Bambini nella “fabbrica dell’odio”

 
admin
26 dicembre 2007
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TERRITORI PALESTINESI Bambini nella “fabbrica dell’odio”

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Gaza, 25 Dicembre 2007 – Gli osservatori la chiamano “la fabbrica dell’odio”, bambini e adolescenti della Striscia di Gaza costretti a baciare i cadaveri degli shaheed (martiri), i terroristi operativi uccisi dagli Israeliani. Fa parte del programma di indottrinamento voluto dalla Jihad Islamica Palestinese e da Hamas nella Striscia di Gaza volto a odiare Israele e ad usare mezzi violenti. Il programma comincia molto presto nei sistemi educativi sia formali sia informali. Fa parte del culto popolare del martirio nei Territori amministrati dall’Autorità Palestinese nella sua lotta contro Israele.

Ecco le immagini: bambini in divisa militare e con armi;bambini che brandiscono armi. Donne che indossano giubbotti esplosivi. Il cartello in una di queste foto dice: “La jihad è il nostro programma di azione”. Ed ancora: bambini nel ruolo di terroristi palestinesi in manette e bendati, per simulare palestinesi caduti nelle mani degli Israeliani. Un bambino è addirittura incatenato. Bambini con la benda di Hamas attorno alla testa trasportati ad un rally. Sul volto di qualcuno la scritta: “Hamas”. Il braccialetto: “Brigate Izzedine-al-Qassam.

Nella tradizione islamica, è martire chi ha sacrificato la propria vita sui campi di battaglia per amore di Allah, di solito contro una forza superiore. Il martire può essere maschio (shaheed) o femmina (shaheeda). Si dice che Maometto abbia detto che quando un musulmano muore da martire, come l’abbiamo descritto, il suo corpo non deve essere lavato e deve essere sepolto nella posizione in cui è caduto, anche se i suoi vestiti sono strappati e macchiati di sangue. La ragione:nel giorno del giudizio le macchie emetteranno un particolarmente piacevole profumo.

Secondo la tradizione, i cadaveri, inclusi quelli degli shaheed, devono essere sepolti immediatamente. Per preservare la loro santità, i corpi non devono essere lavati. Spesso, però, la faccia viene lavata quando il corpo viene trasportato in ospedale.

La partecipazione al funerale, specialmente a quello di un martire, è un’esperienza profondamente emotiva, al punto che vi partecipa sente di dover toccare il defunto. Questo è vero soprattutto nei casi in cui il morto è una persona altolocata, un leader considerato martire o uno shaheed che è morto in battaglia.

ICN News

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