Padre Cantalamessa: contro il Papa una campagna di odio come l’antisemitismo per ebrei. Replica sdegnata delle comunità ebraiche sparse nel mondo.

 
Emanuel Baroz
3 aprile 2010
8 commenti

Padre Cantalamessa: contro il Papa una campagna di odio come l’antisemitismo per ebrei. Replica sdegnata delle comunità ebraiche sparse nel mondo.

cantalamessa vaticano pedofilia focus on israelCITTA’ DEL VATICANO, 2 apr. – Sul caso della pedofilia dei sacerdoti e’ in atto una campagna di odio e di aggressione contro il Papa e la Chiesa che ricorda il peggiore antisemitismo messo in pratica contro gli ebrei. E’ questo il duro attacco sulla questione degli abusi sessuali del clero pronunciato nel pomeriggio di oggi dal predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nel corso della celebrazione della Passione presieduta da Benedetto XVI nella basilica di San Giovanni in Laterano.  Lapidaria dichiarazione al riguardo del Rabbino Capo di Roma Riccardo di Segni: «Mi pare un parallelo improprio, una caduta di gusto. Tanto più in una data così problematica, il giorno più funesto nel rapporto tra cristiani ed ebrei: ricordo che il Venerdì Santo si prega in latino perché Dio illumini i nostri cuori… Ecco, anche noi preghiamo perché Dio illumini i loro cuori»

(Fonte: Adnkronos, 2 aprile 2010, e Corriere della Sera, 3 Aprile 2010)

Pedofilia – Gruppi ebrei critici sul paragone con l’antisemitismo

ROMA, 2 apr. – Ha suscitato critiche nel mondo ebraico il paragone tracciato da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della casa pontificia, tra le critiche alla Chiesa nella vicenda della pedofilia e la persecuzione subita dagli ebrei con l’antisemitismo. “E’ ripugnante, osceno e soprattutto offensivo nei confronti di tutte le vittime degli abusi così come nei confronti di tutte le vittime del’olocausto”, ha commentato con l”Associtated press’ il segretario generale del consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Stephan Kramer. “Sinora non ho visto San Pietro bruciare né ci sono stati scoppi di violenza contro preti cattolici. Sono senza parole. Il Vaticano sta tentando di trasformare i persecutori in vittime”. Il rabbino statunitense Gary Greenebaum, responsabile delle relazioni interreligiose per l’American Jewish Committee, ha bollato le affermazioni di Cantalamessa come “un uso sfortunato del linguaggio. La violenza collettiva contro gli ebrei – ha detto – ha avuto come effetto la morte di sei milioni di persone, mentre la violenza collettiva di cui si parla qui non ha condotto a uccisioni o distruzioni”, afferma.

(Fonte: Apcom, 2 aprile 2010)

Nella foto: padre Raniero Cantalamessa con Papa Benedetto XVI

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  • #1Emanuel Baroz

    Le reazioni

    «Un parallelo osceno» Comunità ebraiche sdegnate

    Il rabbino “È stato un uso sfortunato del linguaggio Qui la violenza collettiva non ha condotto a uccisioni o distruzioni”


    di Gian Guido Vecchi

    CITTÀ DEL VATICANO – Poche ore prima dello shabbat il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, è evidentemente sconcertato ma si sforza di soppesare le parole: «Mi pare un parallelo improprio, una caduta di gusto. Tanto più in una data così problematica, il giorno più funesto nel rapporto tra cristiani ed ebrei: ricordo che il Venerdì Santo si prega in latino perché Dio illumini i nostri cuori… Ecco, anche noi preghiamo perché Dio illumini i loro cuori». E col passare delle ore neppure l’ arrivo della festività ebraica riesce ad arginare le (prevedibili) polemiche.

    Padre Federico Lombardi lo sa, il portavoce della Santa Sede interviene a smentire «nel modo più assoluto che ci sia un paragone di iniziativa vaticana tra l’ antisemitismo e la situazione attuale relativa alla pedofilia», ma ormai nelle agenzie e nei siti online di tutto il mondo, dall’ Europa a Israele agli Stati Uniti – Haaretz, Jerusalem Post, Bbc, New York Times eccetera – rimbalzano le parole di Cantalamessa, ovvero dell’ «amico ebreo» del quale ha riportato le frasi. E le reazioni del mondo ebraico sono durissime. «È ripugnante, osceno e soprattutto offensivo nei confronti di tutte le vittime degli abusi così come nei confronti di tutte le vittime della Shoah», scandisce il segretario generale del consiglio degli ebrei tedeschi, Stephan Kramer: «Sinora non ho visto San Pietro bruciare né ci sono stati scoppi di violenza contro preti cattolici. Sono senza parole. Il Vaticano sta tentando di trasformare i persecutori in vittime».

    Il Centro Simon Wiesenthal chiama in causa Benedetto XVI: «Queste affermazioni ingiuriose sono state fatte in presenza del Papa e il Papa stesso deve chiedere scusa». Mentre il rabbino statunitense Gary Greenebaum (nella foto a destra), responsabile delle relazioni interreligiose per l’ American Jewish Committee, si limita a parlare di «un uso sfortunato del linguaggio». Salvo aggiungere: «La violenza collettiva contro gli ebrei ha avuto come effetto la morte di sei milioni di persone, mentre la violenza collettiva di cui si parla qui non ha condotto a uccisioni o distruzioni». Lapidaria Elan Steinberg, vice presidente dell’ Associazione americana di sopravvissuti alla Shoah: «Cantalamessa? Si vergogni».

    (Fonte: Corriere della Sera, 3 Aprile 2010, pag. 2)

    4 Apr 2010, 11:06 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Il Vaticano precisa: “no a paragoni con l’antisemitismo”

    ROMA, 2 apr. – E’ di nuovo tensione tra il Vaticano e il mondo ebraico. Il paragone fatto dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, tra l’antisemitismo e le accuse alla chiesa cattolica per lo scandalo dei preti pedofili e’ stato accolto con stupore e rabbia dalla comunita’ ebraiche in Europa e negli Stati Uniti.

    Il sermone di Cantalamessa ha conquistato le home page di Haaretz e del Jerusalem Post in Israele, del sito della BBC e del New York Times. E’ quest’ultimo, che nei giorni scorsi aveva chiamato in causa Joseph Ratzinger nel caso del prete pedofilo Lawrence Murphy, a raccogliere il disappunto del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per quanto affermato dal predicatore pontificio. Lombardi, scrive il NYT, ha sottolineato che le opinioni di Cantalamessa non sono da intendere come una “dichiarazione ufficiale” del Vaticano e che e’ sbagliato interpretarle come un paragone con l’antisemitismo. Si tratta, invece, di un messaggio di “solidarieta'” inviato a padre Cantalamessa da un amico ebreo.

    “Non credo sia un paragone appropriato”, sono le parole di Lombardi riportate dal NYT, “ecco perche’ la lettera va intesa come la solidarieta’ espressa da un ebreo”. “E non e’ un attacco al mondo ebraico”, ha voluto ribadire Lombardi al NYT, che ha escluso un coinvolgimento del papa nella redazione del sermone di Cantalamessa.

    La reazione del mondo ebraico, pero’, va dall’ironia alla furia. Se, secondo quanto scrive ancora il NYT, il rabbino della Comunita’ di Roma, Riccardo Di Segni, ha sorriso quando gli e’ stato chiesto un commento sul sermone e ha pregato Dio che “illumini i loro cuori” nel giorno in cui “loro pregano che il Signore illumini i nostri affinche’ riconosciamo Gesu'”, Elan Steinberg, vice presidente dell’Associazione americana di sopravvissuti all’Olocausto, intervistato dalla Reuters, ha invitato Cantalamessa a “provare vergona”. “Il paragone e’ offensivo e insostenibile”, ha detto. Il Centro Simon Wiesenthal ha tirato in ballo Ratzinger: “Queste affermazioni ingiuriose sono state fatte in presenza del Papa e il Papa stesso deve chiedere scusa”. Il Consiglio ebraico della Germania ha trovato il sermone di Cantalamessa “insolente, osceno e offensivo verso le vittime degli abusi e verso le vittime dell’Olocausto”. “Il Vaticano”, ha detto il Segretario generale, Stephan Kramer, “tenta di trasformare in vittime coloro che hanno perpetrato gli abusi”.

    All’ira del mondo ebraico si e’ unita l’indignazione delle vittime dei preti pedofili. Il Network americano delle vittime di abusi da parte dei preti (Snap, nell’acronimo inglese) e’ durissimo: “Spezza il cuore vedere un esponente di alto rango del Vaticano fare affermazioni insultanti sia per le vittime di abusi sia per il popolo ebraico”, ha detto un portavoce.

    (Fonte: AGI, 3 aprile 2010)

    4 Apr 2010, 11:09 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    La protesta degli ebrei

    Non solo la comunità ebraica americana, ma anche la Conferenza Episcopale statunitense prende le distanze da Padre Raniero Cantalamessa e il suo paragone tra lo scandalo pedofilia e l’antisemitismo

    di Giacomo Galeazzi

    La comunità ebraica americana reagisce indignata all’intervento del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa che ieri, citando un suo amico ebreo, ha paragonato la campagna di accuse al Papa sulla pedofilia all’antisemitismo. In prima fila nel protestare, il rabbino Marvin Haier, fondatore e decano del Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles, che chiede esplicitamente l’intervento del Pontefice. «Si tratta di parole ingiuriose e espresse alla presenza del Papa. Benedetto XVI dovrebbe quindi assumersi le sue responsabilità e chiedere scusa per questa analogia vergognosa. Il fatto che abbia citato una lettera di un ebreo – prosegue Hayer – non giustifica la sua ignoranza. Lo scandalo riguarda sacerdoti che si sono macchiati di gravi colpe. Hanno tradito la loro fede e sono stati protetti dalle alte gerarchie. Dire che le accuse contro di loro siano paragonabili alle persecuzioni contro gli ebrei è una vergognosa mistificazione storica».

    Netto anche il giudizio di Abraham Foxman, il direttore della Anti-Defamation League: «Mi sarei aspettato che un sacerdote così esperto come Padre Cantalamessa avesse una conoscenza un pò più approfondita dell’antisemitismo, un fenomeno che ha prodotto pogrom, espulsioni di massa e condanne a morte, e evitasse un paragone così mostruoso».

    «Padre Cantalamessa – commenta James Rubin, rabbino responsabile dei rapporti interreligiosi al Comitato Ebraico-americano – ha reso un cattivo servizio alla Chiesa cattolica, oggi chiamata ad affrontare i suoi problemi interni, e ai milioni di uomini e donne che sono morti per il solo fatto di essere ebrei». Una levata di scudi che rende esplicita una tensione tra Vaticano e comunità ebraica americana già emersa, ma in modo latente, sin dai primi giorni in cui il New York Times – il cui proprietario è l’ebreo Arthur Sulzberger – fece da cassa di risonanza alle rivelazioni sulle storie di pedofilia tra i sacerdoti tedeschi, risalenti agli anni in cui Benedetto XVI era vescovo di Monaco. Giorni tesi, durante i quali perfino l’arcivescovo di New York, considerato ‘progressistà, Timothy Dolan, s’indigno contro il giornale, accusandolo di lanciare «insistenti insinuazioni contro il Santo Padre». Più tardi, con il dilagare delle indiscrezioni, altri leader come il presidente della Lega Cattolica per la religione e i diritti civili (Catholic League for Religion and Civil Rights), Bill Donohue, parlarono apertamente di una «montatura contro il Papa», di natura «anti-cattolica». Sospetti e incomprensioni che ora, dopo le parole di Raniero Cantalamessa, trovano nuova linfa.

    (Fonte: La Stampa, 3 aprile 2010)

    4 Apr 2010, 11:11 Rispondi|Quota
  • #4Parvus

    No. scusatemi se non unisco la mia voce alle proteste.
    L’ebraismo, ha bisogno di amicizie. Israele ha bisogno di amicizie.
    Quelle parole, dette da chi trova odiosissimi gli attacchi al Papa, suonano ad esecrazione dell’antisemitismo, cosa utilissima in un Europa in cui il mostro rialza la testa.
    Perciò certi fiscalismi non mi trovano d’accordo.

    4 Apr 2010, 15:34 Rispondi|Quota
    • #5Emanuel Baroz

      @ Parvus: quali fiscalismi?!

      4 Apr 2010, 16:22 Rispondi|Quota
  • #6Alberto Pi

    Padre Cantalamessa si scusa: “Non volevo offendere gli ebrei”

    “Se contro ogni mia intenzione ho urtato la sensibilità degli ebrei e delle vittime della pedofilia, ne sono sinceramente rammaricato e chiedo scusa, riaffermando la mia solidarietà con gli uni e con gli altri”.

    Così esordisce in un’intervista al Corriere della Sera padre Raniero Cantalamessa dopo le polemiche suscitate dal parallelo tra gli attacchi alla Chiesa per i preti pedofili e “gli aspetti più vergognosi dell’antisemitismo”, citato durante la liturgia del Venerdì Santo in Vaticano. Il predicatore vaticano precisa che “il Papa non solo non ha ispirato ma, come tutti gli altri, ha ascoltato per la prima volta le mie parole durante la liturgia in San Pietro”. Mai, prosegue Cantalamessa, “qualcuno del Vaticano ha preteso di leggere in anticipo il testo delle mie prediche”. Il frate cappuccino spiega che l’idea di inserire la lettera dell’ amico ebreo contenente il paragone è nata solo perché “sembrava una testimonianza di solidarietà nei confronti del Papa”. “La mia – afferma padre Cantalamessa – era un’intenzione amichevole, tutt’altro che ostile”. “Non penso – chiarisce – che si possano paragonare antisemitismo e attacchi alla Chiesa di questi giorni e credo che neppure l’amico ebreo intendesse farlo. Egli non si riferisce all’antisemitismo della Shoah, ma all’antisemitismo come fatto di cultura, più che come effettiva persecuzione”.

    (Fonte: L’Unione Sarda, 4 aprile 2010)

    7 Apr 2010, 10:00 Rispondi|Quota
  • #7Emanuel Baroz

    Qualcosa di più di una caduta di stile

    La recente disavventura di padre Raniero Cantalamessa, noto e apprezzato predicatore cattolico che, dinanzi al Papa, ha associato gli attacchi mediatici contro la Chiesa cattolica nel merito della questione della pedofilia all’antisemitismo nazista, invita a qualche riflessione di merito. La pur relativa modestia dell’evento demanda ad un clima di disorientamento che pare lambire da tempo alcuni segmenti del mondo cattolico. Ragioniamo pacatamente su due ordini di riflessioni, evitando di fare barricate. Il primo rimanda all’immagine che il cattolicesimo sembra avere fatto propria del micro-universo ebraico. Il secondo, invece, rinvia al sofferto rapporto che la Chiesa di Roma rivela di intrattenere con aspetti della modernità. Primo passaggio, dunque. L’ebraismo ha conosciuto, a partire dal Concilio giovanneo, una riconsiderazione che non ha precedenti nella storia delle relazioni intrattenute tra le due religioni. Si è trattato di un percorso evolutivo che si è consolidato e sedimentato sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo II ma che ha visto coinvolti tutti i pontefici del secolo appena trascorso. Benedetto XVI, per parte sua, si è fatto garante della continuità di tale indirizzo. Da figli minori si è assurti allo stato di «fratelli maggiori». Tale evoluzione, tuttavia, soprattutto se rapportata ai suoi tanti effetti e alle infinite ricadute, non sempre è stata contraddistinta da una altrettanto chiara capacità di gestire il nuovo rapporto, costruito nel corso di questi ultimi quarant’anni, con gli ebrei. I quali rimangono, per una parte del mondo cattolico, un oggetto e non un soggetto, una entità indistinta e indistinguibile e non ancora dei compagni di viaggio la cui natura è intrinsecamente pluralista. Verso qualcosa che ci è estraneo si possono nutrire molti sentimenti, non da ultima anche una irrisolta identificazione, basata tuttavia su passioni tanto accese quanto assai poco commisurate alla materiale realtà di cui sono fatti gli interlocutori. Se dell’ebraismo come religione il cattolicesimo sembra avere colto le tante peculiarità non la stessa cosa può essere detta quando questo è declinato nei termini di una concreta comunità umana. La quale rimane, agli occhi di un certo cattolicesimo, qualcosa di distante, ovvero di astratto. Ancora una volta alla concretezza dei rapporti si sostituisce la fruizione di immagini e rappresentazioni. Gli ebrei, nel Novecento, sono stati tanto rappresentati quanto ben poco conosciuti. Il rilievo che lo sterminio nazista ha assunto nella definizione di ciò che è ebraico sembra ora essere divenuto una sorta di filtro, attraverso il quale fare passare ogni relazione con gli ebrei. L’assunto neanche troppo implicito, elemento di per sé di grave distorsione, è che questi vadano fatti oggetto di particolari attenzioni in quanto vittime per definizione. Si tratta di un luogo comune diffuso e pericoloso. Se si è amati poiché vittime, e ne è esempio il merito del rimando di Cantalamessa alla lettera dell’«amico ebreo», non ci si potrà emancipare da tale scomoda condizione se non a costo di decadere dal ruolo di oggetto dell’altrui considerazione. Riscontro di ciò ci è offerto dalla severità con la quale ogni gesto dello Stato d’Israele è oggi vagliato, non essendo quella una storia ascrivibile ad una qualche forma di vittimofilia. Nel mondo cattolico a volte si verifica un fenomeno di identificazione per traslazione, laddove agli ebrei contemporanei è attribuita una sorta di funzione martirologica. Ma per l’ebraismo la Shoah non ha alcun significato testimoniale, trattandosi, letteralmente, di una «catastrofe» umana. Nulla di meno, nulla di più. Gli ebrei non sono testimoni del male; semmai ne sono stati tra i destinatari. La sofferenza non costruisce identità. Stabilire un legame privilegiato sulla scorta di questa peculiarità implica invece il falsare aprioristicamente il rapporto, distorcendo, sia pure in virtù di un “pregiudizio positivo”, la fisionomia del proprio interlocutore. Il secondo punto ha invece a che fare con il legame che è intrattenuto con ciò che chiamiamo «modernità». Elemento di inquietudine, a tale riguardo, è stata la denuncia, ripetuta a più riprese da una parte della stampa vicina al mondo cattolico, di un «complotto», ordito da «poteri forti», che si starebbe consumando contro l’attuale pontificato. C’è qui un’ansia sottesa, che rimanda alla incomprensibilità del presente e al suo bisogno di semplificarlo con chiavi di lettura ai limiti della banalizzazione. Non a caso tale polemica ha ad obiettivo gli Stati Uniti, intesi come una terra tendenzialmente ostile, secolarizzata poiché “relativista”, laddove l’equivalenza tra i convincimenti e le fedi condurrebbe alla perdita del senso dell’umano. A ciò si coniuga l’evocazione di una dimensione occulta, dove non meglio precisate «forze» starebbe tramando dietro le quinte contro il presidio morale di Roma. La qual cosa non ci riguarderebbe se non richiamasse, sia pure involontariamente, vecchi fantasmi mai venuti meno. Lo si evince meglio quando si coniuga tale enfasi alle parole del vescovo di Cerreto Sannita, monsignor Michele De Rosa, membro della Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo, il quale, ha definito gli ebrei «permalosi», contestando in tal modo una sorta di gelosa difesa delle proprie prerogative e di permanente indisponibilità verso le offerte altrui. Si tratta di una reazione a fil di pelle, anch’essa da non enfatizzare, ma che rivela il modo in cui il rapporto con gli ebrei è intrattenuto da alcuni esponenti delle gerarchie, laddove il tutto viene rafforzato dall’affermazione per cui «capisco che abbiano sofferto con l’Olocausto, ma non possono farne una bandiera». Il rischio, neanche troppo implicito, è in questo caso che antichi convincimenti riprendano forza. Poiché nella tradizione antisemita l’ebreo è visto come, al contempo, uno e tutto: uno, poiché impermeabile; tutto, perché intenzionato a controllare il mondo attraverso trame clandestine. La modernità, per una parte del pensiero tradizionalista, rimanda a questo gioco delle parti, dove il ruolo dell’«ebreo» è definito una volta per sempre, nella sua proverbiale insaziabilità. Ci è chiaro che non c’erano necessariamente intenzioni di tal genere dietro questi recenti pronunciamenti e tuttavia questi si inscrivono in un registro culturale che si alimenta anche di queste implicite suggestioni. Ragion per cui il chiedere conto delle altrui motivazioni non corrisponde all’esercizio di una facoltà di giudizio permanente, derivante dall’essere stati vittime, ma al bisogno di evitare che da esse si rigeneri un pregiudizio per cui si rischierebbe di esserlo ancora.

    Claudio Vercelli

    (Fonte: Rassegna Ucei, 25 Aprile 2010)

    25 Apr 2010, 19:12 Rispondi|Quota
  • #8Ily

    Parvus ha detto:

    L’ebraismo, ha bisogno di amicizie. Israele ha bisogno di amicizie.

    mi è davvero piaciuta questa osservazione!

    31 Ott 2015, 21:55 Rispondi|Quota
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