Il pregiudizio antisraeliano del sinodo

 
Emanuel Baroz
23 ottobre 2010
12 commenti

Il sinodo antisionista

di Giulio Meotti

ROMA. In un sinodo vaticano dedicato al medio oriente c’era da aspettarsi riferimenti a Israele. Ma, come registrato ieri in prima pagina sul Foglio, è stata insistente e ben scandita la retorica antisraeliana adottata dai vescovi mediorientali. Attacchi allo stato ebraico, alla sua “pulizia etnica”, all’occupazione israeliana vista come un “peccato contro Dio”, persino inviti a boicottare Israele, sono venuti dai patriarchi Michel Sabbah, Fouad Twal, Elias Chacour, Antonius Naguib e Edmond Farhat. Quindi non solo da vescovi palestinesi. Farhat, già nunzio apostolico e rappresentante della politica vaticana, ha detto che Israele è un “trapianto non assimilabile” in medio oriente, “corpo estraneo, che corrode”, un malanno di cui non si trova “la cura”. Difficile pensare a un peggior trattamento per Israele.

David Horowitz, direttore del maggiore quotidiano israeliano in lingua inglese, il Jerusalem Post, che ha denunciato gli attacchi vaticani a Israele, lancia un appello al Vaticano: “Comprendiamo che il Vaticano cerchi di salvare le vessate comunità cristiane che si trovano in un milieu islamico intollerante, ma non può avvenire a spese d’Israele. Accusare Israele del disagio quotidiano palestinese, senza citare le atrocità terroristiche che hanno reso quelle restrizioni inevitabili, significa dipingere gli israeliani come tirannici. Questa è demonizzazione. Per il bene della Santa Sede come autorità morale: non si arruoli nel carrozzone antisraeliano”.

Durissimo il commento di Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma: “C’è una contraddizione tra l’azione svolta dalla diplomazia vaticana su Israele e l’azione e il pensiero degli uomini di fede in medio oriente. Non è soltanto atavico odio antisemita e antisionista, queste espressioni contro Israele care alla propaganda islamica e negazionista forse sono un ricatto delle tirannie che tengono i cristiani in ostaggio. Non si erano visti mai tanti attacchi a Israele, in un sinodo che nasce dalla legittima preoccupazione del mondo cattolico rispetto alla propria condizione nei paesi islamici, dove si registrano violenze anticristiane che sfociano, nel migliore dei casi, in stupri e intimidazioni, ma spesso in massacri. Ma c’è anche il silenzio assordante del Vaticano, pronto a stigmatizzare le politiche di sicurezza e di difesa dei suoi cittadini attivate da Israele”.

Parla da posizioni di realismo cattolico il fondatore di Sant’Egidio, lo storico Andrea Riccardi: “I cristiani orientali condividono le opinioni del mondo arabo. Non accettano Israele, loro che sono stati i fautori dell’arabismo del Baath. I primi traduttori dei ‘Protocolli dei savi anziani di Sion’ sono stati i cristiani arabi. La domanda per me è un’altra: le minoranze cristiane sono arrivate alla fine o avranno un futuro? Se si estingueranno, il mondo islamico sarà più fondamentalista e totalitario. E’ interesse d’Israele e dell’occidente che i cristiani restino nel mondo arabo”.

Molto più diretto è il commentatore e accademico cattolico Vittorio Emanuele Parsi: “Questi vescovi sono duri con i deboli e deboli con i duri, perché sanno che non pagheranno alcun prezzo nelle loro critiche a Israele”. “I vescovi antisraeliani avrebbero la vita più difficile se anziché Israele denunciassero l’oltranzismo islamista che rende impossibile la vita dei cristiani in medio oriente e che è la causa principale della decrescita cristiana, non certo per la presenza d’Israele”, continua Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano ed editorialista della Stampa. “Questi vescovi dovrebbero protestare con i governi dei propri popoli. Dal punto di vista politico attaccare Israele e l’islam radicale significa denunciare i nemici dei propri governanti, da Mubarak ad Assad: non si paga nulla, c’è furbizia politica e poco coraggio. Il Vaticano con il suo appeasement ha quindi sbagliato in medio oriente, è il momento di cambiare politica”.

Più sfumato il giudizio del direttore di AsiaNews, Bernardo Cervellera: “Politicamente i palestinesi vedono le loro difficoltà dovute all’occupazione d’Israele, il muro a Betlemme, gli insediamenti di coloni israeliani. I soldati israeliani lì fanno il bello e il cattivo tempo”. Quanto al riconoscimento d’Israele come “stato ebraico”, Cervellera è duro: “Una forzatura”.

La commentatrice e parlamentare Fiamma Nirenstein attacca il “palestinismo”, una distorsione della legittima rivendicazione palestinese a uno stato: “Nel sinodo si è infiltrato un negazionismo sempre più mainstream nella politica vaticana. Un terzomondismo cristiano, associato all’odio per l’ebraismo sinonimo di imperialismo, sta dilagando poi nelle chiese mediorientali. La Santa Sede deve smontare quest’ideologia orrenda e falsa. L’impellenza più netta dell’alleanza ebraico-cristiana è la difesa della democrazia e dei diritti umani, da pericolose forze che le attaccano, prima fra tutte l’integralismo islamico che odia sia cristiani che ebrei. Cristiani ed ebrei, dice giusto il Papa, sono sullo stesso fronte nella battaglia per la vita e per la pace”.

Andrea Riccardi conclude così: “L’accettazione dell’ebraismo da parte dei cristiani arabi è un passaggio obbligato. Gli ebrei non sono gli Ixos, i barbari, del medio oriente”.

(Fonte: Il Foglio, 23 ottobre 2010)

Nella foto in alto: il sinodo in Vaticano

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  • #1Emanuel Baroz

    Dopo questo sinodo, cosa abbiamo da dirci?

    Hanno senso le “giornate di amicizia”, i dialoghi teologici, gli inviti a visite nelle sinagoghe, le collaborazioni istituzionali e anche quelle di singoli intellettuali?

    di Ugo Volli

    Il mondo ebraico e in particolare l’ebraismo italiano deve fare molta attenzione a quel che è accaduto nel sinodo dei vescovi del Medio Oriente che si conclude oggi. Nel corso dei lavori è riemerso spesso un linguaggio violentemente antiebraico. Si è parlato dell’insediamento ebraico in Eretz Israel come di un “corpo estraneo” “non assimilabile” che “corrode”, un'”ingiustizia”, cioè un “peccato”, della “resistenza” (armata, si capisce dal contesto e dunque del terrorismo) come di un “dovere”. C’è chi ha negato ogni rapporto del popolo ebraico con la regione “prima di settant’anni fa” (“cosa fanno qui?”). Si è usata talvolta una terminologia che non può non evocare a orecchie sensibili l’antisemitismo nazista (anche Hitler e Mussolini, oltre ad Ahmadinejad hanno parlato degli ebrei come un “corpo estraneo”), a tratti i suoi precedenti cristiani e in particolari cattolici (il “peccato” originale della nascita di uno stato ebraico). Un documento presentato al sinodo ha addirittura spiegato, con la tipica contorsione del ragionamento inquisitoriale, che la “resistenza” contro Israele è per il bene degli ebrei, dato che solo con la forza essi si possono distogliere dall'”ingiustizia”. I due soli interventi (dei vescovi di Cipro occupata dai Turchi e del Libano ormai dominato dagli sciiti) che hanno indicato nell’islamismo il nemico che si propone di eliminare il cristianesimo dal Medio Oriente, non sono stati ascoltati e anzi hanno suscitato subito smentite e scuse al mondo islamico ingiustamente diffamato.

    I documenti ufficiali hanno naturalmente dato maggiore compostezza alla posizione del Vaticano rispetto alle punte estreme dei discorsi dei delegati, richiamando il valore del dialogo religioso e aggiungendo molte buone intenzioni. Ma in sostanza hanno ufficializzato la scelta della Chiesa di schierarsi contro Israele, che del resto era già emersa in diverse altre occasioni, come per esempio la conferenza Durban 2 a Ginevra, l’anno scorso, aggiungendo un estremismo propagandistico inconsueto per la felpata diplomazia vatcana. Nel documento finale, per esempio, non si chiede più a Israele di ritirarsi dai “territori occupati”, ma si chiede perentoriamente che sia l’Onu a far tornare Israele nei confini del ’49, il che implicherebbe, se non un’azione militare, almeno una durissima pressione diplomatica e l’isolamento internazionale dello Stato ebraico. Non si parla più di spartizione di Gerusalemme ma, rilanciando una vecchia utopia vaticana, di una sua internazionalizzazione, cioè sottrazione integrale alla sovranità israeliana e “gestione paritetica” da parte delle tre religioni (non degli stati dell’area), che concretamente vorrebbe dire una specie di Onu delle religioni a facile predominio cattolico.

    Bisogna notare che quella del sinodo è una presa di posizione ufficiale al massimo livello, approvata sotto la diretta responsabilità del Papa in un’occasione attentamente costruita e sapientemente propagandata. Non bisogna sottovalutare il senso di questa ostentata campagna propagandistica antisraeliana. Il Vaticano sembra aver deciso di proporsi ufficialmente al mondo islamico come un possibile alleato contro Israele, marcando anche un forte distacco dall’Occidente (quella in Iraq è stata definita nel documento finale “guerra assassina”).

    A noi l’alleanza con i nemici storici del cristianesimo e gli attuali oppressori e assassini di cristiani sembra una chiarissima sciocchezza, ma la Santa Sede ha le sue logiche, ragiona sul suo interesse a lungo termine. Forse crede di alleviare la posizione dei cristiani ostaggi degli islamisti (ma può illudersi così grossolanamente?). Oppure dà per scontata la vittoria dell’islamismo in Europa e si prepara per tempo a una posizione di assedio, come quella del patriarcato di Costantinopoli, tentando di ingraziarsi il nuovo padrone.

    In ogni caso bisogna far credito al Vaticano di determinazione e capacità di perseguire politiche a lungo raggio, non certo di infallibilità e neppure di moralità. La scelta di questi giorni può essere accostata a quella di non opporsi frontalmente al nazismo, come invece la Chiesa fece col comunismo. Bisogna dunque che l’ebraismo e in particolare quello italiano si riabitui all’idea di un Vaticano schierato strategicamente contro Israele, sia pur sotto lo schermo ipocrita del dialogo interreligioso. In fondo non è una novità, la Santa Sede è stata buona ultima nel riconoscere Israele, l’ha fatto a pieno titolo solo nel 1994, quarantasei anni dopo la fondazione dello Stato. Ma quanti di noi avevano sperato che avesse senso tenere aperto il dialogo per favorire una posizione più equilibrata della Chiesa nei confronti del mondo ebraico, dovranno rivedere ora le loro illusioni. Si tratta di un problema molto più grave di quello già pesantissimo della santificazione di Pio XII, perché riguarda il futuro e non il giudizio sulle persecuzioni subite in passato e sulle loro complicità.

    Hanno senso, bisognerà chiedersi, le “giornate di amicizia”, i dialoghi teologici, gli inviti a visite nelle sinagoghe, le collaborazioni istituzionali e anche quelle di singoli intellettuali? Naturalmente la pace è una buona cosa e nessuno ha interesse ad aprire guerre di religione. Ma, a parte la dubbia soddisfazione di essere chiamati “fratelli maggiori” (ruolo che nella Bibbia è sempre dei malvagi), abbiamo qualcosa di sostanziale da condividere con un’organizzazione religiosa che lascia senza commenti i suoi alti prelati definire come “peccato”, di “ingiustizia”, di “corpo estraneo corrosivo” quello che per noi è il “germoglio della nostra redenzione”, come diciamo nelle funzioni? Possiamo scambiarci solidarietà o rispetto o anche solo condividere con una Chiesa dove hanno spazio colo che legittimano chi organizza attentati nei centri commerciali, nei ristoranti e sugli autobus dove si trovano i nostri fratelli, che ci vedono all’origine dei mali di mezzo mondo? Ha senso un dialogo teologico con chi dice che la Scrittura non può legittimare l’ingiustizia, intendendo con questo Israele? Non sarebbe il caso di dichiarare chiuso un dialogo che ha dato risultati così fragili? Queste sono le domande cui tutti saremo chiamati a rispondere presto; se non ora, quando le politiche decise nel sinodo si caleranno nella realtà.

    (Fonte: Notiziario Ucei, 24 ottobre 2010)

    25 Ott 2010, 09:22 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Sinodo: messaggio agli ebrei, non usare la Bibbia per giustificare ingiustizie

    CITTA’ DEL VATICANO, 23 ott – ”Non e’ permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie”: lo scrivono i vescovi riuniti in Vaticano per il Sinodo del Medio Oriente, nella parte del loro messaggio finale indirizzato ai ”nostri concittadini ebrei”. I vescovi ribadiscono un concetto gia’ espresso piu’ volte durante i lavori del Sinodo, rifiutando le interpretazioni che giustificano l’occupazione israeliana in nome delle Sacre Scritture.

    ”Al contrario – sottolineano i presuli -, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bonta’ di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi”.

    Il Sinodo l’importanza del Concilio Vaticano II e del suo documento Nostra aetate, ”riguardante il dialogo con le religioni, con l’ebraismo, l’islam e le altre religioni”. Il ”dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell’ebraismo”, aggiungono, deve ”condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi”.

    (Fonte: ASCA, 23 ottobre 2010)

    25 Ott 2010, 09:24 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    I signori vescovi riuniti in Vaticano farebbero bene a non usare la Bibbia per giustificare il Papa, lo Stato pontificio, le guardie svizzere e tutto il resto. Farebbero bene a non usare la Bibbia per legittimare gli scranni ecclesiasti da cui si arrogano il diritto di dare al mondo lezioni di moralità provenienti da una sede che dovrebbe vergognarsi della sua storia e della sua attualità. La cosiddetta “occupazione” di Israele è molto più giustificata biblicamente dell’occupazione abusiva di un bel quartiere della città di Roma adibito a sede di uno “stato” sui generis che non ha nessuna, assolutamente nessuna giustificazione biblica. M.C.

    http://www.ilvangelo-israele.it/news/notizie_recenti.html

    25 Ott 2010, 09:24 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    “………..Duro il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni: «È molto grave, la scelta terribilmente teologica la fanno loro: riprendono la teologia preconciliare della “sostituzione dell’ Alleanza” per negare agli ebrei il diritto alla terra di Israele, e sposano la tesi palestinese. Le Chiese cristiane dell’ area non hanno mai tentato alcun ripensamento teologico, cosa che invece il Vaticano ha fatto abbastanza. E non dicono che i cristiani vengono perseguitati dai musulmani che li stanno annientando, non si rendono conto che il vecchio gioco dell’ alleanza antiebraica non funziona e l’ unico paese in cui la presenza cristiana cresce è Israele»”

    (Fonte: Corriere della Sera, 24 Ottobre 2010, pag. 15)

    25 Ott 2010, 09:25 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    Un sinodo contro Israele

    di Sergio Minerbi

    Sono anni e anni che la politica mediorientale della Santa Sede si dimostra nettamente antisraeliana. Quando circa 200 palestinesi armati penetrarono nella Basilica della Natività a Betlemme, nel 2002, il Vaticano scatenò una violenta campagna contro Israele su tutti i media cattolici nel mondo. Il solo conflitto mediorientale messo in evidenza nello “Instrumentum laboris” del 6 Giugno scorso, è quello fra Israele e i Palestinesi nel quale Israele eserciterebbe una cosiddetta ingiustizia nei confronti dei palestinesi. Questa sarebbe la causa dell’esodo dei cristiani da tutto il Medio Oriente, affermazione assurda. Il Sinodo ha dato l’occasione ai nemici d’Israele di definirlo “trapianto non assimilabile” in Medio Oriente e “corpo estraneo che corrode”. Ma se non ci fosse Israele, quanti Cristiani rimarrebbero nella regione? Da tempo il Vaticano preferisce una politica di appeasement nei confronti dei fondamentalisti islamici sperando così di comprarsi l’immunità, pagando con moneta israeliana. Ma queste sono pie illusioni. Tre giorni prima della pubblicazione dello Instrumentum laboris per il Sinodo, il vescovo cattolico di Iskanderun e vicenunzio per la Turchia, veniva ucciso dal suo autista islamico. Naturalmente il Vaticano definì subito l’assassino come affetto da pazzia e non ci fu l’ombra di una protesta.

    Il Sinodo richiede di “metter fine all’occupazione dei differenti territori arabi” attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Ma la famosa Risoluzione 242 prevedeva sì il ritiro israeliano “da territori occupati” solo a condizione di terminare lo stato di belligeranza e di rispettare il diritto di ogni stato di vivere in pace entro frontiere riconosciute. Laddove il risultato del Sinodo si dimostra offensivo è dove esorta gli ebrei a non fare della Bibbia “uno strumento a giustificazione delle ingiustizie”, come se la Chiesa detenesse un monopolio della lettura della Bibbia ebraica.

    Ritorna anche la preoccupazione per le “iniziative unilaterali che rischiano di mutare la demografia e lo statuto di Gerusalemme”. Quale statuto? Quello previsto dal piano di spartizione dell’Onu nel 1947 che i palestinesi sostenuti dagli Stati arabi rifiutarono con le armi? Ci eravamo illusi ascoltando la lezione magistrale di Benedetto XVI a Regensburg sull’Islam, che finalmente ci fosse un cambiamento di rotta nei confronti del mondo arabo. Ma durò poco e la Curia impose al Pontefice tre mesi dopo di correre a visitare una mosche di Istanbul. Fino a che prevarrà in Vaticano la politica islamica disastrosa che spera di ammansire i fondamentalisti con qualche dichiarazione anti-israeliana, non si potrà sperare in relazioni normali fra la Santa Sede e Israele.

    Il viceministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, non ha voluto coinvolgere direttamente il Vaticano e si è limitato a criticare la posizione dell’Arcivescovo Bustros. Il futuro ci dirà se Israele si illuda, o se invece il Vaticano si dimostrerà in grado di aprire gli occhi e di tutelare i reali interessi dei cristiani in Medio Oriente.

    http://moked.it/blog/2010/10/25/un-sinodo-contro-israele/

    25 Ott 2010, 09:26 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Poco da stupirsi

    di Gadi Polacco, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

    Da laico, nella sua genuina accezione politica, non provo meraviglia nel leggere le risultanze del “Synodus Episcoporum” sul Medio Oriente chiusosi in Vaticano, con la partecipazione del papa, e nemmeno mi sento di contestarle in termini di coerenza e/o legittimità. Apprezzando la chiarezza di intenti che emerge da quei lavori, cosa sempre lodevole nell’ambito della dialettica politica, rilevo infatti il legittimo intendimento della Chiesa a percorrere il percorso scelto, peraltro direi quello sempre seguito, evidentemente ritenuto il più consono ai propri scopi.

    Il problema si pone quindi a chi si fosse nel caso illuso circa una “conversione” vaticana verso il mondo ebraico e lo Stato d’Israele che vada oltre ai risultati ormai da tempo archiviati. Confermata la propria posizione di chiusura verso Israele, la Chiesa è andata oltre, senza giri di parole, nel riaffermare la propria “missione”. Come si può leggere sul sito del Vaticano che cita l’intervento del Papa, “durante i lavori dell’Assemblea è stata spesso sottolineata la necessità di riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono allontanate dalla Chiesa. Spesso è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente. Si tratta di un tema assai diffuso, soprattutto nei paesi di antica cristianizzazione. Anche la recente creazione del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione risponde a questa profonda esigenza. Per questo, dopo aver consultato l’episcopato del mondo intero e dopo aver sentito il Consiglio ordinario della segreteria generale del sinodo dei vescovi, ho deciso di dedicare la prossima assemblea generale ordinaria, nel 2012, al seguente tema: ‘Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam – La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana’, in termini terra terra, il progetto di conversione”.

    A rendere ancora più chiaro il quadro, anche sul piano teologico, ha poi contribuito monsignor Cyrille Salim Bustros, arcivescovo greco-melchita e presidente della Commissione che ha steso il messaggio finale: “Per noi cristiani non si può più parlare di Terra promessa al popolo giudeo….la terra promessa è tutta la terra. Non vi è più un popolo scelto”, riferisce l’agenzia Ansa, aggiungendo che secondo il prelato “il Nuovo Testamento ha superato il Vecchio”. Pertanto “non ci si può basare sul tema della Terra promessa per giustificare il ritorno degli ebrei in Israele e l’esilio dei palestinesi” ha chiosato Bustros parlando accanto al portavoce vaticano, Federico Lombardi, e al relatore generale del Sinodo, il neo-cardinale Antonios Naguib patriarca dei copti. E allora, seguendo anche l’analisi di Ugo Volli già svolta su queste colonne, prendiamo atto di queste riconfermate chiare posizioni, in verità tali anche prima, e definiamo se oltre al rispetto reciproco vi siano dei comuni ambiti utili di collaborazione. Diciamo un dialogo con la “d” pragmaticamente minuscola e senza tante aspettative, insomma del tipo di quei positivi messaggi che le squadre schierate in campo lanciano insieme, per fare poi ciascuna la propria partita, possibilmente senza falli cattivi…

    http://moked.it/blog/2010/10/25/poco-da-stupirsi/

    25 Ott 2010, 09:28 Rispondi|Quota
  • #7Marcello Tito Manganelli

    Quello che io rilevo, senza aver nessuna particolare competenza in materia, è che l’acuirsi delle posizioni contro Israele si fa sempre più netta ed evidente. E se per criticare la durezza dell’azione del Governo israeliano in carica si ricorre al solito vieto, pericoloso linguaggio fatto di antisemitismo e antigiudaismo, vuol dire che le cose si stanno davvero deteriorando, specialmente se le dichiarazioni più acerbe vengono da Prelati mediorientali. Dire che Israele è “un trapianto non assimilabile” è una dichiarazione molto grave, specialmente per chi bazzica e mastica le Sacre Scritture. Si vede che, in fondo, il concetto-base rimane il solito: è finito l’Antico Testamento: c’è il Nuovo, che è la Chiesa, cioè il popolo dei battezzati. Se “il velo del Tempio s’è squarciato”, non serve più, poiché Dio lo rigetta. Tutti argomenti che hanno portato, nei secoli, dove ben sappiamo: al gas e ai crematori. Non si può ricorrere alla religione come fondameto di argomentazioni di carattere politico. Israele è la casa degli Ebrei e di chiunque voglia viverci nel rispetto delle Sue Leggi. Ed è l’unica goccia di democrazia, di diritto e di libertà in un oceano d’intolleranza. Gli Ebrei hanno il diritto di esistere e il sacrosanto diritto di difendere il proprio Paese da chiunque ne voglia la distruzione. Come farebbe chiunque altro. Chissà perché solo ad Israele è negato il diritto di difendersi? Perché? Semplice. Se uno pensa che quella terra non è degli Ebrei, e che essi sono usurpatori di terre altrui, la conclusione è ovvia. Per me, Israele è come mia nonna: la mia radice più profonda. Per me, Israele è, biblicamente, la Terra Santa, come tutti noi cristiani siamo abituati a chiamarla. Ed è la casa naturale degli Ebrei. E so quanto moralmente debole sia diventato l’Occidente e, sotto sotto (ma non tanto), sempre antisemita perché antigiudaico. Il perfido giudeo è il discendente diretto del popolo deicida: tutto qui. Se ancora vengono stampati e diffusi i famigerati PROTOCOLLI; se stiamo assistendo al rigurgito negazionista di marca cattolico-tradizionalista; se la Destra radicale, affiancata dal solito vetero-comunismo, sta aumentando, non meravigliamoci troppo. Preoccupiamoci, piuttosto. Chiudo con un’osservazione di Indro Montanelli: “Sul contenzioso fra arabi e israeliani, in quei giorni mi feci due idee generali alle quali sono rimasto aggrappato. Primo: l’ebraismo ha, nei diritti su Gerusalemme, una priorità non solo storica, ma anche d’ispirazione e di concezione del trascendente cui dovrebbero inchinarsi anche le altre due religioni monoteiste. Secondo: pur nella ristrettezza dei suoi confini geografici, la nascita d’Israele è forse l’avvenimento più epocale del Novecento. Metterlo a repentaglio per una questione d’insediamenti è assurdo, nonostante le difficoltà dei rispettivi leader nei confronti dei loro estremismi. Ma se costoro finissero per prevalere, sarebbe una tragedia per tutto l’Occidente, che non potrebbe limitarsi a una parte di spettatore. Di fronte alla minaccia islamica, comunque, essere filoisraeliano non è sufficiente. Io sono ebreo, e basta”. (Soltanto un giornalista, Rizzoli, 2002)

    25 Ott 2010, 11:26 Rispondi|Quota
  • #8סרג’ו הדר טזה

    – Il Vaticano MENTE.
    La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite NON chiede il ritiro DAI territori (MAI DEFINITI “palestinesi”) occupati in seguito alla guerra del 1967, MA il ritiro DA territori, dove l’ASSENZA di quell’articolo determinativo fu il frutto di una DISPUTA DURATA GIORNI tra la delegazione Sovietica e quella USA.
    Il testo INGLESE, che è quello che CONTA UFFICIALMENTE, infatti, dice “from territories” e NON “from THE territories”.
    Israele, con il ritiro dal Sinai completato nel 1982, ha infatti soddisfatto TUTTE le richieste del UNSC come spiegato molto bene da Eugene Rostow, che era il rappresentante USA a quelle trattative, e l’assenza di quell’articolo fu LA SOLA ragione per cui gli USA non posero il veto.
    Notare poi che la Risoluzione 242 a cui si riferisce il Vaticano, dice anche che i confini vadano decisi da trattative tra le parti, cosa che contraddice la pretesa che la 242 o qualsiasi altra risoluzione del UNSC voglia dire ritiro alle linee di cessate il fuoco precedenti, la cosiddetta Linea Verde, entro i territori sotto controllo Israeliano fino al 1967.
    L’avversione vaticana a Israele, è notoria: il Vaticano ful l’ULTIMO stato occidentale a riconoscere, suo malgrado, l’esistenza d’Israele SOLO nel 1993.
    È incredibile che il Vaticano continui nella sua politica di ostilità ad Israele, il SOLO paese mediorientale in cui vi sia una democrazia, un parlamento eletto, e in cui i cristiani sono liberi e cresciuti di numero, contrariamente ai paesi musulmani da cui sono stati costretti ad andarsene e in cui quasi non esistono più!
    Evidentemente, 2000 anni di odio anti-giudaico sono vivi e vegeti anche fra le gerarchie ecclesiastiche, papa compreso, che con un colpo di penna potrebbe liberare i NOSTRI libri sacri e tesori di Judaica saccheggiati dalla Chiesa in 2000 anni e conservati gelosamente sotto chiave in Vaticano.

    סרג’ו הדר טזה
    [email protected]

    25 Ott 2010, 13:49 Rispondi|Quota
  • #9סרג’ו הדר טזה

    – La Chiesa Cattolica non poteva ufficializzare in modo più chiaro – UN SINODO! – il suo persistente odio anti-giudaico, cui ogni tanto strumentalmente alterna pseudo-aperture, lanciate come polpettine avvelenate. E c’è chi ci casca anche fra i nostri migliori, che farebbero bene a ricordarsi delle DECISIONI HALAKHICHE di uno dei più grandi maestri subito dopo il Concilio Vaticano II

    Quanto segue ( http://www.613.org/rav-cat.htm ) è stato scritto sul cattolicesimo e il cosiddetto “dialogo religioso” a proposito di come l’ebraismo li considera, anche se di certo non gli ebrei della domenica. L’autore è il Rosh Yeshivah di Yeshivah University in NY, nonchè uno degli studenti di Rav Soloveitchik, considerato il maggior esponente della cosiddetta ortodossia ebraica moderna.
    Sono COMPLETAMENTE d’accordo con l’analisi del Rabbino e Professore.
    La traduzione dall’originale Ingese è mia.
    ===================================

    La visita dei cardinali: pensieri di un Rosh Yeshiva (direttore di seminario rabbinico)

    Di Rabbi Hershel Reichman

    Pubblicato: Martedí 17 Febbraio 2004

    È con grande rispetto per le persone coinvolte dal lato della Yeshiva University nella recente visita dei cardinali che scrivo questo articolo. Le buone intenzioni e la sincerità di coloro che sono coinvolti è chiara. Tuttavia, chiedo umilmente di presentare un altro punto di vista. La maggior parte di quanto scrivo si basa sulla mia comprensione dell’approccio del Rav (Rabbi Y.B.Soloveitchik) ztuq”l riguardo al dialogo con la Chiesa Cattolica, e spero e prego che sarò preciso riguardo agli insegnamenti del mio Rabbi — ai cui piedi ho studiato per oltre venticinque anni.

    Il cristianesimo per gli ebrei

    L’ebraismo, come è stato sempre interpretato dalla Torah e dalla Halakhà (Legge della Torah), proibisce il cristianesimo per gli ebrei come una forma di idolatria. Ci sono autorità halakhiche le quali affermano – per quanto riguarda i non ebrei – che la fede cristiana non è idolatra. Tuttavia, praticamente tutte le opinioni sono d’accordo che per gli ebrei il cristianesimo è idolatria. (vedi Shulchan Aruch Yore’ De’ah, Simanim 112-158, specialmente 147. Vedi anche Tosfoth Bekhoroth 2b d.h. Shemà, e la versione non censurata [dalla Chiesa] di RaMba”M (Maimonide) Hilkhoth Avodà Zarà, la sua Lettera alla Comunità in Yemen, e il Sefer Ha-Viquchim (libro delle dispute) di RaMba”N (Nachmanide). Numerose ingiounzioni halakhiche proibiscono agli ebrei di accettare lem pratiche e i credi cristiani, in particolar modo il concetto cristiano di trinità e Gesù, che violano il principio fondamentale della Torah dell’assoluta singolarità e unità non corporale e assoluta di D-io. Tutto ciò è affermato due volte al giorno, ogni giorno, dagli ebrei nel primo verso della lettura dello Shemagn, che proclama che Hashem EchaD — D-io è UNO.

    Lo Psaq (Responsum) del Rav Contro il Dialogo Religioso

    Subito dopo il Concilio Vaticano II, e il suo richiamo all’ecumenismo religioso, Il Rav promulgò il suo psaq (Tradition 1964) che ha definito la posizione dell’ebraismo ortodosso verso la Chiesa Cattolica per quarant’anni. Egli stabilì che: “Il dialogo religioso fra ebrei e cristiani è proibito. Il “dialogo sociale”, su questioni umane e sociali, particolarmente l’antisemitismo, è permesso.”

    Lo psaq del Rav non fu emesso nel vuoto. Egli era un grande esperto di teologia cristiana e sapeva esattamente che cosa significasse il Vaticano II. Come leader halakhico del tempo, era consapevole delle considerazioni halakhiche che promuovono dialogo, come inimicizia, vie della pace e salvare vite, così come delle Halakhoth [leggi] che limitano tale dialogo. Tuttavia, egli promulgò il suo psaq storico, ancora mai messo in discussione. Per quanto io sappia, nulla è cambiato fondamentalmente da spingere a una rivalutazione di quella decisione.

    Quindi, la sola questione halakhica da decidere per noi oggi, è se un certo evento sia da considerare “religioso” o “sociale”. Secondo me, dei preti che ascoltano dei bachure’ yeshivah (studenti di seminario rabbinico) in una Beth Midrash (casa di studio della Torah) è un evento religioso. Direi la stessa cosa se si trattasse di rabbini che si recassero nelle chiese ad ascoltare corsi religiosi cristiani.

    Capisco che il termine “dialogo religioso” come era usato dal Rav, ztuq”l, comprendeva non solo discutere i vangeli, la loro teologia, con preti, ma anche, lehavdil [e c’è differenza!], discutervi la Torah, che è la nostra “teologia”. Il che proibirebbe anche la discussione di Torah u-Mad’ah (una scuola all’interno del mondo della Torah). Anche il modo in cui noi ebrei studiamo la Torah è parte della Torah stessa, come il Rav disse moltissime volte nelle sue lezioni, che sia il sistema di “chavrutha”, o il metodo di Brisk, eccetera. Quindi, tutti questi tipi di discussione devono essere evitati.

    Passiamo ad una discussione più ampia delle relazioni ebraico-cristiane oggi.

    La Spada e il Dialogo

    L’approccio da tenere verso il dialogo con la Chiesa Cattolica deve essere estremamente cauto. Sappiamo che la Chiesa ha un’agenda che continua sin dal suo inizio che comprende la conversione degli ebrei, e rimpiazzare l’ebraismo con il cristianesimo come la verità universale. La Chiesa ha sempre usato due metodi per promuovere la conversione degli ebrei: 1) la spada; 2) il dialogo [vedi RaMba”M Lettera alla Comunità dello Yemen e il Beth Ha-LEvy all’inizio di Parashath Wayishlach, per una discussione più approfondita di queste due strategie). Milioni di ebrei sono stati assassinati da uomini di spada cristiani – dalle crociate all’inquisizione, dai massacri di Chmielnicki alla Shoah. Molte migliaia di altri ebrei sono stati convertiti attraverso il cosiddetto “dialogo ebraico cristiano” e altre attività missionarie — come per sfortuna accadde in Spagna prima dell’inquisizione (vedi “Maranos of Spain and The Origins of the Inquisition in XV Century Spain”, B. Netanyahu) e nel XIX e XX secolo in Europa Occidentale e in America.

    La Spada

    Fino ad oggi, la Chiesa Cattolica non ha mai rinunciato totalmente e inequivocabilmente al proprio credo di base che gli ebrei devono convertirsi al cattolicesimo per ottenere la vera salvezza. Infatti, questo credo è ancora parte attiva della loro agenda. Credo che l’equivalente dei tempi moderni della politica della spada sia il film cattolico “La Passione” che sta per essere distribuito. Secondo tutti i riferimenti obiettivi, tale film risveglierà la vecchia accusa del deicidio da parte degli ebrei e della loro colpevolezza, e provocherà un risentimento tremendo contro gli ebrei fra il cristiani di tutto il mondo. Che il Cielo ci aiuti dalle vere e pericolose minacce di antisemitismo violento e feroce da parte dei cristiani, col suo potenziale storico per pogrom terribili contro gli ebrei di tutto il mondo. Il Papa presente (Giovanni Paolo II) ha visto questo film e non lo ha denunciato per il suo potenziale pericolo. Con questo silenzio, ha di nuovo ripetuto il peccato imperdonabile di Papa Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale — il “papa del silenzio” che con poche parole da lui pronunciate avrebbe potuto salvare migliaia di ebrei dalla morte in Francia, Polonia, Italia, tutti paesi cattolici dove milioni di ebrei furono assassinati. Forse che gli ebrei di oggi si devono preoccupare di nuovo per tali pericoli con solo silenzio che viene dal presente papa? Infatti, i sette cardinali che hanno visitato Yeshiva University, hanno forse emesso un comunicato pubblico di denuncia dell’affermazione del film di colpevolezza ebraica di deicidio prima, durante o dopo la loro visita? O, al contrario, la loro visita non fu che un tentativo furbo da parte della Chiesa, indebolita dai recenti scandali [di pedofilia in cui sono stati implicati membri del clero, che ricevettero la protezione dello stesso cardinale Law, costretto a dimettersi, e che fu premiato dal Vaticano con l’onore di dire una delle tre grandi messe dette in Vaticano dopo la morte di Wojtyla: un’altra “scelta infelice” o un altro perdono fuori luogo? – nota del traduttore] e dalle critiche che le sono rivolte come conseguenza del film antisemita presto sugli schermi?

    Dialogo

    Credo che la visita dei cardinali stia usando il secondo approccio della Chiesa – il dialogo – per manipolare gli ebrei. Il primo passo è cominciare a parlare. Quindi sperano che gli ebrei facciano compromessi su certi principi. Alla fine, sperano che gli ebrei accettino in qualche modo il punto di vista cristiano su Gesù e diventino “ebrei per gesù”. Di certo, è un vecchio compromesso di antiche tradizioni ebraiche quando a un “meshumad”, un ebreo apostata, convertito al cristianesimo, viene concesso di entrare in una yeshivah e beth midrash (seminario e casa di studio), qualcosa che non è mai accaduto, che io sappia, per oltre 2000 anni.

    Non dovremmo sminuire ingenuamente i pericoli di confusione religiosa nei nostri stessi ambienti ortodossi. Un conoscente di recente mi disse: “Rabbi Reichman, sono stato a un memoriale per Martin Luther King in una sinagoga ortodossa in cui il coro della chiesa battista vicina cantava salmi. Rabbi, i canti erano tale ispirazione! Erano veramente un’elevazione spirituale come lo erano le parole del loro pastore. Anche loro servono D-io!”. Passai più di un’ora a spiegargli che nonostante la spiritualità che aveva sentito, l’ebraismo e il cristianesimo sono drasticamente differenti in molti credi di base e filosofie, nonchè stili di vita, e che la nostra fede non può e non deve essere confusa con altre. Feci del mio meglio per aiutarlo. Ma, gli altri ebrei che presero parte con lui in tale programma e di certo ebbero simili reazioni? Chi aiuterà quelli?

    Non è un caso che il meshumad Cardinal Lustiger era a capo della delegazione alla Yeshivah University. Lustiger stesso lo spiegò quando disse in precedenza: “Sono nato ebreo, e tale resto, anche se non è accettabile per molti. Per me, la vocazione di Israele è di portare luce ai goyim. Questa è la mia speranza e credo che il cristianesimo sia il modo per raggiungere tale fine.” (http://www.brainyquote.com/quotes/authors/j/jean_marie_cardinel_lusti.html). Quindi. il messaggio della Chiesa è chiarissimo: “Shmad (apostasia di un ebreo verso il cristianesimo) è qualcosa di accettabile. Un ebreo può diventare cristiano e dire Qaddish e fare “Qiddush Hashem” (santificare il Nome di D-io) nelle vesti di “ebreo cristiano”. Lustiger è un ebreo per gesù ed è accettabile per gli ebrei. Così lo sono tutti gli “ebrei per gesù”, il Cielo lo Proibisca! Non permettiamo alla Chiesa di manipolarci.

    Atteggiamenti Ebraici Verso La Chiesa Cattolica

    Voglio affermare con forza ciò che ho sentito dal Rav, ztuq”l. Con la Chiesa Cattolica, noi ebrei non dobbiamo applicare la massima: “Hewe’ dan col `adam le-khaf zekhuth” (giudica ogni uomo facendo oscillare il piatto della bilancia verso il suo merito). Al contrario, dobbiamo usare la massima” Khabdehu We-Chashdeu” (rispettalo ma sii estremamente sospettoso di lui). Milioni di martiri ebrei non obbligano a nulla di meno.

    Perdono Per La Chiesa

    Alcuni interpretano male la visita dei cardinali come se fosse una richiesta tacita di perdono da parte della Chiesa per i peccati passati contro gli ebrei. Allora, indirizziamo la questione. Primo, dobbiamo contemplare con serietà se gli ebrei di oggi hanno la licenza morale di perdonare la Chiesa per i peccati commessi contro gli ebrei del passato, dal momento che non siamo noi stessi le vittime di tali crimini. Perdippiù, anche se avessimo il diritto di perdonare, la Chiesa fino ad ora non ha elevato le proprie regole ad un livello che meriti il perdono degli ebrei.

    Ci sono qui concetti errati molto importanti che meritano un chiarimento. Sia l’ebraismo sia il cristianesimo predicano il perdono. Tuttavia. i due concetti di perdono sono profondamente diversi. La differenza è nella base del perdono. Nell’ebrasimo è la teshuvah. Nel cristianesimo è la confessione [dei peccati].
    Secondo l’ebraismo, la Teshuvah consiste di quattro elementi: 1) Haqarath Ha-Chet – riconoscere che si è agito contro la Torah; 2) Charathà Le-She’avar – espressione [esplicita, non implicita] di pentimento; 3) Tiqun Ha-Chet – riparare il peccato – per esempio, retsituire ciò che si è rubato o pagare per esso; 4) Qabalah Le-Ha-Ba – impegnarsi sinceramente di non peccare di nuovo e assumere uno stile di vita veramente nuovo.

    Il cristianesimo, tuttavia, si soddisfa con la confessione del peccato e la fede in gesù. Propone che attraverso la fede il peccatore viene perdonato. Noi ebrei, tuttavia, non possiamo scambiare la nostra base del perdono con la loro… La Chiesa Cattolica magari ha ammesso molto in ritardo che degli ebrei innocenti hanno sofferto a causa della Chiesa. Essa quindi chiede il perdono ebraico. Tuttavia, la Chiesa non ha ancora detto che i vari papi e la Chiesa stessa avevano torto ed erano colpevoli di peccati per duemila anni di persecuzioni! Il che include anche l’istigazione da parte di preti, che fu una delle cause maggiori di tutti i pogrom, violenze carnali, assassinii, saccheggi, commessi contro di noi nel nome della Chiesa (vedi: “The History of Antisemitism”, di L. Poliakov, Schocken Books, pag. 47, 180, 330). Vogliamo sentire una piena Charathà Le-She’avar – [espressione esplicita, non implicita, di pentimento] – l’espressione completa di pentimento e l’assunzione delle colpe per i peccati commessi dalla Chiesa contro gli ebrei per 2000 anni.

    Inoltre, non c’è nessun Tiqun Ha-Chet [riparazione del peccato]: i crimini del Vaticano contro il nostro Popolo continuano. Il Papa approva il film “La Passione”, che senza dubbio promuoverà l’incitamento all’antisemitismo. Perdippiú, il Papa e i suo Portavoce Vaticano aderiscono da sempre a una politica di equidistanza nel giudizio, paragonando il terrorismo arabo con l’autodifesa israeliana, al punto che ha dato il benvenuto al capo terrorista e arci-assassino Yasser Arafat [le cui foto mentre baciava il papa tappezzano in questi giorni i muri di Betlemme!!! – nota del traduttore] dopo la sua espulsione dal Libano da parte dell’Esercito Israeliano negli anni ’80.

    Perdippiù, opere d’arte e manuscritti ebraici di valore inestimabile – fra cui si dice oggetti rubati dal Secondo Tempio e i Manuscritti di RaMba”M – sono tenuti nascosti nei sotterranei del Vaticano, e agli ebrei non è permesso di vederli e di certo non hanno nessuna intenzione di restituirli al nostro Popolo. Una vittima normale forse perdonerebbe un ladro che ammette di aver rubato e che il bottino è nelle sue mani, ma che rifiuta di restituirlo al legittimo proprietario? Secondo ogni tipo di contabilità, la Chiesa ha rubato miliardi di dollari di proprietà agli ebrei per secoli – tuttavia, neppure un centesimo viene offerto alle vittime, alle loro famiglie, o al loro posto allo Stato d’Israele.

    Non possiamo perdonare la Chiesa anche se confessa e chiede perdono. La Chiesa Cattolica non è al livello richiesto dall’ebraismo per essere perdonati. Per noi, scambiare le nostre condizioni di perdono ebraiche tradizionali della Teshuvah con le loro, vuol dire compromettere la nostra fede con la loro – che è esattamente ciò che la Chiesa vorrebbe che facessimo seguendo la sua agenda di compromettere la religione ebraica.

    Alcuni Punti Per Terminare

    Dopo quanto di cui sopra, penso che possiamo ragionevolmente essere d’accordo che la natura pubblica dell’incontro coi cardinali ci impone di dispiacercene profondamente. Questi tipi di incontro dovrebbero essere privati, e in quel caso lo psaq del Rav sarebbe osservato con prudenza, così come è stata la regola generale nel passato, quando dignitari della Torah si sono incontrati coi capi della Chiesa quando ce ne’era bisogno.

    Inoltre, la visita dei cardinali dà l’impressione sventurata di compromesso e debolezza da parte ebraica, come se noi ebrei avessimo da accomodare ogni richiesta e capriccio da parte del Vaticano nella nostra supposta ricerca dell’accettazione da parte loro. Al contrario, il fatto è che la nostra fede senza tempo non ha nessun bisogno di approvazione o accettazione da parte della Chiesa Cattolica. È vero che gli ebrei vivono in un mondo ostile, ma è sempre stato così durante i nostri duemila anni di esilio. La nostra sopravvivenza miracolosa in esilio e il ritorno recente alla Terra Santa d’Israele sono dovuti solo all’amore del Nostro Solo e Unico Padre che è nel Cielo, il D-io Onnipotente. La nostra fede e salvezza sono solo in Lui. “Hine E-l Yeshu’athi, evtach we-lo efchad” (Ecco: D-io è la mia salvezza, io avrò fiducia e non avrò paura) Isaia 12:2 .

    Concludiamo con la frase eloquente e a proposito del Rav (Soloveitchik, Rav Yosef Dov, Confontation , Tradition 1964)

    “Non siamo di certo autorizzati dalla nostra storia, santificata dal martirio di milioni, persino a suggerire ad un’altra comunità religiosa che siamo pronti a rivedere atteggiamenti storici, a scambiare favori rispetto a questioni che hanno a che fare con questioni fondamentali di fede, e riconciliare “certe” differenze. Tale suggerimento non sarebbe altro che il tradimento della nostra grande tradizione ed eredità e, perdippiú, non produrrebbe alcun beneficio pratico. Non dimentichiamoci che la comunità dei tanti non sarà soddisfatta con mezze misure e compromessi che indicano solo un sentimento di insicurezza e di vuoto interiore. Non possiamo ottenere il rispetto di chi ci confronta facendo mostra di un’attitudine servile.”

    The writer is a Rosh Yeshiva at Yeshiva University and author of four volumes of Reshimos Shiurim of Harav Hagaon Yosef Dov Halevi Soloveichik.

    25 Ott 2010, 13:59 Rispondi|Quota
  • #10Parvus

    Essendo cattolico me lo posso permettere: Santi padri della chiesa, Andate a Cagare, e poi pulitevi il deretano con le idiozie che avete scritto.
    Stefano Cattaneo.

    25 Ott 2010, 19:42 Rispondi|Quota
  • #11stranito

    scusate, come mai in questo sito non c’è un solo articolo che parli di cosa fa scandalo in Israele? non dico di registrare le uccisioni di palestinesi, ma non si legge nemmeno una velata critica alle schifezze di Lieberma o alle recenti proposte di legge razziste e d’ispirazione teocratica?

    a me sembra un sito d’estremisti e mi chiedo a che serva, visto che è pure fatto male e troppo smaccatamente schierato, così si finisce a parlare solo agli estremisti e a disinformare proprio quelli che dovrebbero essere informati per essere armati degli argomenti giusti nella difesa d’Israele

    questo genere d’operazioni, come l’attuale governo di lunatici, non mi piace, sarebbe almeno il caso che lo diceste esplicitamente che appoggiate la visione d’Israele degli ultra-ortodossi

    27 Ott 2010, 23:46 Rispondi|Quota
    • #12Emanuel Baroz

      E’ sempre interessante notare come le persone che non sono d’accordo con quello che scriviamo ci rivolgano delle accuse di partigianeria per questo o quell’altro gruppo politico israeliano….denota grande confusione e a volte un pregiudizio di base. Nel caso specifico noi qui su Focus ci limitiamo a dare spazio a notizie che normalmente non arrivano sui mass media italiani, con una particolare attenzione al terrorismo palestinese ed antisraeliano che per molti è un aspetto secondario del conflitto israelo-palestinese, mentre per noi è assolutamente centrale e basilare per poter poi capire le azioni degli uni e degli altri

      28 Ott 2010, 09:49 Rispondi|Quota
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