il nemico ebraico” e “morte a tutti gli ebrei” sulla pagina anti israeliana. Shurat HaDin ha anche postato immagini violente su entrambe le pagine. Il 30 dicembre, Shurat HaDin denuncia entrambe le pagine come una violazione delle norme di Facebook, usando lo stesso meccanismo: un semplice pulsante cliccabile con il mouse a disposizione di tutti gli utenti. Trascorse 24 ore, Facebook risponde alla ong dicendo che la pagina anti palestinese è stata chiusa perché “contenente minacce di violenza” e perché aveva “violato le nostre norme comunitarie“. La pagina è diventata subito inaccessibile per tutti gli utenti. Diversa la risposta sulla pagina anti israeliana: il suo contenuto “non è in violazione delle regole di Facebook“. Facebook ha cambiato idea dopo il 4 gennaio, quando Shurat HaDin ha pubblicato un video che mostra tutto l’esperimento, diventato virale sulla stampa israeliana e sui social media. Facebook il 5 gennaio dichiara che “entrambe queste pagine sono state ora rimosse“.

Nitzana Darshan-Leitner, l’intrepido avvocato che dirige Shurat HaDin, ha detto che “con oltre trenta israeliani uccisi in attacchi terroristici da ottobre, con molti degli assassini che ricevono incoraggiamento e motivazione sui social media, è sconvolgente che Facebook avrebbe continuato a ignorare le istanze di incitamento contro gli israeliani, pur soddisfacendo rapidamente il suo obbligo di rimuovere le altre istanze di incitamento quando ritiene opportuno farlo, come abbiamo mostrato in questo esperimento“. Nel mese di ottobre la stessa ong ha intentato una causa a New York contro Facebook per conto di ventimila israeliani sostenendo che il social network dei media permette l’incitamento dell’Intifada dei coltelli. Ieri è arrivato, senza bisogno di aggiungere altro, il commento del Wall Street Joumal: “Facebook non è alla radice del problema. Ma se l’antisemitismo entra a far parte del mainstream, allora forse Facebook deve riconsiderare il suo ruolo di spettatore“.

Quello in cui i social media sono “safe” per i terroristi, ma non per gli ebrei.

(Fonte: Il Foglio, 15 Gennaio 2016)

Nell’immagine in alto: un estratto del video pubblicato dalla ong Shurat Ha Din in cui viene dimostrato il doppio standard utilizzato da Facebook nell’affrontare le pagine contenenti odio contro Israele rispetto a quelle contenenti odio contro i palestinesi

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  • #1Emanuel Baroz

    6 gennaio 2016 – L’organizzazione non governativa israeliana per la difesa legale delle vittime del terrorismo Shurat Hadin ha rivelato d’aver condotto un esperimento su Facebook che svela il pregiudizio anti-israeliano di certi social network. A fine dicembre l’organizzazione ha aperto due pagine fittizie contenenti rispettivamente istigazione anti-palestinese e istigazione anti-Israele, caricando poi entrambe di contenuti di odio del tutto simili fra loro, sebbene di segno opposto, arrivando fino a postare commenti esplicitamente anti-arabi e anti-ebrei. Poi ha fatto appello a Facebook perché chiudesse le due pagine offensive. La pagina ostile ad arabi e palestinesi è stata chiusa immediatamente per “credibili minacce di violenza” che “vìolano gli standard della comunità”, mentre contro la pagina che fomenta odio anti-Israele e anti-ebraico non è stato preso nessun provvedimento, tanto che a una settimana dall’inizio dell’esperimento risultava ancora on-line. Vedi articolo e video (in inglese) sul Jerusalem Post: http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/When-it-comes-to-incitement-is-Facebook-biased-against-Israel-439436

    (Fonte: Israele.net)

    16 Gen 2016, 21:27 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    NON CHIAMATELA PSICOSI, ESISTONO REALMENTE DUE PESI E DUE MISURE.

    E’ stato fatto un esperimento dal Shurat HaDin – organizzazione che difende le vittime del terrorismo.

    Il 28 dicembre scorso sono state aperte due pagine Facebook che incitano alla violenza, una contro gli ebrei l’altra contro i palestinesi.

    Il giorno dopo sono stati caricati video e foto in entrambe le pagine che incitano alla violenza sia contro gli uni che contro gli altri.

    Lo stesso giorno Facebook chiude la pagina che incitava all’odio contro i palestinesi spiegando che “abbiamo esaminato la tua pagina che rappresentando una seria minaccia alla violenza, ha violato i nostri standard”.

    Ma la pagina che incita alla violenza contro gli ebrei è ancora aperta…

    https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/videos/919833411426354/

    16 Gen 2016, 21:28 Rispondi|Quota