Sorrisi a Ramallah odio anti-Usa a Gaza

 
admin
12 gennaio 2008
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Edizione 7 del 11-01-2008

La visita di Bush in Medio Oriente ottiene eclatanti promesse di pace da Abu Mazen. Sarà sincero?

Sorrisi a Ramallah odio anti-Usa a Gaza

Non solo Hamas: anche nell’Autorità Nazionale Palestinese, controllata da Al Fatah, continua la propaganda anti-semita

di Stefano Magni

“Le conferenze di Annapolis e Parigi sono state un buon piano di Bush per arrivare alla pace”: ad affermarlo non è un membro dell’amministrazione presidenziale statunitense, ma lo stesso presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen. Il quale ha anche dichiarato a Bush, di fronte ai giornalisti: “Lei è il primo presidente americano che conferma la necessità di uno Stato palestinese indipendente e noi diamo grande importanza alla sua visita”. Sia George W. Bush che Abu Mazen sperano di giungere ad un trattato di pace definitivo entro il 2008, dunque entro la fine del mandato del presidente “guerrafondaio”. Le incognite sul terreno sono molte. Se Abu Mazen ha imparato la lezione del “doppio linguaggio” dal predecessore Arafat, dirà sicuramente ben altre cose, in lingua araba, indirizzate al suo popolo. Tanto per cominciare, la popolazione palestinese è stata completamente esclusa dall’incontro al vertice tra i due uomini di Stato.

Il quartiere della Muqata, lo stato maggiore presidenziale, era in assetto di guerra: chiuso al traffico, l’obbligo imposto ai cittadini di restare in casa con le finestre sbarrate e i cecchini appostati sui tetti. Paura comprensibile, visto che i cittadini della Cisgiordania sono stati educati sistematicamente all’odio contro Usa e Israele. Solo il giorno successivo alla conferenza di Annapolis, la televisione ufficiale dell’Anp, quella controllata da Abu Mazen trasmetteva spot propagandistici con la mappa del nuovo Stato indipendente. Era un unico paese dal Giordano al Mediterraneo… comprendente anche tutti i territori israeliani. E, sempre alla fine di novembre, una trasmissione radiofonica della Voce della Palestina tesseva le lodi di Hitler. Tra le altre cose, il nome del dittatore nazista è molto diffuso tra le nuove generazioni locali: Palestinian Media Watch, l’associazione che monitora la propaganda all’odio in palestina, ha rintracciato un Hitler Salah, un Hitler Abu Alrab, un Hitler Mahmud Abu-Libda. Sui libri di storia ufficiali (quelli dell’Autorità, non solo quelli di Hamas) non vi è alcun cenno all’Olocausto, né alla questione ebraica.

Dopo aver educato e indottrinato un popolo alla distruzione del nemico, è quasi impossibile cambiare rotta e indurlo ad accettare un rapporto di buon vicinato. E’ difficile capire, dunque, che cosa intende Abu Mazen quando, alla fine del suo incontro con Bush, parla di “…aspirazione ad uno Stato con Gerusalemme capitale e la fine del problema dei rifugiati”. Stato… con quali confini? In pace o in guerra con Israele? E i rifugiati come possono veder risolto il loro problema? Trasferendosi nelle case dei loro nonni in Israele (e dunque sommergendo etnicamente lo Stato ebraico) o ritornando in una Palestina indipendente entro i confini della Cisgiordania e di Gaza? Sono tutti equivoci che dovranno sicuramente essere chiariti, per evitare di arrivare ad una nuova “sorpresa” come quella che riservò Arafat a Clinton nelle trattative di Camp David nel 2000, quando l’accordo pareva ormai raggiunto e in realtà si scoprì che era l’inizio della II Intifadah. George W. Bush è molto ottimista quando dichiara: “Sono convinto che il suo (di Abu Mazen, ndr) governo produrrà un futuro di speranza”.

Hamas, contrariamente ad Abu Mazen, parla chiaro e senza equivoci. Il suo portavoce ha dichiarato, lo scorso 5 gennaio, che la visita di Bush è solo una “photo opportunity” e serve a “Dare sostegno politico e psicologico all’occupazione (israeliana, ndr)”. Non solo Hamas parla, ma agisce. I militanti del partito islamista al potere a Gaza hanno indetto una violenta manifestazione anti-Usa contro l’arrivo di Bush. “Bruciando la bandiera americana diciamo che il popolo palestinese, il mondo arabo e islamico respingono la visita di Bush” aveva dichiarato, in quella occasione, Mushir al Masri, deputato di Hamas. Ieri, poco prima che il presidente americano e quello palestinese si incontrassero, un gruppo di uomini armati ha lanciato un razzo anti-carro contro la scuola americana nel Nord della striscia di Gaza. Anche dal Libano, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha parlato fuori dai denti: “La visita del presidente americano George W. Bush in Medio Oriente è una vergogna nella storia dell’Islam”. Hezbollah è una creatura di Teheran che, infatti, prima dell’inizio del viaggio di Bush nel Medio Oriente, aveva rilasciato dichiarazioni analoghe per bocca del Ministero degli Esteri: “Noi giudichiamo questa visita come un’interferenza nelle relazioni dei paesi della regione e come un gesto propagandistico”.

Opinione.it

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