Funerali Priebke: saluti romani di alcuni militanti di estrema destra. Scontri con polizia e manifestanti. Il legale Giachini rimette il mandato. Boccacci (Militia) minaccia Pacifici.

 
Emanuel Baroz
16 ottobre 2013
3 commenti

Funerali Priebke: saluti romani di alcuni militanti di estrema destra. Scontri con polizia e manifestanti. Il legale Giachini rimette il mandato. Boccacci (Militia) minaccia Pacifici.

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Albano Laziale (Roma), 15 Ottobre 2013 – Tensione e scontri ai funerali del criminale nazista Erich Priebke, ex capitano delle SS conosciuto anche come il Boia delle Fosse Ardeatine. Alcuni manifestanti hanno scagliato calci, sassi e sputi contro il carro funebre all’arrivo ad Albano. Una donna è svenuta nel parapiglia che si è creato al momento del passaggio del feretro. Clima teso anche quando un gruppo di circa una ventina di neofascisti (anche idioti neonazistelli da strapazzo andrebbe bene come definizione…), con caschi in mano, al grido «boia chi molla» si è diretto verso la chiesa dove si stavanno tenendo i funerali, fermandosi poi in via Trilussa, a poche centinaia di metri dalla cappella dove si svolgeva la cerimonia funebre, “esibendosi” poi in ripetuti saluti romani. Tra loro anche alcuni militanti di ‘Militia’. “Siamo qui per ricordarlo perche’ fa parte del nostro mondo” ha dichiarato Maurizio Boccacci, leader del gruppo aggiungendo poi “Sono qui perche’ partecipo a titolo personale: oggi e’ un giorno in cui si rispetta la morte di una persona poi dalla prossima settimana Dio vede e provvede”. A chi gli ha chiesto il significato della frase Boccacci ha spiegato: “che Riccardo Pacifici e’ sempre nei nostri cuori”. Il gruppo è stato respinto dalle forze dell’ordine, che si sono frapposte tra loro e i manifestanti antifascisti.

La salma del boia delle Fosse Ardeatine è rimasta nella sede dei lefebvriani fino a mezzanotte e mezza passata, quando è stata portata via a bordo di un furgone della polizia. E in quel momento la rabbia della folla è esplosa di nuovo, con lancio di fumogeni e di bottiglie, e nel caos è stata aggredita una giornalista del Tg3. Il furgone con il feretro ha raggiunto dopo meno di un’ora l’aeroporto militare di Pratica di Mare, a una trentina di chilometri dalla capitale.

E la tensione è stata alta tra forze dell’ordine e alcuni manifestanti anti-Priebke mentre i manifestanti, alcune decine, urlavano «assassini» e «siamo tutti antifascisti», cantando «Bella Ciao». Nella ressa creatasi dopo l’apertura di un cancello, che faceva presumere l’uscita del feretro di Priebke dopo i funerali, una manifestante è stata colta da un malore. È stata subito soccorsa dalle forze dell’ordine.

«Ho rimesso il mandato da procuratore, non sarò più io a occuparmi dei funerali, non sarò io l’interlocutore, perché il mio mandato era quello di far celebrare un rito cattolico con dignità e così non è stato», ha detto l’avvocato Paolo Giachini, legale di Priebke. «Il rito non è mai iniziato. Non l’ho autorizzato visto che i parenti e gli amici più stretti di Priebke sono rimasti fuori. Io non firmo l’autorizzazione alla cremazione prima del funerale».

(Fonte: AGI; Adnkronos, Ansa, Il Gazzettino, Repubblica, Corriere.it, 15 e 16 Ottobre 2013)

Per ulteriori dettagli sulla notizia cliccare qui, qui, qui e qui

Nella foto in alto: il gruppetto di nazistelli mentre si esibisce in quello che gli riesce meglio: dimostrare la propria idiozia.

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  • #1Emanuel Baroz

    IL MASSACRO DELLE FOSSE ARDEATINE

    Priebke e il rastrellamento al Ghetto:la virtù della memoria

    Può rivelarsi persino fortunata, la coincidenza tra l’anniversario del 16 ottobre 1943 e la morte dell’ufficiale nazista

    ROMA – Può rivelarsi persino fortunata, la coincidenza tra l’anniversario del 16 ottobre 1943 e la morte dell’ufficiale nazista Erich Priebke (non troppo ex, stando a quel che ha lasciato detto). Quantomeno un’occasione da non perdere. Perché rende ancor più ricca di significati la celebrazione del rastrellamento nel ghetto di Roma. Per la città e per l’intero Paese di cui Roma si sente capitale, soprattutto in simili frangenti.

    Settant’anni fa gli occupanti tedeschi andarono a cercare gli ebrei casa per casa, deportandone più di mille nei campi di concentramento. E mentre ci si prepara a commemorare un evento che evoca morte e orrore, ma anche dignità e liberazione, la non prematura scomparsa del capitano delle Ss che sei mesi dopo quel 16 ottobre partecipò al massacro delle Fosse Ardeatine ha fatto riemergere fatti ed emozioni che attribuiscono ulteriore importanza alla memoria di una turpe operazione di sterminio.

    La voce di un «nipote delle Fosse Ardeatine», ad esempio, ha dato corpo all’iniquità della sorte che ha accompagnato vittime e carnefici degli eccidi nazifascisti. L’uomo aveva seppellito suo padre, morto a 83 anni d’età, due giorni prima che se ne andasse Priebke, e suo padre era figlio di una delle persone uccise dal capitano e dagli altri soldati tedeschi nella macabra rappresaglia del ‘marzo 1944. «Priebke è sopravvissuto pure ai figli delle sue vittime, e questa è la vera, grande ingiustizia», ha testimoniato quel nipote, divenuto «portatore sano» di memoria.

    E poi sono spuntati i pensieri più contorti, che nell’informazione globalizzata circolano a grande velocità, come niente fosse. Così un vecchio arnese della cosiddetta «strategia della tensione» come Mario Merlino, nato proprio in quel disgraziato ‘44, un neofascista che si mescolò agli anarchici al tempo della bomba di piazza Fontana, ha potuto scrivere che «il Capitano Erich Priebke ha raggiunto i camerati che lo hanno preceduto sul campo dell’Onore», con tanto di maiuscole. Come se, in tarda età, un tale personaggio che è stato pure insegnante nelle scuole medie superiori avesse voluto dare sfogo a sentimenti che probabilmente coltivava anche quando, all’inizio degli anni Settanta, ebbe un ruolo non irrilevante nella inquietante vicenda di attentati e depistaggi che ha segnato la storia della Repubblica.

    Una vergogna per l’Italia, al pari dell’evasione dall’ospedale militare dell’altro ufficiale nazista protagonista del rastrellamento al ghetto e del massacro delle Fosse Ardeatine: il colonnello Herbert Kappler, tranquillamente fuggito dalla camera del Celio in cui era detenuto e in teoria sorvegliato, nel caldo Ferragosto del 1977. Uno scandalo, un «mistero di Stato» mai del tutto svelato nelle sue complicità istituzionali, che suonò come un oltraggio agli ebrei di Roma e non solo. Mai riparato, peraltro. Tutto questo, e altro ancora, ha disseppellito la morte di Priebke. E tutto questo non va dimenticato nel giorno in cui si ricorda il 16 ottobre 1943. Perché l’esercizio della Memoria si tramuti da vizio di pochi in virtù di molti. Il più possibile.

    http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_ottobre_15/priebke-rastrellamento-ghetto-virtu-memoria-81586004-357a-11e3-9c0c-20e16e3a15ed.shtml

    16 Ott 2013, 14:14 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Priebke: Ucei, da Boccacci parole inammissibili, solidarieta’ a Pacifici

    Roma, 15 ott. (Adnkronos) – “A nome di tutti gli ebrei italiani voglio esprimere vicinanza e solidarietà al presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, per le minacce che gli sono nuovamente rivolte da Maurizio Boccacci, leader del gruppo di estrema destra Militia. Frasi inammissibili e cariche di veleno”. Lo afferma in una nota il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Il riferimento è a una frase che Boccacci avrebbe pronunciato ad Albano Laziale, dove si trovava per il funerale di Erich Priebke: “Riccardo Pacifici e’ sempre nei nostri cuori”.

    “Un messaggio sibillino -prosegue Gattegna- in cui si lasciano intendere azioni e intenzioni gravissime. L’auspicio è che Boccacci, al pari dei suoi seguaci, sia presto messo in condizione di non nuocere ulteriormente”.

    http://www.liberoquotidiano.it/news/1331490/Priebke-Ucei-da-Boccacci-parole-inammissibili-solidarieta–a-Pacifici.html

    17 Ott 2013, 13:27 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    L’avvocato italiano dei nazisti, un po’ tutore e un po’ stratega

    di Francesco Grignetti

    A seconda dei punti di vista, l’avvocato Paolo Giachini ha «rimesso il mandato di procuratore» oppure è cessato dal ruolo essendo un «tutore del defunto, il cui mandato scade automaticamente alla sua morte ». In ogni caso, con la fine del Caso Priebke,Giachini è sul punto di uscire di scena. E un po’ gli dispiacerà, lo spegnersi dei riflettori, a questomarchigiano sessantenne, segaligno, ricco commerciante del pellame che ha scoperto in tarda età la passione per i codici, al punto da laurearsi in legge, giurare da avvocato,e diventare il legale di Priebke. Nel 2008 Giachini diventò il difensore anche di un altro anziano nazista, il criminale di guerra conosciuto come il «boia di Bolzano», Michel Misha Seifert. Una passione incontenibile, quella di Giachini, per le icone del nazifascismo. Ma non deve meravigliare. Le idee sono quella là. Non per nulla già al suo primo apparire sulla scena, nel 1996, organizzando una messa «di solidarietà » a favore del detenuto Priebke, a fianco di Giachini c’era l’ideologo nero Paolo Signorelli, ispiratore del movimento Ordine Nuovo. Un gruppo incline alla violenza e al terrorismo che catalizzò la destra extraparlamentare dal 1969 al 1973. Poco alla volta, diventando Giachini sempre più un personaggio pubblico, sono venute alla luce altre frequentazioni «nerissime». È amico di un altro ex ordinovista come Delfo Zorzi, imputato e poi assolto per la bomba di Piazza Fontana. Con Zorzi, che ha raccontato di averlo conosciuto da soldato di leva, negli anni c’è stata una gran frequentazione telefonica, che è stata anche intercettata in una fase delle indagini sulla strage. Oggi Giachini risulta essere difensore di Zorzi in Italia e suo partner commerciale. Giachini ha poi vantato una certa amicizia con Clemente Graziani, l’ex soldato dell’esercito nella Repubblica sociale italiana, poi leader della destra in Italia, e infine fondatore di Ordine Nuovo. Graziani a un certo punto era espatriato in Paraguay e lì il giovane Giachini l’ha incontrato e «ci siamo fatti delle gran bevute».

    Priebke l’ha ospitato in casa sua per quindici anni, gli ha pagato le spese, badante compresa, e l’ha pure assunto come assistente di studio quando s’è trattato di trovargli un lavoro che permettesse all’anziano nazista di uscire di casa «per motivi di lavoro». Per aiutarlo, Giachini ha fondato persino un’associazione, «Uomo e Libertà». Ha poi organizzato convegni, raccolto firme a sostegno di una richiesta di grazia, pubblicato la poderosa autobiografia «Vae Victis » di 900 pagine. Ha prodotto persino un dvd storico-biografico che un parlamentare di destra s’incaricò di far avere a tutto il Parlamento. Tra i due c’era una evidente consonanza di idee. Basti leggere le «Considerazioni finali» del volumone di Priebke, scritte da Giachini. Un condensato dell’ideologia dell’ultradestra. C’è il solito armamentario ideologico Israele che specula sulla Shoah, gli StatiUniti che dominano il mondo, le guerre umanitarie come occasione di affarismo. E poi però c’è lui, l’anziano amico Erich. «Il caso Priebke, – scrive Giachini – creato per affermare ancora una volta i principi su cui si fondano le suggestioni politiche e sociali del mondo attuale, ha paradossalmente prodotto un opposto risultato. Doveva essere l’ennesimo occasione per usare il soldato tedesco come simbolo del male, contrapposto a tutto ciò che in termini sempre più categorici viene proposto come il bene: gli effimeri orizzonti del “mondomoderno”.Al contrario, la persecuzione ha stretto attorno a questo anziano una reazione di solidarietà, un fronte tenace, tanto più forte perché composto da chi non si è lasciato costringere nel solito cliché dello skinhead truculento e microcefalo o in quello del torbido cospiratore». In verità ad Albano è successo proprio questo. La strategia di «normalità» adottata da Giachini, che ha indubbiamente messo in crisi l’apparato dello Stato, è stata minata dall’irruzione dei militanti «truculenti» che fanno capo a Maurizio Boccacci.Si sono scontrati con gli abitanti e con la polizia. Hanno provato a forzare il divieto del prefetto presentandosi al cancello della Fraternità. Hanno trasformato un funerale in una manifestazione sediziosa, al punto da far saltare tutto. E questo è il commento di Boccacci: «Il prefetto che era in contatto con l’avvocato Giachini. Quello alla fine si è calato le braghe, ha avuto paura ed ha mollato tutto».

    (Fonte: La Stampa, 17 Ottobre 2013, pag. 9)

    20 Ott 2013, 14:26 Rispondi|Quota