La Palestina che piace all’Europa lancia le auto contro i civili

 
Emanuel Baroz
9 marzo 2015
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La Palestina che piace all’Ue lancia le auto contro i civili

Altro attentato a Gerusalemme Est, feriti passanti e cinque soldatesse. Per Hamas è un atto eroico. L’Olp dice stop alla collaborazione per la sicurezza con Israele.

di Carlo Panella

attentato-gerusalemme-terrorismo-palestinese-focus-on-israelNuovo attentato palestinese ieri (venerdì 6 Marzo, ndr) a Gerusalemme con la insidiosa tecnica della “car Intifada”, tecnica vile e impossibile da prevenire. Ancora una volta un palestinese ha lanciato a tutta velocità la sua auto su un gruppo di passeggeri che attendevano l’autobus in una strada di Gerusalemme per ucciderli. Questa volta Mohammed Salaimeh, palestinese residente a Gerusalemme Est ha colpito alla fermata di Shimon HaTzadik sulla strada numero 1, già teatro di simili imprese. La sua vettura ha colpito sei donne-soldato della Guardia di Frontiera israeliana, ne ha ferito gravemente cinque, poi ha continuato la sua corsa e ha investito un ciclista, la macchina è sbandata, si è fermata e lui è uscito con una barra di metallo in mano, per avventarsi sul malcapitato ciclista che giaceva a terra, ma è stato ferito a colpi di pistola da un poliziotto.

Ad una fermata poco distante, mesi fa, un altro palestinese aveva travolto e ucciso una donna e il suo bambino di pochi mesi. Da un anno in qua, gli attentati palestinesi con le automobili contro le fermate dell’autobus hanno provocato tre morti e varie decine di feriti.

Poche ore prima, la dirigenza palestinese di Ramallah aveva annunciato la sospensione degli accordi di cooperazione delle sue forze di sicurezza con Israele. Una decisione gravissima, dalle conseguenze imprevedibili e funeste perché suona come un via libera ai tanti gruppi armati ed eversivi che agiscono in Cisgiordania, per organizzare azioni violente contro Israele, senza dovere temere l’opera di controllo e prevenzione delle forze di sicurezza palestinesi. Di fatto, un invito a dare il via a nuovi attentati e uccisioni. Una scelta irresponsabile di Abu Mazen che, come la tecnica omicida delle “car Intifada”, simboleggia plasticamente l’esasperante fallimento di una dirigenza palestinese che non sa ottenere una pace e lo Stato di Palestina, ma non è neanche in grado di tentare di imporla con la forza – come tentò di fare purtroppo più volte con Arafat – e si affida a vili gesti isolati contro inermi cittadini israeliani.

Il tutto – e questo è il punto fondamentale – in un contesto in cui la leadership palestinese è sempre divisa in due componenti letteralmente l’una contro l’altra armata. Lo scorso agosto Abu Mazen è arrivato a dichiarare durante un colloquio con i dirigenti del Qatar (grande sponsor di Hamas): «Hamas vuole farmi impazzire. Il suo proposito è distruggere la Cisgiordania e creare uno stato di anarchia per orchestrare un colpo di stato contro di noi». Di fatto la Autorità Nazionale Palestinese, che gestisce i territori dal punto di vista amministrativo e della sicurezza interna e non ha la figura giuridica e i poteri di uno Stato, dal 2007 (quando ebbe luogo una guerra civile palestinese con duecento morti) è governata da due esecutivi in feroce polemica. La Striscia di Gaza è amministrata da Hamas, la Cisgiordania, invece è amministrata dalla Olp di Abu Mazen. E Hamas, non solo si rifiuta di sedere al tavolo della trattativa con Israele, ma continua a rifiutarsi di riconoscere persino il diritto all’esistenza dello Stato ebraico. I tentativi infiniti di arrivare a una ricomposizione della frattura verticale della dirigenza palestinese tentati dall’Arabia Saudita sono tutti falliti. L’ultimo è naufragato nella scorsa primavera, dopo la formazione di un governo unitario “tecnico”, che ha poteri solo formali e di fatto non conta nulla.

A fronte di questa radicale incapacità dei palestinesi di trovare persino un accordo politico tra di loro e alle accuse reciproche di tentativi di golpe e di sopraffazione, le recenti mosse di tanti parlamenti europei di riconoscimento dello Stato Palestinese sono prive di ogni senso politico. Se non peggio. È infatti evidente che la pur dura – e a volte ingiustificata (?…)- posizione negoziale del governo Netanyahu non trova una controparte palestinese minimamente affidabile. Se mai Israele riconoscesse uno Stato Palestinese, si troverebbe infatti incuneata tra due porzioni statuali (la Cisgiordania e Gaza) in cui maggioritario, sarebbe il ruolo di Hamas. Una organizzazione terroristica, che permette il radicamento e l’attività a Gaza stessa di centinaia di miliziani legati al Califfato nero di abu Bakr al Baghdadi e che da quando Sharon ritirò l’esercito israeliano da Gaza si è occupata solo di trasformarla in un bunker per lanciare migliaia di razzi e missili contro una Israele “da distruggere”. La riprova che il peggior nemico dei palestinesi, da un secolo in qua, sono proprio i palestinesi.

(Fonte: Libero, 7 Marzo 2015)

Nella foto in alto: la scena dell’attentato di Gerusalemme del 6 Marzo 2015

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