L’Università di Londra decide il boicottaggio accademico contro Israele: una vergogna per l’intero mondo culturale britannico!

 
Emanuel Baroz
7 marzo 2015
5 commenti

Il soffice rogo dell’Università di Londra

di Giulio Meotti

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Londra – Hanno votato 2.056 fra docenti universitari, studenti, presidi di facoltà, perfino gli inservienti e gli addetti alla sicurezza. Il 73 per cento ha deciso per il boicottaggio totale delle istituzioni accademiche di Israele. Soltanto in 425 hanno votato contro. A favore dell’esclusione dello stato ebraico il sessanta per cento dei docenti ordinari e dei “lecturers”, i docenti associati.

E’ stato un referendum sul diritto all’esistenza dello stato ebraico fra le classi abbienti del mondo accademico e culturale britannico. La London University diventa il primo ateneo inglese a votare ufficialmente la fine di ogni legame accademico e professionale con i colleghi israeliani. La prima a farne le spese sarà l’Università Ebraica di Gerusalemme, con la quale l’università londinese ha in corso degli scambi. Ai votanti era stato chiesto se fossero d’accordo con la decisione della Scuola di studi orientali e africani (Soas) della facoltà di aderire alla campagna di boicottaggio di Israele. Il voto è tanto più importante perché arriva dalla più prestigiosa università inglese per gli studi mediorientali. E’ la stessa dove era andato a studiare Mutassim Gheddafi, uno dei figli del Colonnello. E’ la stessa dove l’imam Yusuf al Qaradawi siede fra gli advisor del Journal of Islamic Studies. E’ lo stesso religioso che ha giustificato gli attentati suicidi contro gli ebrei: “Oh Allah, colpisci gli ebrei, i nemici dell’islam. Oh Allah, colpisci questa banda arrogante. Oh Allah, non sprecarne neppure uno, contali e uccidili, fino all’ultimo“.

Ci sono poi quei finanziamenti della famiglia reale saudita all’università di Londra (costituiscono il quindici per cento del totale delle donazioni). Di fronte al voto di Londra esultano i militanti del boicottaggio, come Rana Baker, ricercatrice di antropologia di quella facoltà, che dice: “Il referendum è il primo passo nella direzione di porre le università israeliane nel giusto contesto di laboratori militari“. Nel 2007 i ricercatori associati del Regno Unito si erano riuniti a Bournemouth per votare a favore di “un boicottaggio generale” delle istituzioni israeliane. E l’università israeliana di Bar-Ilan ha dichiarato che un boicottaggio “silenzioso” delle università inglesi è già in atto da tempo. Ogni corporazione e burocrazia in Inghilterra ha preso parte all’inimicizia d’Israele: insegnanti, dipendenti pubblici, architetti, medici, accademici, giornalisti e chierici religiosi. Ngo Monitor ha appena stilato un bel rapporto su come funziona il boicottaggio.

Il voto della London University, che ieri è stato definito “non binding” dall’amministrazione, avrà effetti pratici e immediati: impedire agli studenti israeliani di ottenere sovvenzioni alla London University, persuadere altre istituzioni accademiche inglesi a rompere le relazioni con le università israeliane, convincere gli accademici che lavorano alla London University a non recarsi in Israele, non invitare gli israeliani alle conferenze della stessa università, impedire la pubblicazione di articoli di studenti israeliani nelle riviste dell’ateneo e non pubblicare articoli su riviste specializzate israeliane.

E’ un rogo antisemita soffice.

(Fonte: Il Foglio, 7 Marzo 2015)

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  • #1Emanuel Baroz

    Contro l’antisemitismo della London University

    di Pierluigi Battista

    Una schifezza antisemita che dovrebbe sollecitare una mobilitazione di chi lavora nelle università europee. Il voto a maggioranza con cui l’Università di Londra ha decretato l’ostracismo contro gli studenti israeliani, i libri israeliani, le ricerche israeliane non può essere trattato con giudizi diplomatici, con cautele eufemistiche, con ipocriti distinguo. È un accanimento senza pari contro i cittadini e le idee di un’intera Nazione. Neanche ai tempi del boicottaggio contro il Sudafrica dell’apartheid si era decretato che gli studenti sudafricani non potessero mettere piede in un’università europea o americana, o che i libri scritti da scrittori e scienziati sudafricani non potessero essere adottati negli atenei.

    Neanche con l’Iran che nega con decreto di Stato la verità storica della Shoah, si impedisce la circolazione degli studenti di Teheran. Perché il boicottaggio delle idee e delle persone è incivile, supera ogni limite di decenza. Il boicottaggio contro le merci si può capire: può essere un errore, lo è quasi sempre, ma non calpesta la dignità delle persone. Il boicottaggio contro i libri, la ricerca, gli studenti, i professori è invece una barbarie contro la cultura, il sapere, i valori stessi dell’Europa.

    Perciò il voto della London University è una decisione che fa ribrezzo. Perché demonizza lo Stato di Israele. Perché fa a pezzi i diritti dei singoli cittadini di quello Stato. Perché è un’aggressione morale contro lo Stato degli ebrei, proprio adesso che l’antisionismo radicale, la negazione dello Stato di Israele a esistere, è diventato per i fondamentalisti l’arma per massacrare gli ebrei che vivono in Europa, per quelli che non distinguono tra una Sinagoga e un’ambasciata israeliana e mettono sotto assedio i quartieri dove ci sono gli ebrei considerati quinte colonne dell’«entità sionista», i supermercati kosher dove gli ebrei vengono uccisi in quanto ebrei, e quindi complici e corresponsabili del nemico sionista. Se i boicottatori dell’università di Londra non sanno queste cose, sono soltanto ignoranti che macchiano la dignità della loro accademia. Se lo sanno, si prestano al più losco gioco degli antisemiti. E chi collabora con l’antisemitismo, chi non dice una parola sulla caccia all’ebreo merita di veder giudicato il suo boicottaggio con parole che non siano troppo indulgenti: una schifezza antisemita. Una raccolta di firme tra gli accademici europei contro l’antisemitismo dei loro colleghi londinesi?

    (Fonte: Corriere della Sera, 9 Marzo 2015)

    9 Mar 2015, 20:43 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Pregiudizio e intimidazioni: una famosa università britannica aderisce al boicottaggio di Israele

    http://www.progettodreyfus.com/pregiudizio-e-intimidazioni-una-famosa-universita-britannica-aderisce-al-boicottaggio-di-israele/

    9 Mar 2015, 20:46 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    10 Mar 2015, 23:22 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Scriviamo in quanto studenti e professori di Soas riferendoci all’articolo «Contro l’antisemitismo della London University» ( Corriere , 9 marzo). In qualità di studenti e professori di questa università, smentiamo nel modo più categorico che il referendum consultativo qui svoltosi sia stato un gesto antisemita. La nostra università e i gruppi firmatari rifiutano inequivocabilmente ogni forma di razzismo e antisemitismo. La campagna internazionale che va sotto il nome di Boycott, Divestments and Sanctions (Bds), sulla quale sono stati consultati studenti e corpo docente, sostiene tre richieste: la fine dell’occupazione; l’uguaglianza dei cittadini arabo-palestinesi in Israele; il rispetto del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Benché riconosciamo che questa linea di confine sia a volte delicata, il boicottaggio non é diretto a singoli individui, bensì alle istituzioni strettamente legate alle politiche dell’attuale governo israeliano. Accademici e studenti israeliani sono e saranno sempre i benvenuti a Soas (School of Oriental and African Studies), che da tempo ospita un centro di studi israeliani ed ebraici di livello mondiale. Ci conforta il fatto che numerosi studenti e professori di religione ebraica così come di cittadinanza israeliana si sono fatti promotori di questa campagna qui in Inghilterra, così come messaggi di solidarietà sono pervenuti da Israele. È nostra convinzione che il mondo accademico sia il luogo nel quale sviluppare il dibattito critico, nello spirito di valori che riteniamo fondamentali come la libertà di opinione e di espressione. La diversità di opinioni riguardo a strategie quali il movimento Bds appoggia è sempre benvenuta. Tuttavia accusare di antisemitismo chi sostiene un pensiero critico rispetto alle attuali politiche del governo israeliano, è un’azione non solo inaccurata ma soprattutto strumentale e di pericolosa disinformazione.

    Soas Students’ Union, Israel Student Society, Palestine Student Society, Italian Student Society, singoli membri del corpo docente di Soas

    ————————————————————————————————————–

    Boicottare non le merci ma gli studiosi e le ricerche culturali e scientifiche israeliane è antisemitismo camuffato da antisionismo.

    Pierluigi Battista

    (Fonte: Corriere della Sera, 25 Marzo 2015, pag. 45)

    29 Mar 2015, 14:42 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    La svastica a Berkeley

    L’antisemitismo divampa nei campus più liberal d’America. L’odio per Israele è ormai l’oppio dell’élite accademica. Professori che incitano al terrorismo e studenti aggrediti.

    di Giulio Meotti

    “Vorrei con tutto me stesso essermi sbagliato. Spero e prego perché l’ondata di antisemitismo che avverto sia una profezia sbagliata”. Purtroppo per Lawrence Summers, allora presidente di Harvard (2001-2006), la sua profezia si è rivelata corretta. Alla University of California di Irvine, la confraternita ebraica ha trovato svastiche sugli edifici del campus, e lo stesso nei giorni scorsi è accaduto alla Vanderbilt University, alla University of Oregon e alla Emory University. Incidenti sempre legati alle attività antisraeliane. Newsweek lo chiama “il problema della svastica a Berkeley”.

    L’antisemitismo attecchisce come una pianta malefica nella Ivy League, la lega dell’edera, i laboratori delle “equal opportunities” e della counter culture inebriata di benessere, del “Black is beautiful” e del continuo ricatto delle minoranze etniche o sessuali, dove il ragazzo nero del profondo sud siede nello stesso banco dell’erede Rockefeller, le oasi verdi fatte di sole, ginnastica, jogging, piazze animate da concerti, manifestazioni di studenti, in un reticolo di strade costellate di librerie, caffetterie, ristorantini, pizzerie. E in mezzo, i premi Nobel e i templi della conoscenza.

    E’ possibile che i college più liberal del mondo stiano adesso incubando l’antisemitismo assieme al cinismo sull’occidente, al sospetto sul capitalismo e al politicamente corretto? I primi segni di quest’odio nuovo si ebbero proprio a Berkeley nel 2002, quando sulla scalinata della Sproul Hall nell’Università di Berkeley, dove nacque il Free Speech Movement, alzò la voce una nuova generazione di studenti. Stavolta contro Israele e il popolo ebraico. Il 54 per cento degli studenti ebrei del college oggi dice di aver subito aggressioni antisemite o di esserne stato testimone, secondo la ricerca pubblicata dal “Center for Human Rights Under Law” del Trinity College. E quando gli studenti hanno denunciato i disagi alle relative amministrazioni delle facoltà, le università non l’hanno quasi mai presa seriamente.

    Jessica Felber, una studentessa ebrea, ha denunciato Berkeley dopo essere stata aggredita da un altro studente, Husam Zakharia, mentre partecipava a una dimostrazione in favore di Israele. L’università era a conoscenza che Zakharia era un capo del gruppo “Studenti per la giustizia in Palestina”, e che si era reso responsabile di altre aggressioni nel campus. Nelle facoltà dove professori e studenti cercano maggiormente di proteggere i diritti etnici e delle minoranze razziali, i discorsi dell’odio contro la comunità ebraica sono diventati un problema dilagante. Dopo l’ultimo conflitto a Gaza, la scorsa estate, sono apparse sui muri del campus di Berkeley le scritte “Morte a Israele” e “Uccidiamo tutti gli ebrei”. Nei giorni scorsi è stata poi la volta dello slogan: “I sionisti dovrebbero essere mandati nelle camere a gas”.

    A Berkeley la madrina delle campagne contro Israele è la professoressa Judith Butler, che ha inventato gli “studi di genere” così popolari oggi anche in Europa. La Butler finì sotto accusa per una intervista in cui denunciava i memoriali per le vittime dell’11 settembre: “Dopo 1’11/9, sono rimasta scioccata dal fatto che c’era un lutto pubblico per molte delle persone che sono morte negli attacchi al World Trade Center e nessun lutto pubblico per i lavoratori illegali del WTC”.

    Gary Tobin nel suo libro “Uncivil University” scrive che “antisemitismo e antisraelismo sono sistematici nel campo dell’istruzione superiore e possono essere rilevati nei campus di tutti gli Stati Uniti”. Ovunque nelle aule i professori dipingono i palestinesi come vittime degli “occupanti israeliani” e lo stato ebraico è ritratto come “razzista”, “stato di apartheid”, “genocida”. Negli edifici dei campus, i gruppi antisraeliani organizzano picchetti, conferenze per il boicottaggio, e i sostenitori di Gerusalemme sono quotidianamente interrotti, è loro impedito di parlare e studenti ebrei sono aggrediti, anche fisicamente. Nel giugno 2009, Tammi Rossman-Benjamin, che insegna all’Università di Santa Cruz, ha presentato una denuncia al dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti contro i campus universitari di Santa Cruz che sponsorizzavano conferenze e film “violentemente anti-Israele”, usando i soldi del campus, per diffondere antisemitismo in contrasto con il “Civil Rights Act” del 1964. Nell’ottobre 2010 il Dipartimento dell’Educazione ha stabilito che le università finanziate a livello federale sono obbligate a eliminare ogni pregiudiziale antisemita.

    Non va dimenticato che il simbolo del pacifismo antisraeliano nel mondo è Rachel Corrie, una studentessa universitaria americana, rimasta uccisa a Gaza sotto un bulldozer israeliano, nel tentativo di bloccare la demolizione di una casa di terroristi. Il mito di Corrie ha ispirato opere letterarie, boicottaggi, e articoli in tutto il mondo. La sua storia ha contribuito a diffamare Israele in un modo persino peggiore della storia di Mohammed al Dura. Dopo la morte di Corrie, la Caterpillar è stata bersaglio di molte campagne e persino la Church of England ha venduto le azioni di quella società. Hamas ha adottato il suo viso come mascotte e l’Iran le ha dedicato una strada. Una delle navi della flottiglia per Gaza portava il suo nome, come se fosse stata un’inerme ragazza occidentale. Corri e, invece, era nella Striscia di Gaza per fare da scudo umano ai terroristi. Alla Evergreen State University, gli ex professori di Corrie alle cerimonie di laurea indossano pantaloni cachi e kefiah, in omaggio alla loro ex studentessa.

    Nei giorni scorsi il David Horowitz Freedom Center, un think tank conservatore in California, ha diffuso la lista nera dei peggiori campus d’America. Svetta in testa alla classifica la Columbia University. I primi a denunciarla sono stati alcuni studenti con un documentario, “Columbia Unbecoming”, prodotto da un gruppo di Boston chiamato The David Project, il cui obiettivo dichiarato è “contrastare l’atteggiamento ingiusto e sleale delle nostre università, dei mezzi di informazione e delle comunità”. Il film mostra una serie di studenti che accusano i docenti della Columbia di allontanarli, intimidirli e offenderli quando fanno sfoggio di opinioni filo israeliane. “Quanti palestinesi hai ucciso?”, chiede il professor Joseph Massad a uno studente che ha fatto la leva in Israele. Nel documentario, uno dei più illustri islamisti del paese, George Saliba, a una ragazza ebrea dice che non può vantare diritti sulla Palestina perché non aveva “occhi abbastanza semitici”. La Columbia è l’ateneo di Rashid Khalidi, direttore del Middle East Institute di quella Università, che ha definito “legittima resistenza” il terrorismo suicida contro Israele e l’esercito israeliano “un’arma di distruzione di massa”.

    La Columbia è un centro strategico perché è l’Università dove ha insegnato Edward Said, l’accademico palestinese più illustre del XX secolo. Said era la quintessenza dell’intellettuale occidentale, coccolato dai liberal e bestseller di lungo corso nelle librerie europee. E, al tempo stesso, l’esponente culturale più prestigioso del fronte del rifiuto palestinese. Celebre la foto in cui Said si fece ritrarre, al confine del Libano meridionale, mentre tirava sassi contro i soldati israeliani. Fu lui a inventarsi una patria palestinese, molto prima che Yasser Arafat piazzasse bombe negli aeroporti europei per rivendicarla. Fu Said a scrivere lo storico discorso con cui il rais si presentò nel 1974 all’Onu, con il ramoscello d’ulivo in una mano e nell’altra la pistola. La sua definizione dei palestinesi come “vittime delle vittime”, “profughi dei profughi”, ha avuto una risonanza straordinaria in occidente. E’ l’attrazione fatale per la vittima che diventa carnefice. In una intervista del 1989 Said disse, senza equivoci: “Quello che fanno i palestinesi per mezzo della violenza e del terrorismo è comprensibile”.

    Questa condiscendenza ha seminato nel profondo i campus americani. A Berkeley è stato tenuto un corso sulla “Politica e Poetica della Resistenza palestinese”. Nemmeno a Georgetown, l’ateneo dei gesuiti lautamente finanziato dai mercanti arabo-islamici, si lesina moderazione. Yvonne Haddad, docente di storia dell’islam e di Relazioni cristiano-musulmane, ha detto che Intifada, quella dei kamikaze, significa “non mi rompere le palle”. Hamid Dabashi, docente di Studi iraniani alla Columbia, ha fatto proiettare pellicole dove s’inneggia alla fine di Israele.

    A Yale è durato appena quattro anni l’Initiative for Interdisciplinary Study of Anti-Semitism, il primo centro accademico al mondo completamente dedicato allo studio dell’antisemitismo. Quattro anni dopo è stato chiuso, essendo stato accusato di “servilismo verso Israele”, a causa della pressione dei diplomatici palestinesi negli Stati Uniti, del politicamente corretto e delle laute donazioni dei paesi arabi. Come ha scritto sul Washington Post il professor Walter Reich, che insegna alla George Washington University, “Yale ha ucciso il miglior istituto americano per lo studio dell’antisemitismo” perché “critico dell’antisemitismo arabo e iraniano”.

    Nessuna polemica invece venne sollevata quando gli studenti del Jackson Center for Global Affairs di Vale vennero portati dai loro docenti a incontrare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in visita all’Onu (in quell’occasione il leader iraniano negò nuovamente la Shoah).

    Ci sono diciassette centri di studi mediorientali negli Stati Uniti e quasi tutti ospitano ricercatori antioccidentali e antisraeliani. Lo scorso ottobre centinaia di antropologi in tutto il mondo hanno firmato un appello per il boicottaggio di Israele. C’erano anche tredici professori dalla Columbia University, nove da Harvard e otto da Vale. Tra loro nomi importantissimi del mondo dell’antropologia, come i professori J ean e J ohn Comaroff di Harvard, decani degli studi post coloniali e africani, e Michael Taussig della Columbia, lo studioso della mimesi e dell’America latina. L’American Studies Association ha recentemente aderito alla campagna internazionale di boicottaggio contro le università israeliane. E viene da Harvard il professore che ha scritto “Israel Lobby” (si tratta di Stephen Walt), la versione dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” aggiornata a Israele.

    E’ anche un problema di fondi che arrivano dai paesi islamici. Basta scorrere l’elenco delle donazioni dai potentati arabi del Golfo dal 1995 a oggi: Boston University (1,5 milioni), Columbia University (500 mila dollari), George Washington University (12 milioni), Georgetown University (16 milioni), Harvard (12 milioni), Mit (10 milioni), University of Arkansas (18 milioni). L’intolleranza intanto dilaga ovunque. Dall’Hampshire College, dove uno studente pro Israele è stato aggredito da parte di individui dai volti coperti al grido di “Baby Killer”, alla Rutgers University, dove in un evento i palestinesi sono stati paragonati alle vittime dell’Olocausto. Intanto, dalla mensa della Università di Harvard, è scomparsa la Sodastream, azienda israeliana leader nella gassificazione dell’acqua. Il pensiero corre al 1934. L’anno in cui Harvard accolse Ernst Hanfstàngl, sodale di Hitler nonché finanziatore del “Mein Kampf”. Quando un rabbino gli chiese delle violenze antisemite a Berlino, Hanfstangl rispose: “Sono in vacanza fra vecchi amici”. E si avviò a prendere un tè con il presidente di Harvard, James Conant.

    Questa ondata di irrazionalità antisemita e di isteria antisraeliana nei campus d’America è l’inveramento della profezia non soltanto di Lawrence Summers, ma anche di Allan Bloom, il docente di Filosofia all’Università di Chicago che deprecò la caduta di questi santuari della conoscenza con un libro che destò scalpore, “La chiusura della mente americana”. Dove tutto ormai deve essere istantaneamente gratificante. Compreso l’odio per Israele. Quest’oppio delle élite. L’ultima buona causa liberal e umanitaria.

    (Fonte:Il Foglio, 25 Marzo 2015)

    31 Mar 2015, 19:27 Rispondi|Quota