“Made in Israel”, Coop compra pubblicità: Prodotti restano su scaffali

 
Emanuel Baroz
27 maggio 2010
9 commenti

Siamo bene felici di questa “precisazione” della Coop, ma ci resta il dubbio che se non fosse stato portato alla ribalta il problema, questo cedimento alle pressioni ricevute effettuato dalla Coop e dalla Conad sarebbe passata vergognosamente sotto silenzio…e comunque che qualcuno avvisi i pacifinti della “Stop Agrexco”, che continuano a pubblicare sul loro sito la lettera del direttore qualità di Coop Italia Massimo Zucchi, come fosse una loro vittoria.

Made in Israel, Coop compra pubblicità: Prodotti restano su scaffali

coop-boicottaggio-focus-on-israelRoma, 27 mag (Il Velino) – La Coop vuole fare chiarezza sull’affaire riguardante il boicottaggio dei prodotti Made in Israel. Dopo aver annunciato di voler “sospendere la vendita di merci prodotte nei territori occupati” da Israele, oggi paga una pubblicità sul Corriere della Sera per chiarire: “Sui nostri scaffali trovate i prodotti israeliani. Sono accanto ai nostri valori di qualità, rispetto e volontà di non discriminare”.

È di soli pochi giorni fa la lettera del direttore qualità Coop Italia Maurizio Zucchi in cui si annuncia che i supermercati aderenti al gruppo avrebbero tolto dagli scaffali i prodotti Agrexco (il più grande esportatore di prodotti israeliani). Questo per non “rischiare” di vendere, come denunciato da “Stop Agrexco”, la rete nata in occasione dell’incontro nazionale di Pisa del 3 e del 4 ottobre 2009 che coinvolge decine di associazioni sotto il grido “boicottiamo i frutti dell’Apartheid israeliano”, prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania nei propri supermercati.

Dopo aver “analizzato con attenzione questa comunicazione” scriveva Zucchi nella missiva inviata alla rete di “boicottatori” lo scorso 18 maggio, “per salvaguardare il consumatore nella sua libertà di scelta rispetto a ciò che acquista, la Coop informa di aver deciso di sospendere gli approvvigionamenti di merci prodotte nei territori occupati e quindi valutare se esistano possibilità di specificare maggiormente l’origine del prodotto, al fine di consentire per il consumatore finale una reale distinzione tra i prodotti made in Israel e quelli eventualmente provenienti dai territori occupati”. E non finiva qui: La Coop scrive di essere intenzionata a “dare informazioni in merito alla vicenda in questione, in particolare individuando uno spazio su un prossimo numero delle riviste dei soci Coop”.

Oggi la retromarcia. O meglio la “precisazione” da parte di Coop Italia. “I punti vendita Coop distribuiscono regolarmente i prodotti provenienti da Israele. Per questa ragione le strumentalizzazioni e interpretazioni non corrette di questi giorni sono ingiustificate”, si legge sulla pubblicità sul Corriere. “Il boicottaggio è un’azione del tutto estranea a Coop che da sempre opera seguendo i propri valori: solidarietà, eticità, cooperazione e trasparenza. Coop è abitualmente rifornita di merci provenienti dai territori dello Stato di Israele, e solo su datteri e erbe aromatiche sono in corso ulteriori verifiche. Verifiche eseguite – conclude la pubblicità – per dare ai consumatori la garanzia di un’informazione completa sull’origine dei prodotti stessi al momento prevista dalla stessa Ue a livello amministrativo a fiscale. Anche per questi, comunque, siamo fiduciosi di trovare una soluzione in tempi rapidi”.

E se – come dichiarato nella stessa lettera del direttore Qualità Zucchi – Agrexco “non è fornitore Coop e non ha nei nostri confronti alcun legame contrattuale” il “no” di Coop ai prodotti israeliani di Agrexco è dovuto al fatto che gli stessi vengono venduti a Coop Italia attraverso un sub-fornitore.

Già nei giorni scorsi la Coop Italia aveva fatto sapere in una nota stampa di “non accettare le accuse di razzismo o di discriminazione nei confronti di Israele. Ripetiamo che il nostro non è un boicottaggio, ma una sospensione commerciale limitata a quelle merci e non ai prodotti israeliani”. Tanto è vero che “Coop sta attualmente commercializzando regolarmente i prodotti israeliani: le arachidi a marchio Coop provengono proprio da aziende agricole del territorio di Israele (oltre che dall’Egitto)”. E al fine di non alimentare il “polverone mediatico” che si è generato, oggi la pubblicità a pagamento sul Corriere.

(Fonte: Il Velino, 27 Maggio 2010)

Nella foto: la pagina di “precisazione” della Coop Italia pubblicata il 27 Maggio sul Corriere della Sera, edizione nazionale

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  • #1Micol

    Ben Gurion era un pacifinto razzista?
    http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/a-sour-pickle-1.292708

    Continuiamo a farci del male, a dare visibilità agli avversari e a offrire un’immagine tanto scadente delle nostre ragioni, il futuro di Israele ne godrà certamente…

    28 Mag 2010, 13:45 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    MO: PROTESTA SUPERMERCATO ROMA, NO A BLOCCO PRODOTTI ISRAELE

    (ANSA) – ROMA, 27 MAG – Protesta tra i carrelli della spesa in un ipermercato a Roma, dove una ventina di persone hanno contestato la “decisione, da parte di Ipercoop, di non vendere più prodotti esportati da Israele”. L’iniziativa è stata organizzata dal movimento antirazzista “Se non con noi chi per noi?”. Alcuni clienti, soprattutto appartenenti alla Comunità ebraica, hanno protestato tra i banchi all’interno del reparto di ortofrutta dell’Ipercoop nel centro commerciale “Euroma 2”. “La Coop ha deciso di non vendere più prodotti esportati da Israele giustificandosi con il fatto che per questi ultimi non é certificata l’origine, in quanto coltivati in territori occupati in Palestina – ha spiegato il portavoce del movimento Elio Limentani dopo aver parlato con uno dei responsabili di reparto del supermercato – il blocco dei prodotti di provenienza israeliana è partito già tre giorni fa su richiesta degli azionisti Coop. Questa decisione significa boicottare lo Stato di Israele con un atto di razzismo”.

    I manifestanti hanno anche distribuito nel centro commerciale diversi volantini con lo sfondo della bandiera israeliana, “contro chi vuole boicottare Israele” e dove si legge: “Israele è la nazione che contribuisce di più al mondo al vostro benessere. Ricordatevelo!”, ricordando i tanti prodotti creati in quel territorio ed esportati in tutto il mondo, che contribuiscono al progresso dell’umanità. Dopo aver chiesto spiegazioni ai responsabili dell’Ipercoop all’interno del centro commerciale i manifestanti, tra cui intere famiglie, si sono allontanati esponendo una bandiera di Israele.

    28 Mag 2010, 13:57 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Le Coop non si spiegano

    di Dimitri Buffa

    Comprare un’intera pagina del “Corriere della sera”, la 12 dell’edizione di ieri, per riuscire a non aggiungere nulla a quanto già scritto dagli altri giornali, e in primis da “L’opinione”, nei giorni scorsi a proposito di questo assurdo comportamento ai danni delle merci provenienti da alcune zone dello stato di Israele. La “Coop” si spezza ma non si spiega e intanto, in questo clima anti-israeliano, tra boicottaggi, equilibrismi linguistici e campagne di odio vere e proprie, come quelle promosse da “Stop Agrexco” e da “Forum Palestina”, cominciano ad arrivare le minacce di morte o le promesse di una “nuova vita dopo la conversione ad Allah” ai membri del comitato parlamentare per l’indagine conoscitiva sull’antisemitismo. A cominciare da Fiamma Nirenstein ma comprendendo tutti gli altri membri: Paolo Corsini (Pd), Renato Farina (Pdl), Raffaele Volpi (Lega Nord) ed Enrico Pianetta (Pdl). Ad esempio su holywar.org si invita alla “resistenza contro i servi della mafia ebraica che difendono lo stato nazista di Israele e che criticano l’antigiudaismo razzista”.

    Tra i reprobi si distingue l’ex editorialista dell’ “Avvenire” Maurizio Blondet. Le minacce al comitato non sono sempre così esplicite e dirette. Molti siti pubblicano frasi intimidatorie camuffate da allusioni esplicite: “Dobbiamo pregare per la conversione di Fiamma Nirenstein e la sua salvezza in un altro mondo”. O anche :”Occorre una kamikaze dell’anima che si lasci morire per la salvezza dell’anima di Nirenstein”. Insomma questa è l’atmosfera che si respira. Il comunicato della Coop, per il quale si sono spesi una cinquantina di migliaia di euro per metterlo in grande rilievo sul “Corsera”, è un capolavoro di ipocrisia. Prima si spiega che “i punti vendita Coop distribuiscono regolarmente i prodotti provenienti da israele”. E si dice che l’allarme lanciato sarebbe “ingiustificato”. Ma il secondo capoverso smentisce il primo: “..Coop è abitualmente rifornita di merci provenienti dai territori dello stato di Israele, e solo su datteri ed erbe aromatiche sono in corso ulteriori verifiche”. Se l’italiano e la logica non sono quindi un’opinione “non tutti i prodotti” provenienti da Israele sono distribuiti da Coop. La Coop dialoga con questi pseudo utenti dei propri supermercati, professionisti dell’istigazione al boicottaggio, con lettere scritte dal loro responsabile qualità dove si usa il “voi” per giunta con la maiuscola, roba che nemmeno per chiedere un mutuo in banca. Ma il danno di immagine della Coop, e anche della Conad (che però almeno ha fatto una precipitosa marcia indietro “senza se e senza ma”) sta diventando ogni giorno più evidente.

    Ieri proprio dal Comitato di indagine sull’anti-semitismo della Nirenstein era arrivato un secco comunicato: “Oggi a piena pagina su alcuni quotidiani troviamo una dichiarazione della Coop che afferma che sui propri scaffali si trovano i prodotti israeliani da loro “regolarmente distribuiti”. La Conad a sua volta ci ha fornito analoghe assicurazioni… le Coop e le Conad avevano, infatti, risposto positivamente (come per altro ancora risulta dal sito di “Stop Agrexco”) all’invito di un gruppo di Ong anti-israeliane ad eliminare tutti i prodotti provenienti dello stato ebraico per il sospetto che lo 0,4% dei prodotti importati dalla società “Agrexco”, provenisse dai territori contesi del West Bank.” “Non ci risulta – sottolinea il comunicato – che questo puntiglio di tracciabilità sia applicato a nessun altro stato fornitore di queste catene e constatiamo dunque che almeno le Coop seguitano ad applicare un elemento di discriminazione nei confronti dello Stato d’Israele. Elemento ribadito ancora oggi nell’annuncio sui quotidiani, nel quale è riportato che su alcune merci sono in corso ulteriori verifiche”.

    E ieri c’è stato anche un appello alla senatrice a vita Rita Levi Montalcini, di religione ebraica, nonchè all’attrice Luciana Littizzetto, beneficiaria di soldi della Coop per la propria Fondazione e volto della pubblicità per la stessa catena, affinchè prendano posizione su questa brutta vicenda. Un appello affinchè “chiedano a Coop e NordiConad di desistere da una scelta ‘suicida”. “La posizione – aggiungono – è talmente faziosa che non merita neppure di essere discussa”. Secondo i firmatari, “il provvedimento di Coop e NordiConad dovrebbe piuttosto applicarsi a tutti i Paesi dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, dove la censura non permette al mondo e neppure alle organizzazioni umanitarie di verificare le condizioni di vita della popolazione”. La lettera è firmata da Vito Kahlun (responsabile giovanile del Pri), Maurizio Gasparri (capogruppo PDL al Senato), dai deputati del Pdl Benedetto Della Vedova, Aldo Di Biagio, Fiamma Nirenstein, Andrea Orsini ed Enzo Raisi, dal deputato dell’Api Gianni Vernetti, dal giornalista ed ex deputato Pd Peppino Caldarola, da Piercamillo Falasca (Vice-presidente di Libertiamo), da Angelo Moscati (presidente Bene berith giovani), da Carmelo Palma (direttore di Libertiamo.it), dal giornalista Angelo Pezzana, da Giuseppe Maria Piperno (Presidente Unione dei Giovani Ebrei Italiani), da Filippo Rossi (direttore Farefuturo webmagazine), da Sergio Rovasio (segretario dell’Associazione Radicale “Certi Diritti”, da Alberto Tancredi (presidente Associazione Romana Amici d’Israele) e da Sofia Ventura dell’Università di Bologna. Da notare il fatto che neanche un esponente del Pd o dell’Idv abbia per ora sottoscritto l’appello.

    (Fonte: L’Opinione, 28 maggio 2010)

    28 Mag 2010, 14:00 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Israele – La politica e la cultura contro la Coop-Conad

    Rita Levi Montalcini e Luciana Littizzetto chiedano a Coop e NordiConad di “desistere dalla scelta suicida che farebbe più danni agli italiani che a Israele”. Lo si legge in una lettera aperta e sottoscritta da una quindicina tra parlamentari, personalità della cultura e del giornalismo, rivolta al premio Nobel per la Medicina che “per la sua Fondazione di ricerca accetta fondi della Coop” e all’attrice torinese che Littizzetto testimonial della Coop
    “presta il suo volto alla pubblicità della catena di supermercati” che ha deciso di sospendere la commercializzazione dei prodotti israeliani, provenienti dai territori occupati. “La posizione è talmente faziosa – si legge nella lettera – che non merita neppure di essere discussa. Preso tal quale, il provvedimento di Coop e NordiConad dovrebbe piuttosto applicarsi a tutti i Paesi dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, le libertà individuali violate o inesistenti, dove la censura non permette al mondo e neppure alle organizzazioni umanitarie di verificare le condizioni di vita della popolazione, specialmente dei detenuti, dove non c’è libertà di parola, di stampa, di opinione (…) dove la contestazione è repressa nel sangue e i manifestanti torturati, dove i bambini sono costretti a fare i soldati o gli schiavi nelle produzioni low cost e le donne fatte abortire quando portano in grembo una femminuccia”.

    “Forse Coop e NordiConad -domanando i firmatari dell’appello- rifiutano di approvvigionarsi di prodotti iraniani e cinesi o dei tanti paesi del mondo dove queste violenze sono cronaca quotidiana? Con una distribuzione Israele-free, sembra quasi che Coop e NordiConad vogliano venderci l’ideologia del politicamente corretto un tanto al chilo e con lo sconto soci”. L’appello è promosso Vito Kahlun, responsabile politiche giovanili Pri, ed è sottoscritto tra gli altri dai parlamentari del Pdl Maurizio Gasparri, Benedetto Della Vedova e Fiamma Nirenstein, dal deputato dell’Api Gianni Vernetti , e da Peppino Caldarola, giornalista ex deputato del Pd.

    Ecco i firmatari
    Vito Kahlun, responsabile politiche giovanili Partito Repubblicano Italiano
    Maurizio Gasparri, capogruppo PDL al Senato
    Benedetto Della Vedova, deputato PDL
    Aldo Di Biagio, deputato PDL
    Fiamma Nirenstein, deputato PDL
    Enzo Raisi, deputato PDL
    Andrea Orsini, deputato PDL
    Gianni Vernetti, deputato API
    Peppino Caldarola, giornalista ex deputato PD
    Sergio Rovasio, segretario associazione redicale “Certi Diritti”
    Piercamillo Falasca, vice-presidente di Libertiamo
    Angelo Moscati, presidente bene berith giovani
    Carmelo Palma, direttore di Libertiamo.it
    Angelo Pezzana, giornalista
    Giuseppe Maria Piperno, presidente Unione dei giovani ebrei italiani
    Filippo Rossi, direttore farefuturo webmagazine
    Alberto Tancredi, presidente associazione romana amici d’Israele
    Sofia Ventura, politologa Università di Bologna

    (Fonte: Affaritaliani.it, 27 maggio 2010)

    28 Mag 2010, 14:01 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    “Serve una stella gialla sulla merce?” Da Israele la replica alla Coop

    Parla il direttore di “Agrexco”, bandita dai supermercati

    di Giulio Meotti

    “Cos’altro dovrei fare, stampare una stella gialla sulle nostre scatole?”. A colloquio con il Foglio è Shimon Alchasov, direttore amministrativo del colosso israeliano Agrexco, la principale azienda dell’ortofrutta dello stato ebraico al centro di un movimento mondiale di boicottaggio. Il manager liquida così la decisione di Coop e Conad di bandire i prodotti “made in Israel” della Agrexco: “Non era mai accaduto che una azienda europea decidesse di non ordinare i nostri prodotti mischiando affari e politica”.

    Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha parlato di “scelta razzista”. Un coro critico e bipartisan si è levato anche in Parlamento contro la scelta delle due grandi catene italiane di non distribuire nei loro supermercati il marchio Agrexco, nei confronti della quale è in corso un movimento di contrapposizione globale, dicono per problemi di “tracciabilità commerciale” dei prodotti provenienti dai territori contesi dal 1967. E allora niente più agrumi Jaffa e frutta Jordain Plains, neanche vini del Golan. L’intero “made in Israel” rischia di subire un brutto colpo. C’è allora chi, come il deputato bolognese Enzo Raisi, annuncia: “Scelta razzista, straccio la mia tessera da socio”. Si sono fatti sentire anche deputati del Partito democratico come Emanuele Fiano e Roberta Della Seta.

    L’iniziativa delle catene italiane va ad aggiungersi al boicottaggio delle università israeliane da parte di quelle inglesi, alla campagna per il ritiro degli investimenti fatti da fondi di pensioni inglesi o scandinavi, e alla campagna anti israeliana delle chiese protestanti modellata su quella contro l’apartheid sudafricano. “Non abbiamo avuto perdite finora dal boicottaggio in Europa perché questa della Coop è stata in assoluto la prima volta”, ci dice Alchasov. “Non era mai successo che un’azienda non ordinasse nostri prodotti in nome della politica. Così facendo la Coop ha dato un enorme contributo al boicottaggio. Credo che la loro posizione sia più che altro naif, non hanno capito che è una trappola”.

    Il boicottaggio economico della Cisgiordania rischia di avvelenare fin dagli esordi i negoziati indiretti riavviati nei giorni scorsi dalla mediazione americana per tentare di scongelare il processo di pace. A innescare lo scontro è stata la decisione dell’Anp, formalizzata di recente per decreto da Abu Mazen, d’imporre un boicottaggio capillare in tutta la Cisgiordania palestinese contro i prodotti degli insediamenti. La decisione in passato era stata più volte rinviata, per non danneggiare gli interessi della manovalanza araba che lavora nelle comunità ebraiche. L’accusa rivolta alla compagnia parastatale Agrexco è che produca proprio nelle “colonie” del West Bank. “Dagli insediamenti nella valle del Giordano non importavamo nulla verso l’Italia, dove arrivano invece i nostri pompelmi, l’avocado e i meloni”, ci dice Alchasov. “Soltanto lo 0,4 per cento del nostro prodotto arriva dalle comunità nella valle del Giordano e lì diamo lavoro a tantissimi palestinesi. E’ l’unico lavoro che hanno e ne sono da sempre grati. Si capisce allora come la Coop abbia ceduto all’ideologia. E rischia di far perdere il lavoro a tanti arabi nostri operai. L’Agrexco nasce per dare lavoro a tutti senza distinzione, arabi ed ebrei, cristiani e musulmani, bianchi e neri, siamo a servizio dell’agricoltura nel mondo. Nella valle del Giordano siamo gli unici datori di lavoro presenti, arrivano ogni giorno anche operai dal confine giordano”.

    L’agricoltura israeliana ha insegnato al mondo come irrigare a goccia, impartendo lezioni su come far fiorire di prodotti indispensabili il deserto (come le serre di Gaza distrutte dopo il ritiro). “Facciamo miracoli con l’acqua”, dice Alchasov. “In Sicilia si usano le nostre tecniche, i nostri pomodorini ciliegini sono ovunque. I nostri tecnici aiutano i coltivatori diretti in Africa e America Latina”. Agrexco dice di operare nel rispetto della normativa europea. “In ogni cartone delle nostre merci c’è scritta la provenienza e il campo di produzione. Stiamo rispettando a pieno le leggi europee e l’Unione europea prevede il divieto di ogni boicottaggio. Non c’è pace senza buona economia. Senza lavoro, i palestinesi finiranno nel terrorismo. E’ quello che vuole Coop Italia?“.

    (Fonte: Il Foglio, 27 maggio 2010)

    28 Mag 2010, 14:03 Rispondi|Quota
  • #6Savino Isernia

    Questo filmato smentisce quanto hanno dichiarato !

    http://www.youtube.com/watch?v=urakFzx9wC0

    in quale altre parti del globo stanno applicando o hanno applicato le norme in vigore nei confronti di Israele ?

    28 Mag 2010, 14:15 Rispondi|Quota
  • #7Micol

    non voglio pensare di essere stata censurata, riposto il link http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/a-sour-pickle-1.292708

    e ri-chiedo:

    Beb Gurion era un pacifinto razzista?

    Avercene di Ben Gurion oggi, Israele non sarebbe all’angolo

    28 Mag 2010, 16:16 Rispondi|Quota
  • #8Daniele Coppin

    Savino, è interessante il filmato. In particolare è interessante notare come lo Stato di Israele scompaia nel cartello con la bandiera palestinese consegnato al direttore del supermercato. Finalmente un pò di chiarezza sul vero obiettivo di chi boicotta Israele affermando ipocritamente di contestarne l’occupazione dei “Territori Palestinesi”: la distruzione di Israele. Questo è il loro vero obiettivo, ed il boicottaggio è una delle varie tattiche (con il terrorismo, il boicottaggio culturale, la disinformazione) per ottenere lo scopo. Capito?! Ecco perchè gli “attivisti” se ne fregano delle violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali di altri Paesi: semplicemente perchè loro non sono interessati alla cancellazione di quei Paesi, mentr di Israele, sì. Che pena!

    28 Mag 2010, 18:11 Rispondi|Quota
  • #9Emanuel Baroz

    Quando sotto l’etichetta si cela il boicottaggio

    Dietro la «tracciabilità» una campagna mirata contro uno Stato


    di Pierluigi Battista

    Nell’Italia che gioca e minimizza con le parole, un boicottaggio prende le forme di un’aggrovigliata questione di «tracciabilità», e una campagna mirata all’ostracismo politico ed economico di uno Stato diventa un banale problema di etichetta, un diverbio a distanza sui prodotti a denominazione di origine controllata.

    E invece la guerra Coop (e Nordiconad) contro i prodotti israeliani dell’Agrexco si è rivelata nel giro di poche ore per quello che era: un caso politico, una disputa che al boicottaggio ha sommato un’inedita minaccia di contro-boicottaggio. Altro che «tracciabilità». Ora, stipulato l’accordo (o la tregua), i prodotti ortofrutticoli tornano sui banconi della Coop. La quale Coop ha trovato stavolta in Internet, nei blog, nei social network, un ostacolo insormontabile per la sua strategia di minimizzazione. Dicevano che non era «boicottaggio», che era solo una questione di precisione e di lealtà di mercato, che i clienti dovevano sapere che dietro il «made in Israel» c’erano anche i prodotti raccolti e lavorati dal gigante agro-alimentare Agrexco nei Territori occupati che, come è noto, non sono ancora uno Stato palestinese, ma sicuramente non sono Stato di Israele. Però l’Agrexco ha ribattuto che quei prodotti coprivano solo lo 0,4 per cento del totale e che se c’era da adeguare l’etichetta ai canoni fissati dalle norme Ue, allora non avrebbero opposto alcun impedimento. E allora, c’era bisogno che la Coop stilasse un annuncio tanto impegnativo, nientemeno che la liberazione dei propri scaffali dai prodotti israeliani, alcuni di incerta origine? Non potevano rivolgersi direttamente all’Agrexco, come poi è stato fatto, ma solo dopo l’improvvido, e catastrofico, annuncio del boicottaggio? E poi, sicuri che non era proprio, esattamente «boicottaggio»?

    I responsabili della Coop dicono di no, che non è mai stato boicottaggio. Ma poi si scopre che sul sito dell’ong «Stop Agrexco» ci si compiaceva nei giorni scorsi per «l’importante risultato della campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni» (tutto con le maiuscole) «contro l’apartheid israeliano». Solo una «questione di etichetta» o quell’accenno all’ «apartheid israeliano» non denuncia forse un’intenzione politica un po’ meno, per così dire, tecnicistica? «Boicottaggio», ecco comparire, ripetutamente e ossessivamente dai suoi promotori, la parola proibita. Così come compare, sullo stesso sito, la sequenza di azioni dimostrative che in un paio di mesi hanno vigorosamente convinto la Coop ad adottare improvvisamente la decisione ora rientrata: manifestazioni ai supermercati Coop di Largo Agosta e di Via Laurentina a Roma; manifestazioni davanti alla Coop di Pisa, Coop Italia di Casalecchio di Reno, davanti alle Coop di Pesaro e Jesi tramite l’organizzazione «Campagna Palestina Solidarietà Marche», e così via. Molto spesso comparivano volantini in cui si deplorava «il governo israeliano che si è ripetutamente macchiato di crimini contro la guerra e l’umanità». Sempre compariva la parola proibita, «boicottaggio»: quella che la Coop ha sempre negato, quella che basta dare un’occhiata a un po’ di filmati presenti sull’ubiqua e onnipresente YouTube per scoprirne il marchio «Boycott!», con i militanti che indossano la stessa maglietta inneggiante alla «Palestina libera», le stesse scene degli scaffali con i prodotti israeliani presi di mira, lo stesso linguaggio molto aggressivo.

    La strategia della minimizzazione, lo sradicamento della parola «boicottaggio» dal lessico della Coop, non hanno retto stavolta alle reazioni che hanno avuto soprattutto sui blog il loro canale di informazione: in modo «trasversale», sia sulla destra che sulla sinistra. Una sinistra che, in un’accorata lettera aperta firmata tra gli altri da Furio Colombo, Emanuele Fiano e Gianni Vernetti, si è interrogata stupefatta sulle ragioni che hanno indotto un’organizzazione «progressista» come la Coop ad assecondare la campagna anti-israeliana, sottovalutando l’impatto emotivo, e il risveglio di memorie orribili, dell’estromissione dei prodotti «ebraici» dagli scaffali di un negozio. Una destra che ha visto Fiamma Nirenstein tra i principali artefici del contro-boicottaggio e che tramite il ministro degli Esteri Frattini si è espressa con un aggettivo, «razzista», dal sapore inequivocabile. Su Facebook sono nati gruppi denominati «Coop boicotta i prodotti di Israele? Noi boicottiamo la Coop» e «Io non compro né alla Coop né alla Conad» che hanno raccolto miglia di adesioni. È comparsa addirittura la tragica foto della sorridente italiana del 1938 che spensieratamente esibisce il cartello «Questo negozio è ariano» sulla vetrina della sua bottega. Si sono scritte lettere aperte a Luciana Littizzetto, testimonial della Coop. La reazione comunicativa della Coop non ha funzionato, a cominciare dalla rassicurante pagina di pubblicità acquistata sui giornali per allontanare dal marchio Coop il fantasma del «boicottaggio ». Oggi si sigla, obtorto collo, un accordo con l’Agrexco. E lo schieramento anti- boicottaggio si ritrova, bipartisan, per un’ultima manifestazione di protesta davanti a un supermercato Coop. Un clamoroso autogoal, nel migliore dei casi. Una ferita aperta con una parte dell’opinione pubblica che non si riconosce nella martellante campagna anti-israeliana

    (Fonte: Corriere della Sera, 29 maggio 2010)

    31 Mag 2010, 09:38 Rispondi|Quota
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