E li chiamano interlocutori per la pace…

 
Emanuel Baroz
30 luglio 2013
7 commenti

Dal Giordano al mare

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Quella è in alto è la “copertina” che introduce alla home page su Facebook del negoziatore palestinese che domani sera (martedì sera) discuterà di “pace” a Washington con l’omologo di Gerusalemme. Si nota purtroppo un particolare aberrante: lo stato israeliano non esiste più. E’ tutto coperto da un neonato stato palestinese, come suggerisce anche la scritta in arabo (“filastin”, dai filistei, gli acerrimi nemici degli ebrei che popolavano questa terra ai tempi dei romani, dai quali furono deportati, prima che Galilea, Giudea e Samaria fossero appunto ribattezzate “Palestina” in spregio ai suoi abitanti nativi).

Cosa c’è di peggio? liberare 102 criminali che hanno ucciso, brutalizzato, violentato e ferito centinaia di persone innocenti? O stringere la mano ad un soggetto che manifesta la volontà di distruggere un’intera nazione? Cosa direbbe il mondo se il negoziatore israeliano addobbasse la home page del suo profilo Facebook con una dichiarazione con cui si intende prendere possesso del West Bank?

Sulla pagina di Mohammad Shtayyeh, che rappresenta i palestinesi, si legge «Pretendiamo di negoziare per la pace, ma solo come mezzo per raggiungere un fine: la distruzione di Israele, e la creazione al suo posto di uno stato palestinese sull’intero territorio».
Può andare peggio? certo che può andare peggio. Smarrita per la defenestrazione di Morsi e il ridimensionamento in Egitto della Fratellanza Musulmana, esule da Damasco e lontana dalla protezione di Assad, Hamas è rimasta temporaneamente senza punti di riferimento, con il Qatar allontanatosi nelle ultime settimane. Come rileva Khaled Abu Toameh, nelle ultime settimane si sono di nuovo intensificati i contatti fra l’organizzazione terroristica palestinese e l’Iran, che per la verità manteneva rapporti con una corrente di Hamas, finora minoritaria. La crescente ostilità da parte dei militari che guidano ora l’Egitto ha indotto il regime di Gaza ad accettare la corte interessata degli ayatollah. Che in questo modo minacciano di insediarsi anche fisicamente nell’enclave palestinese. Una brutta notizia per Abu Mazen. Ma, purtroppo, anche per lo stato israeliano.

Il Borghesino

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  • #1Emanuel Baroz

    Colloqui Israele – Palestina: un controsenso storico

    di Miriam Bolaffi

    A leggere la stragrande maggioranza dei media mondiali i colloqui tra Israele e Palestina che riprendono oggi a Washington sono una eccezionale opportunità per raggiungere la tanto agognata pace. Il problema che però tutti questi ottimisti non vedono sta proprio in quella parolina magica: pace.

    Mi sono sempre sentita dire che “la pace si fa con il nemico”, un concetto sacrosanto quando di fronte ci sono due nemici che, pur odiandosi, si riconoscono reciprocamente. La storia è piena di casi in cui nemici storici hanno raggiunto la pace anche dopo lunghissimi e sanguinosi conflitti. Ma al momento di mettersi ad un tavolo a trattare la pace (o quantomeno la fine delle ostilità) vi è sempre stato come base fondamentale il reciproco riconoscimento. Un caso emblematico in tal senso è stato il lunghissimo conflitto tra il Sudan e il Sud Sudan, oltre 22 anni di guerra, milioni di morti e di sfollati. Ebbene, la pace è scoppiata quando il Sudan ha riconosciuto il Sud Sudan come una entità, uno stato, un popolo. Non un secondo prima. Solo allora, quando cioè Khartoum ha riconosciuto nella controparte una nazione vera e propria, ci si è potuti sedere e trattare.

    D’altra parte persino le direttive ONU sulle trattative di pace tra parti in conflitto, un complesso armamentario di regole e obbiettivi destinato ai negoziatori, come base fondamentale per l’inizio di qualsiasi trattativa di pace viene posto il riconoscimento reciproco.

    Nel caso delle trattative tra Israele e Palestina manca quindi la base fondamentale persino per sedersi allo stesso tavolo, manca cioè da parte palestinese il riconoscimento di Israele. Ora, io mi chiedo come possano pretendere questi grandi “statisti” come il trio Obama/Kerry/Ashton o tutti gli ottimisti di questo mondo, che si possa parlare di pace con una delle due parti che non riconosce l’altra. E’ come se uno volesse guidare una macchina senza motore e pretendesse che comunque si muova quando si accelera.

    Ho la netta impressione che queste cosiddette trattative di pace tra Israele e Palestina servano solo politicamente a chi le ha volute con tanta insistenza, ma che concretamente non portino da nessuna parte. D’altra parte gli accordi tra le parti ci sono già (accordi di Oslo), basterebbe imporre ai palestinesi il loro rispetto che, tra le altre cose, prevedeva proprio il riconoscimento reciproco. Invece si vuol fare un passo indietro e in un sol balzo tornare al 1967.

    Per capire come tutto questo sia una inutile perdita di tempo basterebbe che questi “statisti” chiedessero ai palestinesi di riconoscere Israele. Sono pronta a scommettere che non lo faranno mai. E allora, di cosa stiamo parlando? Su che basi parliamo di pace quando manca il presupposto principale per poterlo fare? Possiamo parlare solo di come evitare che il conflitto degeneri, di come regolamentare alcune cose e alcune collaborazioni tra le parti, ma non possiamo certo parlare di pace.

    Come sempre quindi il problema israelo-palestinese viene affrontato nella maniera sbagliata perché si da la possibilità a una parte, quella palestinese, per altro strategicamente in posizione decisamente di inferiorità, di poter imporre le proprie condizione all’altra parte, Israele, che invece può pretendere di trattare da una posizione di forza. E’ come se alla fine della seconda guerra mondiale gli alleati avessero permesso ai tedeschi di imporre le loro condizioni per la resa. E’ chiaramente un controsenso storico che in secoli e secoli di trattative di pace possiamo trovare solo nel conflitto israelo-palestinese.

    Onestamente non so perché Netanyahu si stia prestando a questa ennesima presa per i fondelli (per altro liberando oltre 100 criminali come segno di buona volontà) e a questo vero e proprio controsenso storico. Spero che sia così bravo da avere un secondo fine così importante per Israele da fargli superare la presa in giro palestinese e lo shock per la liberazione di tanti criminali. Lo spero veramente.

    http://www.rightsreporter.org/colloqui-israele-palestina-un-controsenso-storico/

    31 Lug 2013, 12:43 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    31 Lug 2013, 12:43 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    30/07/2013 ”I negoziati saranno molto duri e problematici ma lo sforzo per la pace è un interesse comune di Israele, palestinesi, mondo arabo e comunità internazionale”. Lo ha detto lunedì il ministro della giustizia israeliano Tzipi Livni poco dopo aver incontrato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. La capo-negoziatrice israeliana ha sottolineato che i negoziati sono tanto più necessari a causa delle crescenti difficoltà in Medio Oriente.

    30/07/2013 Dopo Hamas, anche il FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina), una delle storiche fazioni che insieme a Fatah compongono l’Olp, ha respinto i nuovi colloqui di pace con Israele, a poche ore dalla loro ripresa, a Washington lunedì sera, dopo uno stallo di tre anni. Secondo il FPLP, la ripresa delle trattative è stata “una mossa unilaterale del leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che non aveva il sostegno del complesso dell’OLP”. “Il FPLP è contro un ritorno ai negoziati”, ha dichiarato uno dei leader del gruppo, Khaleda Jarar.

    30/07/2013 Jacob Frankel, indicato dal governo come prossimo governatore della Banca d’Israele, ha annunciato lunedì alla tv Canale 2 il ritiro dalla sua candidatura. Nelle ultime settimane era stato oggetto di una campagna di stampa partita da Ha’aretz che lo accusa del “furto” di una bottiglia di profumo nel 2006 in un aeroporto di Hong Kong, un incidente definito da Frenkel un ”malinteso”. “Ma sono arrivato alla conclusione che non c’era più spazio per continuare e ho comunicato al primo ministro e al ministro delle finanze che ritiro la mia candidatura”, ha spiegato Frenkel.

    30/07/2013 Il segretario di stato Usa John Kerry ha nominato inviato speciale di Washington per i negoziati di pace Martin Indyk, ex ambasciatore in Israele.

    30/07/2013 Nel suo primo viaggio al Cairo dopo la destituzione di Mohammed Morsi, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha incontrato lunedì il presidente ad interim egiziano come manifestazione di sostegno al governo nominato dai militari. La visita ha avuto luogo mentre le autorità egiziane stanno indagando sul ruolo avuto da Hamas, la fazione palestinese rivale a quella di Abu Mazen, nella sanguinosa evasione di Morsi e altri membri della Fratellanza Musulmana nel 2011 dal carcere in cui erano stati rinchiusi dal regime di Hosni Mubarak.

    30/07/2013 Egitto. L’agenzia di stampa egiziana Al-Sharq Al-Awsat ha riferito lunedì che le autorità del Cairo hanno arrestato il presidente del partito islamico Al-Wasat e il suo vice.

    30/07/2013 “L’Unione Europea dovrebbe aiutare il processo di pace, ma lasciare i negoziati a israeliani e palestinesi e lasciare che si sviluppino da soli”. Lo ha detto il presidente d’Israele Shimon Peres, aggiungendo che l’Europa “dovrebbe dar prova di moderazione: l’intervento che ci si aspetta dall’UE a questo punto dovrebbe essere a sostegno del processo di pace e di entrambe le parti. I negoziati che iniziano oggi tra Israele e palestinesi – ha concluso Peres – potrebbero porre fine al conflitto, ma saranno necessarie decisioni storiche e difficili da entrambe le parti”.

    30/07/2013 “In futuro potranno essere rivelate le considerazioni strategiche di questa scelta – ha detto lunedì il ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon a proposito della decisione del governo di scarcerare dei detenuti per terrorismo nel quadro della ripresa dei colloqui di pace – Abbiamo dovuto scegliere tra una decisione cattiva e una peggiore. Non è stata una giornata facile. Si tratta di assassini e, naturalmente, pagheremo un prezzo in termini di deterrenza”.

    30/07/2013 Israele si appresta a incrementare il trasferimento di cibo, combustibile e materiali da costruzione nella striscia di Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, per ovviare al brusco aumento dei prezzi nel territorio controllato da Hamas a causa dal giro di vite imposto dalle autorità egiziane alla frontiera fra Sinai e Gaza. “Non c’è nessuna crisi umanitaria a Gaza – ha spiegato un’autorevole fonte della difesa israeliana – Ma c’è una pressione economica a seguito della distruzione dei tunnel usati fra l’altro per il contrabbando di combustibile a buon mercato”.

    30/07/2013 I negoziatori israeliani e palestinesi sono stati ufficialmente invitati dal Dipartimento di stato Usa a riprendere i colloqui di pace diretti a Washington lunedì sera e martedì. Il ministro della giustizia Tzipi Livni, che dirige la squadra di negoziatori israeliani, e Yitzhak Molcho, inviato del primo ministro Benjamin Netanyahu, sono partiti domenica alla volta degli Stati Uniti per incontrare i negoziatori palestinesi Saeb Erekat e Mohammad Shtayyeh.

    30/07/2013 Altri due cittadini siriani, feriti nei combattimenti interni poco al di là del confine settentrionale d’Israele, sono stati ricoverati domenica notte allo Ziv Medical Center di Safed (Israele). Ne ha dato notizia Israel Radio, aggiungendo che sale così a 49 il numero di feriti nella guerra civile siriana presi in cura dallo Ziv Medical Center.

    29/07/2013 Con 13 ministri a favore e sette contrari, il governo israeliano ha approvato domenica la futura scarcerazione di 104 detenuti per reati contro la sicurezza. I ministri Limor Livnat e Silvan Shalom si sono astenuti. Un ristretto comitato ministeriale sarà incaricato di supervisionare il processo delle scarcerazioni nel quadro dei negoziati che devono riprendere con i palestinesi. Inoltre è stato deciso che, se si dovesse decidere di includere nell’elenco dei detenuti arabo-israeliani, la questione verrà nuovamente sottoposta all’approvazione del governo.

    29/07/2013 La squadre di studenti delle scuole medie e superiori che hanno rappresentato Israele alle Olimpiadi Internazionali di Matematica, a Santa Marta, in Colombia, si sono aggiudicate sei medaglie (un oro, tre d’argento e due di bronzo), classificandosi in 13esima posizione su 97 paesi partecipanti. Alle Olimpiadi di Matematica dello scorso anno, in Argentina, la rappresentanza israeliana si era classificata 31esima, con quattro medaglie (tre d’argento e una di bronzo) e una menzione d’onore.

    29/07/2013 La Suprema Guida dei Fratelli Musulmani egiziani, Mohammed Badie, ha affermato che “le mani dei sionisti manovrano i paesi della ‘primavera araba’, come l’Egitto, nella convinzione di poter realizzare la visione della Grande Israele”.

    29/07/2013 Il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane, Benny Gantz, parlando domenica della scarcerazione di terroristi detenuti, ha dichiarato: “Le Forze di Difesa israeliane sono in contatto costante e conseguente con il livello politico, al quale illustrano i risultati delle varie decisioni. L’esercito attuerà diligentemente ogni decisione che sarà presa dal livello politico, come ha sempre fatto in passato”. Dal canto loro, le associazioni che rappresentano famigliari di vittime del terrorismo hanno vivacemente contestato la scelta del primo ministro Benjamin Netanyahu di scarcerare 104 detenuti palestinesi come gesto di buona volontà nel quadro della ripresa dei colloqui di pace. “Rilasciando terroristi e assassini il governo incoraggia il terrorismo – ha detto un portavoce dell’associazione Almagor, citato dalla tv Canale Due – Il messaggio che arriva è che prima o poi anche i peggiori assassini vengono rimessi in libertà e che il terrorismo conviene”.

    29/07/2013 Il governo israeliano ha approvato domenica il disegno di “legge fondamentale” sul referendum in base al quale qualsiasi accordo di pace che richieda cessioni territoriali dovrà essere sottoposto a un referendum nazionale. “Ogni accordo eventualmente negoziato verrà sottoposto a referendum – ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu – E’ importante, in una decisione così fatidica, che tutti i cittadini votino direttamente per determinare il futuro del paese”.

    29/07/2013 Egitto. E’ salito a oltre 80 morti e quasi 800 feriti, secondo fonti del ministero della sanità egiziano, il bilancio degli scontri del fine settimana al Cairo e ad Alessandria tra sostenitori del deposto presidente egiziano e forze di sicurezza, affiancate da civili armati.

    28/07/2013 Una bambina siriana di 3 anni ferita da schegge agli occhi è stata ricoverata venerdì sera allo Ziv Medical Center di Safed (Israele), scortata con la madre da unità delle Forze di Difesa israeliane. Finora sono 47 i siriani feriti negli scontri della guerra civile presso il confine con Israele che sono stati curati nel solo Ziv Medical Center.

    28/07/2013 Iran. Al presidente iraniano uscente Mahmoud Ahmadinejad è stata concessa una licenza dal Consiglio Supremo iraniano della Rivoluzione Culturale per istituire una università high-tech privata a Teheran che sarà specializzata in settori come le nanotecnologie, l’ingegneria aerospaziale e il nucleare. Ne ha dato notizia il quotidiano pan-arabo Asharq Alawsat, specificando che la richiesta di Ahmadinejad sarebbe stata approvata nonostante una legge in vigore proibisca l’istituzione di nuove università della capitale iraniana.

    28/07/2013 L’ala militare di Hezbollah ha trasferito circa 100.000 dollari a uno dei due individui sospettati dalla Bulgaria d’aver preso parte all’attentato esplosivo del luglio scorso a Burgas, sul Mar Nero, costato la vita a cinque israeliani e ad un autista di autobus bulgaro. Ne ha dato notizia venerdì il giornale bulgaro 24 Hours, citato da AFP. I due sospetti sarebbero stati reclutati durante un periodo di studi a Beirut, nei primi mesi del 2010, e successivamente avrebbero ricevuto addestramento militare e all’uso di esplosivi.

    28/07/2013 Un uccello catturato in Turchia con l’accusa di essere una spia israeliana è stato rilasciato dopo che un esame approfondito ha rivelato che il falco non era al servizio del Mossad. Catturato venerdì nella provincia orientale di Elazig, il rapace munito di una targhetta con la scritta “24311 Tel Avivunia Israel” aveva suscitato vive preoccupazioni nelle autorità turche che lo hanno fatto esaminare ai raggi X da una vicina università, secondo quanto riferito dal giornale turco Hurriyet. Solo dopo aver determinato che era stato etichettato per scopi di ricerca scientifica, le autorità hanno rilasciato il falco. Nel maggio dell’anno scorso le autorità di Ankara aveva già fermato un uccello sospettato di trasportare dispositivi di ascolto per conto di Israele, mentre a dicembre in Sudan è stata catturata un’aquila con alla zampa un anello israeliano, definita dalla autorità sudanesi una spia del Mossad. Nel 2010 un funzionario egiziano aveva affermato che squali controllati da Israele venivano usati contro i turisti nel Mar Rosso per danneggiare l’economia egiziana.

    (Fonte: Israele.net)

    31 Lug 2013, 12:47 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    31 Lug 2013, 12:47 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    Rilascio di detenuti palestinesi: rieccoci da capo

    di Herb Keinon

    Conosciamo fin troppo bene questa storia. Alla fine, con tutto il dolore e l’angoscia che la cosa comporta, Israele rilascerà dei terroristi palestinesi che hanno ucciso una quantità di persone innocenti. E questi assassini verranno acclamati come eroi a Hebron, a Ramallah, a Jenin. Si terranno sfilate in loro onore, verranno gettati i fiori verso gli autobus che li portano a casa, verranno scritte poesie sulle loro gesta “gloriose”. È già abbastanza brutto dover rimettere in libertà dei terroristi, ma tutto diventa ancora peggio per l’accoglienza da eroi di cui godranno nell’Autorità Palestinese.

    Alcuni dicono: “Che vi importa di come vengono ricevuti? Quelli che per voi sono terroristi, per loro sono combattenti per la libertà”. E invece ci importa eccome, di come vengono accolti. È importante. È ciò che dà il tono e l’atmosfera, e dice molto circa i nostri interlocutori per la pace. Ed erode la nostra fiducia.

    La scarcerazione di detenuti palestinesi da parte di Israele sarà strombazzata in giro per il mondo come una misura israeliana volta a “creare fiducia”. E questa è proprio una parte del problema. I palestinesi, sostenuti da tutto il mondo, continuano a chiedere a Israele misure che aiutino a sviluppare la loro fiducia. Ma la fiducia degli israeliani? Che cosa viene fatto per ricostruire la fiducia degli israeliani fatta a pezzi dall’intifada delle stragi suicide e calpestata dalle migliaia di razzi lanciati su Israele dopo il ritiro dalla striscia di Gaza del 2005? Cosa fanno i palestinesi per convincere gli israeliani che qualcosa di fondamentale è cambiato e che adesso vogliono davvero vivere in pace e sicurezza accanto a Israele, e non al posto di Israele? Hanno forse attenuato la retorica revanscista contro l’esistenza di Israele? Hanno forse smesso di scagliare molotov e pietre contro autobus e auto civili israeliane che transitano al di là della ex Linea Verde? È forse comparsa una versione palestinese di Peace Now, magari finanziata dall’Unione Europea, che mobilita le masse spingendo la società palestinese ad accettare Israele e che fa pressione sul governo dell’Autorità Palestinese perché abbandoni le sue pretese massimaliste e torni a negoziare sul serio? Sono forse dilagate manifestazioni palestinesi in tutta la Cisgiordania a favore della pace?

    Molti nel mondo trovano ridicola l’idea che si debba aiutare la crescita della fiducia degli israeliani: sostengono che non spetta alla parte più debole, i palestinesi, far crescere la fiducia nella parte più forte, gli israeliani. Ma chi ragiona in questo modo evidentemente non vede o non vuole vedere la realtà d’Israele. La seconda intifada ha rappresentato un punto di svolta per la società israeliana, che ha portato il senso di vulnerabilità fisica fin dentro le case di ogni uomo, donna e bambino israeliano quando prendere un autobus a Gerusalemme, a Tel Aviv o a Haifa era diventato più pericoloso che stare di pattuglia lungo il confine con il Libano. Un trauma durato diversi anni e che non è stato cancellato. Anzi, si è aggravato nel 2005 quando, dopo che Israele aveva ritirato tutti suoi civili e militari dalla striscia di Gaza, un milione di cittadini nel sud del paese hanno dovuto iniziare a convivere con la quotidiana insicurezza di sapere che da un momento all’altro un razzo, rudimentale quanto si vuole, poteva venire a schiantarsi nella finestra del soggiorno di casa o nell’aula della scuola. Questo genere di realtà – il terrorismo da impazzire della seconda intifada, e la costante incertezza di vivere sotto la spada di Damocle dei lanci di razzi da Gaza – può facilmente far perdere tutta la fiducia a chiunque.

    Importanti rappresentanti americani coinvolti nel processo diplomatico in corso conoscono bene e capiscono la preoccupazione israeliana per la sicurezza. Anzi, spesso dicono che non solo la capiscono, ma che cercano di aumentare il senso di sicurezza dell’israeliano della strada finanziando il sistema antimissilistico “Cupola di ferro” o l’addestramento degli agenti di sicurezza dell’Autorità Palestinese. Ma la fiducia degli israeliani non può essere costruita sul niente dai soli americani. I loro sforzi possono aiutare, ma non possono bastare. Quella fiducia può essere costruita soltanto dai palestinesi. Solo i palestinesi possono dare agli israeliani la sensazione che qualcosa è cambiato, che questa volta c’è qualcosa di diverso. Esigere la scarcerazione di un centinaio di assassini non va esattamente in questo senso. E la cosa sarà peggiorata dalle scene degli assassini ancora una volta accolti e glorificati dai palestinesi come eroi.

    Se i palestinesi intendono davvero impegnarsi seriamente nella prossima tornata di negoziati, devono renderlo evidente all’opinione pubblica israeliana. Un modo per farlo sarebbe quello di non celebrare indecentemente la scarcerazione di terroristi che hanno fatto esplodere autobus in cui sono bruciati uomini, donne e bambini innocenti.

    Nella scarcerazione di terroristi impenitenti non c’è né giustizia né diritto. In mancanza di questi, il primo ministro Benjamin Netanyahu afferma che vi sono però importanti vantaggi sul piano della posizione di Israele nel mondo e dei rapporti di Israele con i palestinesi. Ma perché la popolazione israeliana sostenga con convinzione questo processo, sarà necessario che li veda, questi benefici: benefici che saranno invece oscurati dallo spettacolo dei palestinesi che celebrano il rilascio di assassini.

    Tutti coloro, a Washington e altrove, che hanno esortato e fatto pressione su Israele perché ingoiasse la pillola amara del rilascio di detenuti al fine di riavviare il processo diplomatico, dovrebbero ora essere altrettanto persuasivi per ottenere che i palestinesi come minimo abbassino i toni della invereconda adorazione con cui sappiamo che saluteranno i detenuti rimessi in libertà.

    Chiamatela, se volete, una misura da parte palestinese per contribuire a creare fiducia.

    (Da: Jerusalem Post, 28 Luglio 2013)

    http://www.israele.net/articolo,3796.htm

    31 Lug 2013, 12:48 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Il rischio di un negoziato obbligatorio

    Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

    Cari amici,

    Vale la pena di spendere ancora un po’ di tempo e di energia intellettuale a riflettere sulle trattative (o meglio sulle pre-trattative) che si dovrebbero aprire questa settimana a Washington. Sia perché intorno ad esse sta ripartendo una pericolosa mitologia, o meglio un pensiero desiderante (wishful thinking) da parte di coloro che magari preferirebbero davvero che tutti si volessero bene e non ci fossero problemi al mondo e quindi neppure in Medio Oriente e che si illudono che basti superare “la diffidenza reciproca” o “la cattiva volontà”, perché una soluzione debba saltare fuori subito.
    Sia perché vi sono coloro che attendono davvero l’occasione di un indebolimento, magari di un mezzo suicidio israeliano per dare chances alla loro squadra del cuore (gli arabi) nella partita con Israele che stanno perdendo da 65 anni almeno.
    Sia infine perché vi sono anche quelli già pronti a cercare di dare la colpa dell’eventuale, anzi probabile fallimento alla cattiveria israeliana, per rilanciare nuove sanzioni, boicottaggi e antisemitismi vari.

    Il fatto su cui riflettere è che questa trattativa non la voleva nessuno, né gli israeliani (che hanno votato massicciamente sei mesi fa per partiti che avevano tutt’altre priorità, dando solo il 5 per cento al movimento di Tzipi Livni, il solo a insistere sul rilancio) e che in questo momento di confusione estrema del mondo arabo hanno tutte le ragioni per non fidarsi di trattati firmati da governi che il mese dopo possono essere travolti.
    Non la volevano l’Anp, che da quattro anni e mezzo trova conveniente la linea del “chiagne e fotti”, del lamentarsi della non disponibilità di Israele e di cercare di danneggiarlo in tutti i modi e con tutti i pretesti. Anche l’Anp è naturalmente consapevole del disordine arabo una volta chiamato primavera e teme di essere rovesciata, com’è accaduto spesso, non per scelta di un “popolo” che per lo più pensa ad altro, ma di masse di militanti che nel suo caso ha educato accuratamente a protestare contro ogni accenno di “normalizzazione” e di dialogo con Israele; oltre naturalmente ad essere preoccupata della concorrenza di Hamas.

    Dunque c’è stata una forzatura da parte di Kerry, molto lodata dalla politica occidentale e dalla stampa. Israele e Anp vanno a Washington non perché convinti di poter e voler trovare un compromesso, ma per non subire le conseguenze dell’ira americana contro la loro disobbedienza. Che gli Usa, impotenti in tutto, sconfitti in tutti i loro piani politici, disprezzati e presi in giro non solo da Putin ma anche dall’Equador, cerchino la rivincita imponendo la loro volontà a due realtà dell’ordine di grandezza rispettivamente della Lombardia e della Val d’Aosta, è significativo della piccolezza morale, oltre che politica di Obama e di chi lo circonda; ma non è questo il punto del mio discorso.

    Il fatto è che la forzatura di Kerry è molto pericolosa, soprattutto se riuscirà a costringere i due contendenti a trattare per davvero e non si accontenterà delle rotture formali su temi vecchi (le costruzioni negli insediamenti, il rifiuto di riconoscere il carattere ebraico di Israele). Vi sono due precedenti che mostrano il pericolo della intraprendenza e ostinazione di Kerry, così ingiustamente lodate. Il primo è la trattativa voluta da Clinton allo scadere del suo mandato, ricostruita qui da Herb Keinon: http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Analysis-Wanting-it-more-than-the-parties-themselves-320614 . Secondo quel che dice Keinon sulla base di fonti americane, sembra che Arafat non volesse andare a Camp David, avesse avvertito l’amministrazione americana della sua indisponibilità e subisse poi la convocazione di Clinton, motivata dalla ricerca di un successo finale per la sua amministrazione assai poco produttiva. Arafat avrebbe di dare il via all’ondata terroristica nota come seconda intifada per tutelare la sua posizione nella cupola palestinese, messa in dubbio dalle trattative. Si può discutere su questa analisi, ma certamente il terrorismo palestinese in quegli anni fu fortemente correlato alle trattative più o meno imposte a un’organizzazione che ha oggi e allora aveva ancora di più un imprinting di violenza clandestina indiscriminata. Il rischio c’è ancora, fortissimo: ogni fase di trattativa ha presentato per i palestinesi la tentazione mai respinta di colpire il nemico che tendeva la mano e sembrava quindi più debole.

    L’altro precedente parla di Israele e precisamente della tentazione della sua classe politica, almeno di quella che si pensa volta volta come “pacifista” di imporre al paese quel che essa considera giusto, senza badare alla volontà dei cittadini. E’ quel che una volta Peres (ah, il democratico, pacifista Peres…) ha espresso dicendo che “il guidatore di un autobus non deve chiedere ai passeggeri se girare il volante o no”. E’ accaduto a Sharon, nello sgombero di Gaza imposto con la forza agli interessati. E’ successo soprattutto con Oslo. Pochi si ricordano che l’accordo fu approvato alla Knesset con un solo voto di differenza, pur avendo coinvolto i partiti arabi (che allora come oggi volevano soprattutto la distruzione di Israele).
    E anche con i partiti ideologicamente antisraeliani una decisione così importante non aveva la maggioranza, finché un paio di parlamentari dell’opposizione furono letteralmente comprati per acconsentire a quello che, applauditissimo allora, appare oggi come il più grave errore strategico nella storia di Israele. Rabin e Peres si presero in casa quella banda di terroristi che stava a Tunisi carica di mille atti di terrorismo e li riconobbero come “unici rappresentanti del popolo palestinese, tagliando fuori così le forze tribali e i notabili locali che avevano interesse alla tranquillità e alla crescita della loro popolazione.
    Inutile dire che i terroristi hanno continuato negli ultimi anni a fare i terroristi, con le armi quando hanno potuto, se no con la diplomazia, la legge, l’educazione all’odio. Dalla scelta di Oslo sono derivati moltissima mali per gli israeliani, ma anche per gli arabi, e sulle sue ambiguità, sul suo ingenuo utopismo dovuto agli uomini di estrema sinistra che circondavano Rabin allora, sull’illusione che non bisognasse badare troppo ai particolari né cercare di predisporre delle difese, perché “i dividendi della pace” sarebbero stati tali da eliminare ogni aggressione, derivano anche i nodi irrisolti che molto probabilmente non saranno sciolti neppure in queste pre-trattative. Perché da Fatah, all’Olp, all’Anp (che sono poi più o meno la stessa cosa), sono state fatte concessioni tali che oggi essi rivendicano il territorio di Giudea e Samaria come specialmente “palestinese”, e il mondo gli crede.

    Per questa ragione Bennet ha chiesto, e Netanyahu sembra l’abbia concesso ,un referendum, se mai si dovesse arrivare a un accordo. Perché non si ripeta il caso di una banda di utopisti professionisti che prenda il popolo come “passeggeri di un autobus” e lo porti a cascare in un nuovo burrone. Insomma, da questi incontri di Washington c’è molto da temere e poco da sperare. Perché la pace invece si costruisce sul terreno, con la collaborazione economica e la convivenza in Giudea e Samaria che non a caso i terroristi cercano di spezzare con la violenza e l’Unione Europea, ideologicamente antisraeliana (per non dire antisemita) cerca di boicottare economicamente.

    http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=50006

    31 Lug 2013, 17:54 Rispondi|Quota
  • #7Diemme

    Io sono sconvolta dal comportamento di Israele, che ancora una volta libera dei criminali in cambio di aria fritta, che accetta volontariamente di indebolirsi (come cedendo unilateralmente Gaza) e di rinforzare il nemico (liberando prima un migliaio e ora un altro centinaio di ‘attivisti’) in cambio di nulla. Ogni volta che Israele chiede al suo popolo “sacrifici per la pace” si risolve in un bagno di sangue unilaterale, e siccome “l’unilatere’ è il mio, siccome il sangue che scorre è il mio, sono assolutamente disorientata (e il primo che mi dice “non si può giudicare” gli stacco la testa con un morso).

    1 Ago 2013, 06:29 Rispondi|Quota