‘Shalom’: «Pio XII definì ‘meritevoli’ le leggi razziali»
E’ quanto scrive lo storico Gadi Luzzatto Voghera in un intervento pubblicato sul numero straordinario del mensile che sarà diffuso domenica in occasione della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma. Ribadita la richiesta di un accesso completo agli archivi segreti vaticani
ROMA, 14 gen. – ”La Chiesa di Pio XII non si oppose alle leggi razziali fasciste e anzi nell’agosto del 1943 ne indicò a Badoglio alcune parti come ‘meritevoli di conferma’ (altrettanto aveva fatto a proposito della legislazione antisemita della Francia di Vichy nel 1941)”. E’ quanto scrive lo storico Gadi Luzzatto Voghera in un intervento pubblicato sul numero straordinario del mensile ”Shalom” edito dalla Comunità ebraica di Roma, che sara’ diffuso domenica prossima in occasione della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma.
In un articolo dal titolo: ”La storia di un passato che non accenna a passare”, si puntualizzano tutti gli elementi di dissenso e di contrasto con il Vaticano sul problema Pio XII. Il numero speciale di Shalom, che esprime comunque in modo chiaro la scelta in favore del dialogo con la Chiesa e in favore della visita di Benedetto XVI alla sinagoga, mette pero’ in luce gli elementi di dissenso che permangano nel dibattito sulla memoria storica. Shalom ospita fra l’altro, nel numero dedicato alla visita del Pontefice, interventi di Gad Lerner, Arrigo Levi e Clemente Mimun.
Ancora, nell’articolo dedicato a Pacelli, si osserva: ”Pio XII venne più volte avvertito fin dal 1941 con dovizia di particolari su quel che accadeva agli ebrei d’Europa e fu sollecitato dalle diplomazie alleate a prendere posizione esplicita di condanna (come aveva fatto Pio XI che gia’ nel 1938 aveva affermato ‘noi siamo tutti spiritualmente Semiti’): non lo fece. E’ vero che numerosi istituti ecclesiastici prestarono aiuto a gruppi di ebrei perseguitati, ma ve ne furono altri che non dimostrarono altrettanta sensibilita”’.
E ancora viene ribadita la richiesta di un accesso completo agli archivi segreti vaticani in riferimento al periodo della seconda guerra mondiale. Si precisa infatti che la pubblicazione degli Actes et documents’ da parte della Santa Sede, cioè i 12 volumi con i documenti relativi anche al pontificato di Pio XII voluta da Paolo VI, non è sufficiente.
”Rimane sospesa la valutazione sul perche’ della mancanza di una posizione esplicita di Pio XII sullo sterminio degli ebrei, anche quando questo avvenne sotto le sue finestre”, scrive ancora Gadi Luzzatto Voghera. Il riferimento naturalmente e’ alla razzia del ghetto avvenuto il 16 Ottobre del 1943. E si precisa infine che ”il ripensamento sulla figura di Pio XII dopo la sua morte più che essere il frutto di un’operazione di propaganda sovietica è da attribuirsi al profondo e benefico mutamento di orizzonti che ha interessato al suo interno l’intero corpo della Chiesa di Roma con l’avvio del Concilio Vaticano II (un mutamento di rotta che ha fra l’altro prodotto una proficua stagione di dialogo con il mondo ebraico)”.
(Fonte: Adnkronos, 14 gennaio 2010)
Nella foto: 20 luglio 1933: il Segretario di Stato del Vaticano, Eugenio Pacelli, che nel 1939 diventerà papa col nome di Pio XII, firma il Concordato fra la Germania nazista e la Santa Sede, ovvero il Reichskonkordat. Nella foto sotto, ripresa da più lontano, è riconoscibile all’estrema destra Giovanni Battista Montini, che in seguito, nel giugno del 1963, diventerà papa Paolo VI
#1Emanuel Baroz
Il rabbino Scialom Bahbout scrive: «La chiesa restituisca cio’ che ci appartiene»
15 gen. – Mancano oramai pochi giorni alla visita che Papa Ratzinger farà alla Sinagoga di Roma. L’evento di domenica è accompagnato da infinite polemiche: più volte il presidente dei Rabbini italiani, il Prof. Giuseppe Laras, ha manifestato il suo dissenso rispetto alla visita. Oggi il Clandestino ha il piacere di pubblicare in anteprima una lettera aperta di Scialom Bahbout, rabbino a Roma, che apre un nuovo fronte di dialogo con il Vaticano.
Secondo Bahbout, la Chiesa dovrebbe restituire al più presto ad Israele tutti i manoscritti ebraici in suo possesso. In più domenica uscirà un numero speciale del mensile ebraico Shalom, con il contributo di Arrigo Levi, Gad Lerner e Clemente J. Mimun. Il dibattito all’interno del mondo ebraico è appena cominciato.
Riparazioni e restituzioni:
«”Fervono i preparativi per la riapertura della Biblioteca Vaticana, chiusa per restauro dal settembre 2007, ma che riaprirà i battenti agli studiosi il prossimo settembre”, così ha scritto il Corriere della sera del 7/01/10. E’ noto che la biblioteca contiene una notevole quantità di incunaboli e manoscritti ebraici di Bibbia, Talmud, halakhà e commenti che almeno in parte, a mio parere, dovrebbero trovarsi in altre biblioteche, ad esempio la Biblioteca Nazionale di Israele a Gerusalemme.
In base a quali princìpi, mi si chiederà? Bene, una delle domande che dovremmo porci per quanto riguarda ciascuno dei manoscritti è quale sia la provenienza: se cioè sia stato acquistato, se sia stato sottratto ad ebrei nel corso dei secoli, se sia stato trovato, magari dopo un pogrom o quant’altro. In linea di principio, possono essere applicati in questo caso varie norme: norme relative al furto, norme relative alla restituzione di un oggetto smarrito, norme relative al “non mostrare disinteresse” per un oggetto smarrito (lo tukhàl lehit’allem).
Per un oggetto smarrito si può applicare anche il principio di “jeush” (rinuncia) che può essere “consapevole (midda’at) o “non consapevole” (shelo midda’at). L’analisi dell’applicazione di questi principi è complessa e non può essere fatta in questa sede. La difficoltà a individuare gli antichi padroni potrebbe essere una scappatoia per non restituire gli oggetti. Ritengo tuttavia che, anche se sono trascorsi dei secoli da quando l’oggetto è stato sottratto o perduto, il principio della “rinuncia” non potrebbe essere applicato seriamente, anche perché esistono degli eredi e questi sono gli ebrei del mondo: ci si potrebbe/dovrebbe comportare come è stato fatto, ad esempio, per la restituzione dell’obelisco all’Egitto.
Oggi che esiste in Israele un centro culturale e politico ebraico internazionale universalmente riconosciuto, mi sembra che potrebbe essere l’indirizzo più naturale a cui restituire tutti quegli oggetti come i manoscritti che, per un motivo o per un altro, non si trovano al posto giusto! Così ha fatto la Germania Federale quando ha voluto “riparare” i danni materiali subiti dagli ebrei durante la persecuzione nazista.
L’annunciata visita di Papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma potrebbe/dovrebbe essere l’occasione per un opportuno segnale riparatore.»
(Fonte: Clandestinoweb, 15 gennaio 2010)
#2Emanuel Baroz
PAPA IN SINAGOGA: LARAS, DOVEVAMO MOSTRARE PIU’ FERMEZZA
DA VISITA SINAGOGA SOLO CHIESA NE TRARRA’ VANTAGGIO NON DIALOGO
(ANSA) – ROMA, 15 GEN – Occorreva mostrare maggiore fermezza nel chiedere una puntualizzazione da parte del Vaticano sul decreto relativo all’eroicità delle virtù di Pio XII. E’ quanto sostiene, in un’intervista al Giornale, Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana ed ex rabbino capo di Milano. “Ci volevano parole di comprensione nei confronti dei sentimenti della comunità ebraica”, aggiunge Laras che ha definito “insufficiente” la dichiarazione di Padre Lombardi, dopo la promulgazione del decreto. “C’era bisogno di una dichiarazione tranquillizzante e più comprensiva verso di noi”. Nel caso di Pio XII, “Benedetto XVI sapeva bene quel che faceva – aggiunge Laras riferendosi alla imminenza della visita alla sinagoga rispetto alla definizione del decreto – mi chiedo se non sarebbe più opportuno rimandare di qualche mese”. Per l’ex rabbino capo di Milano, “l’antigiudaismo esiste allo stato latente” e il dialogo è l’unico antidoto per debellarlo. Quanto alla visita del Papa, secondo Laras, “sarà la Chiesa a trarne vantaggio, temo che non ci saranno ricadute positive sul dialogo ebraico-cattolico”.
#3Emanuel Baroz
PAPA IN SINAGOGA: LARAS-DI SEGNI, CONTRASTO TRA RABBINI
PRIMO, NON SARO’ AL TEMPIO; SECONDO, STORIA DIRA’ CHI HA RAGIONE
(di Massimo Lomonaco) (ANSA) – ROMA, 14 GEN – A pochi giorni dall’evento, la visita di Benedetto XVI nella sinagoga di Roma resta – pur nel fair play delle rispettive posizioni – motivo di contrasto all’interno del mondo ebraico. Oggi Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana – che già aveva espresso nelle settimane scorse riserve sull’avvenimento – ha raccontato alla ‘Juedische Allgmein’ – rivista degli ebrei tedeschi – che non sarà presente nel Tempio maggiore di Roma. Ed ha proseguito sottolineando che “durante l’attuale pontificato, il ‘rapporto fraterno’ (tra ebrei e cattolici, ndr) è diventato sempre più debole”. Il motivo è sempre lo stesso: l’annunciata intenzione da parte di Ratzinger – proprio poco prima della conferma della visita – di riconoscere “le virtù eroiche” di papa Pacelli, primo passo verso la sua beatificazione. Pio XII fu pontefice all’epoca della razzia degli ebrei del ghetto di Roma nel 1943: un nervo scoperto e dolorosissimo per la Comunità romana che rimprovera a Pacelli il suo silenzio sulla Shoah e sulle persecuzioni. A Laras ha subito risposto il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni – che accoglierà il papa in Sinagoga – affermando che “sarà il tempo a dire chi ha fatto la scelta giusta”. E subito ha aggiunto di rispettare “molto le visioni differenti”. Insomma un contrasto tra rabbini che ripropone un conflitto sorto all’interno dell’ebraismo romano e nazionale dopo le dichiarazioni di Benedetto XVI e ricomposto nelle settimane passate da una riunione del Consiglio della Comunità romana allargato ai rabbini e ai saggi. Nel documento finale si ribadiva che la visita era “una tappa fondamentale” per l’importanza del “dialogo interreligioso”, ma che l’evento non poteva essere inteso come “un avallo sul contenzioso storico che riguarda la scelta di silenzio di Pio XII”. Anche il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici – che insieme a Di Segni accoglierà Ratzinger – ha ribadito “rispetto” per le posizioni di Laras ma ha ricordato proprio l’importanza del dialogo tra cattolici ed ebrei e la presenza di alti esponenti del rabbinato israeliano e internazionale e dei più alti rappresentanti delle organizzazioni ebraiche. Come a sottolinearne la loro adesione convinta. Del resto lo stesso rabbino emerito di Roma Elio Toaff – 95 anni e figura storica della Comunità italiana – ha giudicato oggi, in un’intervista all’ANSA, in modo molto positivo la visita, pur ammettendo alcuni “errori di percorso” nel cammino che proprio lui intraprese accogliendo nella stessa sinagoga Giovanni Paolo II, primo pontefice in un tempio ebraico. “Questo nuovo appuntamento – ha sottolineato – significa che il cammino prosegue su questa strada anche se ogni tanto compaiono quelli che oramai chiamiamo errori di percorso. Tuttavia credo che grazie alla buona volontà di tutti il dialogo proseguirà sulla strada della collaborazione e della comune comprensione”. Lo stesso ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy – in un’intervista all’ANSA – parla di una visita di “dimensione storica” nel rapporto tra ebrei e cattolici, spesso “problematico”, per “convincere e dimostrare a tutti” che “nonostante la differenza di opinioni” si può “mantenere un dialogo onesto e molto amichevole” anche se non si è “d’accordo su tutto”. Ma non rinuncia a sostenere che “l’antigiudaismo cattolico esiste ancora”, dicendosi sicuro che quando il Concilio Vaticano II approvò la ‘Nostra Aetate’ “non tutti erano d’accordo come credo che non tutti lo siano ancora oggi”. Del resto le “ferite” aperte tra ebrei e cattolici sono aperte da duemila anni, come ha ammesso onestamente poco tempo fa il cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo e che “certi problemi rimarranno aperti fino all’ultimo giorno della storia”. Ora però tocca al papa e al rabbino Di Segni incontrarsi domenica prossima in sinagoga e dare nuovo impulso al dialogo. Su Pio XII – sostengono gli ebrei – il Vaticano dovrà aprire gli archivi: solo allora il giudizio sarà certo.
#4Alessandro Zerbinato
Bizzarro che il Papa Pio XII sia chiamato in causa per aver indicato a Badoglio nell’agosto del ’43, dopo l’arresto di Mussolini, alcune parti delle leggi razziali del ’38 come meritevoli di conferma e cioè dopo cinque anni e solo allo sfascio del fascio …
Mah mi sembra strano se non inserito nel tentativo di diversificare e quindi dividere fascismo da nazional-socialismo.
Mi manca documentazione in proposito