Strage di Mumbai: ostaggi torturati prima di essere uccisi

 
admin
2 dicembre 2008
1 commento

Mumbai: “Uccidere gli israeliani era la nostra missione”

Gavriel Holtzberg con il figlio (Fonte BBC)

Gavriel Holtzberg con il figlio (Fonte BBC)

di Anna Zafesova

Mumbai (India) – L’obiettivo dell’attacco dei terroristi a Mumbai erano gli israeliani. L’unico terrorista sopravvissuto, e catturato dalla polizia, il pachistano Azam Amir Kasab, ha rivelato durante gli interrogatori che il commando al quale apparteneva aveva – oltre a mettere a ferro e fuoco la capitale economica dell’India – una «missione specifica»: «Colpire gli israeliani per vendicare le atrocità commesse sui palestinesi». Questo conferma che l’attacco alla Nariman House, il centro ebraico Chabad, non era casuale. I terroristi che l’hanno assaltato hanno ucciso otto ostaggi ebrei, un nono ostaggio israeliano è stato ucciso in un altro posto.

Israele diventa così la nazione maggiormente colpita dall’atrocità dei terroristi, dopo l’India: nove vittime. Il totale dei morti nel frattempo è stato rivisto dalle autorità al ribasso: 174 invece di 195, perché alcuni corpi erano stati contati due volte. Ma potrebbe tornare a crescere: nelle stanze del Taj Mahal, e nei dintorni dell’albergo, vengono ancora ritrovati cadaveri.

Molti sono in condizioni terrificanti: «Apparentemente, molti ostaggi portano i segni di torture, ed è evidente che sono stati uccisi a sangue freddo», ha rivelato uno dei medici che hanno esaminato i corpi in un ospedale di Mumbai. Secondo il medico, che ha chiesto l’anonimato, «i peggiori segni sono proprio sui corpi degli israeliani, è evidente che erano stati legati e torturati prima di venire uccisi». Tre degli israeliani uccisi non sono ancora stati identificati, anche perché i corpi sono stati deturpati dalle esplosioni durante il blitz per liberare il centro ebraico.

Un’altra pista delle indagini sono le intercettazioni, che sembrano riportare sulla pista islamista pachistana: l’intelligence indiana avrebbe ascoltato, secondo il Times of India, telefonate tra Muzammil, il capo delle operazioni del gruppo Lashkar-e-Toiba, e tale Yahya nel Bangladesh. Quest’ultimo avrebbe fornito ai terroristi le schede Sim per i loro telefonini, carte di credito e falsi documenti d’identità australiani, americani, britannici e delle Mauritius. Altre telefonate fatte dai terroristi avrebbero come interlocutore Zakir Ur Rehman, il capo dell’addestramento dei Lashkar-e-Toiba.

La polizia indiana adesso sta cercando di verificare se è vero, come afferma Kasab, che alcuni terroristi avevano preso alloggio a Nariman House spacciandosi per studenti della Malaysia. La rete delle complicità è tutta ancora da stabilire, e il terrorista catturato ha già fornito cinque nomi e indirizzi di persone che avrebbero fornito aiuto logistico al commando a Mumbai, dando anche suggerimenti sui bersagli da colpire.

Alcuni indizi, secondo la stampa indiana, sembrano portare alla rete di interessi e complicità di Ibrahim Dawood, il miliardario indiano già ricercato per gli attentati di Mumbai del 1993 che fecero oltre 250 morti. Il proprietario del Taj Mahal, il patron della Tata, Ratan Tata, ha rivelato che la direzione dell’albergo aveva ricevuto avvertimenti e rafforzato le misure di sicurezza, che si sono rivelate insufficienti.

Sui piani dei terroristi – di cui nessuno, affermano le autorità, è di nazionalità indiana – ci sono ancora numerose indagini da svolgere. Quello che appare chiaro è che la loro missione era quella di uccidere: «Non hanno mai fatto alcuna richiesta ed hanno cominciato ad uccidere gli ostaggi prima che le teste di cuoio entrassero in azione», ha rivelato ieri il direttore generale della guardia nazionale di sicurezza, J. K. Dutt. Il responsabile ha anche smentito che il commando volesse far esplodere il Taj Mahal: «Non avevano abbastanza esplosivo».

In questo contesto di fughe di notizie e smentite immediate a Mumbai sta montando la polemica contro i politici e il governo. Il ministro degli interni Shivraj Patil ieri sotto la pioggia delle critiche si è assunto la «responsabilità morale» di quanto accaduto e ha rassegnato le dimissioni. L’esempio è stato seguito anche dal consigliere per la sicurezza nazionale dell’India, M.K. Narayanan, che ha presentato ieri le sue dimissioni al premier Singh.

(Fonte: La Stampa, 1 Dicembre 2008, pag. 8 )

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  • #1Alberto P.

    Ieri a Mumbai.

    La TV israeliana ha fatto vedere ieri sera tutto l’interno della Casa Chabad a Mumbai. Uno spettacolo spaventoso, sembra che sia passato un uragano tinto di rosso che ha spaccato tutto, rovesciato tutto e ricoperto muri e pavimenti di sangue. Colpi di pallottole dovunque, dal pavimento al soffitto. Una cosa da non credere se non si vede.
    Poi hanno fatto vedere la cerimonia nella bellissima sinagoga di Mumbai (vorrei ricordare che in India , come in Cina non esiste antisemitismo, almeno non e’ mai esistito finche’ non sono aumentati i musulmani).

    In sinagoga c’erano i genitori delle vittime e tutti i fedeli e c’era anche Moishe, il bambino in braccio a un fratello di Sandra ( lei era all’ambasciata per i documenti per Israele). La scena che ho visto e’ stata allucinante nella sua semplicita’. Tutti pregavano, il silenzio era totale, si sentiva solo il brusio e a un certo momento il bambino si e’ svincolato dalle braccia del ragazzo , si e’ alzato in piedi sul sedile , si e’ voltato verso l’entrata della sinagoga e si e’ messo a urlare “IMA IMA IMA”. Gli ha risposto il pianto di tutti i presenti e lui continuava a chiamare la mamma.
    E’ stato tremendo. Meno male che c’e’ con lui Sandra che lui conosce dalla nascita, piu’ dei nonni. Lei gli rendera’ tutto meno doloroso e un po’ alla volta dimentichera’ questa tragedia per ricordare soltanto la sua ima e il suo aba e il bene che hanno fatto e che gli hanno voluto.

    http://deborahfait.ilcannocchiale.it/2008/12/02/ieri_a_mumbai.html

    2 Dic 2008, 12:16 Rispondi|Quota