Lettera a Sergio Romano, un uomo ossessionato dall’odio antisraeliano che occupa indegnamente il posto che fu di Indro Montanelli

 
Emanuel Baroz
2 novembre 2011
21 commenti

Ciclicamente ci ritroviamo “costretti” a dover parlare di questo personaggio che non perde occasione per disinformare in chiave antisraeliana i poveri lettori del Corriere della Sera che gli scrivono, pensando, poveri illusi, di trovare un interlocutore credibile. Questa volta, dopo l’ennesima falsità scritta in una risposta ad un lettore che gli chiedeva lumi sul rilascio di Gilad Shalit in cambio della scarcerazione di terroristi palestinesi, pubblichiamo integralmente una lettera a lui indirizzata che difficilmente vedrete pubblicata sul quotidiano di Via Solferino

Lettera a Sergio Romano, un uomo ossessionato dall’odio antisraeliano che occupa indegnamente il posto che fu di Indro Montanelli

Gentilissimo Sergio Romano,
lo stato di Israele ha liberato 1027 criminali non prigionieri di guerra. Liberandoli ha semplicemente ceduto a un ricatto. Chi cede ad un ricatto non avvalla nulla: sta semplicemente cedendo a un ricatto. Nemmeno Ghilad era un prigioniero di guerra: era una persona rapita. I prigionieri di guerra vengono visitati dalla croce rossa e protetti dalla Convenzione di Ginevra. Chi sta per 5 anni sotto terra è un ostaggio.

Se ci pensa con attenzione vedrà che alla fine ci arriverà anche lei, non è facilissimo da capire, certo, tutte queste parole che si somigliano, ostaggio, prigioniero, ma se si sforza può riuscirci.

Israele ha liberato 1027 criminali che hanno commesso crimini atroci e altri ne commetterano non per dimostrare una superiorità, ma perché, non è difficile, stava cedendo a un ricatto. Se non li avesse liberati non avrebbe avuto in cambio Ghilad. Vuole che cerchi di spiegarlo con parole un po’ più semplici?
Se invece di 1027 ne avessero liberati solo 1000 o 500 o 200 non avrebbero avuto indietro Ghilad.
Vede che adesso ha capito anche lei?

Ghilad è stato  liberato in cambio di 1027 detenuti, tutti detenuti dopo essere stati processati per reati contro la persona, per terrorismo, per omicidio, per decine di omicidi. È una scelta dolorosa: le madri e i padri di coloro che sono stati uccisi da quei terroristi ne sono stati straziati come straziati saranno i congiunti delle vittime se quegli stessi terroristi colpiranno ancora.
Eppure questa cifra è una vittoria.

1027 ad uno.

Questa cifra che regola lo scambio ci dice che le culture di vita, quelle che si battono per liberare gli ostaggi danno un peso alla vita 1027 volte superiore alle culture di morte. Ho visto un video trasmesso dalla televisione palestinese dove la madre di un terrorista suicida offriva i pasticcini alle amiche per festeggiare la morte del figlio. La madre che è andata all’Onu a fare da madrina a uno stato che vive in una cultura di morte non è fiera di essere la madre di uomini che hanno studiato nuovi antibiotici o nuove colture, o semplicemente e magnificamente la madre di uomini che vivono in pace, ma ci mostra la fierezza di essere la madre di pluriomicidi di cui uno suicida.
Noi, le culture di vita alla fine strisciamo, ci inginocchiamo, paghiamo denaro, restituiamo alla libertà criminali purché le vite di coloro che amiamo siano restituite.
1027  ad uno.

Le  culture di morte vincono le battaglie, ma perdono le guerre.
Come diceva Steinbeck: gli eserciti dove l’individuo non conta, alla fine vengono sconfitti.
Le culture dove l’individuo non conta alla fine sono destinate a soccombere.
I figli di coloro che credono di essere i nostri nemici prima o poi sentiranno enorme e irrefrenabile la voglia di essere persone, uniche e irripetibili.

A poca distanza dal luogo dove gli uomini dell’associazione terroristica Hamas  ballano per strada per festeggiare questa cifra 1027, senza capire che è una cifra della loro sconfitta, il sangue dei Copti, i Cristiani dell’Egitto,  scorre come fosse un liquido senza valore.

“La tragedia dei totalitarismi, ancora di più della perdita della libertà è la perdita dell’anima.” Ha scritto Edith Teresa Stein, suor Teresa della Croce, nata ebrea, docente di filosofia, convertita al cattolicesimo, suora carmelitana, morta ad Aushwitz.

Il laico Steinbeck  avrebbe usato la parola individualità al posto di anima, ma il concetto è lo stesso L’uomo persona delle culture di vita contro l’uomo formica, intercambiabile e obbediente, un uomo che può essere schiacciato senza problemi e senza rimorsi, delle culture di morte.

Che i nemici della vita, della libertà, che i nemici della felicità come sono stati chiamati, non si facciano illusioni.

Nell’assoluto dubbio che lei abbia capito, la mia migliore buona notte

Silvana De Mari medico e scrittore

Il Blog di Barbara

Nella foto in alto: Sergio Romano

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  • #1Emanuel Baroz

    A proposito di chi disinforma dalle pagine (e dai siti) dei quotidiani italiani segnaliamo anche questi due articoli, sotto i quali abbiamo lasciato un nostro commento:

    Il Kassam, la Jihad e il buon palestinese, a firma Ugo Tramballi (altra nostra vecchia conoscenza….)

    http://ugotramballi.blog.ilsole24ore.com/slow-news/2011/10/il-kassam-la-jihad-e-il-buon-palestinese.html

    e

    La guerra d’Israele contro l’Unesco, a firma Alberto Stabile (del quale potremmo quasi dire di essere cresciuti leggendo le sue castronerie antisraeliane…)

    http://stabile.blogautore.repubblica.it/2011/10/31/la-guerra-disraele-contro-lunesco/

    2 Nov 2011, 22:08 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Certo quel riferimento ad Edith Stein un pò stride….

    3 Nov 2011, 11:05 Rispondi|Quota
  • #4Luca Ciminelli

    Perché il riferimento alla Stein striderebbe?

    3 Nov 2011, 11:17 Rispondi|Quota
  • #5Luca Ciminelli

    Ho letto con molto interesse il vostro articolo. E poi sono andato a rileggermi quello di Sergio Romano, per cui non ho particolare ammirazione e con cui non di rado sono in disaccordo (il bello delle libere opinioni). Non riesco a percepire “l’errore grave” che la De Mari gli ìmputa.

    Condivido appieno il punto evidenziato dalla Dott.ssa De Mari nella parte centrale del suo scritto e immagino che avrebbe potuto benissimo essere anche questo una risposta alla domanda, ma mi sembra che sia laterale – o forse collaterale – a quello di Romano, che ha fatto soprattutto una valutazione sull’aspetto socio-politico dell’evento e sul personaggio Netanyau.

    Mi piacerebbe pensare che sia la polemica con Romano – almeno in questo caso – sia solo un pretesto. Temo che non lo sia. E pure il primo modo perché qualcosa cambi è cambiare il punto di vista.

    Pax bonum.

    3 Nov 2011, 11:32 Rispondi|Quota
  • #6Veneticus

    Silvana De Mari è un’agente sionista, uno squallido personaggio al soldo del Mossad. I suoi interventi fanno semplicemente schifo! Perchè non si trasferisce in Israele, a fare coppia con quell’altra fanatica scatenata pazza di Deborah Fait, così vivremmo tutti più felici e contenti? Quanto al riferimento a Suor Gertrude Stein, capisco la stizza del sionsita doc Emanuel Baroz : si tratta di una convertita, non di una rinnegata come la De Mari!

    3 Nov 2011, 12:11 Rispondi|Quota
  • #7barbara

    Effettivamente la scelta di citare, fra tutti i possibili autori di considerazioni simili, proprio Edith Stein, può essere discutibile, ma conoscendo il percorso di Silvana De Mari lo trovo anche abbastanza comprensibile. Quanto a Sergio Romano e ai suoi immondi capovolgimenti della verità, è davvero un essere spregevole e pericoloso.

    3 Nov 2011, 12:32 Rispondi|Quota
  • #8Emanuel Baroz

    Faziosità

    di Francesco Lucrezi, storico

    Fra i vari commenti sullo scambio tra Shalit e i detenuti palestinesi, spicca, come autentico monumento di faziosità, l’articolo di Lucio Caracciolo apparso su la Repubblica di mercoledì 19 ottobre. Proverò a riassumerlo, anche se meriterebbe di essere riportato riga per riga.

    Dunque: come affermato da un responsabile dei servizi segreti israeliani, il baratto “rafforza Hamas e indebolisce Fatah”. Da questo dato (assolutamente ovvio, che capirebbe anche un bambino), Caracciolo deduce l’esistenza di un vero e proprio ‘patto’, assolutamente solido e perfettamente funzionante, tra Israele e Hamas. E, tra le righe di questo patto, si possono leggere tre dati essenziali.

    Primo: se Israele “concede al nemico 1027 probabili futuri combattenti in cambio di un proprio sottufficiale, vuol dire che si sente terribilmente più robusto”. Ed è proprio questa convinzione alla base dell’impasse negoziale tra Israele e palestinesi, perché Netanyahu non ha alcun interesse a impegnarsi su un fronte che “non considera né strategico né pericoloso”. Per lui, non c’è alcun bisogno di “risolvere la questione palestinese, che di fatto non esiste. Lo status quo va bene”.

    Secondo: Hamas “è il miglior nemico possibile per Netanyahu”, tanto è vero che “è stata incentivata da Gerusalemme fin dagli anni Settanta”, per “costruire un contrappeso islamista al nazionalismo di Arafat, allora assai più minaccioso. Dividere i palestinesi per controllarli meglio”.

    Terzo: la scelta dei tempi dello scambio è stata oculatamente calcolata, perché lo scenario complessivo del mondo arabo mostra un rapido deteriorarsi della situazione, sicché domani “non ci sarà più spazio per trattare, neanche sottobanco. Semmai riparleranno le armi”. E infatti, “alcuni analisti israeliani [la solita “prova del nove”! n.d.r.] considerano la mossa di Netanyahu come propedeutica alla guerra preventiva contro l’Iran”… Da tempo Gerusalemme lavora ai dettagli di un attacco ai siti nucleari iraniani. La maggioranza dell’establishment militare israeliano lo considera una follia. Netanyahu no”.

    Il senso generale del discorso, e l’insegnamento di fondo che se ne trae, è che Israele può soltanto essere ammirato e invidiato, per la sua straordinaria potenza e fortuna. Protagonista assoluto del territorio, fa il bello e il cattivo tempo, con chiunque. È vero che ha molti nemici, ma non gli fanno un baffo, e si diverte a giocare con loro come il gatto col topo. Preferisce, ovviamente, i nemici “duri e puri”, che gli permettono di non smuoversi dalla sua logica esclusivamente militaresca, per cui umilia ed emargina (“tamquam non essent”) gli avversari ‘molli’, come Fatah, mentre coccola e blandisce, con occasionali regalini (tipo i 1027 liberati), quelli degni di considerazione (come Hamas). Periodicamente, è vero, diversi civili israeliani ci rimettono la vita, o lasciano per terra qualche gamba o qualche braccio, sotto i missili di Gaza, i bambini vengono bersagliati mentre vanno a scuola, e può anche capitare che un ragazzo resti sequestrato sottoterra per cinque anni e mezzo, ma queste piccolezze potranno magari turbare le anime delicate dei piccolo-borghesi, non certo i rudi politici-guerrieri di Gerusalemme. Perché, oltretutto, oltre che potente, Israele è anche fortunato, e tutto, alla fine, torna a suo vantaggio. Come il sequestro di Shalit, che ha permesso di cogliere addirittura tre piccioni con una sola fava: fare un dispetto al disprezzato Abu Mazen, premiare l’alleato di ferro Hamas, preparare l’opinione pubblica alla prossima guerra contro l’Iran (che Netanyahu – come rivelano gli “analisti israeliani” -, fregandosi le mani, si prepara a scatenare, già pregustando l’ennesimo successo, alla faccia dei pavidi e titubanti generali). E chi pensa che possa esserci, come “quarto piccione”, il piacere di avere riportato Shalit a casa, è solo un sentimentalone da libro Cuore, che non capisce un tubo di politica, e soprattutto di politica israeliana.

    Che dire? Protocolli dei savi anziani di Sion, seconda edizione riveduta e aggiornata. Complimenti.

    http://moked.it/blog/2011/10/26/faziosita/

    3 Nov 2011, 13:45 Rispondi|Quota
  • #9Emanuel Baroz

    PER L’INEFFABILE SERGIO ROMANO

    “Caro lettore…”

    Il livore antisraeliano, come si sa, può assumere infinite forme: dall’odio urlato e omicida, da “bava alla bocca”, alle più sfumate manifestazioni di leggera avversione, sospetto, perplessità, passando per tutta l’infinita gamma dei sentimenti umani. E quella del se, quanto, in quali casi, nei vari tipi di ostilità (o di non amicizia) si celino atteggiamenti antisemiti, è una vecchia, tediosa e insolubile questione.

    Ma certamente, fra gli infiniti modelli di antipatizzanti, un posto speciale merita Sergio Romano. Colto, affabile, pacato, dialettico, Romano non si arrabbia mai, non alza mai il tono della voce, neanche se qualcuno gli versa una bottiglia di birra sulla testa. Nelle sue argomentazioni c’è sempre un po’ di comprensione per tutti, anche per i “cattivi”, le cui azioni vanno sempre contestualizzate, inquadrate, storicizzate, bilanciate con le immancabili mancanze dei “buoni”, che Romano, più saggio e più equilibrato di re Salomone, ricorda con doverosa pignoleria. Romano sarebbe stato un notaio perfetto, un arbitro di calcio insuperabile, un papa eccezionale, davvero ecumenico, universale.

    L’unico caso in cui la perfettissima, calibratissima equidistanza di Romano viene meno, è quando gli capita di argomentare su uno dei suoi temi preferiti, ovverosia Israele. Non solo l’Israele Stato, indipendente dal 1948, ma anche i suoi lontani precedenti, fin dagli albori del sionismo, nonché i legami tra Israele e il mondo esterno, le opinioni di chiunque parli, scriva o pensi di Israele. Non che, in questi casi, Romano perda la sua proverbiale calma. Questo mai, per carità. Solo che, quando si tratta di Israele, Romano non cerca (o forse lo cerca, ma non lo trova?) il benché minimo argomento a favore dello Stato ebraico, sia pure addotto per lenirne minimamente le terribili colpe. Israele, i suoi fondatori, cittadini, sostenitori, giustificatori ecc., hanno sempre, immancabilmente torto. Sempre.

    Qualche volta, Romano, magnanimo, ospita nella sua rubrica di lettere sul Corriere della Sera il timido tentativo di protesta da parte di qualche lettore insoddisfatto (l’ultimo, per esempio, Franco Cohen, lo scorso 15 settembre), per riservare al malcapitato il trattamento che merita: “Caro Cohen (Romano chiama sempre ‘cari’ i suoi lettori, è davvero molto buono, o forse sono tutti amici suoi, boh…) …temo di avere opinioni diverse dalle sue”. E giù montagne di dati, cifre, documenti, statistiche, prove inoppugnabili, atte a distruggere qualsiasi avversario. Abilissimo nell’accostare argomenti di diversa provenienza, specializzato nell’estrapolare giudizi critici su Israele da parte di commentatori ebrei (è molto facile trovarli, e poi valgono di più, non è vero?) Romano usa la penna come un fioretto, con l’eleganza e la freddezza del più abile dei moschettieri. Come Mohammed Alì, “vola come una farfalla, punge come una vespa”. L’avversario è al tappeto, Israele ha torto.

    Romano è talmente bravo che ha convinto anche me. Israele ha torto, ma, se avessi il coraggio di scrivergli una lettera, ci sarebbe una cosa, una sola, che non mi è chiara, e che vorrei chiedergli. “Signor Romano, è vero, i sionisti compirono un sopruso, e poi gli israeliani si sono sempre comportati male, sotto tutti i governi, in pace e in guerra, sui campi di battaglia come al bowling, al bar, sulla spiaggia. Ma come è possibile che un intero popolo, da qualsiasi parte del mondo provenga, qualsiasi cosa faccia, di generazione in generazione, faccia sempre male? Neanche di un singolo mostro si potrebbe mai dire una cosa del genere: Hitler, Stalin, Gengis Kahn, qualche volta avranno pagato il dovuto al loro barbiere, non avranno barato nel giocare a carte, non avranno buttato le cartacce per strada. Come mai con Israele, e solo con Israele, si è realizzato l’insondabile mistero del ‘torto perenne’?”

    Ma è una domanda che non gli rivolgerò. Non gli scriverò, non solo per non essere da lui massacrato sul ring, ma, soprattutto, per non sentirmi chiamare “caro Lucrezi”.

    Francesco Lucrezi, storico

    http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/2011/11/03/per_lineffabile_sergio_romano.html

    3 Nov 2011, 20:53 Rispondi|Quota
  • #10Luca Ciminelli

    Barbara (ma è un atteggiamento frequente in molti), non trova “spregevole” piuttosto la personalizzazione del dissenso. Personalmente preferisco l’approccio di Voltaire.

    3 Nov 2011, 21:44 Rispondi|Quota
  • #11barbara

    Personalmente no, non ritengo spregevole criticare gli antisemiti. Non trovo spregevole criticare chi mente. Non trovo spregevole criticare chi fomenta l’odio. Il noto antisemita Voltaire, certo, vedeva le cose in maniera un tantino diversa, e a lui l’antisemita Sergio Romano sicuramente non sarebbe dispiaciuto. Per inciso, comunque, la nota frase di Voltaire NON è di Voltaire che era sì antisemita, ma non idiota. Perché solo un’idiota potrebbe essere disposto a morire per concedere agli idioti il diritto di dire le loro idiozie.

    4 Nov 2011, 00:58 Rispondi|Quota
  • #12Luca Ciminelli

    Provo a ridirlo, magari stavolta si capisce meglio.

    Barbara (ma è comune a molti), non trova sbagliato attaccare le persone con giudizi netti e inappellabili (“spregevole”) invece di attaccare/contestare le loro idee?

    4 Nov 2011, 21:38 Rispondi|Quota
  • #13barbara

    No, non ritengo sbagliato definire spregevole un essere che si dedica a tempo pieno a produrre disinformazione e fomentare odio.

    5 Nov 2011, 14:15 Rispondi|Quota
  • #14Roberto Visentini

    Cari “Fratelli Maggiori” non vi sembra di esagerare?

    Adesso ve la prendete pure con il povero Sergio Romano reo, a vostro avviso, di dire ad alta voce quello che la Comunità Internazionale vi dice dal lontano 1967 e cioè che la sicurezza, la pace e il riconoscimento di Israele da parte dei paesi limitrofi è legato al riconoscimento e all’indipendenza di uno stato palestinese che deve essere costituito nei territori occupati e che gli insediamenti (che per l’ONU e anche per il vostro Grande Fratello U.S.A. sono illeggittimi e illegali) sono un ostacolo a qualsiasi vero e reale processo di pace.
    Fino a quando cari “Fratelli Maggiori” governerà in Israele quel Fessacchiotto di Netanyahu la pace non ci sarà perchè lui vuole inzeppare i territori palestinesi di altri coloni e di altri insediamenti che sono, per il diritto internazionale, TOTALMENTE ILLEGALI.
    QUESTA E’ LA VERITA’ E QUESTI SONO I FATTI!!!!!!!!!
    E ADESSO CARI “FRATELLI MAGGIORI” PRENDEVE NA’ PURGHETTA O, DAL MOMENTO CHE VEDETE IN OGNI CRITICA AD ISRAELE IL GESTO DI UN ANTISEMITA, ANDATE DALLO PSICANALISTA (MAGARI UNO DELLA SCUOLA DI FREUD) A COMINCIARE DA UN CERTO ADRIANO MORDENTI (CHE MORDE TROPPO) E UNA CERTA SIGNORA (SI FA PER DIRE PERCHE’ QUANDO APRE LA BOCCA VOMITA UN SACCO DI PAROLACCE) FRANCA SPIZZICHINO SPIZZICHETTI

    5 Nov 2011, 17:46 Rispondi|Quota
  • #15michael

    personalmente trovo spregevole l’approccio semplicistico e banale di Romano.
    i suoi commenti, centellinati dall’alto, volti a distribuire perle di pseudo-saggezza politically correct, condite di anti-israelianesimo spinto.
    trovo spregevole l’esemplificazione che fa, e il riportare dati a pene di cane, scegliendo oculatamente solo quelli che supportano le sue idee (chamarle tesi mi pare troppo).
    spregevole. ovvero privo di alcun pregio. privo di qualita’
    che pregio hanno le cazzate ? ZERO!
    morire per delle idee ? se po’ fa.
    dare le vita per permettere a dei propagatori di cazzate di continuare a farlo?
    direi che a voltaire che pontificava dal suo ritiro svizzero si puo’ tranquillamente rispondere: “ma anche no”

    nessuno mai a ricordare che i primi a scrivere di diritti universali li appaiavano SEMPRE a degli altrettanto universali DOVERI di civilta’ e umanita’ ?
    ovvero: diritto a esprimere opinioni? a patto che (almeno) ci si sforzi a produrne di valide.

    5 Nov 2011, 21:18 Rispondi|Quota
  • #16Luca Ciminelli

    Penso comunque che lei perda un’occasione.

    Percepisco inoltre molto più (inequivocabile) odio nelle sue parole che in quelle di Sergio Romano. E anche questa mi sembra un’occasione persa.

    Ma probabilmente è solo la mia percezione e non è così e semplicemente lui “nasconde” meglio, chissà. Ma l’odio per certo non credo equilibri l’odio nel dubbio.

    5 Nov 2011, 23:35 Rispondi|Quota
  • #17barbara

    Sì caro va bene.

    6 Nov 2011, 01:00 Rispondi|Quota
  • #18Luca Ciminelli

    Forse sbaglio anche io, forse avere un tono pacato è più fastidioso che urlare, ma a me danno più fastidio le urla, sig. Visentini. Trovo che chi urla ha quasi sempre torto, anche quando ha ragione. Ha torto verso se stesso.

    Mi sono andato a rileggere ancora una volta l’articolo dell’ex ambasciatore Sergio Romano, e ancora una volta non sono riuscito a trovare in tutta la prima parte (da “Caro Scotti” a “chi cede al ricatto finisce per incoraggiarlo”). Qualcuno mi può spiegare cosa ci vede di “antisemita” in quella parte? Cercando di isolare “antisemitismo” da “contrarietà verso uno specifico governo o uomo di governo israeliano”, se nel caso.

    Capisco invece il senso di fastidio dell’autrice del blog, ma più rileggo la frase di Sergio Romano “Nel caso dei palestinesi come in quello dei detenuti di Guantanamo, penso che la definizione migliore sia «prigionieri di guerra». È una qualifica che il governo israeliano, scambiandoli con Shalit, ha implicitamente avallato.” più mi sembra una tesi, un’opinione. E sono convinto che le opinioni si combattano con altre opinioni partendo dall’ipotesi che entrambe siano vere e dimostrando l’eventuale errore. Senza urlare né offendere né uscire dal seminato (dando dell’antisemita, che è poi banalmente dire “del razzista”, io credo; o no?).

    Ciò detto, personalmente se chi ha ucciso o organizzato la strage di civili inermi fosse rimasto in carcere per sempre non mi sarebbe spiaciuto e non invidio la posizione di Netanyahu (ma non lo stimo affatto per tante altre scelte inutilmente provocatorie).

    Pax bonum (anche al Visentini) ^__^

    7 Nov 2011, 20:54 Rispondi|Quota
  • #19Emanuel Baroz

    A me le persone come il Sig. Visentini fanno solo pena…..hanno bisogno di cure che evidentemente non ricevono e quindi si sfogano sul web

    13 Nov 2011, 12:32 Rispondi|Quota
  • #20Emanuel Baroz

    …pregiudizio

    Sul Corriere della Sera di ieri (9 Novembre 2011), Sergio Romano spiegava al lettore Alessandro Prosperi perché i palestinesi nelle carceri israeliane (compresi gli autori delle più efferate stragi terroristiche) si debbano definire prigionieri di guerra. Romano parla di “quanto è accaduto nella regione durante i 130 anni trascorsi dai primi insediamenti sionisti”, ignorando che fin dall’antichità la continuità della presenza ebraica sul territorio non è mai cessata, e dunque distinguendo eticamente fra ebrei (forse buoni) e sionisti (certo cattivi).

    Poi Romano, suggerendo un’altra distinzione etica, dice che “il popolo A ha costruito il suo stato su una parte della regione, occupa l’altra parte, e dispone di un esercito, di un arsenale moderno, e di un territorio in cui può preparare le sue operazioni”; mentre “il popolo B vuole invece la fine dell’occupazione, reclama l’indipendenza, e ricorre alle armi che sono state usate da tutti i movimenti di resistenza e di liberazione”. Romano certo sa bene che nel novembre 1947, quando l’Assemblea generale dell’ONU approvò a grande maggioranza il piano di spartizione della Palestina, il popolo A e il popolo B si trovavano esattamente nella stessa posizione: non esisteva uno Stato, ma solamente due movimenti di liberazione nazionale contrapposti. Di fronte alla soluzione di compromesso proposta dall’ONU, “il popolo A” l’accettò, sia pure a malincuore, e “il popolo B” la rifiutò. Rilegga Romano le assai istruttive dichiarazioni di voto del 1947 dei rappresentanti delle due parti di fronte all’assemblea dell’ONU, e vi troverà raffigurati fedelmente gli estremi odierni del conflitto. Il popolo A, dunque, si erige a Stato, ma il popolo B rifiuta di erigersi a Stato e invece cerca con tutti i mezzi possibili di impedire l’esistenza dello Stato (e forse anche del popolo) A. La preoccupazione per la corretta definizione dei palestinesi nelle carceri israeliane passa in secondo piano se la storiografia non è generalmente equilibrata, è poco documentata, ed è infiltrata da pregiudizio.

    Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

    http://moked.it/blog/2011/11/10/pregiudizio-2/

    29 Nov 2011, 11:57 Rispondi|Quota
  • #21Emanuel Baroz

    Uno Stato come gli altri?

    di Sergio Della Pergola

    Venerdi 20 gennaio Sergio Romano spiegava a un lettore perché è interesse di Israele “essere considerato uno Stato come gli altri”. L’Ambasciatore, nel riconoscere la propria “scarsa neutralità” nei confronti dell'”attacco israeliano contro il Libano”, notava che “nella politica internazionale esistono interessi comuni e interdipendenze che espongono ogni stato al giudizio degli altri paesi”, che Israele ha “una certa tendenza a giustificare la propria politica con l’eccezionalità della sua storia”, sconta le “imprudenze e le imprevidenze della sua politica estera”, e sfrutta “l’amicizia e la complicità degli Stati Uniti”. È evidente, nella logica di questa analisi, che a parte Israele, tutti gli altri Stati del mondo sono “Stati come gli altri”. Israele è il solo che abbia mai compiuto un “attacco” contro un altro Stato. Solo Israele è esposto “al giudizio degli altri paesi”. Solo la politica estera di Israele pecca di “imprudenze e imprevidenze”. Solo Israele gode della “complicità” degli Stati Uniti, una parola, “complicità”, tipicamente, associata alla parola “reato”. Solo Israele tende a giustificarsi “con l’eccezionalità della propria storia”, forse perché “uno Stato come gli altri”, per definizione, non può avere una storia eccezionale. Ma più che alla storia, basta guardare al presente: nessuno “Stato come gli altri” è minacciato di essere raso al suolo, come Israele in passato dall’Iraq, e oggi dall’Iran. Nessuno “Stato come gli altri”, solo Israele, è oggetto dell’articolo 7 dello statuto di Hamas che dice: “vieni Abdullah e uccidi l’ebreo che si nasconde dietro ogni albero e ogni pietra”. La verità: finché ci sono analisti come Sergio Romano, mai Israele potrà essere considerato “uno Stato come gli altri”.

    (Fonte: Notiziario Ucei, 26 gennaio 2012)

    29 Gen 2012, 15:53 Rispondi|Quota
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