Trattative di pace: ecco come i palestinesi hanno affossato i negoziati con gli israeliani

 
Emanuel Baroz
9 maggio 2014
2 commenti

Israele: ecco la prova che i palestinesi hanno deliberatamente affossato le trattative di pace

Il consigliere per la sicurezza nazionale ha fatto avere a Usa e UE un documento di Saeb Erekat che smentisce la versione palestinese dell’impasse negoziale

pace-israeliani-palestinesi-trattative-focus-on-israelIn una lettera inviata lo scorso 22 aprile alla Casa Bianca, all’Unione Europea e a numerosi ambasciatori, Yossi Cohen, consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Benjamin Netanyahu, accusa i palestinesi d’aver affossato i negoziati di pace e acclude quella che definisce la prova evidente che i rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese si predisponevano a far naufragare il negoziato ben prima che Israele, alla fine di marzo, congelasse la scarcerazione del quarto gruppo di palestinesi detenuti per terrorismo.

Nella lettera, Cohen rivela che sin dai primi di marzo il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat aveva redatto un documento di indirizzo politico in preparazione del rifiuto da parte palestinese dell’accordo-quadro mediato dagli americani e delle aperture israeliane: il documento di Erekat risale infatti a quasi un mese prima che il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas (Abu Mazen) optasse per la mossa unilaterale di aderire a 15 convenzioni e agenzie internazionali sostenendo che lo faceva per reazione al congelamento delle scarcerazioni da parte di Israele.

In realtà, scrive Cohen, stando al testo del documento di cui allega una copia alla propria lettera, Erekat aveva già pianificato quella mossa settimane prima che Israele annunciato la sospensione delle scarcerazioni: una tempistica che, secondo Cohen, dimostra come la dirigenza palestinese non abbia mai avuto la reale intenzione di proseguire fino in fondo le trattative per un accordo di pace definitivo.

La lettera di Cohen, con allegato il documento politico di Erekat di 65 pagine, è stata inviata alla consigliera per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Susan Rice, all’ambasciatore americano in Israele Dan Shapiro, a tutti gli ambasciatori europei in Israele e agli ambasciatori di Cina, Russia e di altri paesi. Nella lettera, Cohen esorta i destinatari a prendere attenta visione del documento di Erekat e a “trarre le dovute conclusioni” circa “la malafede” dei palestinesi e le loro responsabilità nel fallimento dell’ultima tornata di negoziati.

Secondo Cohen il documento Erekat, che contiene un resoconto “altamente selettivo” dei colloqui di pace tenutisi dal mese di luglio e una “serie di raccomandazioni” per azioni unilaterali palestinesi, è stato presentato da Erekat ad Abu Mazen il 9 marzo, quindi prima della visita di quest’ultimo negli Stati Uniti e del suo incontro alla Casa Bianca con il presidente americano Barack Obama il 17 marzo. Ciò dimostra, dice Cohen, che già ai primi di marzo, quasi due mesi prima della scadenza del 29 aprile per il completamento dei colloqui, i politici palestinesi avevano raccomandato ad Abu Mazen una strategia di mosse unilaterali “al di fuori del quadro negoziale concordato”. Sicché quando Obama, nel loro incontro a Washington, ha cercato di convincere Abu Mazen a fare passi avanti nei negoziati, il presidente palestinese era già deciso a silurare i colloqui e imboccare la strategia delle mosse unilaterali.

Il documento è una prova lampante della malafede della parte palestinese – scrive Cohen – Esso indica che il piano di respingere le proposte americane e perseguire azioni unilaterali era già pronto con largo anticipo, nonostante l’impegno costante dimostrato dal Segretario di stato Kerry e dalla sua squadra nel promuovere le trattative, e la serietà dimostrata da Israele durante tutto il processo negoziale”.

Nel documento, Erekat non solo raccomanda che l’Autorità Nazionale Palestinese inoltri domanda di adesione a trattati internazionali come la Convenzione di Ginevra, ma raccomanda anche la riconciliazione con Hamas rivelando che l’impulso per un governo di unità con l’organizzazione terroristica che non riconosce Israele era in atto molto prima che i negoziati con Israele raggiungessero la situazione di stallo. Questo, dice Cohen, dimostra che le mosse dei palestinesi, teoricamente in risposta a quella che veniva definita intransigenza israeliana, erano in realtà passi “premeditati” e “calcolati” con lo scopo di affossare il processo di pace e ostacolare gli sforzi di mediazione americana.

I palestinesi accusano Israele del fallimento dei colloqui sostenendo che, se Israele avesse scarcerato i detenuti alla data prevista, loro non avrebbero intrapreso le mosse unilaterali culminate nel patto Fatah-Hamas, che a sua volta ha determinato la sospensione dei colloqui da parte di Israele e il superamento della scadenza del 29 aprile senza alcun progresso sostanziale né un’intesa per il proseguimento delle trattative. Israele aveva infatti condizionato la scarcerazione del quarto gruppo di detenuti, alcuni dei quali arabo-israeliani, al proseguimento dei negoziati oltre la scadenza 29 aprile. I palestinesi rifiutarono, tornando invece alla strategia del riconoscimento unilaterale in sedi internazionali senza negoziato né accordo con Israele.

“Questo documento – spiega Cohen nella sua lettera – smentisce l’affermazione palestinese secondo cui la decisione di aderire alle convenzioni, in aperta violazione degli obblighi palestinesi e delle intese che avevano permesso la ripresa dei negoziati lo scorso luglio 2013, sia stata presa esclusivamente in risposta a quello che consideravano un ritardo nella scarcerazione della quarta tranche di detenuti. Allo stesso modo, il documento indica che il processo di riconciliazione con Hamas, con l’obiettivo di farla entrare in un nuovo governo palestinese, veniva già concretamente preso in esame mentre erano ancora in corso intense trattative con Israele. Il documento indica dunque premeditazione e calcolo da parte palestinese per sottrarsi agli impegni e perseguire una strategia unilaterale indipendentemente dalla scarcerazione dei detenuti, tale da mettere gravemente in pericolo, se non distruggere, il negoziato di pace”.

(Fonte: Times of Israel, 7 Maggio 2014)

Israele.net

Nella foto in alto: Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ( sinistra) e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen)

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  • #1Emanuel Baroz

    I palestinesi non hanno mai inteso perseguire la pace

    I palestinesi non hanno mai avuto alcuna intenzione di discutere seriamente di pace con le controparti israeliane. Malgrado ripetuti incontri ad alti vertici, nonostante l’impegno profuso dalla delegata israeliana Tzivi Livni, e malgrado la febbrile mediazione di John Kerry – che ha irrorato mezzo mondo con l’anidride carbonica profusa nei nove mesi di negoziati; Abu Mazen e soci avevano bene in mente l’obiettivo finale: ottenere quanto più possibile, prima di ritirarsi inesorabilmente dai negoziati, accampando la prima giustificazione valida.

    La “politica del salame” – tagliarne una fetta sottile alla volta, fino a farne rimanere poco o niente – ha consegnato a Ramallah diverse diecine di criminali, liberati dalla carceri di Gerusalemme e glorificati al loro ritorno in patria, oltre a molte cambiali in bianco sottoscritte in questi mesi da un ingenuo Occidente. Era puerile credere che l’intesa strategica annunciata fra Al Fatah e gli estremisti di Hamas fosse maturata nel giro di poche ore: quelle successive al rifiuto di Abu Mazen di prolungare i negoziati agli sgoccioli, in cambio della disponibilità israeliana di liberare l’ultima tranche di detenuti. Da buon giocatore di poker, il presidente eletto nove anni fa alla presidenza dell’ANP e mai più sottopostosi al giudizio degli elettori, giocava su due tavoli: ad uno fingeva di discutere con le controparti, cercando di aumentare ad ogni giro la posta per prendere tempo; all’altro concordava l’intesa con gli integralisti islamici che governano col terrore dal 2007 la Striscia di Gaza.

    E disponiamo oggi anche di una conferma. Oggi il Times of Israel pubblica il contenuto di una lettera inviata dal governo di Gerusalemme a Stati Uniti, Europa e diversi altri stati al mondo, contenente le prove del sabotaggio del processo di pace, ancor prima del mancato rilascio dell’ultima tranche di detenuti in cambio della disponibilità dell’ANP a sedersi al tavolo. Risulta che il negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, già a marzo aveva pronta una lettera con cui annunciava agli USA la volontà di ritirarsi unilateralmente dai negoziati. Il documento di 65 pagine conteneva una serie di raccomandazioni per iniziative unilaterali di disimpegno dal processo di pace – inclusa l’adesione a trattati e organismi internazionali (poi in buona parte attuata, e la riconciliazione con gli acerrimi nemici di Hamas; e sarebbe stato consegnato ad Abu Mazen addirittura il 9 marzo: ben prima della fine ufficiale dei negoziati (29 aprile), e prima dell’incontro che lo stesso Abu Mazen ha tenuto alla Casa Bianca con Barack Obama. Il quale discuteva di iniziative per rilanciare il dialogo; quando il leader palestinese già studiava la strategia migliore per disimpegnarsene.

    Palese la grama figura rimediata da Obama, raggirato anche dal meno autorevole dei capi di stato mediorientali (di fatto non si parla nemmeno di stato;e non di dovrebbe nemeno parlare di capo di stato, dal momento che il mandato è scaduto da oltre cinque anni); e lo scorno subito da Kerry, che fino a pochi giorni fa addossava la responsabilità del fallimento dei negoziati al governo Netanyahu. Come ha scritto oggi un autorevole osservatore, è tempo di realismo: è giunto il momento in cui l’Occidente riconosca che le differenze fra le parti sono profonde ed inconciliabili.

    http://www.ilborghesino.blogspot.it/2014/05/i-palestinesi-non-hanno-mai-inteso.html

    11 Mag 2014, 21:57 Rispondi|Quota
  • #2Stella

    Una documentazione chiara e interessante: ecco i palestinesi non hanno probabilmente nel loro profondo mai inteso di perseguire questa pace.

    13 Mag 2014, 09:12 Rispondi|Quota