In memoria di Nelson Mandela, il padre della lotta contro l’apartheid (quella vera)

 
Emanuel Baroz
6 dicembre 2013
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Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità

Che Israele sarebbe uno stato di apartheid lo sentiamo dire da un bel po’, almeno da quel 10 novembre 1975 quando l’Onu adotto’ la risoluzione 3379 con la quale asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Quando capita di discutere con chi afferma con forza questa idiozia, inutile mostrare le prove lampanti dell’inesistenza di un immaginario apartheid.

Gli effetti della campagna mediatica che disperatamente ha cercato di equiparare la situazione della popolazione araba in Israele a quella dei neri sud africani ha ottenuto quanto si prefiggeva, supportata da decine di “intellettuali” alla Noam Chomski, pronti a giurare e stragiurare che si’, certo, Israele è come il Sud Africa dell’apartheid.

Ma chi più del simbolo stesso della lotta all’apartheid poteva dire la parola finale sulla questione? Chi più di quel Nelson Mandela che ha passato la maggior parte della sua vita in carcere per lottare contro il regime di apartheid sudafricano?

L’apartheid è un crimine contro l’umanità. Israele ha privato milioni di Palestinesi della loro libertà e delle loro proprietà. Ha perpetuato un sistema di grande discriminazione razziale e iniquità. Ha torturato e incarcerato migliaia di palestinesi, contrariamente alle regole del diritto internazionale. E in particolare conducendo una guerra contro una popolazione civile, in particolare bambini.

Ed è stato il sigillo apposto, la conferma. Ma…. c’è un piccolo ma che pesa come un macigno: Mandela NON ha mai pronunciato la frase che ormai universalmente gli è attribuita. Possibile? Si’, nel mondo della lotta “sporca”, delle guerre combattute a suon di foto false e false citazioni, questa spicca come uno dei capolavori di frode più riuscita. Com’è andata?

La frase attribuita a Mandela fu opera di Arjan El Fassed, un giornalista arabo, attivista pro-palestienese, co-fondatore di Electronic Intifada , un gruppo on line, “specializzato” nella propaganda  di odio contro Israele. Possibile? Sentiamo in proposito cosa racconta lo stesso El Fassed nel suo blog:

“Il 27 marzo 2001, Thomas Friedman scrisse una “falsa nota” a nome del presidente George Bush, come fosse indirizzata a Yasser Arafat….questo mi dette l’idea di rispondergli con una nota simile a nome di Mandela…. Dal momento che Nelson Mandela è diventato la personificazione della lotta contro l’apartheid, ho pensato che una ‘nota falsa’ a suo nome fosse la cosa più logica da fare. Avrei potuto anche usare Steven Biko, che ha detto che “l’arma più potenziale nelle mani dell’oppressore è la mente degli oppressi” o Oliver Tambo o altri attivisti anti-apartheid…. Il 27 marzo 2001, dopo aver letto la falsa nota di Friedman, ho scritto un articolo al New York Times, nello spazio di Friedman, sperando che lo leggesse e il NYT lo pubblicasse. Tuttavia, dopo due giorni, sono arrivato alla conclusione che il New York Times non avrebbe osato pubblicare questo pezzo e l’ho inviato in data 30 marzo 2001 al Monitor Media, uno spazio on line quotidiano….Ben presto mi sono accorto che era stata pubblicato senza specificare che era stato scritto da me…ha cominciato a girare in molte mailing list con il titolo “Mandela a Friedman” e sotto il mio nome, ma dopo un po’ il mio nome è scomparso…Intanto leggevo vari post nei quali il titolo era stato cambiato…”Mandela sostiene”, “Da leggere” ecc. Ma se fosse stata una vera lettera di Mandela, il NYT non l’avrebbe pubblicata?…

Il 24 aprile 2001, Akiva Eldar, capo politico e giornalista editorialista per il quotidiano nazionale israeliano Ha’aretz, scrisse nel suo spazio  ”Citazioni Famose di Mandela ” che il quotidiano palestinese Al Quds aveva pubblicato una lettera di Nelson Mandela a Thomas Friedman del New York Times, in risposta a un articolo del 27 marzo di Frideman, chiamato “Memo al presidente Bush.”  Immediatamente, scrissi una lettera a Ha’aretz per spiegare quello che era successo. Molto probabilmente, qualcuno ha tradotto la nota (senza firma), in arabo e la stessa è stata ripresa dal quotidiano palestinese e stampata il 16 aprile 2001, senza verificarne la fonte. Il direttore di Al Quds, Marwan Abu Zalaf, ha detto che non aveva idea che fosse un falso, e che uno dei suoi reporter l’aveva trovata in Internet. Venerdì scorso, 18 aprile, il quotidiano libanese As-Safir ha ripubblicato la ‘nota falsa’ in arabo, sulla base di questo articolo pubblicato dal quotidiano palestinese Al-Quds. Lunedi 21 aprile The Daily Star aveva un editoriale dal titolo “Sharon: Perché il mondo mi ignora?” e nella parte superiore della ‘nota’, figurava la seguente introduzione: ”Thomas L. Friedman del New York Times  ha di recente reso popolare l’idea di scrivere articoli di opinione, trattati come” promemoria” da parte dei leader mondiali a diversi destinatari, incoraggiando altri scrittori ad imitare la pratica.

Per il sottotitolo, “The Star” aveva scritto in corsivo: Arjan El Fassed ha scritto questo commento per MediaMonitors, un sito web dedicato a fornire una piattaforma per tutte le opinioni politiche (NB: L’archivio del Daily Star al momento non era funzionante). Il Dagsavisen,  giornale norvegese,  pubblico’ un commento in cui citava il Jerusalem Times che aveva pubblicato la ‘nota finta’, il 6 aprile 2001, ancora una volta senza fonte, sottotitolo, o autore….”

Ecco come si costruisce una menzogna, come si fa strada in questo mondo incredibile del web, nel quale una non-notizia, una bufala, un falso dopo una brevissima gestazione comincia a vivere di vita propria, a girare viralmente, a essere riportata senza fonti, accorciata o allungata a piacimento finché diventa verità.

E Goebbels l’aveva già capito quando disse “ Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.

Bugie dalle gamble lunghe

Nella foto in alto: “L’educazione è la più potente arma con cui puoi cambiare il mondo” (Nelson Mandela)

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