Discorso all’ONU di Abu Mazen: solo omissioni, falsità e menzogne

 
Emanuel Baroz
2 ottobre 2014
6 commenti

Il genocidio immaginario di Abu Mazen

L’uomo che scrisse una tesi di dottorato cercando di negare la Shoà è andato all’Onu a proferire ignobili calunnie su Israele

genocidio-palestina-gaza-abu-mazen-onu-discorso-focus-on-israelNel discorso incendiario tenuto venerdì scorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha accusato Israele di condurre un genocidio contro il popolo palestinese.

Abu Mazen si riferiva all’operazione “Margine protettivo” che Israele ha condotto la scorsa estate nella striscia di Gaza controllata da Hamas, dopo il rapimento e assassinio da parte del gruppo terroristico di tre adolescenti israeliani vicino a Gerusalemme e una irrefrenabile escalation di lanci di razzi e colpi di mortaio contro i civili israeliani.

Abu Mazen è stato ben attento a non citare i veri obiettivi dell’operazione, che non avevano nulla a che fare con il genocidio. L’obiettivo primario era quello di distruggere la rete di gallerie terroristiche di Hamas che penetrano fin dentro Israele: tunnel che dovevano servire per condurre attentati terroristici contro i kibbutz e le città israeliane nei dintorni di Gaza allo scopo di uccidere uomini, donne e bambini innocenti, colpevoli soltanto d’essere israeliani. Un secondo obiettivo dell’operazione “Margine protettivo” era quello di distruggere il maggior numero possibile di mortai e razzi: vale a dire gli ordigni che Hamas, Jihad Islamica e altre organizzazioni terroristiche islamiste attive a Gaza lanciano ripetutamente e ossessivamente contro civili israeliani.

Purtroppo, nel corso dei combattimenti per individuare e distruggere i tunnel e gli arsenali dei terroristi, sono rimasti uccisi o feriti anche molti civili palestinesi. Israele stima che circa la metà degli oltre duemila morti nei combattimenti a Gaza siano civili. Molte volte queste vittime sono state il risultato diretto della strategia di Hamas, che cerca esplicitamente di provocare il maggior numero possibile di vittime civili da entrambe le parti. Non a caso Hamas piazza terroristi e lanciarazzi nel mezzo delle zone più densamente abitate; costringe i civili palestinesi a rimanere in quelle zone anche dopo che le Forze di Difesa israeliane li hanno avvertiti di evacuare; utilizza ospedali moschee e scuole, comprese quelle delle Nazioni Unite, come rampe di lancio per i suoi razzi e come nascondigli per armi e terroristi. Mentre spendeva decine di milioni di dollari per costruire una vasta rete di tunnel al solo scopo di attaccare gli israeliani, Hamas non ha costruito un solo rifugio per gli abitanti di Gaza.

Israele, al contrario, fa di tutto per evitare vittime civili. La gente nelle zone dove si trovavano bersagli militari come i tunnel veniva avvertita in anticipo degli imminenti bombardamenti; sono stati lanciati volantini, sono state fatte telefonate, è stata usata la tecnica del colpo d’avvertimento prima dell’attacco vero e proprio per dare tempo agli occupanti di allontanarsi.

Nessuna di queste misure – che costituiscono l’esatto contrario di una strategia genocida – ha impedito ai palestinesi di sostenere che Israele a Gaza abbia cercato di realizzare un genocidio. Abu Mazen non ha fatto altro che alimentare questa miserabile menzogna: l’uomo che ha scritto una tesi di dottorato cercando di negare un vero genocidio, la Shoah, è andato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite davanti ai rappresentanti di 193 nazioni a pronunciare ignobili calunnie che sono passate senza suscitare particolari reazioni.

Inutile dire che il discorso di Abu Mazen rende assai difficile immaginare di andare avanti nei negoziati con i palestinesi per un accordo a due stati. E’ proprio il tipo di calunnie e di istigazione all’odio contro Israele interpretato da Abu Mazen sul podio delle Nazioni Unite che impedisce anche solo un minimo di riconciliazione. Fino a quando anche i leader palestinesi più “moderati” continueranno a dipingere gli israeliani come colpevoli di genocidio, non c’è molta speranza di risolvere il conflitto. Non ci può essere alcuna speranza di pace finché i politici palestinesi più popolari come Abu Mazen continuano a considerare un crimine la creazione dello stato di Israele, e non la decisione tragicamente sbagliata da parte dei leader arabi e palestinesi nel 1948 di cercare di distruggere Israele. E non ci può essere speranza di pace finché Abu Mazen indica nel’”occupazione” la causa – e la giustificazione – del terrorismo islamista, tacendo il fatto che i fedayn, che pure ha ricordato nel suo discorso, iniziarono i loro spietati attentati contro i civili israeliani anni prima che vi fosse l’”occupazione”.

Verso la fine del suo discorso, Abu Mazen ha parlato dello sforzo di introdurre un “progetto di risoluzione sul conflitto israelo-palestinese” che preveda la creazione di uno stato di Palestina “su tutto il territorio occupato nel 1967″ con Gerusalemme est come sua capitale e una “giusta” soluzione del problema dei profughi palestinesi. Evidentemente Abu Mazen cerca di imporre a Israele delle condizioni che nessun governo israeliano, passato o presente, potrebbe accettare. Il suo discorso alle Nazioni Unite ha infranto ogni speranza e fiducia che poteva esistere tra i leader politici palestinesi e israeliani. Questo dovrebbe essere il tempo per ricostruire le relazioni bilaterali, non per distruggerle

(Fonte: Jerusalem Post, 28 Settembre 2014)

Israele.net

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  • #1Emanuel Baroz

    Scrive Dan Margalit, su Israel HaYom:

    «Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha fatto quello che fa sempre. Come al solito, quando arriva a un bivio cruciale esita un attimo e poi imbocca la strada sbagliata. Ci vuole tempo prima di riuscire a farlo tornare esattamente da dove era partito.

    Ci si aspettava che nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Abu Mazen assumesse un tono semi-conciliante, il tono di un pacificatore. Invece si è comportato come se stesse tenendo un comizio elettorale a Ramallah, con un tono aggressivo come se parlasse a nome di Hamas.

    Abu Mazen si è inimicato praticamente l’intero arco politico israeliano, con la parziale eccezione della presidente del Meretz, Zehava Gal-On, che pur deprecandone le esagerazioni ha espresso una certa comprensione per le circostanze che avrebbero spinto Abu Mazen a usare toni insolitamente ruvidi.

    La belligeranza verbale dei palestinesi stride particolarmente in un momento in cui la maggior parte del mondo, tra cui molte nazioni arabe, si coalizza per combattere il gruppo “Stato Islamico” (ISIS), quello che fa i veri genocidi.

    Con le sue parole Abu Mazen ha di fatto affossato il processo di pace sponsorizzato dagli Stati Uniti. Il suo discorso era tanto estremo da irritare persino Washington, e l’intero mondo diplomatico ha potuto ascoltare in prima fila la sequela di menzogne del presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina.

    L’operazione “Margine protettivo” sarebbe stato un tentativo israeliano di “genocidio”? Ma tutti sanno che Abu Mazen, semmai, era deluso almeno quanto il leader di Habayit Hayehudi Naftali Bennett per l’eccessiva cautela esercitata da Israele durante la campagna militare contra Hamas. Abu Mazen ha anche lamentato l’arresto da parte di Israele di operativi di Hamas in Giudea e Samaria (Cisgiordania) dopo il sequestro e omicidio dei tre adolescenti israeliani: ma tutti sanno il sospiro di sollievo che ha tirato, visto che diversi di quegli operativi erano parte attiva di un piano di Hamas volto a realizzare un colpo di stato in Cisgiordania, sventato dalle forze di sicurezza israeliane.

    Ovviamente il discorso non ha sorpreso nessuno. Abu Mazen gioca tradizionalmente il ruolo del lupo travestito da agnello. Nel 2000 esortò Yasser Arafat a scapparsene da Camp David nel momento in cui l’allora primo ministro israeliano Ehud Barak esprimeva la disponibilità a discutere anche del futuro di Gerusalemme. Anni dopo lui stesso è scappato a Ramallah nel momento in cui l’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert gli sottoponeva una proposta di pace impossibile da rifiutare, una proposta come Israele non aveva mai concepito prima.

    A questo punto non c’è dubbio che Abu Mazen ha abbandonato la via del negoziato. Si batte per cercare di imporre a Israele una sorta di soluzione, e non capisce che gli sviluppi tumultuosi nel mondo arabo, compreso il conflitto tra Ramallah e striscia di Gaza, hanno fatto crollare il capitale sociale dei palestinesi al minimo storico.

    Molti nel mondo condividono ancora alcune delle critiche di Abu Mazen al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, soprattutto per quando riguarda i lavori edilizi negli insediamenti durante i colloqui di pace. Ma le richieste palestinesi non sembrano poi così disperate visto il rifiuto di Abu Mazen di negoziare sul serio». (Da: Israel HaYom, 28.9.14)

    http://www.israele.net/netanyahu-vado-allonu-a-smontare-le-menzogne-di-abu-mazen

    2 Ott 2014, 13:55 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Scrive Dror Eydar, su Israel HaYom:

    «Genocidio? Solo nella seconda metà del XX secolo in tutto il mondo musulmano – Algeria, Sudan, Afghanistan, Somalia, Bangladesh, Iraq, Libano, Yemen, Giordania, Ciad, Kosovo, Tajikistan, Siria, Libia – dei musulmani hanno massacrato milioni di altri musulmani e di cristiani. Nella maggior parte dei casi si è trattato di brutali, metodici stermini che rispondono perfettamente alla spaventosa definizione di genocidio. Ma chi se ne importa? Erano musulmani, non ebrei che cercavano di difendere se stessi e la propria libertà. Verso la fine del suo discorso, il presunto interlocutore moderato ha detto che ciò che ha causato il terrorismo in Medio Oriente è stata – indovinate un po’ – l’indulgenza del mondo verso Israele. Parlando poi dell’ISIS, ha detto: “Affrontare il terrorismo che affligge la nostra regione richiede innanzitutto che si ponga fine all’occupazione israeliana, che costituisce una forma aberrante di terrorismo di stato e il terreno fertile per l’istigazione, la tensione e l’odio”. Ecco cosa pensa veramente Abu Mazen. Nessun esame del fenomeno “Stato Islamico”, del quale non occorre confutare le radici islamiche. Come altri capi arabi, le sue sono condanne generiche. Per quanto lo riguarda, lo “Stato Islamico” potrebbe anche venire dallo spazio. Si affretta invece a contrapporre lo “Stato Islamico” a un’entità molto più ripugnante: lo Stato d’Israele che, secondo l’interlocutore moderato, è uno “stato terrorista” , un “fertile terreno per odio e istigazione”, e insomma è assai più pericoloso dei tagliatori di teste islamisti. Questo è il sentimento presente in tutto il discorso». (Da: Israel HaYom, 29.9.14)

    http://www.israele.net/il-genocidio-immaginario-di-abu-mazen

    2 Ott 2014, 13:55 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Abu Mazen: basta negoziati con Israele

    di Maurizio Molinari

    Abu Mazen punta sull’Onu per centrale l’obiettivo della «Palestina sovrana». II discorso del presidente palestinese dal podio del Palazzo di Vetro segna una svolta nell’approccio ai negoziati con Israele. Se dagli accordi di Oslo del 1993 il predecessore Yasser Arafat aveva scelto la trattativa bilaterale, con gli Usa nel ruolo di mediatori, Abu Mazen ora afferma che «questa strada non funziona». Il motivo è «il fallimento dell’ultimo negoziato prima della guerra di Gaza» dovuto all’«intenzione israeliana di farci vivere in ghetti sparpagliati sul territorio senza il controllo neanche dei cieli». «Israele non perde mai l’occasione per far fallire un negoziato» accusa Abu Mazen, attribuendo tale politica «alla difesa di insediamenti razzisti, che vogliono preservare consegnandoci nelle loro mani» a dimostrazione del fatto che «non credono ai due Stati». II presidente palestinese usa spesso il termine «razzista» rivolto agli insediamenti in Cisgiordania – dove vivono circa 300 mila israeliani – affermando che «il nostro popolo è l’ultimo al mondo a vivere sotto occupazione» ed «è arrivato il momento di avere una Palestina sovrana». Abu Mazen non cita mai gli Stati Uniti perché la rinuncia della formula di Oslo comporta non avere più Washington come principale interlocutore per arrivare alla «fine del conflitto». II cambio di passo vede così i palestinesi affidarsi anzitutto all’Onu, preannunciando una proposta di risoluzione «sulla base di tutte quelle approvate dal 1967 per far nascere lo Stato di Palestina entro i confini pre-giugno del 1967». In concreto ciò significa che la delegazione palestinese – in qualità di Stato non-membro – proporrà un testo per stabilire «una data limite» entro la quale sarà un voto Onu a far nascere la Palestina, imponendola a Israele. Potrebbe trattarsi di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ma, se gli Usa dovessero opporre il veto, Abu Mazen si appellerà ai 193 Stati dell’Assemblea Generale, contando di cogliere un successo simile a quello che ha consentito nel 2012 di elevare lo status dell’ex delegazione palestinese. Fonti palestinesi a Ramallah avevano anticipato che Abu Mazen avrebbe stabilito la data limite in tre anni ma all’ultimo momento tale riferimento è caduto, al fine di lasciarsi più margini per un’offensiva all’Onu tesa a far dichiarare la presenza Israele in Cisgiordania «illegale» ponendo le premesse per una denuncia per «crimini di guerra» davanti al Tribunale penale internazionale. A confermare la svolta di Abu Mazen anche il linguaggio sul conflitto estivo a Gaza fra Hamas e Israele, perché accusa lo Stato ebraico di «terrorismo di Stato» e «genocidio contro i palestinesi» aggiungendovi la più dura condanna del «crimine fascista commesso a Gerusalemme contro Muhammed Abu Khdeir», il giovane palestinese ucciso e bruciato da sei estremisti israeliani. L’Assemblea Generale riceve la svolta di Abu Mazen, reduce dall’intesa con Hamas per far tornare il governo palestinese nella Striscia, con un lungo applauso mentre l’imbarazzo dell’amministrazione Obama trapela dai diplomatici in aula: il fallimento della mediazione del Segretario di Stato John Kerry arriva alle estreme conseguenze, facendo venire meno il ruolo centrale degli Usa. La replica di Israele è immediata e arriva dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, che definisce Abu Mazen «un terrorista come il predecessore Arafat» il cui intento è di «insultare Israele e non cercare la pace».

    (Fonte: La Stampa, 27 Settembre 2014)

    2 Ott 2014, 13:56 Rispondi|Quota
  • #4Frank

    Eppure fin’ora il governo israeliano gli ha dato sempre la possibilità di incontrarsi per quella pace che non verrà mai. Questo personaggio era da eliminarlo già da molti anni, israele ha perso solo tempo e molti soldi sulle spalle dei cittadini. Ma é possibile che vi sono ancora molti politici che credono ancora a questo bugiardo e verme della società palistinese.

    3 Ott 2014, 00:51 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    3 ottobre 2014 – Dopo una settimana in cui il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha accusato Israele di genocidio e il presidente Usa Barack Obama ha condannato Israele per le attività edilizie nella sua capitale, un sondaggio condotto giovedì per il Canale della Knesset ha rilevato che il 63% degli israeliani non considera Abu Mazen un interlocutore valido per la pace contro il 27% di parere opposto, e che il 74% degli israeliani non si fida della politica dell’amministrazione Obama in Medio Oriente contro il 21% che si fida. Secondo il sondaggio, se si votasse oggi il Likud di Benjamin Netanyahu passerebbe da 19 a 27 seggi, il secondo partito sarebbe Bayit Yehudi di Naftali Bennett con 18 seggi, seguito dai laburisti con 16, Yesh Atid (Yair Lapid) con 10, Yisrael Beytenu (Avigdor Lieberman) e Meretz con 9 ciascuno, Ebraismo Unito della Torà con 8 seggi, Shas con 7, Hadash con 5, HaTnua (Tzipi Livni) e Lista Araba Unita con 4 seggi ciascuno e Balad con 3.

    (Fonte: Israele.net)

    3 Ott 2014, 13:52 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    3 ottobre 2014 – “Penso che l’amministrazione Obama dovrebbe innanzitutto conoscere i fatti. Questi di cui si parla non sono insediamenti. Sono quartieri di Gerusalemme”. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu intervistato dalla NBC a proposito delle critiche di Washington all’annunciata costruzione di unità abitative nel quartiere Givat HaMatos (nella parte sud di Gerusalemme). “A Gerusalemme – ha detto Netanyahu – abbiamo quartieri arabi e quartieri ebraici ed io come primo ministro di Israele non potrò mai dire che gli ebrei, come qualsiasi altro cittadino, non sono autorizzati a costruire appartamenti a Gerusalemme. Sono discriminazioni in contrasto con valori fondamentali, anche con quelli degli Stati Uniti”. Netanyahu ha spiegato che il bando relativo alle 2.600 unità abitative previste a Givat Hamatos è solo un passaggio tecnico che è stato pubblicizzato in questo momento al solo lo scopo di mettere in difficoltà i suoi colloqui alla Casa Bianca. Netanyahu ha respinto allo stesso modo le critiche Usa alle famiglie ebree che si sono stabilite in sette case legalmente acquistate nel quartiere Silwan di Gerusalemme est, ribadendo con forza che gli ebrei, come gli arabi, hanno il diritto di acquistare e abitare case in qualunque parte della capitale.

    3 ottobre 2014 – “Non chiederemo scusa per la costruzione di case a Gerusalemme”. Lo ha detto il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat reagendo all’accusa americana di “avvelenare l’atmosfera”. “La costruzione di case a Gerusalemme non è velenosa né dannosa – ha detto il sindaco – E’ anzi necessaria, importante e continuerà a pieno ritmo. Non collaborerò con forme di discriminazione basate su religione, razza o altro, che sono illegali non solo negli Stati Uniti ma in qualunque paese civile. Quegli appartamenti (per la cui costruzione è stato pubblicando il bando) sono stati autorizzati quasi due anni fa e permetteranno a più giovani di vivere a Gerusalemme e pianificare qui il loro futuro, cosa essenziale per il ringiovanimento della città. E non chiederemo scusa per questo”.

    (Fonte: Israele.net)

    5 Ott 2014, 13:44 Rispondi|Quota