Cerimonia 30° anniversario attentato Sinagoga di Roma: l’intervento del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna,

 
Emanuel Baroz
10 ottobre 2012
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Cerimonia 30° anniversario attentato Sinagoga di Roma: l’intervento del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna

In occasione delle celebrazioni per il 30° anniversario dell’attentato alla sinagoga di Roma, avvenuto il 9 ottobre 1982, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Illustri autorità, cari amici porto in questa commemorazione la vicinanza, la solidarietà e l’affetto di tutte le Comunità ebraiche italiane a Daniela, a Yossy, a Gady e a tutti i membri delle famiglie Gaj e Taché.

Illustre caro Presidente Napolitano,

questa sua visita arricchisce il lungo elenco di occasioni di incontro che si sono succedute nel corso degli anni e attraverso le quali si è sempre più approfondito il rapporto di grande stima, di condivisione e di affettuosa partecipazione a tutte le numerose iniziative che da Lei sono state promosse. Si è sempre trattato di scelte finalizzate a difendere la coesione interna del nostro paese e a rafforzare l’opzione democratica e repubblicana mirabilmente codificata dall’Assemblea Costituente. Scelte che sono sempre state di sostegno a una politica estera mirata a tentare di sostituire le trattative e gli arbitrati ai conflitti armati per la soluzione delle controversie tra gli Stati o tra diverse componenti che convivono nello stesso Stato.

Quest’incontro odierno ha un significato particolare, sia perché gli ebrei hanno il piacere e l’onore di ospitare il Capo dello Stato in una propria sede sia perché questo avviene a 30 anni dall’attacco terroristico nel quale perse la vita il piccolo Stefano Gay Taché e molte altre persone restarono gravemente ferite. Quel bambino fu certamente una vittima del terrorismo e se molto abbiamo insistito perché questo fosse riconosciuto non è solo per un atto di giustizia ma anche per riaffermare i valori che ci uniscono.

Caro Presidente, gli ebrei insieme a tutti coloro che si riconoscono nei valori democratici hanno visto in quel gesto criminale un concentrato di tutto ciò che di più barbarico la mente umana potesse concepire: c’è l’uso di bombe e armi da guerra contro civili inermi, c’è la violazione di un luogo sacro nel quale quel giorno si era celebrata una festività dedicata ai bambini, c’è il disprezzo per la vita umana e l’intenzione di colpire indiscriminatamente. Sussistono tutti gli elementi che da noi sono sempre stati considerati la negazione stessa della morale, del diritto e della civiltà.

Non hanno colpito solo le persone ma la sensibilità che gli ebrei italiani condividono con tutta la società civile.

Quell’atto criminoso rivelò inoltre una componente di intolleranza religiosa il cui ritorno ha caratterizzato la fine del 20esimo secolo e sembra ancora in crescita inquietante. Quei fatti denunciarono la mistificazione di chi voleva falsificare e deformare la storia. Come lei stesso, presidente, indicò con grande lucidità usando parole per noi indimenticabili: “Antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascità, ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele. No all’antisemitismo anche quando esso si traveste da antisionismo”.

Quell’odioso crimine che oggi ricordiamo e tanti altri che sono stati commessi successivamente sono la tragica conseguenza della mancanza di educazione, in molti paesi, delle giovani generazioni al riconoscimento dei diritti fondamentali, della laicità, della separazione tra religione e politica, del rispetto delle minoranze.

Chi come noi ha vissuto il periodo del ritorno dell’Italia alla democrazia trova che ad alcune speranze, allora molto diffuse, di un fedele rispetto dei principi di libertà e uguaglianza, che ebbero ampio spazio e una precisa codificazione nella nostra Carta Costituzionale, non abbia fatto ancora seguito una puntale applicazione. Altri Stati hanno seguito direzioni diverse e negli ultimi 50 anni sono gradualmente scivolati nella pericolosa china dell’integralismo e del fondamentalismo.

Caro Presidente, il mondo occidentale sta pagando a caro prezzo l’illusione di poter esportare in altri continenti i propri valori fondamentali, la cui conquista è stata realizzata in Europa lentamente e seguendo rotte e itinerari non sempre rettilinei. Anche la nostra Italia, dopo il Risorgimento e l’Unità che avevano illuso tutti gli italiani di aver intrapreso un percorso di progresso solido e irreversibile, ricadde nella dittatura, nel fascismo e nel razzismo. Ma la democrazia rimane un bene prezioso e inestimabile che deve essere in ogni caso strenuamente difeso senza compromessi, senza arroganza ma anche senza ingenuità e senza cedimenti nei confronti di chi intendesse colpirla sfruttando gli spazi concessi da una società aperta.

Roma Ebraica

Nella foto in alto: il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, durante il discorso da lui tenuto questa mattina alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 30° anniversario dell’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 Ottobre 1982 

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