Beirut (Libano): esplode autobomba nella roccaforte di Hezbollah, causando morti e feriti

 
Emanuel Baroz
15 agosto 2013
5 commenti

Beirut, esplode autobomba: Almeno 18morti e 280 feriti. Gruppo islamista rivendica: “Obiettivo Hezbollah”

L’esplosione sarebbe avvenuta in un quartiere alla periferia sud della città. La tv libanese mostra le immagini di auto in fiamme in una strada di un quartiere residenziale e commerciale

beirut-libano-autobomba-hezbollah-focus-on-israelBeirut, 15 agosto 2013 – Almeno 18 persone sono morte e oltre 200 sono rimaste ferite nell’esplosione avvenuta in un quartiere alla periferia sud di Beirut, in Libano. Lo riferisce l’agenzia di stampa di Stato libanese. Si tratta del distretto di Rweiss, a maggioranza sciita, considerato una roccaforte di Hezbollah. L’esercito libanese ha fatto sapere che l’esplosione sarebbe avvenuta a causa di un’autobomba.

La tv libanese mostra le immagini di auto in fiamme in una strada di un quartiere residenziale e commerciale. La televisione di Hezbollah, Al Manar, ha fatto sapere che l’esplosione è avvenuta precisamente in una grande strada che separa il quartiere di Rweiss da quello Beir al-Abed. La zona di Beir al-Abed, anch’essa a maggioranza sciita, è quella in cui lo scorso 9 luglio esplose un’autobomba provocando il ferimento di oltre 50 persone. Non ancora del tutto chiarite le cause dell’esplosione di oggi, anche se la tesi dell’attentato con una autobomba prende sempre più piede.

Poco dopo, un gruppo islamico sunnita ha rivendicato l’esplosione, affermando che si è trattato di un’azione contro il movimento sciita Hezbollah e minacciando nuovi attacchi.”E’ la seconda volta che decidiamo il luogo della battaglia e il momento. E ne vedrete ancora, se Dio vuole”, ha detto un uomo mascherato con a fianco due uomini armati di fucili in un video indirizzato al leader di Hezbollah Sayyed Nasrallah.

(Fonte: Quotidiano.net, 15 Agosto 2013)

Nella foto in alto: un estratto del video relativo all’attentato contro gli Hezbollah mandato in onda dalla tv libanese Al Manar, di proprietà dell’organizzazione terrorista sciita

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  • #1Emanuel Baroz

    15 agosto 2013 – Diciassette ebrei yemeniti sono stati trasportati in Israele con un’operazione segreta: quattro sono giunti mercoledì direttamente dallo Yemen all’aeroporto Ben Gurion; due coppie con un bambino sono arrivate attraverso un paese terzo non identificato; gli altri sono stati clandestinamente ospitati a Buenos Aires dall’agosto 2011 presso un gruppo ultra-ortodosso. Diversi di loro si sono riuniti con i famigliari già in Israele. L’operazione, in coordinamento fra Agenzia Ebraica e i ministeri israeliani degli interni, degli esteri e dell’immigrazione, si è resa necessaria a causa della violenza antisemita in crescita nello Yemen dopo la cacciata del presidente Ali Abdullah Saleh nel 2011. Sale così a 45 il numero di ebrei yemeniti portati in Israele quest’anno; a 151 quelli arrivati dal 2009. Nello Yemen rimangono meno di 90 ebrei, circa la metà dei quali vive in una struttura protetta nella capitale Sa’ana. Nel 1949-50 circa 49.000 ebrei yemeniti vennero portati nel neonato stato di Israele con l’Operazione Tappeto Magico.

    15 agosto 2013 – L’israeliano Gur Hamel, condannato nel 2000 all’ergastolo per aver ucciso un palestinese vicino a Itamar, ha proclamato lo sciopero della fame per protestare contro la disponibilità delle autorità israeliane a scarcerare detenuti “politici” palestinesi e non detenuti “politici” ebrei israeliani.

    15 agosto 2013 – Si è concluso mercoledì notte, a Gerusalemme, il secondo incontro negoziale diretto tra le delegazioni israeliana e palestinese.

    (Fonte: Israele.net)

    20 Ago 2013, 19:33 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    14 agosto 2013 – I negoziati diretti fra Israele e palestinesi riprendono mercoledì a Gerusalemme sotto un blackout informativo pressoché totale: non sono stati resi noti in anticipi né il luogo, né l’ora, né i temi in agenda. La squadra israeliana è composta dalla ministra Tzipi Livni e dall’inviato personale del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Yitzhak Molcho. I palestinesi sono rappresentati dal capo negoziatore dell’Olp Saeb Erekat e da Muhammad Shtayyeh. Presente all’incontro l’inviato speciale Usa Martin Indyk, accompagnato da Frank Lowenstein, ex braccio destro di John Kerry. Un rappresentante del governo israeliano ha detto che Netanyahu è convinto che uno stato palestinese sia nell’interesse di Israele per ragioni demografiche, al fine di preservare il carattere ebraico e democratico di Israele e di respingere i tentativi di delegittimarlo. “Ma Netanyahu – ha aggiunto la fonte – è anche convinto che uno stato palestinese che assomigli alla Gaza di oggi, ostile, nell’orbita iraniana e che promuove il terrorismo contro Israele, è una cosa che gli israeliani non possono permettersi”.

    14 agosto 2013 – Le forze di sicurezza egiziane hanno iniziato mercoledì mattina lo sgombero forzato dei sit-in di protesta dei sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi. A metà giornata, secondo un reporter della AFP si contavano almeno 43 persone uccise. Secondo fonti dei Fratelli Musulmani non altrimenti confermate, i morti sarebbero fra 120 e 250, e più di 800 i feriti. La tv egiziana ha parlato anche di due membri delle forze di sicurezza uccisi. Per reazione, secondo mass-media egiziani citati dalla AFP, sostenitori dei Fratelli Musulmani hanno incendiato mercoledì la chiesa Gergiss Mar, a Sohag, e altre due chieste copte nella provincia di El-Menia.

    14 agosto 2013 – L’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, in una dichiarazione diffusa mercoledì ha esortato l’organizzazione islamista palestinese Hamas, che controlla la striscia di Gaza, a fermare tutte le esecuzioni capitali perché vengono imposte senza alcun regolare processo.

    14 agosto 2013 – Tra festeggiamenti e fuochi d’artificio, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha ufficialmente ricevuto martedì notte, al palazzo della Muqata a Ramallah, undici detenuti palestinesi scarcerati da Israele. “Diamo il benvenuto ai nostri fratelli – ha dichiarato Abu Mazen davanti a una folla festante – e affermiamo che loro sono i primi, ma che ci sono altri fratelli che presto li seguiranno. Non ci fermeremo fino a quando non saranno tutti con noi”. Abu Mazen non ha fatto menzione dei colloqui di pace che riprendono mercoledì pomeriggio a Gerusalemme.

    14 agosto 2013 – Quindici terroristi palestinesi scarcerati da Israele hanno attraversato il confine fra Israele e striscia di Gaza, martedì notte, attraverso il valico di Erez. Altri undici sono entrati in Cisgiordania attraverso il posto di controllo di Beitunia.

    14 agosto 2013 – Dopo i razzi lanciati martedì da Gaza, l’aviazione israeliana ha attaccato nella notte una rampa di lancio nella parte nord della striscia di Gaza.

    14 agosto 2013 – Due razzi palestinesi lanciati martedì sera dalla striscia di Gaza verso Israele: uno, puntato verso la città di Sderot, sarebbe ricaduto all’interno del territorio palestinese; l’altro si è abbattuto su un terreno non edificato nella zona di Sha’ar HaNegev.

    14 agosto 2013 – Record del turismo israeliano nel mese di luglio con 246.000 ingressi, pari a un aumento del 2% rispetto al luglio 2012 e del 4% rispetto al luglio 2011. Dall’inizio del 2013, oltre 2 milioni di turisti hanno visitato Israele: un lieve aumento rispetto allo stesso periodo del 2012. Diminuito, invece, dell’8% rispetto al luglio dell’anno scorso il numero di turisti entrati in Israele attraverso le frontiere di terra: un’evidente conseguenza, secondo il Ministero del turismo, della grave instabilità in Egitto e nel resto della regione.

    14 agosto 2013 – Il “governo” di Hamas nella striscia di Gaza ha vietato le celebrazioni organizzate da Fatah per martedì ser,a a Khan Yunis, in occasione della scarcerazione di detenuti palestinesi nel quadro del riavvio dei negoziati con Israele. Ne ha dato notizia l’agenzia di stampa palestinese WAP. Vietata da Hamas anche la stampa di poster e volantini per celebrare l’evento.

    14 agosto 2013 – “L’apparato diplomatico iraniano non arretrerà di una virgola” sui “diritti nucleari” della nazione. Lo ha detto il neo-nominato ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif nel corso di un’audizione, martedì, davanti al parlamento che dovrebbe approvare la sua nomina entro questa settimana. La tv di stato iraniana ha trasmesso il discorso in diretta.

    14 agosto 2013 – Il primo ministro palestinese ad interim Rami Hamdallah ha ritirato le sue dimissioni e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) lo ha incaricato per la seconda volta di formare il governo palestinese. Il portavoce dell’Autorità Palestinese, Nabil Abu Rudaina, ha detto che il nuovo governo dovrà essere formato entro cinque settimane. Due mesi fa Hamadallah aveva rassegnato le dimissioni, solo diciotto giorni dopo essere stato incaricato, a causa di tensioni con Abu Mazen circa le nomine di vice primi ministri

    14 agosto 2013 – La Corte Suprema israeliana ha respinto martedì mattina il ricorso presentato da famiglie di vittime del terrorismo contro la scarcerazione di 26 detenuti palestinesi nel quadro del riavvio dei negoziati diretti: una decisione, ha spiegato il presidente della Corte Asher Grunis, che è “strettamente di competenza del governo in quanto responsabile degli affari esteri e della sicurezza nazionale”. “I nostri sentimenti – ha aggiunto il giudice – sono vicini alle famiglie delle vittime del terrorismo, la cui angoscia è enorme e noi non possiamo fare nulla per alleviarla. Il rilascio di detenuti che hanno commesso crimini di tale gravità è la più difficile delle decisioni. Siamo sicuri che le autorità preposte hanno deciso con il cuore pesante, tenendo in considerazione il dolore e la posizione delle famiglie delle vittime”. Le decisione delle Corte ha rimosso l’ultimo ostacolo giuridico al provvedimento di grazia per procedere con le scarcerazioni.

    14 agosto 2013 – L’Egitto ha drasticamente ridotto il numero di palestinesi autorizzati a entrare dalla striscia di Gaza da quando l’esercito ha deposto il presidente islamista Mohamed Morsi. Un funzionario egiziano ha spiegato che i nuovi limiti non sono “una punizione” per le posizioni islamiste di Hamas, ma lo sforzo di ridurre il traffico civile mentre l’Egitto intensifica le operazioni militari contro gli islamisti nella regione del Sinai, al confine con la striscia di Gaza.

    14 agosto 2013 – Secondo un sondaggio dell’Institute of Arab World for Research and Development diffuso lunedì, i giovani palestinesi di Cisgiordania e Gaza (fra 18 e 30 anni d’età, cioè palestinesi che avevano 10 anni o meno quando vennero firmati gli accordi di Oslo nel 1993) sono divisi sulla questione dei negoziati con gli israeliani, con il 46% a favore e il 48% contrario. Solo il 25% dei giovani palestinesi intervistati ha detto di riporre “maggiori speranze” nel processo di pace oggi rispetto a un anno fa, contro il 38% che ha dichiarato di avere “meno speranze”. Il 31% ha indicato la lotta armata come il mezzo migliore per porre fine all’occupazione.

    14 agosto 2013 – Secondo un reportage del quotidiano libanese As-Safir, Iran Hezbollah Hamas e Fratelli Musulmani stanno cercando di appianare le loro divergenze alla luce degli eventi in Egitto, della crisi in Siria e della ripresa dei negoziati diretti israelo-palestinesi. Secondo il giornale, di recente si sono tenute riunioni tra gli iraniani e le organizzazioni, sia a Beirut che a Teheran, nel corso delle quali le parti hanno convenuto di rafforzare la cooperazione militare e politica.

    14 agosto 2013 – Anche il “Consiglio della Shura dei Mujahideen attorno a Gerusalemme”, un’organizzazione jihadista attiva nella striscia di Gaza e nel Sinai, ha rivendicato il lancio di un razzo Grad su Eilat di lunedì notte con un comunicato in cui si afferma che “Eilat e le altre città ebraiche non avranno mai né sicurezza, né turismo, né una florida economia”. Il gruppo si vanta d’aver “infuso paura e soggezione nei cuori dei criminali ebrei, costretti a correre nei rifugi nel mezzo della notte”. “Preghiamo Allah di accrescere la paura nei loro cuori – continua il comunicato – Il Sinai, i suoi uomini e le sue tribù sono invincibili e l’arroganza sionista non riuscirà a umiliarli”. In precedenza fonti palestinesi avevano riferito della rivendicazione da parte del gruppo Ansar Bayt Al-Maqdis, quattro membri del quale sono stati uccisi venerdì da un raid aereo attribuito alle Forze di Difesa israeliane ma rivendicato dalle forze armate egiziane, mentre preparavano un lancio di razzi dalla parte egiziana di Rafah.

    14 agosto 2013 – Nel ribadire di non riconoscere “la legittimità delle attività di insediamento israeliane”, il vice portavoce del Dipartimento di stato Usa, Marie Harf, ha riconosciuto lunedì che, d’altra parte, il governo israeliano sta facendo “un passo molto difficile” scarcerando detenuti palestinesi pere favorire il riavvio dei negoziati diretti. Il Segretario di stato John Kerry ha detto lunedì che l’annuncio di Israele delle nuove case negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est “era in qualche modo atteso”, e ha invitato israeliani e palestinesi ad andare avanti con i colloqui di pace previsti per questa settimana. “Ciò che tutto questo mette in evidenza – ha aggiunto Kerry – è l’importanza di tornare rapidamente al tavolo negoziale” per risolvere i contenziosi su insediamenti e altre questioni.

    (Fonte: Israele.net)

    20 Ago 2013, 19:35 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Quando gli arabi uccidono altri arabi

    Quel che Israele deve e non deve fare

    Ci sono persone nel mondo che ancora si ostinano a parlare di “primavera araba”, un termine chiaramente associato a grandi speranze, a un quadro quasi idilliaco del mondo arabo. La verità è che non esiste nessuna primavera, ma solo oscurità e tanto sangue: il sangue di arabi uccisi da altri arabi in quantità sempre crescenti.

    Si tratta di una situazione che non può non destare viva attenzione in Israele, che si trova geograficamente nell’occhio del ciclone e che è stato, e pare destinato ad essere anche in futuro, il bersaglio favorito del livore e dell’odio che sembrano regnare sovrani in questa travagliata regione del mondo. La reazione ufficiale del governo israeliano è stata esemplare. È chiaro che qualsiasi reazione da parte di Israele verrebbe usata contro di noi e dunque, con una modalità del tutto insolita per il tradizionale modo di fare israeliano, il governo Netanyahu giustamente se sta zitto.

    Gli arabi sono sempre pronti a incolpare Israele di tutto, e lo fanno anche adesso. Invito chiunque maneggi un po’ di arabo a leggersi i tweet e le reazioni su facebook in arrivo dall’Egitto nelle ultime 48 ore: saranno sorpresi di scoprire che tutto quanto sta accadendo è una perfidia israeliana, Mossad e CIA si sono messi in combutta fra loro e di conseguenza poveri egiziani innocenti giacciono morti per le strade. La totale incapacità araba di impegnarsi in un vero esame di coscienza collettivo sui loro problemi è notoriamente una delle caratteristiche salienti del discorso politico arabo, costantemente caratterizzato dal bisogno di dare la colpa a qualcun’altro, che sia Israele, gli Stati Uniti o “l’Occidente” inteso come un termine-contenitore per riferirsi a tutte le forze del male coalizzate contro arabi e musulmani. Tutto questo è già abbastanza negativo, ma è ulteriormente aggravato dal complesso di colpa occidentale verso il Terzo Mondo in generale, e gli arabi e i musulmani in particolare, che costituisce la forza trainante dietro a guru come Noam Chomsky o il deceduto Edward Said.

    Giacché gli arabi e i loro sostenitori già tendono a incolpare Israele automaticamente per tutti i loro guai, non è il caso che Israele fornisca loro inutilmente altri presunti argomenti. In questo senso il governo israeliano semplicemente fa quel che è giusto, senza dire o fare quel che non deve. Accettare negli ospedali israeliani un piccolo numero di siriani feriti è una cosa, aprire le porte a una marea di profughi siriani sarebbe tutt’altra cosa. Personalmente preferisco che Israele rimanga l’ultimo rifugio per gli ebrei in pericolo o perseguitati, e credo che questa sua missione storica sia tutt’altro che esaurita. Proprio l’altro giorno ne abbiamo avuto conferma quando 17 ebrei sono stati portati di nascosto dallo Yemen in Israele: un numero piccolo, ma che è simbolica testimonianza di ciò che può ancora accadere se comunità ebraiche più grandi si venissero a trovare di nuovo sotto pressione.

    Ed è giusto che Israele aiuti il governo egiziano, qualunque governo egiziano, quando questo combatte i terroristi nel Sinai, così come è giusto impedire ogni tentativo da parte della Siria di trasferire in mani pericolose armi chimiche e altre armi particolarmente sofisticate. Ma non sarebbe giusto, ad esempio, essere visti come quelli che vogliono attivamente abbattere il regime di Assad: un regime assassino sotto ogni aspetto, ma che è anche il regime che ha mantenuto il suo confine con Israele del tutto tranquillo per quarant’anni. È una regione complicata, questa, ed è chiaro che tale stato di cose pone a Israele dilemmi morali di prima grandezza, mettendo in discussione la stessa consolidata dottrina israeliana secondo cui solo la democrazia è la chiave per una vera pace e stabilità in Medio Oriente. Beh, Muhammad Morsi è stato il primo presidente egiziano democraticamente eletto, ma è anche quello che parlava degli ebrei come discendenti di scimmie e maiali…

    In sintesi, Israele è troppo vicino al caos e potenzialmente troppo vulnerabile alle ripercussioni di questi eccidi per potersi permettere impeccabili posizioni di principio senza considerare gli immediati problemi di sicurezza di enorme portata.

    La realtà è che sono gli arabi che possono decidere del loro destino, e c’è ben poco che Israele possa o debba fare al riguardo.

    (Fonte: Times of Israel, 15 Agosto 2013)

    http://www.israele.net/quando-gli-arabi-uccidono-altri-arabi

    20 Ago 2013, 19:36 Rispondi|Quota
  • #4Ruben DR

    Libano, Hariri: Hezbollah ci sta trascinando in guerra civile Siria

    Beirut (Libano), 17 ago. (LaPresse/AP) – Hezbollah sta trascinando il Libano nella guerra civile in corso in Siria. È l’accusa rivolta al gruppo sciita libanese da uno dei più influenti politici sunniti del Paese, l’ex premier Saad Hariri. La dichiarazione giunge due giorni dopo l’attentato avvenuto nel sobborgo Rweiss di Beirut, roccaforte di Hezbollah, dove un’autobomba è esplosa provocando 22 morti. Molti leggono l’attacco come una vendetta per il supporto armato dato da Hezbollah al presidente siriano Bashar Assad. Giovedì il leader di Hezbollah, Nasrallah, ha attribuito agli estremisti sunniti la responsabilità dell’esplosione e si è detto pronto a raddoppiare il numero di combattenti in Siria se effettivamente l’attentato è legato al conflitto siriano. Il discorso di Nasrallah “trascina il Libano ancora di più nel fuoco siriano ed è un peccato spargere il sangue siriano in questo modo”, ha scritto su Twitter Hariri.

    In Libano sono in aumento le tensioni fra sciiti e sunniti, anche per effetto della guerra nella vicina Siria: i ribelli siriani sono perlopiù sunniti e vengono appoggiati dalla parte sunnita della popolazione libanese; il gruppo Hezbollah è invece sciita e molti sciiti libanesi sostengono Bashar Assad, che è un membro della setta alawita, derivata dall’islam sciita. L’attentato di giovedì è stato rivendicato da un gruppo islamico finora sconosciuto, che dice di chiamarsi ‘Brigata di Aisha la madre dei credenti’, che ha invitato i cittadini a tenersi lontani dalle roccaforti di Hezbollah in futuro.

    http://www.lapresse.it/mondo/asia/libano-hariri-hezbollah-ci-sta-trascinando-in-guerra-civile-siria-1.381274

    21 Ago 2013, 01:22 Rispondi|Quota
  • #5Ruben DR

    Attentato a Beirut, Hezbollah promette ritorsioni: «Raddoppieremo le forze in Siria»

    Hezbollah promette risposte all’attacco subito giovedì nei sobborghi a sud di Beirut, dove un’autobomba ha ucciso ventiquattro persone. Si tratta dell’attacco che ha causato più vittime subito dal Libano negli ultimi decenni e rischia di esacerbare una situazione come quella libanese, “stabilmente precaria” per via delle divisioni nella sua società.

    Il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, in un discorso trasmesso da una località ignota, ha promesso che la sua organizzazione non sarà per nulla intimorita dall’attacco: «Se pensate che uccidendo le nostre donne, uccidendo i nostri bambini, uccidendo i nostri innocenti [verrà meno il supporto al governo siriano] vi state sbagliando». Nasrallah ha altresì promesso che a seguito dell’attacco le forze presenti in Siria a supporto del presidente Bashar al Assad saranno raddoppiate: «Se questa battaglia con questi terroristi takfiris [apostati, estremisti], richiede a me e tutta Hezbollah di andare in Siria, noi andremo in Siria».

    Le parole di Nasrallah confermano i timori scatenatisi immediatamente dopo l’attentato di Beirut, ovvero che qualcosa di simile a ciò che sta accadendo in Siria possa avvenire in Libano: il conflitto siriano vede da una parte la minoranza sciita al governo, dall’altra i ribelli sunniti, che costituiscono la maggioranza non solo in Siria, ma in tutto il mondo arabo, e per questo ha portato in guerra combattenti provenienti da altri Paesi in maniera più o meno ufficiale. Oltre a mercenari e a bande di criminali comuni, ad approfittare della situazione è anche la filiale di Al Qaida in Iraq, che avrebbe deciso di espandersi oltre confine, cambiando anche il nome della propria organizzazione, ora nota come “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”.

    In Libano la divisione fra i due rami dell’Islam è particolarmente sentita e ha risvolti anche nella vita politica del Paese: il confessionalismo in vigore in Libano prevede che la religione cui appartiene il cittadino abbia ben determinate conseguenze giuridiche (ad esempio il presidente della Repubblica deve essere un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita, il presidente del Parlamento è sciita, mentre i vice di questi ultimi due devono essere cristiani ortodossi).

    La partecipazione di Hezbollah alla guerra siriana a partire dalla battaglia di Qusayr è stata percepita in Libano come un tradimento della missione dell’organizzazione, ovvero combattere Israele: il movimento sciita fondato nel 1982 adesso starebbe utilizzando le sue armi non per liberare il Sud del Paese dalla presenza di Israele, bensì per uccidere altri musulmani.

    I sostenitori di Hezbollah, tuttavia, rispondono alle accuse affermando che la difesa del regime di Bashar al Assad è necessario per difendere l’asse della Resistenza contro Israele, formato, oltre che Hezbollah e dalla Siria, anche dalla teocrazia (sciita) al potere in Iran e da Hamas (sunniti), che condivide con Hezbollah la divisione in merito al conflitto siriano: Hamas avrebbe partecipato alla battaglia di Qusayr con un contingente al fianco dei ribelli, provocando la reazione stizzita del governo siriano, suo storico difensore.

    http://it.ibtimes.com/articles/54492/20130817/attentato-beirut-libano-nasrallah-siria.htm

    21 Ago 2013, 01:24 Rispondi|Quota