Più di 100 moschee in Italia a rischio estremismo islamico

 
Emanuel Baroz
3 marzo 2015
6 commenti

Abbiamo 108 moschee in cui si predica l’estremismo

di Gianandrea Gaiani

islam-italia-moschee-cemiss-dossier-focus-on-israelUna decina di organizzazioni islamiste, una ventina di imam estremisti, 108 moschee e centri culturali dove vengono diffuse idee radicali di cui 11 coinvolti direttamente o indirettamente in inchieste sul terrorismo a Milano, Cremona, Firenze, Bergamo, Varese, Brescia, Napoli, Vicenza e Roma.

Questo il quadro della presenza degli estremisti islamici in Italia fotografata dal rapporto realizzato da Michele Groppi e pubblicato dal Cemiss, il Centro militare di studi strategici del ministero della Difesa. Il documento, intitolato «Dossier sulla comunità islamica italiana: indice di radicalizzazione», costituisce un aggiornamento di un precedente studio pubblicato nel 2011 in Israele dall’International Institute for Counter-Terrorism, intitolato «Islamic Radicalization Processes in Italy» e messo a punto dallo stesso Groppi nell’ambito di una ricerca più ampia sul radicalismo islamico in Occidente.

Il dossier fa il punto sulla penetrazione dell’estremismo nella comunità islamica italiana, composta da 1,6 milioni di persone, circa un terzo degli stranieri presenti, cui si aggiungono 60 – 70mila italiani convertiti. L’analisi di Groppi, ricercatore sui temi del terrorismo presso il King’s College di Londra, tiene conto del fatto che l’Italia non ha subito gravi attacchi dal terrorismo islamista ma non può considerarsi al sicuro soprattutto se si considera che da anni diversi imam predicano odio, dozzine di centri islamici sono impegnati nel proselitismo e nel finanziamento a gruppi terroristici e che dall’Italia partono volontari per i teatri bellici del jihad. Per anni, prosegue lo studio, l’Italia ha esportato kamikaze nei teatri di guerra quali Afghanistan, Cecenia, Balcani e Iraq.

Moschee e centri islamici furono i principali catalizzatori nel reclutamento e dal 2001 circa 200 persone sonostate arrestate con l’accusa di terrorismo soprattutto a Milano, definita «l’epicentro del radicalismo islamico in Italia». Se finora nella Penisola non si sono verificati attentati di matrice islamica di vasta portata ciò non significa che non ne siano stati organizzati.

Il capillare studio di Groppi sottolinea che dal 2001 in Italia vi sono stati 13 tentativi e piani per compiere attentati, 6 sono stati effettuati ma non sono riusciti (cioè non hanno provocato vittime o danni) ed uno solo è parzialmente riuscito, quello del libico Mohammed Game a Milano nell’ottobre 2009 nel quale non vi furono vittime ma lo stesso attentatore ed una guardia rimasero feriti.

«Per quel che concerne la sicurezza nazionale, non vi è alcun dubbio sul fatto che la radicalizzazione della comunità islamica rappresenti una potenziale seria minaccia», sottolinea il rapporto, poiché «visioni radicali hanno penetrato varie moschee ed organizzazioni sociali. In certi casi, l’estremismo si limita alla retorica ma in altri, sostiene attivamente o passivamente il terrorismo. Un certo numero di leader sociali e religiosi predica versioni wahabite e salafite dell’islam, odio razziale, intolleranza religiosa e promozione della jihad attraverso il reclutamento di martiri, fondi ed armi».

(Fonte: Libero, 3 Marzo 2015, pag. 3)

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  • #1Emanuel Baroz

    L’ambiguità di una certa parte dell’islam italiano

    http://www.progettodreyfus.com/ambiguita-di-una-certa-parte-islam-italiano/

    4 Mar 2015, 10:14 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Ebraismo ed Islam, attenzione ad improbabili accostamenti

    http://www.progettodreyfus.com/ebraismo-ed-islam-attenzione-ad-improbabili-accostamenti/

    4 Mar 2015, 10:15 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    L’Islam moderato: una minoranza invisibile di cui abbiamo un disperato bisogno

    http://www.progettodreyfus.com/islam-moderato-una-minoranza-invisibile-di-cui-abbiamo-un-disperato-bisogno/

    4 Mar 2015, 10:15 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    ISLAM ITALIANO/ Sbai: Alfano, non cadere nella trappola dei Fratelli musulmani

    di Souad Sbai

    Davanti alla nota stampa sull’incontro al Viminale fra il ministro Alfano e alcune realtà afferenti all’islam italiano mi è tornato alla mente Nietzsche, il suo “eterno ritorno dell’uguale” e ho ricordato a me stessa, per l’ennesima volta, che la storia si ripete sempre. Persino Averroè visse questa tragica altalena storica quando richiamava al primato della ragione mentre l’estremismo dilagava. La storia ripetendosi riporta alla luce idee e persone che, uscite dalla porta, puntualmente rientrano dalla finestra. Sin dai tempi di Pisanu, Amato e Maroni la intricata matassa dell’islam italiano e dell’adesione di alcune sue ramificazioni a idee estremiste ha sempre portato con sé un dibattito accesissimo; a maggior ragione oggi, quando Isis è ormai di stanza in Libia e minaccia direttamente l’Italia portando il livello d’allarme interno ai massimi da qualche decennio a questa parte.

    Al tavolo di incontro con il ministro ho visto personaggi di varia provenienza ed estrazione e mi sono fatta alcune domande soprattutto in relazione alle realtà da cui provengono alcuni di essi; prima di tutto quale sia il criterio di selezione nella scelta degli interlocutori con cui parlare, visto che di alcuni di essi al Viminale sono ben note le vicende alterne relative alla non accettazione della Carta dei Valori introdotta da Amato nella seconda Consulta per l’islam italiano. Altri hanno fatto costantemente dell’ambiguità il proprio stile di condotta, ondeggiando di qua e di là a seconda delle esigenze, dei tempi e delle circostanze. Altri ancora hanno tentato, fortunatamente senza successo, di silenziare con la forza o con proposte indecenti la protesta contro l’estremismo infiltratosi in Italia. Insomma, mi sfugge il criterio di selezione in base al quale sono stati scelti gli interlocutori che dovrebbero accompagnare lo Stato italiano nella gestione del rischio di jihadismo e di estremismo, peraltro già presente sul territorio ma fino a ieri totalmente ignorato.

    Ho avuto, sempre osservando foto e leggendo note sull’incontro, la netta sensazione che non vi sia certezza su chi detta le regole e chi apporta il proprio contributo dall’esterno; chi chiede cosa a chi? E soprattutto qual è il prezzo per questo fantomatico “dialogo” di cui non conosciamo nulla se non qualche riga di circostanza condita dal solito e irritante richiamo al contrasto dell’islamofobia? Il problema sono l’islamofobia e l’intolleranza oppure la radicalizzazione nelle moschee fai da te e sul web?

    La questione, nonostante possa non sembrare, è squisitamente politica e su questo piano va affrontata: lo Stato deve dirci cosa vuole fare e come intende affrontare una dinamica già in atto ma ancora contrastabile. Deve porre come cardine base e imprescindibile per ogni dialogo con l’eterogenea galassia dell’islam italiano il principio che la dimensione civile, della cittadinanza e del rispetto delle regole non è derogabile e che prima di essere fedeli si è cittadini. Prima di rispondere alla propria sfera spirituale si risponde a quella civica, dimostrando che non è pensabile né accettabile stare con i piedi qui e la testa in altri posti.

    Certo qualcuno potrà argomentare che qui, in Italia, non abbiamo come in Belgio o in Inghilterra le sharia courts (tribunali sharitici tollerati e accettati) o i quartieri in stile talebano in cui la polizia nemmeno entra e in cui il niqab e il burqa sono la normalità quotidiana; ma la domanda da porsi è se questo sia un pericolo scongiurato oppure un passaggio che da noi ancora deve arrivare e al quale dobbiamo prepararci. Purtroppo non c’è stato modo di lasciar crescere intellettuali musulmani liberali e moderni, perché per anni ci si è colpevolmente crogiolati e accontentati delle battaglie dei moderati, uomini e donne, che senza protezione alcuna, denunciati, aggrediti e ostracizzati hanno bloccato un processo che pareva pressoché inarrestabile. Nel silenzio totale e sconcertante della politica tutta, con gli intellettuali “presunti” liberi che comandavano la macchina del fango. Un fango di cui certo si terrà conto quando alcuni dei personaggi seduti a quel tavolo mostreranno il loro vero volto e il dialogo si trasformerà in un prendere o lasciare, nel capestro di dover scegliere il male minore fra terrorismo Isis o fratellanza jihadista.

    http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2015/2/25/ISLAM-ITALIANO-Sbai-Alfano-non-cadere-nella-trappola-dei-Fratelli-musulmani/585447/

    4 Mar 2015, 10:21 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    Alfano sceglie i duri dell’islam che dicono no ai valori italiani

    Via i moderati, il Viminale fa entrare nella Consulta l’ala radicale Che rifiutò di firmare la Carta che riconosce la parità uomo-donna

    di Gaia Cesare

    «È una vergogna, uno schiaffo ai moderati che da anni si battono per isolare gli estremisti, una sconfitta per le donne. È la porta sbattuta in faccia a chi da anni si batte perché in Italia non si diffondano la poligamia o i matrimoni combinati forzati».

    È sbigottito e sconcertato Ahmad Ejaz, italo-pachistano in Italia dall’89, mediatore culturale, direttore della rivista Azad («Libero») e per dieci anni uno dei membri della Consulta per l’islam italiano nata con il ministro Giuseppe Pisanu (governo Berlusconi), proseguita con Giuliano Amato (governo Prodi) e poi diventata Comitato per l’Islam italiano con Roberto Maroni (governo Berlusconi). Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha presieduto al Viminale tre giorni fa un incontro con i rappresentanti di varie comunità e associazioni islamiche, praticamente una nuova Consulta. Al suo interno, resta il vicepresidente del Coreis (Comunità religiosa islamica) Yahya Pallavicini ma entrano sette membri dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in Italia), il segretario generale della Moschea di Roma Abdellah Redouane, i rappresentanti delle moschee di Napoli e Palermo e tre donne velate, in cui nomi non compaiono né nei comunicati né sul sito del ministero. Ma il nome di Ejaz è stato stralciato. Insieme a quello di altri 15 fra medici, giornalisti e associazioni che negli ultimi dieci anni hanno rappresentato la vasta comunità musulmana d’Italia (circa un milione e settecentomila persone) e che nel 2007 hanno firmato la «Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione», praticamente una sintesi dei principi della nostra Costituzione: laicità, libertà religiosa, eguaglianza tra uomo e donna.

    «Siamo indignati – spiega Ejaz – Non capiamo perché a rappresentare la vasta comunità islamica in Italia debbano essere dei religiosi che spesso nulla sanno dell’integrazione e che a volte nemmeno parlano bene l’italiano. Nella nuova Consulta non c’è nemmeno uno sciita e ben sette membri appartengono all’Ucoii, un’associazione direttamente collegata ai Fratelli musulmani che vogliono applicare la sharia, che rappresentanto l’islam più radicale, che sono conservatori e in molti casi estremisti. E infatti sono stati cacciati dal generale Al Sisi in Egitto e sono messi al bando in vari Paesi». Quello di Ejaz non è un parere isolato. Anche Souad Sbai, italo-marocchina fondatrice dell’Associazione Acmid che si batte contro la violenza sulle donne, ex deputata del Pdl ed ex membro della Consulta è più arrabbiata: «Siamo disgustati da questo atteggiamento in un momento così drammatico in cui i radicali vanno isolati. Io non voglio scegliere fra l’Isis e i Fratelli musulmani. Alfano non cada nella trappola di chi – il riferimento è proprio all’Ucoii, ndr – si rifiutò di firmare la Carta dei Valori introdotta da Amato, che difendeva la parità uomo-donna. Quelli che ha scelto sono interlocuori che hanno fatto costantemente dell’ambiguità il proprio stile di condotta». Il tema delle donne sta particolarmente caro a Sbai: «Anche la presenza di tre rappresentanti velate è un segnale. Prima non c’erano e adesso ci sono. Sembra che la paura abbia prevalso. Invece le ali estreme vanno messe in guardia, non vanno blandite. L’ala estrema non deve esistere perché è un pericolo per noi e per il Paese. E io non mi fido di nessun rappresentante di una moschea come quella di Roma, che è quasi interamente finanziata dall’Arabia saudita».

    Troppi imam nel gruppo, dicono Ejaz e Sbai. «Prima di essere fedeli si è cittadini», insiste la direttrice del mensile Al Maghrebiya . «Non sono rappresentativi – aggiunge Ejaz – anche perché il 95 per cento dei musulmani non va in moschea. E poi troppi imam predicano in arabo e dicono nei sermoni il contrario di quello che professano in tv e negli incontri pubblici». Tra gli esclusi c’è anche Abdellah Mechnoune, imam di Torino da 14 anni, presidente dell’Organizzazione islamica del mondo arabo ed europeo e ambasciatore di pace dell’Onu. «Non mi spiego perché il ministro Alfano abbia scelto un gruppo di radicalissimi e allontanato i moderati che per anni hanno lavorato contro l’integralismo e contro gli imam fai-da-te. Noi moderati conosciamo bene il terreno mentre fra i rappresentanti che Alfano ha convocato al suo tavolo ci sono molti ipocriti che non hanno la forza di denunciare gli integralisti e chi appoggia l’Isis».

    http://www.ilgiornale.it/news/politica/alfano-sceglie-i-duri-dellislam-che-dicono-no-ai-valori-1099066.html

    4 Mar 2015, 10:22 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Parola del Corano: l’islam ci vuole re-invadere

    Leggere il Corano per capire che l’islam non si fermerà.

    di Magdi Cristiano Allam

    Quanto mi fanno ribollire il sangue i buonisti, relativisti e islamofili nostrani che di fronte alle atrocità perpetrate dai terroristi islamici che sgozzano, decapitano, ardono vivi, massacrano i «nemici dell’islam», puntualmente si affrettano a scagionare l’islam, Allah, il Corano e Maometto e contemporaneamente ci auto-colpevolizzano sostenendo che i cristiani sarebbero responsabili di crimini non meno efferati compiuti a partire dalle Crociate, così come gli ebrei (anche se non sono israeliani) avrebbero già quasi del tutto completato il genocidio dei palestinesi. Questo vero e proprio odio nei nostri stessi confronti si sta rivelando il colpo di grazia del tracollo della civiltà profondamente in crisi di quest’Europa sempre più scristianizzata e materialistica, con la prospettiva concreta della sua sottomissione alla dittatura islamica, in un contesto dove sussistono condizioni similari a quelle che portarono all’islamizzazione delle popolazioni delle sponde meridionali ed orientali del Mediterraneo dopo essere state al 99% cristiane per sette secoli.

    Dopo la morte di Maometto nel 632, gli eserciti islamici sbaragliarono rapidamente prima l’impero persiano nel 637, poi logorarono l’impero bizantino con la conquista di Siria e Palestina (633-640), Egitto (639-646), Gerusalemme (638). La conquista dell’Africa del Nord avvenne dal 647 al 763. Nel 711 iniziò l’occupazione della Spagna protrattasi per ben otto secoli fino al 1492. Nel 718 gli islamici si spinsero in Francia occupando Narbona, Tolosa (721), Nimes e Carcassonne (725),

    In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell’isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna, Amalfi, Gaeta, Napoli e Salerno, il Monferrato, la Riviera Ligure.
    prima di essere fermati a Poitiers (732). In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell’isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna, Amalfi, Gaeta, Napoli e Salerno, il Monferrato, la Riviera Ligure. Nell’813 gli islamici distrussero l’odierna Civitavecchia, avanzarono verso Roma e saccheggiarono la Basilica di San Pietro e la Basilica di San Paolo per due volte (la seconda nell’864). A Bari fondarono un Emirato islamico durato 25 anni a partire dall’847. La Storia ci dice che dalla morte di Maometto nel 632 fino a quando i cristiani cominciarono a reagire organizzando le Crociate a partire dal 1.096, ovvero 464 anni, gli islamici avevano già occupato con le guerre e una lunga scia di sangue le sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, la Spagna, la Sicilia e avevano per due volte saccheggiato la Basilica di San Pietro a Roma.

    Ebbene oggi stiamo assistendo all’espansionismo del terrorismo islamico che occupa militarmente dei territori in Siria, Irak, Libia, Nigeria, Mali, Somalia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Indonesia e Filippine; alla crescente islamizzazione delle istituzioni civili in Turchia, Tunisia, Algeria e Marocco; alla presenza di terroristi islamici europei che sferrano attentati all’interno dell’Europa; alla diffusione di una rete sempre più capillare di moschee, scuole coraniche, tribunali sharaitici, enti assistenziali islamici, siti di propaganda jihadisti, centri studi e di formazione che condizionano le leggi secolari e ci impongono di non criticare l’islam, banche islamiche che supportano questa islamizzazione della nostra società. Eppure quest’Europa è sempre più tentennante su come reagire. Se dovessimo attendere non 464 anni ma anche soltanto 40 anni per deciderci ad intervenire per salvare quel che resterà di cristianità sulle altre sponde del Mediterraneo ma soprattutto per salvarci dal terrorismo e dall’invasione islamica all’interno stesso dell’Europa, sarà decisamente troppo tardi. Non esisteremo più né come società europea né come civiltà laica e liberale dalle radici cristiane. La nostra debolezza l’ha descritta in modo impeccabile monsignor

    In un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un autorevole personaggio musulmano, rivol- gendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo».
    Giuseppe Bernardini, vescovo di Smirne, quando il 13 ottobre 1999, ha raccontato che «durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo». C’è da crederci, perché il «dominio» è già cominciato con i petrodollari, usati non per creare lavoro nei Paesi poveri del Nord Africa e del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei Paesi dell’immigrazione islamica, compresa Roma, centro della cristianità. Come non vedere in tutto questo un chiaro programma di espansione e di riconquista? È un fatto che termini come «dialogo», «giustizia», «reciprocità», o concetti come «diritti dell’uomo», «democrazia», hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro. Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta, ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni. Ecco perché oggi più che mai è necessario conoscere il Corano. «O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti» (5, 51). «Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate» (4, 89).

    Sono decenni che la Chiesa promuove, legittima e difende il dialogo con i musulmani. Il risultato concreto è che i cristiani che rappresentavano il 30% della popolazione del Medio Oriente fino al 1945, oggi si sono assottigliati al 3% e continuano a subire un vero e proprio genocidio. Dico che è arrivato il momento di svegliarci dal sonno della ragione con cui ci siamo imposti di non conoscere la verità presente nel Corano, che per i musulmani è Allah stesso. Solo riscattando il nostro dovere di conoscere la verità del Corano potremo salvaguardare la nostra civiltà.

    (Fonte: Il Giornale, 9 Marzo 2015)

    9 Mar 2015, 20:47 Rispondi|Quota