Perché gli ebrei dopo la seconda guerra mondiale hanno scelto di andare proprio in Palestina, dove già c’erano gli arabi?

 
Alex Zarfati
1 gennaio 2008
2 commenti

exodus

3) Perché gli ebrei dopo la seconda guerra mondiale hanno scelto di andare proprio in Palestina, dove già c’erano gli arabi?

Non si può dire che abbiano scelto. Prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, il nazismo in Germania già perseguitava i suoi 500.000 cittadini ebrei. Le disperate richieste di quegli ebrei di essere accolti nei paesi democratici al fine di evitare quello che già si profilava chiaramente come il loro tragico destino, vennero respinte.

Nel luglio 1938 i rappresentanti di trentuno paesi democratici s’incontrarono a Evian, in Francia, per decidere la risposta da dare agli ebrei tedeschi. Ebbene, nel corso di quella Conferenza, la risposta fu che nessuno poteva e voleva farsi carico di tanti profughi. Dal canto suo la Gran Bretagna, potenza mandataria della Palestina, venendo meno al solenne impegno assunto verso gli ebrei nel 1917 di creare una National Home ebraica in Palestina, nel 1939 chiudeva la porta proprio agli ebrei con il suo Libro Bianco, nel vano tentativo d’ingraziarsi gli arabi. E’ stata questa doppia chiusura a condannare a morte prima gli ebrei tedeschi e poi, via via che la Germania nazista occupava l’Europa, gli ebrei austriaci, ce-chi, polacchi, francesi, russi, italiani, e così via. Il costo per gli ebrei d’Europa, che contavano allora una popolazione di dieci milioni, fu di sei milioni di assassinati, inclusi un milione e mezzo di bambini.

Appena finita la seconda guerra mondiale i 5/600.000 ebrei superstiti, in massima parte originari dell’Europa orientale, si trovarono senza più famiglia, senza amici, senza casa, senza poter rientrare nei loro paesi, dove l’antisemitismo divampava (in Polonia ci furono sanguinosi pogrom persino dopo la guerra, e nell’Unione Sovietica Stalin dava l’avvio a una feroce campagna antiebraica).

Tra il 1945 e il 1948 nessun paese occidentale, Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, volle accogliere neanche uno di quel mezzo milione di ebrei displaced persons, come venivano definiti dalla burocrazia alleata. La Palestina, malgrado la Gran Bretagna e il suo Libro Bianco, sempre in vigore anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, non fu quindi una scelta, ma l’unica speranza, legata al sogno, all’utopia sionista, cioè quella del “ritorno” a una patria, all’antica patria, il sogno di Teodoro Herzl. Una patria anti-ca/moderna dove da tempo si era già formata una infrastruttura ebraica.

[Se vuoi conoscere le altre interessanti risposte alla disinformazione, scritte dal giornalista Luciano Tas, puoi consultare queste altre 20 riflessioni sullo Stato d’Israele e sul conflitto israelo-palestinese]

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Commento

  • #1Shlom ben aziz

    Balle belle e buone, ma perché volete essere così ottusi???
    Perché non raccontate i fatti storici come si sono svolti nella realtà? Esistono dei trattati sottoscritti e firmati su richiesta di un certo Rothschild e di un certo Herzl, di un certo Balfour. Esistono accordi tra Francia, Inghilterra e Usa nella spartizione dell’ex impero ottomano. Ma perché non raccontate le cose come stanno?
    I poveri ebrei gasati dai nazisti erano quelli che non avevano accettato l’idea di uno stato ebraico al di fuori di quello in cui loro già vivevano; non erano particolarmente “nazionalisti” come quelli che già negli anni ’20/30 si erano trasferiti in palestina ed avevano fatto accordi proprio con i carnefici dei loro simili. (l’haganah dice qualcosa?)
    La punizione sionista e anche il New York Times scrisse pagine su questi fatti…

    21 Apr 2011, 02:41 Rispondi|Quota
    • #2Emanuel Baroz

      Caro Shlom Ben aziz, credo che lei sia un pò confuso…

      21 Apr 2011, 10:16 Rispondi|Quota
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