Cerimonia 30° anniversario attentato Sinagoga di Roma: l’intervento del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici

 
Emanuel Baroz
10 ottobre 2012
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Cerimonia 30° anniversario attentato Sinagoga di Roma: l’intervento del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici

In occasione delle celebrazioni per il 30° anniversario dell’attentato alla sinagoga di Roma, avvenuto il 9 ottobre 1982, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Rivolgo innanzitutto il saluto e il benvenuto a nome mio e della Comunità ebraica di Roma al nostro presidente della Repubblica onorevole Giorgio Napolitano. Ai presidenti ed ai rabbini delle diverse comunità ebraiche italiane qui presenti Agli ambasciatori dello Stato d’Israele presso lo Stato italiano Naor Gilon e presso lo Stato del Vaticano, Zion Evrony. Alle autorità civili e militari tutte.

Con il permesso del Rabbino Capo e dei Rabbini presenti

Siamo oggi qui con Lei per commemorare quel triste 9 ottobre di 30 anni fa, quando in seguito ad un vile attentato terroristico di matrice palestinese furono gravemente ferite, mentre stavano pregando in questa sinagoga, 42 persone ed un piccolo bambino di soli due anni fu ucciso dai proiettili dei terroristi. Stefano Gaj Tachè z.l. Le sole immagini, concesse da Rai Teche, fotografano con chiarezza lo stato d’animo di noi ebrei romani in quel periodo.

Chi le parla da questo luogo sacro non è solo il presidente della più antica comunità ebraica della diaspora occidentale, ma il figlio di un sopravvissuto a quel vile gesto. Mio padre Emanuele, qui presente, ha lottato per mesi fra la vita e la morte, dopo che una bomba a frammentazione gli aveva conficcato schegge in tutto il corpo, lacerato il ventre, squarciato la gola e ferito gravemente un occhio. Ancora oggi porta nelle sue carni quelle schegge (destino comune ai più dei 40 feriti). Venne raccolto esanime da Anselmo Astrologo che lo portò all’Ospedale Fatebenefratelli. Oramai creduto morto i medici gli stesero un lenzuolo bianco a fianco del piccolo Stefano. Nel dargli l’ultimo saluto e benedizione il nostro Rabbino Emerito Elio Toaff (che salutiamo tutti con devozione), si rese conto che ancora respirava. Cercò quindi di richiamare l’attenzione dei medici, fra cui il prof. Oliviero Schilirò, implorandolo di tentare il tutto per tutto. Così fece, insieme ai professori Stefano Picchioni e Giuseppe Cucchiara ed oggi mio padre non sarebbe ancora vivo se quei medici e tanti altri negli anni a venire, non si fossero prodigati con amore per le sue cure.

La mia vita ed il mio destino, così come quella delle famiglie dei tanti feriti, cambiò alle ore 12 del 9 ottobre del 1982. Tutti i miei progetti e le mie aspirazioni di giovane studente all’ultimo anno delle scuole medie superiori furono abbandonati perché dovevo mantenere i miei genitori. Questa esperienza ha segnato non solo le mie aspirazioni ma anche la mia vita ebraica perché quel giorno giurai a me stesso che avrei combattuto con anima e corpo per la mia Comunità. Per Israele.

L’Italia da quel 9 ottobre non avrebbe più potuto e dovuto essere la stessa. La Sua presenza qui, signor Presidente, è la conferma che avevamo ragione a non demordere e a non dubitare della vicinanza delle Istituzioni, che il nostro grido con ogni mezzo per le ragioni di noi ebrei italiani e dello Stato d’Israele potesse essere recepito nel dibattito civile, nelle scuole, nei Media e soprattutto nel mondo politico e istituzionale.

Quanta acqua è passata sotto i ponti. Ricordo che il nostro Rabbino Emerito temeva – durante i funerali di Stefano – le reazioni incontrollate di una Comunità infuriata con tutti, come eloquentemente recitato in un manifesto affisso dai giovani del Movimento Culturale Studenti Ebrei poco dopo l’attentato. Una rabbia alimentata dal gesto vergognoso, compiuta un mese prima durante un corteo sindacale, di deporre una bara vuota fuori dalla Sinagoga, incolpando gli ebrei italiani di quanto accadeva in Medio Oriente. Con i Media che davano voce solo all’OLP di Arafat e dei suoi rappresentati in Italia e chiedevano agli ebrei di discolparsi dalla Guerra in Libano. Con i politici che erano unanimi contro Israele.

Le costanti ed unilaterali esternazioni a sostegno della causa palestinese, e soprattutto l’omaggio e l’accoglienza riservata con tutti gli onori, al mandante di tante altre stragi in mezza Europa e poi a Roma, Yasser Arafat, era il triste emblema di un’Italia prostrata alle ragioni del mondo arabo. Tutto ciò fece sentire questa Comunità sola ed abbandonata. Ancora peggio sotto processo.

Solo a Giovanni Spadolini, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio (sia benedetta la sua memoria) e Marco Pannella fu concesso di entrare in questa Sinagoga e condividere con noi il dolore per quanto accaduto perché si erano rifiutati di unirsi al coro unanime della condanna degli ebrei e d’Israele. Per questo oggi abbiamo voluto che le stesse formazioni politiche, PRI e Radicali, oggi rappresentate dagli onorevoli Francesco Nucara e Giorgio La Malfa e dallo stesso Marco Pannella ed Emma Bonino fossero con noi.

A trenta anni di distanza, la sua prestigiosa presenza qui con noi per commemorare Stefano Gaj Tachè z.l. ci commuove profondamente. Proprio Lei che ha accolto la richiesta dei familiari di inserirlo tra le vittime italiane degli anni bui del terrorismo (ringrazio a tal proposito l’amico Pierluigi Battista del Corriere della Sera per la sua campagna di sensibilizzazione al riguardo). Siamo orgogliosi di avere con noi oggi il primo Presidente della Repubblica che con coraggio dichiarò al Quirinale il 27 gennaio del 2007 il suo “no all’antisemitismo anche quando esso si traveste da antisionismo”.

Ma sono ancora troppe le ombre e i dubbi su quell’attentato che ci auguriamo con il suo autorevole intervento vengano sciolti e chiariti.

Mario Moretti, uno dei capi delle BR ha recentemente scritto che fecero da basisti per l’OLP, a conferma dei legami che vi eranotra le due organizzazione terroristiche. Il giudice Carlo Mastelloni emise un mandato di cattura nei confronti di Yasser Arafat per forniture di armi dall’OLP alle BR, mai eseguito, anzi ignorato.

Più domande ancora oggi ci tormentano.

Perché quel giorno, e sottolineo solo quel giorno, non vi era la presenza delle Forze dell’Ordine di fronte alla Sinagoga?
E’ forse vero, come abbiamo letto da più parti, che siamo stati anche noi vittime del cosiddetto “Lodo Moro”, noi come altre vittime italiane in Italia e all’estero?

Sono queste, Signor Presidente, alcune delle domande alle quali vorremmo fossero date delle risposte e che vengano tolti tutti i Segreti di Stato al riguardo.

Sino ad oggi un solo attentatore ha avuto un volto, Osama Abdel Al Zomar. Condannato in contumacia dai tribunali italiani all’ergastolo grazie all’impegno e alla passione dell’avvocato Oreste Bisazza Terracini, che ancora oggi ringraziamo. Lo stesso Al Zomar verrà poi catturato in Grecia per altri reati ed estradato in Libia da cittadino libero, senza alcuna protesta da parte italiana. Il primo ad interessarsi della sua estradizione, ma a 28 anni di distanza, è stato il ministro degli Esteri uscente Franco Frattini che ringrazio pubblicamente.

Ci tengo però a salutarLa a nome di tutta la Comunità Ebraica con parole di speranza e ottimismo.
Le Forze dell’Ordine sono un esempio in Europa per l’impegno che insieme all’Esercito Italiano, presidiano giorno e notte le nostre Istituzioni, Scuole e Sinagoghe, dando un forte senso di protezione da parte dello Stato.

Il 9 ottobre 1982 la vita della nostra Comunità ruotava intorno a 6 sinagoghe e scuole ebraiche dall’altra parte di Ponte Garibaldi e dopo l’attentato ci si interrogava su cosa sarebbe successo. La comprensibile paura di molti li induceva a nascondersi, a togliere i figli dalle scuole ebraiche ed evitare quanto più possibile il Tempio, i luoghi ed i momenti di aggregazione.
Ma il coraggio ha prevalso sulla paura ed oggi siamo i rappresentanti di una Comunità risorta non solo dalle ceneri della Shoàh ma anche da quelle del 9 ottobre 1982.

Diciasette sono oggi le Sinagoghe a Roma. Le nostre scuole, sono in costante crescita, e sempre maggiore è il desiderio dei nostri studenti di conoscere le proprie tradizioni e di dare applicazione ai precetti dei nostri Padri. Oggi si è ebrei, non solo vantando illustri antenati, ma costruendo case e famiglie consapevoli del proprio ebraismo. Assistiamo ad un vero e proprio risveglio e risorgimento ebraico. Le nostre Comunità trovano rispetto nel dibattito politico e civile anche quando vogliono rappresentare le ragioni d’Israele e soprattutto la verità. Il quartiere ebraico è fonte di ricchezza culturale, rifiorito non solo dalla presenza da pochi anni delle scuole ebraiche, ma dal Museo Ebraico e dalle tante attività caratteristiche che attraggono turisti italiani e stranieri.

Stefano Gaj Tachè z.l. da anni fa parte della Memoria di Roma e non soltanto di quella ebraica.

I giovani del Benè Berith hanno a lui dedicato la Loggia di Roma. Nel quartiere di Monteverde Vecchio una Sinagoga porta il suo nome ebraico “Bet Michael”. L’amministrazione cittadina gli dedica da 10 anni il “Premio Stefano Gaj Tachè”, dove una giuria, composta da alunni delle scuole elementari della capitale, “esamina” scrittori e artisti.

In particolare Walter Veltroni, che abbiamo voluto qui con noi oggi, ha sempre tenuto il ricordo di Stefano nei suoi discorsi e ha dedicato a lui, qui fuori dalla Sinagoga, Largo Stefano Gaj Tachè, da pochi mesi, sede legale della nostra Comunità. Sappiamo che non siamo più soli a condividere la paura di Gady e dei suoi genitori che si possa dimenticare la giovane vita di un ebreo italiano spezzata alla tenera età di due anni dall’odio antisionista.

Siamo convinti che l’Italia, nonostante i tanti problemi che si trova ad affrontare e risolvere, grazie anche al suo gesto di oggi saprà’ trovare la forza di non far cadere nell’oblio la memoria del piccolo Stefano Gay Tache . La nostra richiesta è che tutti coloro che non hanno ancora pagato per quel vile attentato, mandanti ed esecutori, possano essere finalmente processati dai Tribunali della nostra Repubblica. La nostra è una semplice richiesta di giustizia.

Grazie signor Presidente

Roma Ebraica

Nella foto in alto: il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, durante il discorso da lui tenuto questa mattina alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 30° anniversario dell’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 Ottobre 1982 

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