La visita del Papa in Israele scatena la propaganda palestinese

 
Emanuel Baroz
26 maggio 2014
19 commenti

La visita del Papa in Israele scatena la propaganda palestinese

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Gerusalemme, 26 Maggio 2014 – Non contenta di aver promosso nei giorni scorsi una mostra in cui vengono mescolate le opere a tema biblico di famosi pittori europei con foto contemporanee di palestinesi sofferenti, l’Autorità Nazionale Palestinese ha continuano a “sfruttare” la visita di Papa Francesco in Israele per continuare a diffondere la propria visione distorta della storia, anche quella riguardante la figura di Gesù.

Ultimo esempio quanto accaduto ieri mattina in mondovisione durante la messa nella Piazza della  Mangiatoia di Betlemme (già tristemente nota per essere stata suo malgrado scena di una delle tante menzogne messe in atto dalla propaganda palestinese qualche anno fa), dove dietro Papa Bergoglio giganteggiava una rappresentazione di un presepe piuttosto curioso, in cui Giuseppe indossava una kefyah mentre il bambino Gesù ne era avvolto (autore Roberto Giacaman). Il tutto rientra nel continuo tentativo da parte palestinese di mistificare la storia appropriandosi anche della figura di Gesù presentandolo come palestinese e non come ebreo.

Ad ulteriore conferma della volontà dell’ANP in tal senso ecco l’inaspettata sosta del Papa di fronte al cosiddeto “muro” di separazione, che come tutti sanno altro non è che una barriera antiterrorismo che dal giorno della sua costruzione ha limitato di oltre il 90% gli attacchi dei terroristi palestinesi in territorio israeliano, avvenuta proprio di fronte ad una parte di esso dove campeggiava la scritta “Papa, abbiamo bisogno di qualcuno che parli di giustizia. Betlemme assomiglia al ghetto di Varsavia”, che ovviamente non deve essere sfuggita neanche a Papa Francesco…

Thanks to Progetto Dreyfus e Informazione Corretta

Nella foto in alto: l’ “opera” di Roberto Giacaman che campeggiava dietro Papa Bergoglio durante la messa di ieri in Piazza della Mangiatoia a Betlemme

 

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  • #1Emanuel Baroz

    PALESTINESI: LA VISITA DEL PAPA E’ L’OCCASIONE GIUSTA PER STRUMENTALIZZARE GESU’

    Sotto l’egida dell’Autorità Palestinese, è stata preparata appositamente per l’imminente visita di Papa Francesco una mostra “d’arte” che mescola immagini bibliche di famosi pittori europei con foto contemporanee di palestinesi sofferenti. Tra le altre immagini, la “Deposizione” di Raffaello modificata in modo che le gambe del corpo di Gesù deposto dalla croce diventano quelle di un palestinese ferito con accanto un soldato israeliano. Particolarmente cruda l’immagine costruita sul “Sacrificio di Isacco” di Rembrandt in cui la figura di Abramo è stata sostituita con quella di un soldato israeliano che sembra sul punto di tagliare la gola a Isacco. Secondo Palestinian Media Watch, le immagini rafforzano il messaggio dell’Autorità Palestinese secondo cui i palestinesi soffrono “come soffrì Gesù” (riallacciandosi così ai secoli di predicazione anti-giudaica che incolpavano gli ebrei della morte di Gesù), e che Gesù fosse palestinese, contro tutta la tradizione cristiana e contro ogni evidenza storica secondo le quali Gesù era ed è sempre rimasto ebreo. Secondo il quotidiano dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida, le immagini verranno esposte nel cortile della Chiesa della Natività a Betlemme durante la visita del papa.

    https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/posts/635884839821214

    26 Mag 2014, 19:50 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Papa Francesco in Israele (Terra Santa). Un po’ di corrette definizioni

    di Franco Londei

    Premetto che rispetto moltissimo Papa Francesco, lo considero un importante cambiamento nella Chiesa Cattolica anche se ancora è solo ai primi passi. Sarà completo solo quando, oltre a prendere posizione sui preti pedofili e sui lussi della Chiesa, inizierà a vedere e ad ammettere quello che realmente accade tra Islam e resto del mondo, cioè un attacco religioso senza esclusione di colpi da parte islamica. Ma la filosofia di porgere l’altra guancia evidentemente è dura a morire.

    Premesso questo vorrei fare alcune considerazioni sui termini che sento usare in questi giorni in merito al viaggio di Papa Francesco in Medio Oriente.

    Terra Santa – La Terra Santa ha un nome, Israele. Solo in parte è in Giordania. Ma per favore non chiamatela Palestina. Il nome Palestina è stato dato dai romani a una terra ebraica per definire una provincia che racchiudesse diverse regioni tra le quali la Samaria, la Galilea, ecc. ecc. tutte terre ebraiche. Solo dopo la nascita di Israele un egiziano, Yasser Arafat, ha inventato dal nulla la Palestina intesa come Stato Palestinese. A tutt’oggi la Palestina non esiste come Stato. E’ solo una entità astratta.

    Campi profughi palestinesi – Vedendo un servizio su RAI news24 ho sentito parlare di campi profughi palestinesi. E’ un termine fortemente fuorviante per due motivi: il primo è che non ci sono profughi palestinesi in quei territori e i pochi veri profughi palestinesi, cioè quei pochi rimasti dalla fuga dopo la nascita di Israele, sono in Libano e Giordania. I sei milioni di profughi considerati dalla UNRWA tengono conto di tutti i discendenti dei fuggitivi originali quindi, per il Diritto Internazionale, non sono profughi. Il secondo motivo è addirittura più subdolo perché quando uno sente parlare di “campi profughi” si immagina subito quelli veri che tante volte vediamo in Africa o in altri teatri quando invece questi sono vere e proprie città con ogni tipo di servizi. Niente a che fare con un vero campo profughi.

    Pace in Medio Oriente – Il Papa, come giustamente deve fare una figura del genere, ha lanciato e lancerà un forte appello per la pace in Medio Oriente. Il fatto è che quando si parla di “pace in Medio Oriente” si sottintende sempre e comunque il cosiddetto “conflitto israelo-palestinese”. In realtà i veri conflitti in Medio Oriente sono altri. Penso a quello in Siria, alle stragi quotidiane in Iraq, alla difficile situazione in Egitto, alla dittatura mascherata da democrazia esercitata da Hezbollah in Libano. La “questione” israelo-palestinese è solo secondaria rispetto a tante altre crisi. E poi certi appelli andrebbero lanciati verso obbiettivi ben precisi, cioè verso coloro che con il loro odio contro Israele impediscono un accordo stabile e definitivo sulla questione israelo-palestinese, andrebbe indirizzato a tutti i gruppi terroristici che insanguinano la regione, a tutti quei “poveri palestinesi” che ogni giorno provocano incidenti con il lancio di sassi o agli sterminatori di intere famiglie israeliane. Solo così un appello del genere avrebbe un senso.

    Prigionieri palestinesi – Nello stesso servizio di Rai news24 menzionato prima si parlava anche di “prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane” e della richiesta al Papa delle famiglie di questi “detenuti” di un suo intervento a favore della loro liberazione. Anche in questo caso siamo di fronte a una serie di fattori fortemente fuorvianti. I palestinesi detenuti in Israele non sono né detenuti politici né detenuti comuni, sono terroristi macchiatesi dei peggiori crimini, attentati, omicidi di bambini, reati gravissimi che in qualsiasi paese democratico sonno puniti con la prigionia. Perché mai Israele dovrebbe rilasciarli? E come fa il Papa a chiedere la liberazione di terroristi omicidi?

    Come detto, rispetto moltissimo Papa Francesco, però credo che le parole dette da una figura del suo calibro siano importanti, per questo bisognerebbe avere il coraggio di esprimerle in maniera corretta. Non credo che la Chiesa Cattolica sia pronta a fare questo, non credo che ne abbia il coraggio. E’ un peccato, un vero peccato.

    http://www.francolondei.it/papa-francesco-in-israele-terra-santa-po-corrette-definizioni/

    26 Mag 2014, 19:51 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Dalla bacheca Facebook di Progetto Dreyfus:

    Il termine “Terrasanta” è il compromesso in uso tra gli emissari del vaticano nei paesi islamici in modo da evitare di nominare “Israele” e quindi di legittimarlo, anche solo indirettamente. Questo succede ancora oggi, non ieri. Noi israeliani non siamo paranoici: è che ancora c’è chi pensa di discutere della sovranità di Israele. Con la complicità dei media, che spesso – come oggi – indulgono su questo altrimenti rispettevolissimo “Terrasanta”.

    Quindi, ‪#‎daoggichiamatelaISRAELE‬

    https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/posts/636831346393230

    26 Mag 2014, 19:52 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Dalla bacheca Facebook di un nostro amico:

    Capisco bene il sentimentalismo di chiamare con il nome “Terrasanta” un paese che è ovviamente caro a tutti i cristiani. Nel farlo però non bisogna dimenticare che nel tempo l’omissione del termine ISRAELE è stata una chiara strategia politica da parte del Vaticano, purtroppo. Nonostante non siano state risolte molte questioni legate ai diritti e alle proprietà acquisiti dalla Chiesa in Israele prima nel 1948, ormai il termine ISRAELE è sdoganato all’interno della Santa Sede. Però sentirlo ripetere il termine all’infinito ai noi ebrei evoca vecchi, dolorosi ricordi. Il termine “Terrasanta” è il compromesso in uso tra gli emissari del vaticano nei paesi islamici in modo da evitare di nominare “Israele” e quindi di legittimarlo, anche solo indirettamente. Questo succede ancora oggi, non ieri. Noi israeliani non siamo paranoici: è che ancora c’è chi pensa di discutere della sovranità di Israele. Con la complicità dei media, che spesso – come oggi – indulgono su questo altrimenti rispettevolissimo “Terrasanta”.

    Quindi, #daoggichiamatelaISRAELE

    https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10152461880564828&set=a.39255774827.46463.737984827&type=1

    26 Mag 2014, 19:53 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    “Betlemme assomiglia al ghetto di Varsavia”

    Oltre a farsi fotografare sotto l’immagine di Gesù palestinese, papa Francesco ha voluto fare, in deroga al protocollo deciso in precedenza, una sosta straordinaria davanti al “muro di separazione” facendosi fotografare davanti a una scritta in cui si dice: “Papa, abbiamo bisogno di qualcuno che parli di giustizia. Betlemme assomiglia al ghetto di Varsavia”. Si tenga presente che per la Chiesa Cattolica Romana il linguaggio dei segni è fondamentale.

    (Fonte: Notizie su Israele, 26 maggio 2014)

    26 Mag 2014, 19:53 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Uno a zero per la macchina papale di propaganda palestinese

    Così titola un breve articolo di Pesach Benson comparso su Honest reporting. Il papa viene inquadrato con lo sfondo di un Gesù bambino amorevolmente coperto da una kefia palestinese. Naturalmente il papa non ha niente da dire: un quadro menzognero in più o in meno nell’arte figurativa cattolica che vorrà mai dire? Ce ne sono talmente tanti che non è certo il caso di scandalizzarsi! Le menzogne però in certi casi possono avere conseguenze tragiche. Abbiamo già avuto un “Gesù ariano”, vogliamo avere adesso un “Gesù arabo-palestinese”?

    (Fonte: Notizie su Israele, 25 Maggio 2014)

    26 Mag 2014, 19:54 Rispondi|Quota
  • #7Per una Chiesa giusta

    Bergoglio chiede di abbattere barriera che ha salvato migliaia di vite

    http://voxnews.info/2014/05/26/bergoglio-chiede-di-abbattere-barriera-che-ha-salvato-migliaia-di-vite/

    26 Mag 2014, 23:52 Rispondi|Quota
    • #8Parvus

      @Per una Chiesa giusta:
      Poteva parlare, ha preferito ragliare.
      Gesù l’avrebbe preso a frustate.

      28 Mag 2014, 16:28 Rispondi|Quota
  • #9Mario

    Scoop.!!! I giudei, riprendendo il progetto pluto massonico con lo scopo di conquistare il
    mondo attraverso l’arma tattica del caos, hanno inoculato nei cittadini europei una sostanza chimica finora sconosciuta che ha come effetto la sottomissione della volontà politica dei votanti. Ecco spiegato il perché,ad esempio, del risultato del voto europeo. Sono i soliti ebrei che fomentano il disordine e l’instabilità.

    27 Mag 2014, 00:34 Rispondi|Quota
  • #10Rights Reporter

    Quanta ipocrisia nel viaggio di Papa Francesco in Israele

    Articolo molto critico di Guy Millère pubblicato su Europe Israel sulla visita di Papa Francesco in Israele (Terra Santa) tradotto per Rights Reporter da Claudia Piperno (in coda i credit).

    Volevo aspettare la fine del viaggio del Papa in Medio Oriente per poter stendere un’analisi da dove mi trovo, cioè a Gerusalemme. Ma è meglio che lo faccia subito.

    Il Papa ha dunque scelto di cominciare il suo viaggio con la visita alla Giordania, stato arabo-palestinese creato sull’80% delle terre affidate alla Gran Bretagna alfine di permettere la rinascita di uno stato nazionale ebraico. Ha incontrato il re, il discendente di una dinastia araba impiantata là dai britannici, ma non ha detto una sola parola per gli arabi palestinesi di Giordania che vivono come cittadini di seconda categoria. Ha anche celebrato una messa, in un paese dove i Cristiani sono perseguitati (come d’altronde in tutti i paesi musulmani) e trattati come esseri inferiori. Insomma si è comportato in buon dhimmi.

    Poi ha scelto di non passare la frontiera con Israele ma di sorvolarla in elicottero per andare direttamente a Betlemme. Il programma, redatto dal Vaticano, precisa «Betlemme, Palestina , dove Sua Santità incontrerà il presidente dello Stato Palestinese». Si tratta dunque di Mahmoud Abbas, che NON è presidente in quanto il suo mandato è espirato 5 anni fa… Il termine «dittatore» converrebbe meglio, così come converrebbe Autorità Palestinese e non «Stato Palestinese», perché stato ancora non lo è.

    Il Papa tratta dunque un dittatore come se fosse un presidente legittimo, e conferisce lo statuto di «stato» a una entità corrotta e criminale che sarà presto dominata da Hamas, gruppo terrorista, antisemita e negazionista.

    Non dice UNA SOLA PAROLA sugli arabi cristiani perseguitati, spogliati dei loro averi e delle loro terre e cauziona l’idea che Betlemme SIA ANCORA UNA CITTA’ CRISTIANA. Chiamando Gesù – ebreo nato in terra ebraica, «PRINCIPE DELLA PACE», impiega un vocabolario che toglie a Gesù la sua radice ebraica egli dà una dimensione politica FUORI LUOGO. Accettando di esprimersi davanti una messa in scena di immagini che mischiano la storia di Gesù e «l’oppressione del popolo palestinese» e ponendosi davanti all’immagine di Gesù bambino avvolto nel keffieh palestinese, accetta di fare propaganda anti-sionista e diventa militante del negazionismo palestinese anti ebraico.

    Poi, rendendo visita a dei «rifugiati» che rifugiati non sono, ma bensì gli OSTAGGI del mondo arabo da 4 generazioni, occulta il fatto che questa gente sia mantenuta nei campi per volontà dello stesso mondo arabo. Cauziona così il lavaggio del cervello che fa di queste persone uno strumento dell’odio anti-ebraico.

    Fermandosi poi davanti al muro, e precisamente davanti a un tag che dice «free Palestina», diventa militante della causa palestinese di cui Hamas è il rappresentante ormai incontrastato. Certo, omette di dire che questa barriera non è anti araba ma contro i terroristi ormai suoi amici, che attraversavano per andare a far saltare civili innocenti o sgozzare bambini. Ma ormai, cosa importa una mistificazione in più o in meno, si parla ufficialmente di «barriera di separazione» tra Israele egli arabi, e non di barriera di sicurezza. Non una parola sul 20% di israeliani arabi che vivono liberamente e democraticamente in Israele.

    Poi per recarsi in Israele, sempre in elicottero, sceglie di atterrare a Tel Aviv e non a Gerusalemme, per significare che la città santa NON è per il Vaticano la capitale di Israele. Il programma prevede che andrà a Gerusalemme per via terrestre, incontrando i rappresentanti della religione ortodossa e il grand Mufti di Gerusalemme sulla spianata della Moschee. Chissà se hanno parlato di Amin Al Husseini? Incontrerà anche dei rabbini e andrà al Yad Vashem.

    I benpensanti parleranno di un viaggio «equilibrato». Io di equilibrato non ci vedo nulla. Certi penseranno anche che il Papa opera per la pace. Ma non si lavora per la pace cauzionando la propaganda anti ebraica e le idee sterminazioniste dei dirigenti palestinesi. Non si lavora per la pace, mettendosi dalla parte di chi trasforma gli arabi in assassini, dalla parte di una banda mafiosa chiamata Autorità Palestinese che perora l’assassinio degli ebrei e che insulta la democrazia libertaria che Israele incarna.

    La Chiesa Cattolica ha alle spalle 2.000 anni di antisemitismo . Sono solo pochi anni che è stata ritirata dal catechismo la menzione di «popolo deicida», ma la strada per liberarsi dell’antisemitismo è ancora lunga. La Chiesa Cattolica ci ha messo più di 40 anni per riconoscere l’esistenza di Israele e ancora non lo riconosce, non ce la fa. Ma così facendo tradisce l’etica che eppur pretende incarnare. Evidentemente la stampa internazionale approva, ripete e trasmette, rendendosi complice di questo gioco politico. Poi stupitevi dei Merah e dell’attentato di Bruxelles…

    Scritto da Guy Millère

    Tradotto da Claudia Piperno

    http://www.rightsreporter.org/quanta-ipocrisia-nel-viaggio-di-papa-francesco-in-israele/

    27 Mag 2014, 11:26 Rispondi|Quota
  • #11Emanuel Baroz

    Scrive David M. Weinberg, su Israel HaYom: «Papa Francesco deve ricevere e riceverà una calorosa accoglienza, oggi in Israele. Detto questo, penso che spetterebbe al Papa fare alcuni ulteriori passi avanti verso Israele e gli ebrei, quando parlerà a Gerusalemme. Personalmente sono stanco di sentire il Vaticano parlare principalmente di giustizia per i palestinesi senza mai richiedere un comportamento concreto e responsabile da parte dell’Autorità Palestinese. È ora che il Papa esorti esplicitamente i palestinesi a riconoscere Israele come Stato nazionale del popolo ebraico. È veramente ora che il Papa riconosca pubblicamente la corretta e generosa amministrazione israeliana su Gerusalemme. E sarebbe opportuno che il Papa prendesse le distanze in modo esplicito da quelle chiese evangeliche estremiste che invocano il boicottaggio di Israele e negano l’insito legame tra popolo ebraico e Terra d’Israele.»

    (Fonte: Israel HaYom, 25 Maggio 2014)

    http://www.israele.net/benvenuto-papa-francesco-in-israele-la-patria-del-popolo-ebraico

    27 Mag 2014, 13:26 Rispondi|Quota
  • #12Alberto Pi

    Sono deluso

    Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

    Cari amici,

    posso dire sommessamente che sono deluso? Con tutta la cortesia, senza alcuna volontà di mancare di rispetto, molto deluso? Sto parlando della visita del Papa in quella che ci si ostina a chiamare Terra Santa: Giordania, Palestina e Terra Santa, come si leggeva spesso – e, diciamolo chiaramente, è un modo per non nominare Israele, per aderire al boicottaggio e alla delegittimazione anche verbale dello stato ebraico (http://www.francolondei.it/papa-francesco-in-israele-terra-santa-po-corrette-definizioni/ ).

    Provo a spiegarvi il perché di questa delusione, partendo dal fondo, da quell’invito a Peres e Mahmoud Abbas a venire “a casa mia” a “pregare per la pace”, naturalmente accettato, che è stato descritto dalla stampa non si capisce bene se ignorante o adulatrice come “un trionfo della diplomazia vaticana”. In realtà non è nulla. Non solo perché le preghiere e la diplomazia purtroppo hanno poca relazione (e certo la preghiera non è la passione dominante dei due politici e comunque a Santa Marta né l’uno né l’altro possono pregare davvero secondo le regole delle loro religioni). Ma soprattutto per ragioni politiche. Peres è in scadenza. Fra un paio di settimane sarà eletto il suo successore, il mandato finirà fra circa un mese. Inoltre la presidenza israeliana è una carica solo cerimoniale, Peres ha cercato di darle forza secondo un progetto politico, ma senza successo, dato che il suo partito è fuori dal governo e la sua linea politica è respinta da tempo dalla maggioranza dell’elettorato. Diciamo che è un buon nonno cui gli israeliani vogliono bene, ma che in famiglia non conta più. Inoltre è noto che Peres e Abbas si sono incontrati parecchie volte in segreto negli ultimi anni (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/146713). Di recente è uscita la notizia che Peres rivendica di aver trovato tre anni fa una proposta d’accordo, che però fu giudicata inadeguata dal governo (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Peres-Netanyahu-nixed-agreement-with-Palestinians-that-reached-final-stages-three-years-ago-351467). Si aggiunga che i rapporti fra Israele e l’Autorità Palestinese sono bloccati in attesa di sapere se si concluderà davvero – il termine era la settimana scorsa – l’accordo annunciato per un nuovo governo con Hamas, che per conto suo continua a ripetere che non ha la minima intenzione di rinunciare al terrorismo o di cedere il controllo delle sue milizie (http://www.gatestoneinstitute.org/4324/hamas-unity-terrorism-west-bank ). Ancora una decina di giorni fa, Tzipi Livni, che oggi ha certo più potere di Peres, ha incontrato a Londra Abbas, contro la decisione del consiglio dei ministri di sospendere le relazioni, e Netanyahu ha dichiarato che in questo caso la ministra rappresentava solo se stessa, non Israele e ha minacciato di licenziarla dal governo (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/180904). Quindi figuratevi quel che conta per il processo di pace un “incontro di preghiera” in cui Israele sarà rappresentata da un pensionato senza l’accordo del governo e del parlamento.

    Fin qui la dimensione diplomatica. I giornalisti che si occupano anche solo un po’ del Medio Oriente sanno benissimo queste cose; il fatto che non ne abbiano parlato la dice lunga sulla serietà della stampa che segue il Papa. Dal punto di vista della politica reale, dunque il viaggio non ha avuto grandi risultati visibili, c’è stata solo un po’ di esibizione di buona volontà o se volete di propaganda. Del resto è ragionevole che sia così: il Papa è un leader religioso, è difficile credere che possa per incanto risolvere la più intricata questione politica oggi sul tappeto. Dei risultati religiosi della visita non sono in grado di giudicare, e non voglio entrare in merito, data la mia estraneità al cristianesimo. Ma la delusione più grande è per l’aspetto simbolico e comunicativo della visita.

    Il Papa ha detto messa in piazza a Betlemme, avendo sullo sfondo un grande telo in cui si vedeva un Bambin Gesù coperto da una kefiah palestinese. Gesù palestinese ? E’ una sciocchezza storica; i Vangeli rivendicano fortemente la discendenza ebraica di Gesù, anzi la sua genealogia dalla famiglia di Re Davide (Matteo 1, 1-16; Luca 3,23-38); nel tempo della sua vita e per molti secoli prima e dopo non c’erano ancora arabi in Terra d’Israele (sarebbero arrivati da invasori solo nel settimo secolo); il nome Palestina non era affatto in uso. Figuriamoci la kefiah. Non si tratta di una semplice adesione nazionale alla visita, anche perché il 96% dei sudditi dell’Autorità Palestinese è islamico e più o meno ostile al cristianesimo, come tutto l’Islam (http://www.youtube.com/watch?v=a9HU0ZJTeVw); è una campagna di falsificazione storica che va avanti da molti anni allo scopo di negare il rapporto degli ebrei con quella terra, cosa che non aveva osato neanche Hitler; e per inventarsi della radici per un popolo inventato negli anni Sessanta, per l’appunto i “palestinesi”, mai considerati prima d’allora una realtà distinta dalla nazione araba. La menzogna spudorata di un Gesù palestinese (https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=e30HqbciwHc ) fa parte da tempo di questa propaganda, come ne fa parte l’accusa di Abbas di “giudaizzare” Gerusalemme, a cui il Papa non ha risposto (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/181001#) . L’apparato papale non ha protestato neppure per l’uso spudorato di Gesù nella propaganda politica palestinista. Come non ha protestato per i grandi teloni in cui erano esposti sulla piazza dei fotomontaggi che inserivano in quadri di soggetto religioso degli arabi al posto delle vittime e degli israeliani al posto dei carnefici. Io non me ne intendo, ma a me sembrano vere e proprie bestemmie. (http://www.rightsreporter.org/forums/topic/le-offese-palestinesi-a-gesu/) Anche qui nessuna reazione.

    La ragione si vede chiaramente leggendo il discorso che il patriarca latino, cioè, se non sbaglio, il capo dei cattolici locali, ha rivolto al Papa durante la visita a Betlemme. Il punto culminante è l’esplicita attribuzione allo Stato di Israele, come “occupante”, della qualificazione di “Erode” (http://elderofziyon.blogspot.it/2014/05/latin-patriarch-tells-pope-that-israel.html#.U4Q6ofl_uAU). Ora l’Erode di cui si parla è quel re di origini idumenee che con l’appoggio dei romani comandava su Israele in quel tempo e fra l’altro represse duramente i farisei, (c’è un problema di cronologia, ma non ne discuto qui), di cui il Vangelo racconta che avrebbe ordinato la strage di tutti i bambini per paura dell’avvento del Messia (che, ricordiamocelo, nella comprensione di quel tempo era innanzitutto destinato a essere il re di Israele e per questo titolo politico patriottico i romani condannarono e giustiziarono Gesù). Dire che Israele è Erode è attribuirgli la strage degli innocenti; rinnovare cioè la calunnia del sangue, che per secoli ha tanto fatto male gli ebrei (e con le tante persecuzioni che ne seguirono, bisogna dirlo, è una delle colpe più orribili della Chiesa nei confronti del popolo ebraico). A questa calunnia antisemita, appena velata ma chiarissima per chi conosce un po’ il Vangelo, il Papa non ha affatto reagito denunciandone il veleno, ma ha ripreso lo stesso termine annacquandolo: siamo come Erode che respinse Gesù, ha chiesto, o come i pastori che lo accolsero? E’ una mossa caratteristica del modo di fare del Papa, che cerca di volgere tutto in positivo ma non distingue e non chiarisce: insufficiente a frenare la calunnia. Come il gesto di parlare di pace al muftì dell’Autorità Palestinese che di recente ha fatto appello all’omicidio di tutti gli ebrei (http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=11466).

    Come la simmetria anche visiva, che io personalmente ho trovato piuttosto insultante, fra la preghiera davanti alla barriera di sicurezza e quella davanti al Kotel (il “muro del pianto”) e perfino davanti alla tomba di Herzl, che è stata sottolineata come se fosse particolarmente significativa, ma agli israeliani non dice granché. Parliamo della barriera di sicurezza, ignorando il fatto che il Papa sia stato condotto davanti a un punto dove erano state apposte scritte (guarda un po’ in inglese, ad uso delle telecamere) che paragonavano Betlemme addirittura al Ghetto di Varsavia (http://www.algemeiner.com/2014/05/25/pope-prays-before-slogan-comparing-bethlehem-to-warsaw-ghetto-jewish-group-calls-for-reflection-at-yad-vashem/). E’ un paragone insensato, visto che Betlemme non è affatto un luogo chiuso, come cercano di suggerire i palestinisti: ha continuità territoriale, collegamenti stradali e libertà di movimento col resto dei territori “palestinesi”. Ma soprattutto Betlemme non è un luogo di deportazione, né perché vi si accumuli popolazione che venga strappata alla sua vita, né perché vi partano convogli della morte, come quelli che svuotarono il Ghetto nel 43-44; a Betlemme non c’è la fame, non ci sono i nazisti, è una cittadina autogovernata dall’Autorità Palestinese in cui il solo problema è che i cristiani sono repressi e gradualmente sostituiti dai musulmani.

    Ma il problema principale è un altro. Perché è stato eretto quel muro? Per evitare che i terroristi sparassero addosso alle macchine e alle case degli israeliani, e che i terroristi suicidi passassero liberamente per i campi col loro giubbotto esplosivo per andare ad ammazzarsi in bar, autobus, luoghi di preghiera, mercati, come una dozzina di anni fa facevano regolarmente. E infatti da quando la barriera funziona, il terrorismo è diminuito radicalmente. Dunque la barriera serve a salvare vite umane. Quando è un muro (il 5% della lunghezza, il resto è una rete metallica come quella che divide i campi, solo vigilata da sensori) è simile per forma e dimensione a quella che tutela la sicurezza della città del Vaticano (solo che per via della modernità è in cemento invece che in mattoni): chi vuole ammirarla in tutta la sua imponenza vada a Roma in Via Leone IV o in Viale Vaticano. Con la differenza che non vi sono attentatori suicidi che cerchino di farsi esplodere nei giardini vaticani, mentre ce ne sono, eccome, che aspirerebbero ad andare nel paradiso islamico con le settenta vergini promesse, passando per un’esplosione in un bel supermercato, portandosi dietro una ventina di infedeli. Anche grazie all’incitamento dell’Autorità Palestinese (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Netanyahu-Security-barrier-saves-lives-anti-Israeli-incitement-makes-it-necessary-354388), che coi suoi media non smette di esaltare i terroristi e di pagare gli stipendi a quelli che sono in carcere (con soldi europei, che vengono in definitiva dalle nostre tasse).

    Non sappiamo che cosa abbia pensato Francesco con la fronte appoggiata alla barriera di sicurezza. Certo non ha detto la sola cosa giusta: che quella barriera è una conseguenza del terrorismo, che è buona perché salva vite umane, che sarebbe auspicabile abbatterla e sarà facile farlo quando non vi sarà più terrorismo. Non l’ha detto, è stato zitto, chissà forse non l’ha neppure pensato, forse crede davvero quello che gli hanno detto, che si tratta del muro dell’apartheid. Già, l’apartheid non fra etnie e religioni, che in Israele non esiste, ma quella fra assassini e vittime, il muro dietro cui si difende chi non vuole che i propri figli siano ammazzati da un esaltato che neppure li conosce. Forse ha creduto di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, andando a visitare il giorno dopo il memoriale dei tremila ebrei ammazzati dal terrorismo. Ma un gesto non compensa l’altro. Se la barriera fosse abbattuta, come vogliono i palestinisti, quei tremila diverrebbero quattro, cinquemila nel giro di poco. E se i disegni politici resi espliciti dal muftì che il Papa ha trattato amichevolmente fossero realizzati, sarebbero milioni.

    Potrei andare avanti a lungo, ma mi fermo qui. Sono deluso, molto deluso. Mi aspettavo che a molte domande non ci fossero risposte, non pensavo che il Papa potesse esprimere quell’appoggio a Israele che è la sola strada vera per la pace e sarebbe anche la chiusura vera di millesettecento anni di persecuzioni. So che vi sono dei limiti a quel che un Papa può fare. Ma speravo che Francesco, uomo mite ma coraggioso, non si facesse strumentalizzare dalla propaganda di parte. Invece non ha opposto resistenza, non ha introdotto nel discorso quel principio di responsabilità e quel rispetto della verità storica che i palestinisti rovesciano ogni giorno. Si è lasciato usare. Non cambierà molto, solo un po’ di carburante in più a una macchina propagandistica che non si ferma mai, che coglie ogni occasione per cercare di distruggere Israele e gli ebrei. La terza fase della guerra degli arabi contro Israele, dopo le guerre con gli eserciti e il terrorismo di massa. E il Papa si è prestato a farsi usare come un’arma in questa guerra. Ecco, voglio dire solo questo: sono deluso.

    http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=53572#.U4SH2Ssjrz8.facebook

    27 Mag 2014, 17:40 Rispondi|Quota
    • #13Parvus

      @Alberto Pi:
      Si, temo non l’abbia nemmeno pensato. La botte da il vino che ha. Francesco è un brav’uomo, ma non certamente un genio.

      28 Mag 2014, 16:25 Rispondi|Quota
  • #14Parvus

    Agli islamici, piacerebbe arruolare Gesù, dato che il loro fondatore è un predone del deserto.

    28 Mag 2014, 16:21 Rispondi|Quota
  • #15Emanuel Baroz

    Il muro del pianto degli ebrei morti

    Francesco da Herzl, ma cede all’iconografia palestinese del fence

    di Giulio Meotti

    Giovanni Paolo II nel 2004 proclamò che il medio oriente “ha bisogno di ponti, non di muri”. Benedetto XVI, cinque anni dopo, chiese che il muro in Cisgiordania venisse “abbattuto”. Ma i predecessori di Papa Francesco, nella loro generosità verso la diaspora palestinese, forse avrebbero evitato di raccogliersi in preghiera sotto la barriera di sicurezza eretta da Israele. Tanto meno sotto la frase “lo stato ebraico che elevò questo muro fa salire alla memoria l’abuso criminale dei nazisti contro la popolazione civile del Ghetto di Varsavia”. Il Centro Wiesenthal ha protestato per il fatto che il Papa ha dato fiato alle trombe della propaganda arabo-islamica e al paragone fra un centro di smistamento di ebrei da gasare con lo zyklon B e una città dell’Autonomia palestinese.

    Bene la condanna dell’antisemitismo da parte di Francesco. Bene l’omaggio alla tomba di Theodor Herzl, che nel 1904 si vide opporre il rifiuto papale (san Pio X) all’utopia sionista. Bene la preghiera al Muro del pianto. Ma è la foto di un Papa sofferente di fronte all’ultima linea dei kamikaze a essere ricordata come il momento decisivo della visita in Terra santa. E’ la fatale inversione dei ruoli. La vittima che si fa carnefice.

    E’ avvenuto anche quando il Papa ha celebrato la messa a Betlemme davanti a un telone affrescato in cui sono raffigurati Paolo VI, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II che prestano omaggio, come i tre re magi, a un piccolo Gesù avvolto in una kefiah, il “Gesù Palestinese” luogo comune anche fra i jihadisti (Gesù era ebreo). “Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo?”, ha chiesto Papa Francesco nella sua omelia a Betlemme, ammiccando dunque al paragone fra gli israeliani e quell’Erode che fece strage di bambini innocenti.

    Prima della barriera anti terrorismo, mille israeliani hanno perso la vita nei ristoranti, sugli autobus, nelle sale da matrimonio. Poi il muro di Ariel Sharon fermò le stragi, riportando le parti a quel negoziato perorato giustamente da Francesco. Come ha detto il generale Moshe Kaplinsky, già vicecapo di stato maggiore israeliano, “dove la barriera è operativa, non ci sono attacchi terroristici. Punto”. E la tragica barriera ha contribuito a riportare sicurezza non solo in Israele, ma anche a Betlemme. La chiesa della Natività, che i terroristi hanno profanato nel 2002 per difendersi dalla cattura da parte dell’esercito israeliano (già allora la diplomazia vaticana diede prova di scarso equilibrio politico), ora è di nuovo piena di turisti. Se non ci fosse stato il muro, a vigilare sulla messa di Francesco ci sarebbero stati i cingolati di Tsahal. Oggi nel mondo ci sono cinquanta barriere difensive, dal muro che divide Stati Uniti e Messico a quello dell’ultraliberale Olanda presso Hoek van Holland. Ma queste barriere servono a limitare i flussi demografici. Quella d’Israele è l’unica al mondo che serve a impedire che inermi cittadini saltino in aria. Anche per questo le Sorelle del Rosario che vivono a Dachyat el Barid, un quartiere nord di Gerusalemme, hanno chiesto di essere incluse nella sezione israeliana della barriera. Israele modificò il tracciato su richiesta delle suore.

    In nessun altro paese con le stesse misure difensive vi sono infiltrati con il “sacro” scopo di uccidere esseri umani. Tijuana, il simbolo del muro tra Stati Uniti e Messico, non è Qalqilya, una città palestinese a quindici chilometri da Tel Aviv, circondata dalla barriera. Viene chiamata “Paradise Hotel” perché la città veniva usata dai terroristi suicidi come il luogo di partenza degli attacchi contro Israele.
    Mentre il Papa rendeva omaggio ai sei milioni di ebrei allo Yad Vashem, una coppia di israeliani tornava in patria dentro a una bara. A questo serve il muro sotto cui ha pregato Bergoglio, a impedire che si possa fare strage di ebrei in un museo di Bruxelles o in una festa di matrimonio.

    http://www.ilfoglio.it/soloqui/23532

    1 Giu 2014, 21:50 Rispondi|Quota
    • #16hezbollah supporter

      @Emanuel Baroz:

      perche il papa deve fare quello che piace a voi??? papa francesco e venuto in terrasanta a cercare un dialogo,non a fare solo quello che volevate lui,ma gia,voi siete la razza eletta e tutti gli altri si devono soottomettere a voi e fare quello che volete voi…mah come fa ad instaurare un dialogo se e totalmente dalla vostra parte? e questo il dialogo che cercate invece di ridurre le distanze cosi le aumentate…la verita e che non volete il dialogo ma solo continuare a mangiarvi fette di territorio a danno dei palestinesi.

      1 Giu 2014, 23:05 Rispondi|Quota
      • #17Emanuel Baroz

        la “razza eletta”?! Bah…comunque la visita in Israele di Papa Francesco serviva a suo dire per avvicinare i popoli, cosa che con alcuni gesti non ha fatto.

        2 Giu 2014, 13:11 Rispondi|Quota
  • #18nora

    Sì, Gesù era un arabo, ebreo di Palestina.
    Non mi sembra sia chissà quale problema.

    3 Giu 2014, 21:28 Rispondi|Quota
    • #19Robdic

      @nora: Puoi spiegarti meglio, per favore (possibilmente prima che entri shabbath)?

      6 Giu 2014, 15:15 Rispondi|Quota