“Stato palestinese in Sinai”, il piano segreto di Al Sisi
Offerta per sbloccare il negoziato. Ma Abu Mazen dice no
di Maurizio Molinari
Gerusalemme – Giallo diplomatico e tempesta di polemiche su un presunto piano egiziano per far nascere lo Stato di Palestina nel Sinai, unendolo territorialmente alla Striscia di Gaza. «L’Egitto ci ha proposto una parte del Sinai per realizzare lo Stato di Palestina ma ho rifiutato perché è illogico che siano loro a risolvere il problema che abbiamo con Israele» ha affermato il presidente palestinese Abu Mazen in un incontro domenica sera a Ramallah con alcuni consiglieri di Al Fatah, rivelando i contenuti sorprendenti di una conversazione avuta con il rais egiziano Abdel Fattah Al Sisi.
Durante un recente incontro al Cairo, Al Sisi avrebbe infatti tratteggiato una «iniziativa di pace nel Sinai per la Palestina» ipotizzando di affiancare alla Striscia di Gaza circa 1600 chilometri quadrati di terra adiacente, oggi territorio egiziano, «per porre termine alla questione dei rifugiati» come lo stesso Abu Mazen ha confermato all’agenzia palestinese Ma’an. Si tratta di un’area del Sinai grande cinque volte l’attuale Striscia di Gaza e l’Egitto si sarebbe detto pronto a «concederla» in cambio della decisione di Abu Mazen di far venir meno due degli ostacoli all’intesa sulla fine del conflitto: la richiesta di far tornare i profughi del 1948 e di far ritirare Israele entro i confini antecedenti alla guerra del 1967. Il piano egiziano prevederebbe inoltre che le città palestinesi della West Bank, al momento amministrate dall’Autorità di Abu Mazen, «rimangano sotto il controllo palestinese», e che il nuovo Stato palestinese sia «smilitarizzato».
Ma quando i contenuti del «piano egiziano» sono stati divulgati, ieri mattina, dalla radio dell’esercito israeliano la reazione del Cairo è stata immediatamente negativa e irritata. Fonti del ministero degli Esteri hanno parlato di «falsità infondate» ricordando che una simile ipotesi sul Sinai venne in realtà suggerita dal presidente Mohammed Morsi, sostenuto dai Fratelli Musulmani, e legato a doppio filo a Hamas.
Poche ore più tardi l’ufficio di Abu Mazen ha fatto marcia indietro e, con il segretario Al-Tayyb Abd al-Rahim, ha parlato di «fabbricazione israeliana» spiegando che in realtà sarebbe stato «l’ex capo del consiglio israeliano per la sicurezza nazionale Giora Eiland a suggerire la creazione dello Stato di Palestina a Gaza e in parti della penisola del Sinai, collegandolo all’autonomia delle città della West Bank».
La sovrapposizione tra frizioni egitto-palestinesi e scintille israelo-palestinesi, entrambe frutto del conflitto di Gaza, rende difficile ricostruire la genesi del «piano egiziano» ma per alcuni esponenti del governo israeliano si tratta di «un’idea che vale la pena discutere». L’ex capo del controspionaggio Yaakov Peri, ministro della Scienza per il partito laico Yesh Atid, sottolinea come «alcuni aspetti meritano un approfondimento» perché «possono aiutare a combattere il terrorismo nel Sinai» mentre Ayelet Shaked, del partito nazional-religioso Bayt Yehudì, ritiene che il premier Benjamin Netanyahu debba «incontrare Al Sisi per discutere queste idee».
Nella foto in alto: una ipotetica ricostruzione di come potrebbe apparire la proposta egiziana (fonte: Israele.net)
#1Emanuel Baroz
La nuova offerta egiziana: uno stato palestinese tra Gaza e parte del Sinai
Luce verde dagli Usa, pareri positivi in Israele, il secco no di Abu Mazen
Meno di due settimane dopo la fine dei combattimenti tra Israele e i gruppi terroristi a Gaza, il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi ha presentato una proposta di soluzione del conflitto ambiziosa e generosa: uno stato palestinese tra Gaza e parte del Sinai.
Secondo un reportage diffuso lunedì da Radio Galei Tzahal, dopo averci lavorato per diverse settimane il presidente al-Sisi ha offerto al presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas), durante un loro recente incontro al Cairo, di cedergli 1.600 chilometri quadrati nel Sinai allo scopo di espandere la striscia di Gaza fino a cinque volte le sue dimensioni attuali. Secondo il piano, tale territorio dovrebbe costituire uno stato palestinese sotto il completo controllo dell’Autorità Palestinese. Il nuovo territorio, composto dalla striscia di Gaza e dalle terre aggiuntive nel Sinai, dovrebbe diventare uno stato smilitarizzato nel quale andrebbero a stabilirsi i profughi palestinesi che desiderano andarsene dai paesi dove ora vivono. Oltre a questa “Grande Gaza” indipendente, il piano prevede forme di completa autonomia per le città di Cisgiordania che attualmente fanno parte dell’Autorità Palestinese. In cambio, alla parte palestinese verrebbe chiesto di rinunciare formalmente alla rivendicazione di uno stato sulle linee armistiziali pre-’67 (cosiddetta Linea Verde).
Un’idea analoga era stata ventilata diversi anni fa da alcuni accademici israeliani, e in particolare dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale Giora Eiland, ma era stata seccamente respinta dal regime del presidente egiziano Hosni Mubarak.
La proposta, già segnalata la scorsa settimana da alcuni mass-media arabi come avanzata da un “alto funzionario egiziano” senza che fosse specificamente menzionato il presidente al-Sisi, sarebbe stata comunicata anche al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e all’amministrazione americana, che avrebbero espresso parere positivo all’idea.
Abu Mazen, secondo il reportage di radio Galei Tzahal, avrebbe già respinto in via definitiva l’offerta egiziana, nonostante forti pressioni da parte del Cairo. Secondo il Middle East Monitor, Abu Mazen ha definito la proposta “assolutamente inaccettabile”. Stando a un dispaccio dell’agenzia palestinese Ma’an, già a fine agosto Abu Mazen aveva menzionato la proposta, e il suo netto rifiuto, durante un raduno di Fatah a Ramallah.
Positive, per contro, le reazioni dei politici israeliani. Il ministro della scienza e della tecnologia Yaakov Peri, un ex capo dei servizi di sicurezza, si ha detto favorevolmente sorpreso dalla generosità di al-Sisi, aggiungendo che si tratta di una proposta “che merita d’essere discussa seriamente”. Pur rilevando diversi interrogativi che restano in sospeso, come la sorte esatta dei territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania) e di Gerusalemme (“Il concetto di autonomia è vago – ha detto Peri – e ognuno può intenderlo in modo diverso”), tuttavia il ministro del partito Yesh Atid ha affermato che nella proposta egiziana “ci sono elementi che varrebbe la pena approfondire nonostante il rifiuto di Abu Mazen”, giacché “potrebbe offrire una risposta a problemi che sinora non hanno trovato soluzione nei colloqui tra Israele e palestinesi”. Peri ha inoltre osservato che l’iniziativa di al-Sisi potrebbe anche contribuire all’interesse egiziano di stabilizzare la regione del Sinai travagliata dal terrorismo.
Secondo la parlamentare Ayelet Shaked, del partito Bayit Yehudi, il presidente egiziano ha compreso ciò che i “pacifisti”, israeliani e non, si rifiutano di capire da decenni e cioè che “la soluzione del problema palestinese deve essere regionale e non può ricadere solo sulle spalle di Israele”. Shaked ha esortato il primo ministro a incontrare il presidente egiziano per approfondire la fattibilità della proposta.
Giudizio positivo anche quello del ministro dei trasporti Yisrael Katz, del Likud, che tuttavia ha aggiunto su Facebook: “Splendido: ora non resta che convincere Abu Mazen, quelli che esigono il diritto al ritorno, e la sinistra israeliana”.
Sempre lunedì, il ministero degli esteri egiziano – citato dal reporter Adam Makary della ABC – ha smentito che al-Sisi abbia mai avanzato tale proposta. In serata, anche il portavoce della presidenza dell’Autorità Palestinese, Nabil Abu Rudaineh, ha smentito la notizia dicendo che al-Sisi non ha mai mai fatto una simile offerta e che l’idea di ampliare la striscia di Gaza verso il Sinai è del tutto inaccettabile sia per i palestinesi che per tutti gli arabi.
(Fonte: Jerusalem Post, Israel HaYom, Times of Israel, 8 Settembre 2014)
http://www.israele.net/la-nuova-offerta-egiziana-uno-stato-palestinese-tra-gaza-e-parte-del-sinai
#2Emanuel Baroz
«Non abbiamo la più pallida idea se un alto rappresentante egiziano abbia davvero ventilato questa idea ad Abu Mazen. Normalmente i paesi non cedono territori in cambio di niente (con la notevole eccezione di Israele). Ma la parte importante di questa storia non è se l’offerta sia reale o immaginaria. La parte importante è che Abu Mazen si vanta di aver seccamente rifiutato una soluzione concreta al problema dei “profughi”. Parlando a un raduno del suo partito Fatah a Ramallah, Abu Mazen ha detto (citato dall’agenzia palestinese Ma’an): “Gli egiziani sono pronti a ricevere [nel Sinai] tutti i profughi dicendo: ‘poniamo fine alla storia dei rifugiati, bisogna trovare un asilo per i profughi palestinesi e noi abbiamo tutta questa terra libera’. Questo mi è stato detto personalmente. Ma è illogico risolvere il problema a spese dell’Egitto. Noi non accetteremo”. E’ la dimostrazione che ad Abu Mazen non interessano i “profughi”: gli interessa colpire Israele. Quando l’Olp parla del cosiddetto “diritto al ritorno”, in Occidente di solito si fa spallucce dicendo che i palestinesi non lo dicono sul serio e che quello che vogliono in realtà è una soluzione a due stati, uno a fianco dell’altro. Ma l’idea di inondare Israele di arabi (perlopiù non profughi, casomai discendenti di profughi), trasformando Israele in un ennesimo stato arabo, è la chiave di volta della strategia di Fatah per distruggere Israele a tappe. E non è mai cambiata. L’Olp ha rifiutato di portare in salvo in Cisgiordania i profughi palestinesi dalla guerra civile siriana perché Israele chiedeva che rinunciassero al cosiddetto diritto al ritorno. L’Olp ha insistito sul fatto che i palestinesi libanesi non diventassero cittadini del paese in cui sono nati e in cui vivono, ma rimanessero apolidi a vita. Ora Abu Mazen si vanta di rifiutare della terra libera adiacente a Gaza che gli viene offerta per ospitare dignitosamente questi poveri profughi senza uno stato. La sua posizione è chiara: i “profughi” esistono solo allo scopo di minare da dentro Israele. Devono rimanere miserabili e senza stato, altrimenti non servono più né a lui né all’Olp. Aiutare davvero i “profughi” è l’ultima delle sue priorità: cinicamente li usa contro Israele. Lo scopo di uno stato arabo palestinese non è quello di alleviare le sofferenze dei palestinesi apolidi. Se così fosse, Abu Mazen avrebbe abbracciato tutti questi piani: integrarli nei paesi arabi, portarli nelle zone protette sotto il suo controllo, offrire loro nuove terre dove possano vivere liberamente. E invece Abu Mazen opta costantemente per la scelta di mantenere i “profughi” nell’eterna condizione di profughi. Per lui, qualsiasi soluzione del problema dei profughi deve andare a scapito di Israele. Era così per Yasser Arafat quando fondò Fatah negli anni ’50; è così ancora oggi.»
(Fonte: elderofziyon.blogspot.it, 4 Settembre 2014)
http://www.israele.net/la-nuova-offerta-egiziana-uno-stato-palestinese-tra-gaza-e-parte-del-sinai
#3Daniel
Abu Mazen, il dittatore ‘moderato’ che rifiuta uno stato
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Nella Cartolina del 21/08/2014 Ugo Volli utilizza una favola per raccontare la natura di Hamas, alleato di governo di Abu Mazen (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=54932)
Cari amici,
vi propongo un esempio un po’ infantile, ma non irrealistico, per capire meglio che cosa succede in questi giorni in Medio Oriente: c’è un vostro vicino di casa che dice che un pezzo del vostro appartamento in realtà gli appartiene, perché la vendita è irregolare. Ha firmato a suo tempo un accordo in cui prometteva che avrebbe concordato con voi la divisione, e nel frattempo lui teneva uno stanzino, voi un bagno e che il corridoio in mezzo era di uso comune. Ma da subito ha incominciato a farvi danni, a sporcare il vostro bagno, ad aggredire vostro figlio che passava dal corridoio, a cercare aiuto nella sua numerosa famiglia e nei suoi amici per rovinarvi. Di recente ha cercato di ammazzarvi tirandovi addosso un vaso di fiori dalla finestra dello stanzino e voi vi siete salvati solo perché previdenti avevate il testa il casco della moto. In seguito a quest’ultimo incidente un altro vicino che ha una grande casa gli ha detto: ti cedo un paio di stanze gratis, basta che smetti di dar fastidio. Avrai più di quel che vuoi, anche se un po’ più in là. Ma non vogliamo bambini picchiati e tentativi di omicidio nel vicinato. Bene, sapete che cosa ha fatto il vicino? Gli ha risposto: no, non è giusto che paghi tu. Io voglio cacciare lui.
Un po’ sciocco, no? Ostinato e infantile. Be’, è esattamente quel che è successo con lo spettabile e “moderatissimo” dittatore buono (o se volete presidente al decimo anno di un mandato di quattro) Mahamud Abbas. Si è discusso nei giorni scorsi in segreto di un piano di pace messo a punto dal presidente egiziano Al Sissi (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/184861#.VA6VPvl_tQd), che poi è trapelato. L’Egitto avrebbe dato al’Autorità Palestinese una vasta zona nel Sinai settentrionale adiacente a Gaza, alle due condizioni di rinunciare alla richiesta di annessione e di pulizia etnica della zona C di Giudea e Samaria e al rientro dei discendenti dei rifugiati di 70 anni fa e di smilitarizzare Gaza. L’AP avrebbe tenuto il controllo delle città e delle terre abitate da arabi nelle zone A e B. Vi sarebbe stato un legame stradale fra le due zone del nuovo stato di Palestina attraverso il Sinai orientale e la Giordania. Trovate la spiegazione in italiano del piano e le mappe qui: http://www.israele.net/la-nuova-offerta-egiziana-uno-stato-palestinese-tra-gaza-e-parte-del-sinai e qui: http://ilborghesino.blogspot.it/2014/09/una-soluzione-interessante-per-il.html. La reazione non ufficiale di Israele è stata cautamente positiva. E’ un’idea molto interessante, che potrebbe davvero cambiare l’incancrenita vicenda della “Palestina”. Se la proposta di Sissi fosse stata accettata, questa sarebbe stata forse un’ultima chance per resuscitare il progetto dei due stati (http://www.jpost.com/Opinion/President-Sisis-gift-374792). Ma la comunità internazionale l’ha allegramente ignorata e Abbas l’ha rifiutata, senza esitazioni né sfumature. E senza neppure il timore di offendere l’Egitto, che nella regione qualche cosa conta, e di costringerlo a smentire la notizia per non perdere la faccia (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/184903#.VA7zAvl_tQc). Evidentemente non sentiva alcuna pressione internazionale per discuterla. Anzi ha rilanciato il suo piano per la pulizia etnica della Giudea e Samaria, naturalmente appoggiato dalla Lega Araba (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/184906#.VA7zDPl_tQc). Aggiungete che va dicendo che non vuole più gli Usa come mediatori, ma l’Onu (che è un altro schiaffo in faccia a Obama, con tutto quello che ha fatto per lui, porello!) (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-wants-UN-to-replace-US-as-leading-negotiator-in-peace-talks-aide-says-374842). Insomma Abbas vuole proseguire la guerra di Hamas con altri mezzi, quelli della diplomazia, delle organizzazioni internazionali, delle corti di giustizia. Ma sempre guerra è. Non vuole avere uno stato per i “palestinesi”, non è questa la missione storica di cui si sente investito. Vuole smontare Israele, costringerlo al suicidio (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/184874#.VA3o__l_tQc ), sconfiggerlo con le armi o con la pressione internazionale. Lo scopo non è uno stato, ma una “Palestina” Judenrein, senza un ebreo a profanarla – e se questo vi ricorda un po’ Hitler non è proprio un caso. Quanto a come vivono gli arabi di quelle terre, se si autogovernino o no, questo è secondario. Come nel caso del vostro vicino di casa.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=55223
#4Emanuel Baroz
Una soluzione interessante per il problema dei profughi palestinesi
«I palestinesi non perdono mai occasione per perdere un’occasione». Il vecchio adagio è sempre tristemente ricorrente; e trova nuova drammatica concretizzazione in questi giorni, quando si è profilata finalmente una soluzione all’annosa questione dei profughi palestinesi. Originariamente in 5-600 mila, gli arabi che lasciarono nel 1948 il neonato stato ebraico, persuasi dalle nazioni belligeranti vicine, sono diventati oggi 5-6 milioni, secondo una deplorevole politica che non ha mai inteso ricollocare questi disperati negli stati dove hanno trovato ospitalità.
Ci furono decine di milioni di profughi in Europa, e tutti vennero reinsediati: i polacchi accettarono i polacchi, i tedeschi accettarono i tedeschi. Nel ’47, con la divisione dell’India, ci furono milioni e milioni di profughi: i musulmani furono condotti dall’India al Pakistan, gli Indù dal Pakistan all’India. Vennero tutti reinsediati. I palestinesi in vita nel 1948 sono diventati oggi non più di 30 mila; i discendenti sarebbero stati cittadini egiziani, o siriani, o libanesi, o iraqeni. Sono rimasti arma demografica nelle mani dei satrapi mediorientali, e materia prima per l’agenzia ONU appositamente creata.
L’Egitto di al Sisi ha fatto pervenire all’ANP una proposta rivoluzionaria: collocare i sedicenti discendenti dei profughi palestinesi del 1948 in un’area del Sinai a sud-ovest della Striscia di Gaza, della quale peraltro l’ANP si appresterebbe a riconquistare la sovranità amministrativa. Si tratta di un’area di circa 1600 chilometri quadrati, grande pertanto oltre 4 volte la Striscia di Gaza. Non si può negare come il Sinai sia tutt’altro che pienamente ospitale; ma se è vera come è vera l’opera di rivitalizzazione dei deserti ad opera dei pionieri sionisti, e se si crede – come si deve credere – che una soluzione definitiva alla questione dei profughi troverebbe l’appoggio e la collaborazione incondizionate di tutto il mondo; la proposta egiziana suona dirompente. Non foss’altro che per il fatto di rimuovere una delle condizioni per cui i palestinesi non hanno mai inteso concludere accordi di pace con gli israeliani.
Non sappiamo di quale livello di legittimazione gode questa proposta ai vertici della repubblica d’Egitto; sappiamo però quale sia stata la risposta di Abu Mazen: soluzione rispedita al mittente, senza manco curarsi di verificarne autenticità e fattibilità. La questione israelo-palestinese abbisogna di soluzioni creative. La suddivisione del West Bank in tre aree (di cui una correntemente sotto la piena giurisdizione israeliana), accettata e sottoscritta dall’OLP nel 1993, riflette la complessità demografica dell’area. È irrealistico proporre di immettere un numero così spropositato di arabi in Israele: decreterebbe la morte dello stato ebraico. È ragionevole provare ad immaginare uno stato palestinese che si sviluppi “ad U”, partendo dalla Striscia di Gaza, penetrando nel Sinai, e connettendosi a buona parte del West Bank tramite una lingua di terra certamente più praticabile della strada immaginata da Ehud Barak nel 2000.
Ma quando Abu Mazen respinge sdegnato una simile bozza di soluzione, quando propone ostinatamente una soluzione che annienterebbe Israele, quando precisa che i 5 milioni di rifugiati palestinesi mai e poi mai saranno cittadini del futuro stato di Palestina; sorge il sospetto che non già ad una soluzione di “due stati per due popoli” stia lavorando la dirigenza palestinese, quanto ad uno stato da distruggere, e per l’altro, poi, si vedrà.
H/t: Elder of Ziyon.
http://www.ilborghesino.blogspot.it/2014/09/una-soluzione-interessante-per-il.html
#5Yoram Attias
Certo non è il massimo nel deserto del Sinai. E la cisgiordania ? con il sorpasso demografico dei palestinesi. Con tanti saluti allo stato ebraico e democratico, come ammonisce da anni il proff Della Pergola. Una proposta che può soddisfare l’estrema destra nazional-religiosa, ma che garantisce altri anni di guerre, e la fine di uno stato ebraico come proggettato dai padri del sionismo