La “morte” di Mohamed Al Dura: messa la parola fine ad una atroce menzogna

 
Emanuel Baroz
24 maggio 2013
3 commenti

Al Dura: fine di una menzogna atroce

al-dura-morte-propaganda-palestinese-focus-on-israel   

La “morte” in diretta di Mohammed Al Dura, avvenuta nel 2000 a Netzarin, nella Striscia di Gaza e attribuita all’IDF è stata una delle icone mondiali agitate contro Israele. La televisione di Stato francese France 2, compro’ senza verifica il servizio del cameraman free lance palestinese Talal Abu Rahma;  64 secondi drammatici che sono rimasti impressi nella memoria collettiva del mondo. Un bimbo cerca riparo tra le braccia del padre mentre infuriano scontri, il padre urla di non sparare, la polizia spara, il bimbo si accascia morto; questo è quanto le riprese volevano fosse percepito.

Dubbi furono sollevati fin da subito: niente sangue, niente ambulanze, nessuna immagine del bimbo “dopo”. Il reporter si giustifico’ dicendo che “la pellicola era finita” e non aveva potuto filmare altro. Charles Enderlin all’epoca corrispondente di France 2 per il Medio Oriente, commento’ subito senza indugio le sequenze che furono una condanna senza appello all’esercito israeliano. Philippe Karsenty, analista dei media, francese, fondatore di Media Ratings, cito’ in causa Charles Enderlin, nel 2004, accusandolo di aver costruito di sana pianta le riprese de “l’affare Al Dura”. Più di dieci anni di dibattimenti processuali, prove richieste a France 2 e negate (i famosi rush originali) , il padre di Mohammed che a riprova della veridicità delle immagini mostra cicatrici di ferite che dice essere il risultato di quel maledetto giorno. Smentito platealmente: il medico che lo opero’ testimonia essere le cicatrici postumi di operazioni che niente avevano a che vedere con il fatto.

Il video presentato da Enderlin in dibattimento fu giudicato “confuso”: mancavano gli scatti decisivi, Mohammed Al Dura muoveva testa e gambe dopo la sua presunta morte, non c’era sangue sulla sua maglietta. Le foto che furono diffuse del bambino all’obitorio, risultarono essere quelle di Sami Al Dura e non di Mohammed. Le due morti non avevano nessuna attinenza l’una con l’altra. Piano piano, nel corso di questi tredici anni, c’è stato il tentativo da parte di France 2 e di una parte della stampa, di trasformare “l’affaire Al Dura” in “Karsenty contro Enderlin”, stravolgendo cosi’ quello che invece avrebbe dovuto essere impellente bisogno di verità.

“L’icona” Al Dura è stata il vessillo della Seconda Intifada, ha “giustificato” agli occhi del mondo atrocità come l’assassinio di Daniel Pearl, giornalista americano decapitato in diretta da islamisti pachistani, con alle spalle l’immagine del “piccolo martire” o come il massacro dei due riservisti dell’IDF, sconfinati a Ramallah e fatti a pezzi.

Ed è arrivata ad essere utilizzata perfino da Mohammed Merah, autore della strage alla scuola ebraica Ozar Ha Torah di Toulouse, che disse di essere stato spinto ad agire dall”assassinio del “martire Al Dura”.

Ora forse, finalmente, la farsa si avvia alla sua conclusione. Il deputato laburista israeliano, Nahman Shai, ha incontrato il Ministro della Difesa, Moshe Yaalon, per consegnargli la copia del suo libro “Una guerra dei media che colpisce i cuori e gli animi”, che tratta del ruolo dei media nell’affaire Al Dura. Mohammed Al Dura non sarebbe mai stato né ferito né morto, ma al contrario, sarebbe ancora vivo e in buona salute. Una tesi che circola da anni. Yossi Kuperwasser, ex generale di Brigata che ha condotto l’inchiesta Al Dura, è arrivato alla conclusione che le immagini filmate dal cameraman di France 2 furono una messa in scena “volontaria o involontaria”.

Israele ha pubblicato, il 19 maggio 2013, un rapporto ufficiale che accusa France 2 e Charles Enderlin:

“…Le accuse di France 2 non avevano alcuna base riscontrabile nel materiale che l’emittente aveva in suo possesso al momento … Non ci sono prove che l’IDF sia stata in alcun modo responsabile della causa dei presunti danni a Jamal Al Dura o a suo figlio, Mohammed Al Dura “

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ricevuto oggi la relazione del Comitato di revisione del governo “Rapporto France 2 Al-Durrah , conseguenze e implicazioni”. La relazione è stata presentata dal Ministro degli Affari Internazionali, Strategie e Intelligence, Yuval Steinitz, alla presenza del Direttore Generale del Ministero degli Affari Internazionali, Yossi Kuperwasser…. Il primo ministro Benjamin Netanyahu: “E’ importante concentrarsi su questo incidente – che ha diffamato la reputazione di Israele. Questa è una manifestazione della campagna menzognera di delegittimare di Israele. C’è solo un modo per combattere le menzogne, attraverso la verità.. . Solo la verità può prevalere sulla menzogna “.

E questa volta, probabilmente, gli elementi emersi sembrano essere convincenti se perfino un’agenzia come l’Ansa, di solito molto “restia” (per usare un eufemismo) a riconoscere le ragioni di Israele e a riportare in maniera equilibrata il conflitto, non ha potuto fare a meno di titolare:

Israele: immagine simbolo intifada, tv menti’ su morte bimbo. ’Era vivo dopo la sparatoria, ma France 2 non lo mostro”’.

Nello stesso tempo, il “termometro” del web da la misura dell’importanza della notizia che appare su centinaia di blog e giornali on line. Perfino la “ricerca per immagini” al nome Al Dura, suggerisce “hoax”. Niente e nessuno potrà riparare al danno fatto, nessuna ammissione di frode potrà restituire la vita a chi è stato ucciso in nome di una messa in scena, nessuna verità, per quanto palese, potrà cancellare dall’immaginario collettivo mondiale la certezza che gli Ebrei si nutrano ancora del sangue dei bambini, come per secoli è stato creduto. Scrive Youval Steiniz, Ministro degli Affari Interni: « l’affaire Al-Dura è un’accusa moderna di morte rituale contro lo Stato di Israele, come quelle che sostennero ci fosse stato un massacro a Jenin. Il réportage di France 2 è completamente senza fondamento».

Federazione Sionistica Italiana

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  • #1Emanuel Baroz

    Commissione israeliana: «Al-Dura era vivo, alla fine del video»

    Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ricevuto domenica un rapporto di 36 pagine con i risultati dei lavori di una speciale commissione d’inchiesta governativa che ha indagato le circostanze della morte di Muhammad al-Dura durante i primi giorni della seconda intifada (o “intifada al-Aqsa”). Il rapporto si concentra sul controverso reportage dell’emittente tv “France 2” del settembre 2000 dalla striscia di Gaza (nel quale veniva mostrato il ragazzino palestinese accucciato dietro il padre sotto quello che veniva descritto come fuoco israeliano) e giunge alla conclusione che al termine del famoso filmato il dodicenne al-Dura era vivo.

    Secondo i risultati della commissione, contrariamente a quanto è stato detto e pubblicato sinora non vi sono prove che il ragazzo e suo padre siano stati colpiti o feriti nei momenti in cui veniva girato il video, e pertanto sussiste un ragionevole dubbio circa l’asserita responsabilità delle Forze di Difesa israeliane nella morte del ragazzino.

    “E’ importante concentrarsi su questo incidente – ha detto Netanyahu ricevendo il rapporto della commissione – giacché si è tradotto in una calunnia contro Israele, ed è paradigmatico del tipo di demonizzazione e delegittimazione che Israele deve continuamente affrontare. C’è un solo modo per combattere le menzogne – ha aggiunto Netanyahu – ed è combatterle con la verità”.

    Stando alla commissione, “France 2” inquadrò la vicenda come se, al momento della messa in onda del filmato, vi fossero prove concrete a sostegno della tesi che il ragazzino fosse morto a causa dei colpi dei militari israeliani benché la responsabilità per la morte di Al-Dura fosse ancora controversa, cosa che mette in dubbio l’intera credibilità del reportage.

    Il rapporto critica anche altri mezzi d’informazione che hanno sempre basato la loro copertura del caso unicamente sul reportage di “France 2”, trascurando il fatto che all’incidente assistettero più giornalisti (nessuno dei quali si accorse del tragico episodio che si stava consumando). “Oltretutto – dice il rapporto – lo stesso resoconto del giornalista francese e del suo cameraman è cambiato nel corso degli anni ed è pieno di contraddizioni e falsità”.

    Il rapporto rileva anche grossolane incongruenze nei referti medici che riferiscono degli interventi cui furono sottoposti padre e figlio nell’ospedale Shifa di Gaza. “Nessuno dei proiettili che li avrebbero colpiti è stato mai recuperato né dai giornalisti che assistettero all’incidente, né dalle forze di sicurezza palestinesi, né dai medici che si occuparono di loro”.

    La commissione, formata nel 2012, è stata inizialmente presieduta dall’attuale ministro della difesa Moshe Ya’alon, e ha concluso i lavori di recente sotto la guida di Yuval Steinitz. Lo stesso Steinitz ne ha così sintetizzato i risultati: “E’ stato un caso di ‘calunnia del sangue’ contro Israele: il reportage francese era semplicemente falso”.

    Intervistato lunedì mattina da giornalisti israeliani, il padre Jamal Al-Dura, alla domanda se fosse disposto ad acconsentire alla riesumazione del cadavere (a suo dire sepolto nel campo palestinese di al-Bureiz) per un esame forense, ha dichiarato: “Innanzitutto Israele deve accettare un’inchiesta internazionale. Solo allora potremo parlare di riesumazione. Ma dubito che Israele sia disposto ad accettare”. “Israele non si è mai opposto a un’inchiesta internazionale in materia – ha dichiarato a radio Galei Zahal il direttore generale del ministero israeliano per gli affari strategici Yossi Kuperwasser – Chiunque avesse voluto, ha avuto tredici anni di tempo per farla”.
    Al-Dura padre ha sempre sostenuto d’essere rimasto gravemente ferito nell’incidente, mostrando ai giornalisti le cicatrici riamaste sul suo corpo. Tali dichiarazioni avevano spinto anni fa il medico israeliano David Yehuda, dell’ospedale Tel Hashomer, a rivelare che quelle cicatrici erano in realtà gli esiti di un intervento chirurgico che Jamal Al-Dura aveva subito anni prima, dopo essere stato aggredito da uomini di Hamas che lo accusavano di collaborazionismo con Israele. “L’ho operato nel 1994 – dice il dottor Yehuda, anch’egli citato in giudizio da “France 2” per diffamazione e assolto da un tribunale di Parigi nel febbraio 2012 – Era stato colpito alla schiena e il suo braccio destro è stato lacerato da ferite di coltello. Per alcuni anni ha mostrato quelle cicatrici come se fossero frutto di questo incidente”.

    Intervistato su questo punto, Jamal Al-Dura ha affermato che si tratta di “menzogne”. Pressato dalle domande dei giornalisti, ha evitato di rispondere dicendo: “Potete chiederlo al mio avvocato in Francia, lui vi risponderà. Io, per me, non sono autorizzato a parlarne”.

    Nel febbraio 2012 la più alta corte d’appello francese ha accolto il ricorso di “France 2” contro la sentenza che respingeva la sua querela per diffamazione ai danni di Philippe Karsenty, l’analista di mass-media francese che aveva accusato l’emittente televisiva d’aver falsificato l’intera vicenda.

    “France 2” aveva fatto causa a Karsenty nel 2004 dopo che questi aveva sostenuto che tutte le riprese video montate e trasmesse dal giornalista Charles Enderlin il 30 settembre 2000 erano frutto di una messinscena finalizzata alla produzione del reportage dalla striscia di Gaza.

    Il filmato, girato dal cameraman palestinese Talal Abu Rahma all’incrocio di Netzarim durante un prolungato scambio di colpi d’arma di fuoco fra palestinesi e israeliani, mostrava Muhammad al-Dura che veniva colpito mentre suo padre cercava di proteggerlo col suo corpo. Le immagini shock fecero il giro del mondo scatenando un’ondata di furore contro i soldati israeliani automaticamente considerati responsabili della morte del ragazzino.

    In un primo momento le Forze di Difesa israeliane avevano ammesso la possibilità che la morte di al-Dura fosse stata accidentalmente provocata dai propri militari che rispondevano al fuoco palestinese proveniente da quella direzione e che non era cessato nonostante la situazione in cui si trovavano i due al-Dura. Tuttavia, alcuni mesi dopo, un’inchiesta interna delle forze armate israeliane aveva portato i comandi militari ad escludere tale responsabilità sulla base di una serie di considerazioni balistiche dalle quali risultava assai più plausibile che a colpire i due al-Dura fosse stato il fuoco palestinese.

    Negli anni successivi Karsenty, sul suo sito web, si spinse oltre arrivando a sostenere che tutta la vicenda fosse contraffatta e che costituisse un esempio lampante del pregiudizio anti-israeliano di gran parte dei dei mass-media.

    Non limitandosi alle responsabilità del corrispondente e del cameraman, Karsenty giunse ad accusare la stessa emittente francese d’essersi prestata alla falsificazione dell’incidente al-Dura. E fu per queste affermazioni che “France 2” lo citò per diffamazione, vincendo la causa in prima istanza quando un tribunale francese sentenziò che il filmato non era stato manipolato.
    Karsenty non si diede per vinto e ricorse in appello affermando che “France 2” non aveva reso di pubblico dominio l’intero video girato. Nel settembre 2007 la corte d’appello francese dispose che l’emittente consegnasse l’intero nastro filmato quel giorno, e non montato, riaprendo di fatto il caso.

    Nel filmato intero, che Enderlin diceva di aver tagliato perché contente “immagini insopportabili dell’agonia del ragazzo”, si vede Muhammad al-Dura che muove una gamba e un braccio, sotto al quale sembra quasi sbirciare, senza nessun visibile versamento di sangue nonostante in quel momento dovesse essere già morto dissanguato per gravi ferite all’addome, stando al resoconto diffuso dal reportage.

    La corte francese ha anche acquisito come prova il rapporto balistico di un esperto forense secondo il quale non vi è alcuna possibilità che il ragazzino sia stato colpito a morte dal fuoco israeliano. Secondo tale rapporto, inoltre, non vi sono prove a supporto della tesi che padre e figlio siano stati anche solo feriti in quella circostanza, cosa che rilancerebbe l’accusa di un filmato sostanzialmente fasullo.

    Dopo un lungo iter giudiziario, Karsenty era stato assolto in secondo grado dall’accusa di diffamazione, ma l’emittente francese ha fatto ulteriore ricorso.

    Il rapporto finale della commissione israeliana giunge a pochi giorni dalla prevista sentenza di terzo grado.

    (Da: YnetNews, Times of Israel, Jerusalem Post, Israel HaYom,20.5.13)

    Per le immagini tagliate dal reportage originale di “France 2”, si veda:

    http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4381574,00.html

    http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=9389

    Si veda inoltre:

    http://www.youtube.com/watch?v=DzsCBFhCsyY
    (14 minuti, in inglese)

    http://www.israele.net/articolo,3740.htm

    24 Mag 2013, 15:50 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Il caso Al Dura e la morale di Goebbels

    Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

    Cari amici,

    a proposito di notizie che si devono gustare fredde, avete visto che finalmente, dopo una decina d’anni, la verità sul caso Al Dura comincia a venir fuori? Dodici anni e mezzo dopo, ma emerge.

    Cerco di riassumere velocemente. il 30 settembre del 2000 ci furono degli incidenti provocati dall’assedio di alcune centinaia di palestinesi a un posto di guardia israeliano che si trovava all’incrocio di Netzarim, nella Striscia di Gaza. Ci furono lanci di molotov e di pietre, anche un tentativo di sfondare la rete di protezione del corpo di guardia. La manifestazione era stata preannunciata per cui sul posto c’erano diversi fotografi e troupe televisive: non giornalisti occidentali, timorosi del rischio, ma agenti palestinesi, non si sa se davvero al loro servizio o a quello della “rivoluzione”. Parte dei materiali girati in quell’occasione sono stati scoperti e divulgati: si vedono strane attività teatrali: falsi feriti che vengono portati di corsa in ambulanza e poi si alzano e camminano tranquillamente, terroristi che fingono un assalto e sparano con gesto teatrale in un ambiente da cui sono usciti tranquillamente pochi istanti prima, cose così.

    Uno di questi filmati però assume un’importanza enorme. Vi si vede un giovane arabo accucciato dietro un bidone che stringe dietro di sé un ragazzino, che a un certo punto si abbandona per terra. Il reportage dice che il ragazzo è stato ucciso dal fuoco israeliano: la prova evidente, in pieno periodo di attentati suicidi, sono gli israeliani ammazzano i bambini. Lo firma un giornalista piuttosto noto di France 2, Charles Enderlin, che non era presente ai fatti, ma monta il servizio. Lo potete vedere qui: http://www.dailymotion.com/video/xbl5r2_le-reportage-de-charles-enderlin-ob_news Il ragazzino in questione, Muhammed Al Dura, viene trasformato in un eroe, gli si dedicano funerali solenni, i palestinesi diffondono fotomontaggi in cui si vedono soldati israeliani sparargli addosso, la Tunisia gli dedica un francobollo, tutto ilo mondo arabo lo onora in vari modi, l’odio per Israele cresce nel mondo.

    Molti però non sono convinti, in particolare un francese, l’analista dei media Philippe Karsenty. Ci sono nel filmato molte incongruenze. Non si vedono i tiri che avrebbero colpito il ragazzino, e neppure una goccia di sangue né sul corpo, né su quello del padre né per terra (qui il sangue compare il giorno dopo, quando i giornalisti vengono portati a visitare il posto). Ci sono un paio di sbuffi sul muro, che indicano le pallottole, ma sembrano tiri perpendicolari, cioè provenienti dalle postazioni palestinesi dall’altra parte della strada, non quasi paralleli al muro, come dovrebbero essere se venissero dal posto israeliano, lontano un centinaio di metri, rispetto a cui peraltro la posizione dei due arabi risulta coperta dal bidone. Le pallottole nel muro, che permetterebbero di capire da che armi sono state sparate, peraltro sono immediatamente estratte, forse dallo stesso operatore di Enderlin, e mai esibite. Come nessuno ha potuto vedere l’autopsia del bambino né gli eventuali proiettili nel suo corpo. Già nei due minuti del servizio trasmesso da France 2 si vede il bambino “dopo morto” assumere molte posizioni diverse, e ancor di più nel resto del filmato, cinquanta minuti che France 2 si è sempre ostinatamente rifiutata di mostrare a chiunque, salvo ordini del tribunale francese che ha gestito il processo per diffamazione successivo. Una ditta tedesca specializzata di lettura del labiale ha testimoniato che il ragazzino continuava a dire al padre di essere stufo e di volersene andare. L’operatore e il giornalista sono stati molto restii a confermare la loro storia, fino ad arrivare a negare di aver detto che Al Dura fosse stato vittima degli spari israeliani.

    Trovate qui (http://www.europe-israel.org/2013/05/petition-pour-demander-le-licenciement-de-charles-enderlin-par-france-2-et-des-excuses-aux-citoyens-francais-pour-navoir-pas-retabli-la-verite-pendant-plus-de-13-ans/ ) due filmati che esaminano con molta chiarezza ed evidenza grafica le prove di falsificazione e qui un buon riassunto di tutta la storia (http://www.aish.com/jw/mo/Muhammad-al-Duras-Faked-Death.html ). Il governo di Israele, che ha sempre espresso dubbi sul modo in cui erano andate davvero le cose, pur esprimendo rincrescimento SE il bambino era stato davvero ucciso da pallottole, ha finalmente emanato un rapporto ufficiale molto chiaro e analitico in cui si arriva alla conclusione che non solo Al Dura non è stato ucciso dall’esercito israeliano, ma che fosse davvero morto. Trovate il rapporto qui ( http://www.scribd.com/doc/142658793/Kuperwasser-Report ). Vale la pena di leggerlo perché non è solo un’inchiesta sui fatti, ma una lezione di giornalismo, fa cioè il mestiere che non fu fatto non solo dal giornalista e dall’emittente che diffuse la bufala, ma neppure dai suoi colleghi. Se oggi sappiamo qualcosa di reale su quel che è successo in quella strana giornata, lo dobbiamo innanzitutto all’ostinazione di Philippe Karsenty (http://en.wikipedia.org/wiki/Philippe_Karsenty ), che si è battuto contro la corporazione dei media francesi, arroccata a difesa di un suo esponente e di un’emittente “di prestigio” e anche contro molti scetticismi nel mondo ebraico.

    In realtà la storia di Al Dura è un esempio insigne di quella guerra mediatica che i palestinesi e i loro alleati continuano a portare contro Israele, senza il minimo ritegno o il minimo interesse per la verità dei fatti. Si costruiscono eventi dal niente, come in questo caso. Oppure se ne rivolta il senso come nella fotografia premiata di recente, assai taroccata nella forma, ma ancor più nella sostanza, perché mostra come vittima dell’azione israeliana due bambini (ancora bambini uccisi dagli ebrei… come nei processi antisemiti del medioevo), che in realtà sono stati uccisi da un razzo di Hamas che è ricaduto nel quartiere popoloso dove si nascondono i terroristi per tirarli; pensate che la commissione internazionale che ha premiato questa foto, di fronte alla dimostrazione che era stata taroccata con Photoshop per renderla così simile a un videogame, ha decretato che si trattava di un grado “accettabile” di manipolazione ( http://www.independent.co.uk/news/media/press/world-press-photo-winner-cleared-after-forensic-examination-8616334.html)… Si creano incidenti apposta perché siano ripresi, com’è accaduto quel 30 settembre 2000 e tante volte ancora, oppure addirittura si simula la presenza del “nemico sionista” per inventare “eroici assalti” o “povere vittime”. Si cerca in tutti i modi di occultare le tracce più atroci del terrorismo: il caso Al Dura è quasi contemporaneo al caso Cristiano, il “giornalista” della Rai che si scusò con l’Anp perché “la concorrenza” aveva ritratto il linciaggio di Ramallah in cui furono barbaramente uccisi due israeliani e assicurò di ispirare il suo lavoro informativo alle disposizioni dell’Autorità Palestinese (http://www.focusonisrael.org/2008/12/07/riccardo-cristiano-una-storia-che-e-bene-non-dimenticare/ ): una morale non diversa da quella di chi ha avallato , riferito e difeso “la calunnia del sangue” (http://www.israelnationalnews.com/News/Flash.aspx/268681#.UZxwj6JM-Sp ) di Al Dura, ora finalmente smascherata.

    Non illudiamoci, perché come diceva Goebbels, maestro spirituale della comunicazione palestinese, una bugia ripetuta abbastanza a lungo diventa la verità. E i danni della falsificazione degli incidenti di Netzarim, come quelli della “strage di Jenin”, in realtà un combattimento condotto dall’esercito israeliano a carissimo prezzo casa per casa, proprio per non produrre una strage vera: http://digilander.libero.it/asdfghj2/dossier/Il%20massacro%20di%20Jenin.htm ) e di mille altri episodi del genere, restano. Perché la stampa europea americana “di qualità”, cioè di sinistra, non si cura delle verifiche, dei dubbi e neppure della verità conclamata quando si tratta di diffamare Israele. E se non può fare danni, tace, come sta accadendo ora con la notizia che non c’è mai stata l’uccisione di Al Dura.

    http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=49255

    24 Mag 2013, 15:51 Rispondi|Quota
  • #3Francesca

    Sono arabi ..mistificatori e bugiardi !!

    26 Feb 2014, 12:07 Rispondi|Quota