Libano: un video dell’IDF dimostra come la risoluzione 1701 dell’Onu venga continuamente violata

 
Emanuel Baroz
15 ottobre 2009
2 commenti

Libano: un video dell’IDF dimostra come la risoluzione 1701 dell’Onu venga continuamente violata

un-resolution-1701Beirut, 15 Ottobre 2009 –   Le Forze di Difesa israeliane hanno diffuso martedì sera le immagini riprese da un drone in cui si vede che dei razzi vengono sgomberati dalla casa di un capo Hezbollah nel sud del Libano dove è avvenuta un’esplosione, probabilmente accidentale.

Nel video, girato dopo l’esplosione, si vede chiaramente che alcuni razzi, uno dei quali lungo quattro metri, vengono prelevati dalla casa, caricati su due camion e scaricati presso un edificio in un’altra località nel sud del Libano.

Israele ha denunciato all’Onu la violazione della risoluzione 1701 che vieta armi Hezbollah nel sud del Libano.

(Fonte: Israele.net)

Nella foto: un fotogramma del video che mostra lo spostamento di armi da parte di uomini di Hezbollah. Per ulteriori informazioni cliccare qui

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  • #1Emanuel Baroz

    Puzza di bruciato dal sud

    di Lorenzo Trombetta

    La versione ufficiale di Beirut sull’incidente di Tayr Falsayh convince sempre meno. Israele mostra un video che non chiarisce. Dov’è la “palazzina crollata”? E i “cinque morti” di Reuters? Solo grossolani errori?

    Una palazzina nuova e immacolata di tre piani, con un garage bruciacchiato e pochi segni di incendio: è quanto viene mostrato ai reporter e fotografi che arrivano a Tayr Falsayh, teatro la sera del 12 ottobre scorso di un “incidente”, “un’esplosione di un deposito di armi”, “un incendio causato da un corto circuito”, “una deflagrazione di un solo ordigno”.

    Anche stavolta, ciascuno ha la sua teoria su quanto avvenuto intorno alle 20:30 (orario fornito ai media) al villaggio appena 10 km a sud dal fiume Litani, che segna il confine settentrionale dell’area di responsabilità dell’Unifil, la missione Onu schierata nel sud del Libano.

    Israele ha prontamente diffuso un video, girato non si sa bene quando ma presumibilmente in diurna, da un drone (aereo spia senza pilota), in cui si mostrerebbero “prima dell’esplosione del deposito di armi”, miliziani di Hezbollah intenti a caricare su due camion presunti razzi e forse anche missili, oggetti comunque lunghi fino a quattro metri.

    Se così fosse, sarebbe difficile credere che l’esplosione di simili ordigni possa aver causato tali modesti danni a un edificio che, di fatto, appare soltanto “ammaccato”. Foto prese dall’interno del garage mostrano le pareti intatte con solo il pavimento annerito attorno a quella che sembra la forma di una vecchia stufa

    Eppure i veicoli dell’esercito libanese e dell’Unifil dalla mattina del 13 stazionano proprio di fronte a questo edificio. Per loro, l’incidente è avvenuto qui. E a leggere i giornali anche per la stampa libanese.

    Ma ricostruiamo le tappe dell’annuncio del ‘fattaccio’: alle 21.24, l’agenzia libanese Nna riferisce di “un’esplosione alle 20.30 (sic!) circa all’interno di una palazzina di tre piani”; mezz’ora dopo, citando “fonti della sicurezza libanesi” l’agenzia Reuters locale batte la notizia urgente (‘bulletin’) di una non meglio identificata esplosione nel sud del Libano.

    Passano pochi minuti e, alle 22.09, la Nna afferma che l’intera palazzina, “di proprietà di Abd an-Nasser Issa” è crollata e che nell’esplosione una persona è morta e un’altra è rimasta ferita. Per Reuters, in seguito, i morti saranno ben cinque.

    Come s’è già detto nell’articolo precedente, nel corso delle ore il bilancio si è andato ridimensionando fino a quello “definitivo” di un ferito. A dirlo è stato, all’indomani dell'”incidente”, l’esercito libanese in un laconico comunicato, in cui si afferma che “l’esplosione di un ordigno ha causato il ferimento di una persona”.

    Ma un ordigno, anche fosse una semplice bomba a mano, fa di certo più danni di quelli appena visibili in quel garage al piano terra della palazzina bianca. Perché mai allora, due fonti di stampa solitamente autorevoli come Reuters e Nna hanno fornito inizialmente un bilancio così grave (cinque morti, palazzina crollata)? I loro due corrispondenti – o magari lo stesso che lavora per entrambi – avevano quella sera forse alzato troppo il gomito?

    In attesa di rintracciare i colleghi (o il collega) e di capire, eventualmente, che tipo di sostanza stupefacente abbiano assunto prima di recarsi sul luogo dell’esplosione, altre domande senza risposta rimangono sul terreno. La prima è sull’identità dell’unico ferito: probabilmente, si tratta di Abd an-Nasser Issa, “dirigente” di Hezbollah, che chissà cosa faceva solo soletto nel garage di famiglia all’ora di cena (se crediamo che l’esplosione è avvenuta alle 20.30).

    Nei primi resoconti si era parlato anche del ferimento (o della morte) di tale Said Issa. Altre fonti avevano detto che oltre ad Abd an-Nasser, anche suo figlio era rimasto coinvolto nell'”incidente”. Che forse Said sia il figlio di Abd an-Nasser? Erano allora in due ad armeggiare nel loro garage? E con cosa? Con una stufa, come mostrano le foto del garage pubblicate il 14 ottobre sui giornali libanesi, oppure con qualche altro giocattolino?

    Perché mai alcuni residenti di Tayr Falsayh hanno parlato prima di “esplosione di vecchi ordigni israeliani” e poi hanno riferito di un “incendio causato da un corto circuito”?

    Sui giornali di Beirut si legge che a causa dell’esplosione, il paesotto è rimasto per un po’ di tempo al buio per mancanza di elettricità. E si racconta, sempre il 14 ottobre sulla stampa locale, che dopo lo scoppio si sono avuti “momenti di panico e confusione”.

    Malignamente, verrebbe da pensare che magari qualcuno ha avuto anche il tempo, al buio e nella confusione generale, di inscenare un incendio o un esplosione di fuochi d’artificio nel garage oggi così severamente pattugliato dai soldati italiani dell’Unifil.

    E torna alla mente l’episodio di Kherbet Silm: il giorno dopo l’esplosione (o le esplosioni), i giornalisti non avevano potuto avvicinarsi al luogo del fatto, tanto che – a differenza di Tayr Falsayh – nessuno ha mai reso pubbliche foto o riprese video di dove era avvenuto quell’altro “incidente”. Sfortunatamente per Hezbollah, quello era capitato all’alba di un nuovo giorno, in piena luce, e non al calar del sole come l’altro ieri.

    Chissà? Maliziosamente, viene il dubbio che forse qualcosa di più ‘grosso’ sia avvenuto il 12 ottobre e che questa volta ci sia stato tutto il tempo per indicare alla stampa, all’esercito e all’Unifil un luogo diverso sul quale concentrare la loro attenzione.

    Su questo, la portavoce dell’Unifil Yasmina Bouziane il 13 ottobre ha detto che “assieme all’esercito libanese, i militari Unifil sono arrivati sul posto alle 23.30”: ben tre ore dopo l’annunciata esplosione.

    Durante quelle tre ore, come ricordavano la sera dell'”incidente”, sia la tv al-Jazira che al-Arabiya, “elementi di Hezbollah e delle forze di sicurezza libanesi” avevano circondato il teatro del fattaccio. Sarà vero, oppure le due principali tv panarabe, accusate dal Partito di Dio di essere ad esso ostili, hanno forse voluto con questa notizia mettere in dubbio la buona condotta dei miliziani della “resistenza islamica”, che invece avranno diligentemente atteso per tre ore l’arrivo dei caschi blu e dell’esercito libanese?

    Gli stessi Hezbollah hanno comunque ammesso in un comunicato diffuso nella notte tra il 12 e il 13 che “un nostro fratello è rimasto ferito nell’incidente”, smentendo però ogni notizia sulla morte di persone. “Alcuni mezzi d’informazione hanno intinto il pane nella padella”, ha detto il deputato di Hezbollah Hussein Hajj Hassan, interpellato il 13 mattina dalla tv libanese Lbc.

    Al posto di Israele, chiunque cercherebbe di “intingere il pane nella padella”, sfruttando l’incidente per dimostrare che “Hezbollah – come ha detto sempre il 13 ottobre il presidente Shimon Peres – ha trasformato il sud del Libano in una polveriera”.

    Come chiunque, al posto di Hezbollah, che considera il suo arsenale necessario alla resistenza contro un nemico che “per sua natura mira all’espansionismo”, cercherebbe di sminuire i fatti, di parlare di “incendio causato da un cortocircuito” o di “esplosione di una vecchia bomba israeliana del 2006 trovata in un ruscello vicino al villaggio”.

    E chiunque, al posto dell’esercito libanese cercherebbe di ‘coprire’ eventuali sviste del Partito di Dio: non solo con un comunicato che parla solo di un ferito e che parla del'”l’esplosione di un ordigno”, ma anche ‘reggendo il gioco’ alla milizia sciita, che di fatto è padrona di quel territorio.

    Il gioco delle parti quindi: anche l’Unifil, memore delle sassate prese nel luglio scorso durante l’indagine sull’esplosione di Kherbet Silm, sta tenendo un profilo basso: ha diligentemente seguìto l’esercito libanese, almeno tre ore dopo i fatti, sul presunto luogo dell'”incidente”. E ora “lavora con l’esercito libanese per far luce sull’incidente”.

    Ai cronisti non resta intanto che osservare la palazzina che esercito libanese, Unifil e abitanti indicano loro come il luogo dell’incidente, e magari tentare di dare un’occhiata al resto dell’abitato, rigorosamente scortati dai ragazzini del posto in un percorso guidato che non lascia spazio a deviazioni poco gradite.

    Di ritorno a casa, non resta altro che visionare per l’ennesima volta il video color seppia del drone israeliano e tentare di trovare somiglianze tra l’edificio immacolato di Tayr Falsayh e quello da cui, nel filmato, escono numerosi oggetti sospetti..

    http://temi.repubblica.it/limes/puzza-di-bruciato-dal-sud/7232?h=0

    15 Ott 2009, 09:36 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Libano: arrestati palestinesi

    Pianificavano attentati contro l’esercito

    Libano: arrestati palestinesi (ANSA) – BEIRUT, 13 OTT – Pianificavano attentati contro l’esercito : per questo 3 palestinesi sono stati fermati per ”gruppo armato con finalita’ terroristiche”. Sono stati fermati dall’intelligence militare libanese nel campo profughi di Ayn al Hilwe. Altri 7 loro compagni, di cui due siriani, sono riusciti a sottrarsi all’arresto. La cellula, guidata dal miliziano Usama Shihabi, faceva parte della rete di Fatah al Islam, il gruppo ispirato ad al Qaida.

    15 Ott 2009, 09:41 Rispondi|Quota
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