Le prigioni dell’Autorità palestinese: un universo di violenze e di assenza di diritti

 
Emanuel Baroz
17 novembre 2009
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Le prigioni dell’Autorità palestinese: un universo di violenze e di assenza di diritti

di Adrien Jaulmes, Le Figaro – Traduzione Hurricane 53

focus on israel diritti umani palestinesiLa guerra civile tra Hamas e l’Autorità palestinese si sviluppa tra campagne di repressione reciproche. Mentre il movimento islamico imprigiona a Gaza i militanti di Fatah, il governo di Mahmoud Abbas da la caccia a quelli di Hamas in Cisgiordania. Nelle prigioni delle due fazioni palestinesi ostili, maltrattamenti e torture sono diventati di uso corrente. Dall’inizio dell’anno, quattro prigionieri politici sono deceduti nelle prigioni dell’Autorità palestinese in circostanze poco chiare.

Nel giugno scorso Haitham Amr 33 anni, è stato arrestato dai servizi segreti palestinesi ad Hebron nel suo domicilio. Questo infermiere, apparentemente senza precedenti, era sospettato di appartenere al ramo armato di Hamas. Quattro giorni dopo è morto, sembrerebbe dopo essersi gettato dal secondo piano della prigione nel tentativo di fuggire. Il suo corpo presentava segni di percosse, in particolare sui reni e sui testicoli, che lasciano supporre che è stato percosso violentemente. Il dottor Mangin, del centro universitario di medicina legale di Ginevra, dopo aver visionato le immagini che gli erano state inviate dalla famiglia, ha constatato che il corpo non presentava “nessuna lesione traumatica che facesse pensare ad una caduta”. Suo padre, militante di Fatah, non crede alla tesi dell’incidente.“È stato torturato a morte per quattro giorni. Ogni suo appello di aiuto è stato ignorato. È morto per un’emorragia interna”, ha detto l’anziano signore. L’Autorità palestinese ha finito per ammettere che Haitham è morto in prigione per maltrattamenti.

Anche Fadi Hamadneh, 27 anni, è stato arrestato nel 2009, questa volta in un villaggio vicino a Nablus, è stato trovato impiccato nella sua cella nella prigione di al-Juneid. L’autopsia, condotta da un medico danese inviata da al-Haq, la più vecchia organizzazione palestinese per la difesa dei diritti dell’uomo, conferma la morte per strangolamento, ma rileva anche tracce di tortura, una grave disidratazione e la presenza di pezzi di vetro nello stomaco.

Impunità totale
In precedenza altri due prigionieri erano morti in circostanze sospette. “La tortura è ora una pratica diffusa nelle prigioni palestinesi, spiega Shawan Jabarin, direttore di al-Haq. Le tecniche si sono evolute. I diversi servizi di sicurezza dell’Autorità palestinese ora utilizza metodi che lasciano meno tracce. Spesso si ispirano agli Israeliani, ma anche agli americani, che li hanno diffusi in Giordania.” (e ti pareva che non era colpa degli israeliani…)

Le bastonate sulla pianta dei piedi, estremamente dolorosa, ha il vantaggio di non lasciare alcuna lesione. Un altro metodo diffuso, chiamato “Shebeh„, consiste nell’appendere per lunghe ore il prigioniero in una posizione insopportabile. “Lo Stato palestinese che si sta creando in Cisgiordania assomiglia più ad uno Stato poliziesco che ad una democrazia, sostiene Sawan Jabarin. Gli Stati Uniti e l’ Unione europea, che finanziano l’Autorità palestinese e prepara i poliziotti, può fermare le torture in un giorno, chiedendo con fermezza ad Abu Mazen di punire i colpevoli. Per il momento, questi beneficiano di una totale impunità totale. E’ la cultura della sicurezza”.

L’organizzazione per la difesa dei diritti dell’uomo ritiene che, nelle prigioni dell’Autorità palestinese, sono attualmente imprigionati tra 500 e 700 prigionieri politici fuori da ogni legalità. “Questi incidenti non si possono comprendere senza comprendere lo spirito che anima la situazione in cui ci troviamo – spiega Said Abou Ali, ministro degli interni dell’Autorità palestinese – Siamo in guerra: una guerra politica, psicologica e finanziaria. La brutalità della conquista del potere da parte di Hamas a Gaza ha suscitato il terrore in Cisgiordania. Il risultato è stato quello di suscitare reazioni individuali sproporzionate tra alcuni poliziotti. E vi ricordo che i membri di Fatah hanno imparato molto nelle prigioni israeliane”.(E daje….sempre la stessa musica! Qualsiasi cosa accada in Cisgiordania o nella Striscia di Gaza, Israele ha sempre colpa!)

Per Abou Ali, l’Autorità palestinese fa fronte ad una minaccia alla sua stessa esistenza. nel corso di una incursione condotta dalla polizia palestinese quest’estate a Qalqilya, in Cisgiordania, contro un gruppo di militanti di Hamas, a suo avviso “furono scoperti i preparativi per un colpo di stato da parte di Hamas in Cisgiordania, come quello di Gaza„.

33 morti nelle carceri di Hamas
Il ministro, insediato da alcuni mesi, ammette l’esistenza della tortura nelle sue prigioni. “Non c’è alcun dubbio: ci sono stati eccessi durante gli interrogatori e violazioni dei diritti uomani. Ci rammarichiamo per questi atti, i loro autori saranno puniti”, dice. “Non siamo la Svizzera, aggiunge Abou Ali, ma cerchiamo di costruire le istituzioni di uno Stato moderno e democratico. E di voltare la pagina della tortura”.

Per quanto riguarda Hamas, non se ne sta con le mani. Secondo al-Haq, dall’inizio del 2009, 33 persone sono state vittime di assassini extragiudiziari. Il governo “de facto” di Hamas ha introdotto un nuovo crimine la “cooperazione con Ramallah e l’Autorità palestinese„ ed aperto delle prigioni segrete dove sono rinchiusi membri di Fatah.

Adrien Jaulmes Le Figaro – Traduzione Hurricane 53

Hurricane53

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