Terrorismo palestinese a Gerusalemme: accoltellato poliziotto alla Porta di Damasco

 
Emanuel Baroz
21 giugno 2015
3 commenti

Terrorismo palestinese a Gerusalemme: accoltellato poliziotto alla Porta di Damasco

attentato-gerusalemme-terrorismo-palestinese-focus-on-israelGerusalemme, 21 Giugno 2015 – Un poliziotto israeliano è stato pugnalato questa mattina a Gerusalemme nei pressi della Porta di Damasco. Prima di perdere conoscenza, il poliziotto è riuscito ad aprire il fuoco contro l’attentatore (un 18enne del villaggio di Sa’ir, vicino a Hebron) ora ricoverato presso l’ospedale israeliano Hadassah Medical Center di Ein Kerem, prima di perdere i sensi.

Il poliziotto è stato poi ricoverato allo Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme in condizioni critiche con ferite al collo e al petto.

Il terrorista era entrato clandestinamente in Israele e non fa parte dei molti palestinesi entrati a Gerusalemme grazie ai permessi rilasciati dalle autorità israeliane in occasione del mese musulmano di Ramadan. Il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat e il primo ministro Benjamin Netanyahu hanno particolarmente elogiato il coraggio dell’agente che, benché ferito, ha neutralizzato il terrorista impedendogli di mettere a repentaglio altre vite umane.

(Fonte: Israele.net)

Thanks to Progetto Dreyfus

Nella foto in alto: il poliziotto israeliano ferito da un attentatore palestinese oggi a Gerusalemme

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  • #1Emanuel Baroz

    Israele: si teme escalation di attentati. E l’angelo della pace tace

    di Sharon Levi

    L’attentato avvenuto ieri nei pressi della città di Dolev dove è stato ucciso a sangue freddo il giovane Dani Gonen, 25 anni, è stato rivendicato da una cellula di Hamas denominata “Marwan Kawasme and Amer Abu Aysha Squad” dal nome dei due terroristi che un anno fa rapirono e uccisero tre ragazzi israeliani affermando che con questo attentato volevano proprio commemorare il barbaro omicidio dei tre ragazzi.

    Hamas ha benedetto il vile attentato definendolo un “atto eroico di resistenza”, come se uccidere a sangue freddo un ragazzo inerme che si era fermato per soccorrere un automobilista palestinese che per attivare il tranello si era finto in panne, fosse un atto di eroismo e non di estrema vigliaccheria.

    Il presidente di Israele, Reuven Rivlin, ha definito il vile attentato «un altro passo nella escalation degli attacchi terroristici a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi» e ha condannato con fermezza il silenzio delle autorità arabe e in particolare del cosiddetto “angelo della pace” Abu Mazen e delle autorità arabe in Cisgiordania che con il loro assordante silenzio sembrano approvare gli atti di terrorismo con una sorta di “tacito consenso” che non può passare inosservato. Rivlin ha detto che «Israele non accetterà una situazione in cui un giovane escursionista viene ucciso in Israele perché ebreo» e ha invitato i leader arabi a prendere pubblicamente una ferma posizione, ma sono parole al vento.

    Il timore di una escalation e il ruolo dei “cooperanti” stranieri

    L’uso di armi da fuoco per compiere un attentato in Cisgiordania è una cosa relativamente rara e preoccupa molto lo Shin Bet che fatica parecchio a tenere sotto controllo i lupi solitari che in apparenza non sembrano essere affigliati ad alcun gruppo organizzato. In realtà si ha la sensazione che questi gruppi siano più organizzati di quello che sembra e che negli ultimi tempi abbiano sempre più preso piede in Cisgiordania grazie anche alle complicità locali, non sempre solo arabe. Lo Shin Bet infatti tiene sotto controllo in particolare alcune decine di cosiddetti “cooperanti” stranieri che con la facilità di movimento di cui possono godere potrebbero tenere le fila dei contatti con Hamas e provvedere a rifornire i terroristi di denaro e armi. Il legame tra cooperanti stranieri e terrorismo è emerso lo scorso anno proprio in occasione dell’omicidio dei tre ragazzi israeliani e ancora non si è riusciti ad affrontare con la dovuta serietà il problema per paura di innescare una serie di proteste internazionali, ma il problema c’è ed è molto serio. A Gerusalemme stanno pensando di limitare l’ingresso ai cosiddetti “cooperanti” permettendolo solo a coloro che appartengono a ONG riconosciute e provatamente imparziali ma è difficile attuare una cosa del genere senza la collaborazione della Autorità Nazionale Palestinese (ANP) che invece sull’argomento nicchia e fa finta di nulla. Teme una escalation anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov, che nel condannare l’attentato ha chiesto alle parti di mantenere calma e moderazione. Nel frattempo l’IDF ha dato il via a una colossale caccia all’uomo nel tentativo di individuare l’autore del vile attentato.

    http://www.rightsreporter.org/israele-si-teme-escalation-di-attentati-e-angelo-della-pace-tace/

    22 Giu 2015, 19:50 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    22 giugno 2015 – “La relativa calma in Giudea e Samaria (Cisgiordania) non deve ingannare nessuno. Vi sono continui tentativi di attentato e purtroppo alcuni hanno successo. Se la maggior parte falliscono, è grazie allo sforzo continuo di tutte le forze di sicurezza israeliane”. Lo ha detto domenica il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aprendo la riunione settimanale di governo.

    (Fonte: Israele.net)

    22 Giu 2015, 19:51 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Lupi non del tutto solitari

    La recente serie di saltuari attacchi terroristici avviene per ragioni che sono più o meno sempre la stesse

    di Ron Ben-Yishai

    L’accoltellamento di domenica mattina alla Porta di Damasco ha tutte le caratteristiche dell’ennesimo attentato ad opera di un cosiddetto “lupo solitario”: incidenti apparentemente impossibili da prevedere, per i quali le forze di sicurezza israeliane non possono essere pronte sul piano dell’intelligence e operativo. Sembrano attacchi dovuti a raptus improvvisi, ma non è esattamente così.

    Anche questi attacchi sporadici avvengono sullo sfondo di un contesto omogeneo e per ragioni che sono più o meno sempre le stesse. In questo caso, come per l’assassinio a sangue freddo dello studente Danny Gonen venerdì scorso a Dolev, ci sono tre o quattro ragioni che spiegano la tempistica degli aggressori palestinesi.

    La prima ragione è il fervore religioso fra i musulmani nel mese sacro del Ramadan. Non si tratta solo degli infuocati sermoni che ascoltano, o delle loro inclinazioni religiose, ma anche dei lunghi digiuni, dei cambiamenti estremi nella vita quotidiana, della difficoltà di mantenere la routine mentre la notte si dorme poco o nulla: tutti fattori che concorrono a creare un clima in cui fra la gente del mondo musulmano, compresa l’Autorità Palestinese, sono particolarmente accentuati rabbia e ipersensibilità.

    La seconda ragione è che un attentato omicida come quello di venerdì vicino a Dolev, subito elogiato come eroico da varie fonti palestinesi, scatena istantaneamente tentativi di imitazione, soprattutto fra coloro che sono già borderline per odio e fervore religioso, o che vogliono dimostrare qualcosa a coloro che li circondano nel loro ambiente.

    La terza ragione è l’ispirazione tratta dalle organizzazioni terroristiche islamiste, in particolare Hamas e Jihad Islamica. Per la maggior parte gli aggressori risultano collegati in un modo o nell’altro ad uno dei cerchi esterni influenzati dai mass-media di Hamas e dai sermoni di imam estremisti in onda anche sulla tv dell’Autorità Palestinese. Anche se l’attentato non è stato direttamente sancito da uno dei gruppi islamisti che predicano continuamente questo genere azioni, la guida o l’ispirazione viene da loro. In questo senso si può affermare che Hamas, che ha subito abbracciato l’attentato con armi da fuoco che venerdì ha ucciso Danny Gonen, ha aperto la strada al successivo accoltellamento di domenica.

    C’è anche una quarta ragione degna di nota, ed è l’ondata di zelo islamista che investe tutto il Medio Oriente, essa pure fonte di ispirazione per questo tipo di attentati.

    L’Autorità Palestinese è soprattutto concentrata sul suo programma di “intifada diplomatica” (sottrarsi al negoziati diretti con Israele cercando di isolarlo e indebolirlo in ogni modo a livello internazionale), ma questa comporta una continua campagna demonizzante che finisce per aizzare gli attentatori, sebbene gli attacchi terroristici aiutino poco il suo sforzo diplomatico.

    Nelle piazze e nei social network palestinesi non vi sono segni che diano per imminente una rivolta palestinese, ma i disordini in Cisgiordania si susseguono a ondate continue. Quella attuale è “l’onda del Ramadan”, che Israele ha cercato di prevenire adottando una serie di misure favorevoli ai palestinesi. Misure che evidentemente non hanno fatto effetto sui cosiddetti “lupi solitari” terroristi.

    (Fonte: YnetNews, 21 Giugno 2015)

    http://www.israele.net/lupi-non-del-tutto-solitari

    22 Giu 2015, 19:52 Rispondi|Quota