L’omicidio dei tre ragazzi e quell’insopportabile ipocrisia dell’Occidente

 
Emanuel Baroz
2 luglio 2014
2 commenti

I tre ragazzi e gli ipocriti

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Facciamo un piccolo esperimento mentale. Nel corso di un attacco israeliano contro postazioni di Hamas muoiono tre adolescenti palestinesi. Può succedere, anche perché i miliziani (chiamiamoli così…) di Hamas amano piazzare le loro postazioni nelle vicinanze di scuole, asili ed ospedali. Cosa succederebbe se in un simile, deprecabile, caso qualcuno parlasse dei tre adolescenti palestinesi come di tre “giovani estremisti islamici”? Le grida degli occidentali politicamente corretti raggiungerebbero il cielo, con tutta probabilità. Invece, quando i tre ragazzi israeliani sono stati rapiti moltissimi hanno parlato di tre “ragazzi ultraortodossi”. Non che si giustificasse il rapimento, però… tre adolescenti “ultra ortodossi”, se lo dovevano aspettare in fondo, vero?

Per gli occidentali “buoni” gli islamici hanno diritto alla loro cultura, anche quando questa è condita di lapidazioni, pena di morte per gli apostati ed infibulazioni. Gli israeliani no, loro non possono essere ultra ortodossi, e se proprio lo vogliono essere… beh, stiano attenti…

E parlano spesso di “coloni israeliani” i nostri media. Chi sono i cosiddetti “coloni israeliani”? Persone che cacciano i “palestinesi” dalle loro terre? Che li privano delle loro case? NO. Si tratta di normalissimi esseri umani che vivono in zone che i “palestinesi” rivendicano come proprie. In realtà tutto il territorio di Israele è rivendicato dai “palestinesi”, tutti gli israeliani sarebbero “coloni”. Non entriamo nel merito di queste rivendicazioni, ammettiamo pure che quei territori spettino ai “palestinesi”. Questa è una buona ragione per definire “coloni”, quindi “invasori”, “aggressori” gli israeliani che li abitano? I nostri media definiscono forse “coloni” i “migranti” che arrivano tutti i giorni sulle nostre coste? Le case popolari, costruite a spese dei contribuenti italiani, che generosamente vengono assegnate ai “migranti” sono forse definite “insediamenti coloniali”? Per i “palestinesi” un israeliano non può vivere accanto a loro, se lo fa è un “colono”, uno che si può benissimo rapire ed ammazzare. Loro però possono benissimo vivere fra noi, anche se nessuno li ha invitati a venire, anche se si tratta di immigrati clandestini, anche se detestano la nostra civiltà. Costruire una sinagoga nei territori contesi è “colonialismo”, costruire una moschea a Roma o Tel Aviv “multiculturalismo”. Interessante.

“Trovati i corpi dei tre ragazzi rapiti. Israele vuole vendetta”. Scrivono molti giornali. Che cattivi questi israeliani, come sono vendicativi! Hamas è una organizzazione terroristica che si prefigge esplicitamente lo scopo di distruggere lo stato di Israele. Non si tratta di rivendicazioni territoriali, di contese di confine, o di controversie relative al controllo di fonti di materie prime, come fanno finta di credere gli occidentali “buoni”.

L’articolo sette dello statuto di Hamas è a questo proposito chiarissimo: “Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa. Nessuno Stato arabo, né tutti gli Stati arabi nel loro insieme, nessun re o presidente, né tutti i re e presidenti messi insieme, nessuna organizzazione, né tutte le organizzazioni palestinesi o arabe unite hanno il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di essa, perché la Palestina è terra islamica affidata alle generazioni dell’islam sino al giorno del giudizio. Chi, dopo tutto, potrebbe arrogarsi il diritto di agire per conto di tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio? Questa è la regola nella legge islamica (shari’a), e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani la hanno consacrata per tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio.

Non si può accusare Hamas di nascondere i propri obiettivi, si può solo fingere di ignorarli. E non si tratta solo di parole. Alle parole seguono i fatti: gli attentati, i rapimenti, i missili che quotidianamente cadono su Israele. Non fanno molte vittime questi missili, è vero: gli israeliani hanno imparato a neutralizzarne in parte gli effetti. Ed anche di questo vengono accusati dagli occidentali “buoni”. Loro sono pronti a versare qualche lacrimuccia sul cadavere di qualche ebreo assassinato, e ad accendere un lumino e a fare un minutino di silenzio. Ma se gli ebrei si difendono, ribattono colpo su colpo, distruggono le postazioni da cui partono i missili di Hammas, eliminano i caporioni che organizzano attentati, rapimenti ed omicidi, allora i dolci pacifisti strillano: “Israele vuole la vendetta”! “No, no alla vendetta, no all’escalation! Pace! Dialogo! Amore!”

Colpire militarmente Hamas non è vendetta, sarebbe giustizia, semmai; ma è, prima di ogni altra cosa, legittima difesa. Indebolire i terroristi vuol dire render loro più difficile continuare a colpire. Non reagire alle loro aggressioni vuol dire incoraggiarli, renderli più audaci e pericolosi. Questo gli israeliani lo sanno benissimo.

Gli occidentali “buoni” fanno finta di non saperlo. La loro ipocrisia diventa ogni giorno più insopportabile.

Il Blog di Giovanni

Thanks to Progetto Dreyfus

Nell’immagine in alto: la locandina esposta ieri nei negozi di Roma dagli appartenenti alla Comunità Ebraica della capitale in segno di lutto

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  • #1Emanuel Baroz

    Il buio è alle porte di tutti.

    “Un bambino è orfano quando non ha i genitori in vita. Una nazione quando non ha con sè i suoi figli.” Questo è uno dei meravigliosi insegnamenti che ci ha lasciato il rebbe di Ponevezh. Questa è la tragedia che stiamo vivendo in ogni casa, strada, angolo di vita dello Stato di Israele e di tutta la Diaspora Ebraica. Almeno di quella Diaspora cha sento quello che sente il popolo ebraico della terra di Israele: la necessità, la necessità fisica e spirituale di mettere da parte ogni differenza perchè il dolore che stiamo provando è enorme e toglie il fiato. Toglie il fiato ad ogni pensiero politico, ad ogni analisi tattica, ad ogni ideologia. E’ il tempo del dolore il nostro, il tempo del dolore e della riflessione, del lutto e della volontà che non ci sia mai più un lutto del genere per il nostro popolo. Perchè chi rapisce ed uccide tre adoloscenti, chi sostiene un Palestina libera ed ipotizza che tre ragazzi sono coloni e possono essere uccisi da movimenti di “resistenza”, chi crede che si tratti di un ennesimo momento di tensione tra Israele e Palestina, non ha capito nulla di quello che stiamo vivendo. Noi ebrei di Israele siamo la cartina al tornasole della libertà del mondo. Siamo una piccolo striscia di carta, un piccolo popolo su una piccolo terra che però è misura del senso democratico e del diritto del mondo. Noi siamo le ragazze nigeriane rapite dalla stessa violenza folle, noi siamo le donne violentate in Egitto, noi siamo i siriani massacrati nel silenzio, noi siamo le chiese bruciate in Africa. Noi siamo la prima linea di un Occidente troppo sicuro delle proprie libertà e troppo ottuso per non capire che le sue libertà passano per le nostre. Troppo superficiale per comprendere che se i nostril figli vengono rapiti ed uccisi, i nostril turisti massacrati in un Museo di Bruxelles, i nostril bambini trucidati mentre entrano a scuola a Tolosa questo significa la morte dell’Occidente e dei valori che con fatica abbiamo conquistato. Con l’assasinio di Gilad, Naftali e Eyal sono stati assassinati i diritti delle donne, delle minoranze religiose, delle differenze sessuali, delle differenze politiche. Hamas non è un nemico di Israele. Hamas è la frontier di un buio che è alle porte delle nostre libere società. A noi la scelta: se aspettare che il coccodrillo mangi prima gli ebrei, le donne, i gay, i cristiani di questa regione, sperando che prima o poi sarà sazio e non mangi l’Occidente, oppure agire e sentire che i nosti figli, sono i figli del mondo e le nostre libertà sono le libertà del mondo. Anche del mondo palestinese, che non potrà mai essere “free” se resta in ostaggio di Hamas e delle follie che lo sostengono. Quelle follie che alcuni attivisti pro Palestina celebrano facendosi fotografare davanti ad un forno ricordando con gioia i crematori di Auschwitz o altre follie come quelle di chi continua a sostenere che i tre ragazzi erano coloni e che erano scomparsi, non rapiti e che la loro morte è tutta da stabilire. Ed intanto il coccodrillo mangia sereno.

    “A child is an orphan when he has no parents. A nation is an orphan when it has no children.” The Rebbe of Ponevezh. May all the children of Israel be safe.

    http://anousimitalia.wordpress.com/2014/07/01/il-buio-e-alle-porte-di-tutti/

    2 Lug 2014, 23:49 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Uccisi due volte. La seconda dalla stampa italiana

    Si chiamavano Eyal, Naftali, Ghilad. Li hanno ammazzati i terroristi palestinesi. I grandi giornali non lo dicono. Per loro la notizia è che Israele reagisce. E come al solito saranno loro i criminali. Che schifo

    di Federica Dato

    Ti trapassano quei tre sorrisi. Spenti, semplicemente. Orrendamente. Gli occhi stampati sui giornali parlano di gioia e se conosci anche solo da lontano la polvere che respiri in Israele sai che l’hanno capito prima di subito di essere nei guai, perché è la polvere di una terra orgogliosa nel dolore. Quella in cui i bambini li mandi in tre scuole diverse, ché se bomba dev’essere te ne ammazza “solo” uno. È una patria abituata a perdere figli ma che non ci si abitua mai, è il deserto prospero che per difendere la vita manda diciannovenni a raccogliere il peso del futuro: «Voi non siete come loro. Non torturerete, non ammazzerete, non violenterete le loro donne», dove il «loro» non sono i palestinesima gli estremisti che celandosi dietro la religione sputano odio e morte. Quell’esercito che lotta“cugini” incrudeliti dalla miserie e dalla sofferenze e affamati dalla cecità di Hamas. Quell’esercito si trova in faccia bimbi-scudi-umani e questa è ancora un’altra storia, quella che oggi è utile solo per masticare una tonnellata d’amarezza in più, ad aver coscienza piena del fatto che l’hanno capito subito di essere in guai seri.

    Gilad Shaar, Naftali Frenkel, Eyal Yifrach. I primi due sedici anni, l’altro diciannove. Cinquantuno anni in tre. Pare facessero l’autostop. Anche questo va capito, lì si fa l’autostop. Una sorta di contraddizione in termini, metti la tua vita nelle mani di uno sconosciuto pur essendo educato all’attenzione, alla scrupolo. Credo sia in quell’implicita fiducia nel prossimo, nonostante la diffidenza dell’esperienza, il segreto per la sopravvivenza del popolo israeliano.

    Diciotto giorni di angoscia, attesa, speranza. Li hanno trovati ieri sera. Probabilmente li hanno ammazzati poche ore dopo il sequestro. Volevano barattare i loro corpi con il rilascio di alcuniterroristi. La caccia all’uomo ha fatto cambiare loro idea. Li hanno gettati via. La notizia oggi dovrebbe essere questa, l’ennesima puntata di una battaglia che odora troppo di sangue, che di viscere ne ha sparse troppe. E devono esserci solo quei sorrisi spenti che non scordi più. Sedici e diciannove anni. Sedici e diciannove, per Dio. Invece sulla prima de l’Unità inciampi nel titolo “Israele, l’escalation dell’orrore”. Si riferiscono all’uccisione dei tre innocenti, si riferiscono all’annunciata reazione, quella che campeggia ovunque: La Stampa, “Uccisi i tre ragazzi sequestrati. Israele: sarà la fine di Hamas”; la Repubblica, “Trovati i corpi dei ragazzi rapiti. Israele: “Sarà la fine di Hamas”; il Giornale, Uccisi i tre ragazzi rapiti. Israele promette vendetta: “Sarà la fine di Hamas”; Corriere della Sera, Uccisi i tre ragazzi israeliani. Netanyahu: Hamas pagherà”. Poi il Fatto Quotidiano – “Uccisi i ragazzi rapiti. Israele giura vendetta” – e la pagina online di Rifondazione “Palestina, Ferrero: Criminale ritorsione del governo israeliano contro il popolo palestinese”. Il Manifesto, “Uccisi i ragazzi rapiti. Israele accusa Hamas”.

    Ed è già realtà ribaltata, morti scavalcati. Perché ci sono vittime migliori di altre, forse. Perché“palestinesi” e “terroristi” non compaiono mai, in nessun titolo. Ed è quasi una sorpresa che la notizia abbia girato così tanto, perché le notizie di laggiù si preferisce scriverle guardando da una prospettiva sola. Allora, in coerenza, oggi la notizia è che Israele ha intenzione di ferire la Palestina. Lettura che accantona la voglia di prendere quei terroristi omicidi, perché tre morti possono diventare molti di più se ti mostri debole e perché è giusto, giacché se ammazzano uno dei tuoi figli tu sognigiustizia, che è cosa diversa dalla vendetta. Loro tre, i loro sorrisi, sono già a margine. Si guarda al poi mentre le storie di tre ragazzi svaniscono tra le rocce che li hanno visti carcasse, sopra quella terra che sa essere polvere e sabbia. Ma loro tre, Eyal, Naftali, Ghilad, sono tutto. Non sono la nota di cronaca, postilla da appendere a quella che appelleranno come l’ennesima aggressione israeliana. E chi lo fa, chi si mente e mente al lettore per giustificare il racconto distorto della storia, almeno non ci racconti d’etica giornalista.

    Oggi è Israele, urlato, forte. Onore al suo orgoglio, a quei tre giovani ragazzi che piangono ingiustizia. Oggi qui sventola la bandiera israeliana, quella che comunque la si veda lotta per la vita senza mai inneggiare alla morte. Il resto non volgiamo sentirlo né leggerlo, sono chiacchiere e il tempo le seppellirà come tali.

    A Eyal, Naftali, Ghilad.

    http://www.amicidisraele.org/2014/07/uccisi-due-volte-la-seconda-dalla-stampa-italiana/

    2 Lug 2014, 23:51 Rispondi|Quota