Ennesima sceneggiata palestinese a beneficio della solita stampa compiacente

 
Emanuel Baroz
3 settembre 2015
8 commenti

Cronaca di una rituale sceneggiata a beneficio di stampa ed “eroi della domenica”

Due importanti giornali britannici correggono il titolo, una volta capita la provocazione dei balilla palestinesi

di Eric Cortellessa

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Coi volti coperti dalle bandane, un gruppo di adolescenti palestinesi guidava la marcia dal villaggio palestinese di Nabi Salih, in Cisgiordania, verso il vicino villaggio ebraico di Halamish. Dietro di loro una grande folla di villici, alcuni anziani altri giovani, di attivisti, locali e internazionali, e gente dei mass-media. Alcuni sventolavano bandiere palestinesi, alcuni avevano con sé maschere antigas, moltissimi avevano telecamere.

In fondo alla strada, dei soldati delle Forze di Difesa israeliane li attendevano, come ogni venerdì, con il compito di impedire al corteo di raggiungere l’abitato di Halamish e la strada principale.

Questa manifestazione che si ripete sempre uguale a Nabi Salih è stata lo sfondo dell’incidente le cui immagini hanno fatto il giro del mondo: un gruppo di donne e bambine palestinesi ha impedito a un soldato israeliano di fermare un ragazzino, Muhammad Tamimi, accusato di lanciare pietre.

Ero sul posto, in mezzo ai giornalisti, perché stavo lavorando a un servizio per Times of Israel sulla dinamica in generale tra villaggi vicini palestinesi ed ebraici. Era la prima volta che assistevo di persona alla protesta settimanale. Per tutti gli altri presenti era un evento del tutto rituale. Si salutavano come membri di una squadra sportiva che si ritrova ogni settimana per scendere il campo.

Una volta arrivato al rendez-vous dei manifestanti, ho chiesto a qualcuno accanto a me cosa c’era da aspettarsi dalla imminente protesta. “Inizieremo a marciare lungo la strada – mi è stato risposto – L’esercito sarà là ad aspettarci. Quando saremo arrivati a un certo punto, inizieranno i lanci di lacrimogeni. A quel punto bambini inizieranno a lanciare pietre contro i soldati dall’alto della collina. Andrà avanti e indietro in questo modo per un po’, e scatteremo un sacco di foto”.

Alle 13.06 la manifestazione è cominciata sul serio quando i partecipanti hanno marciato alcune centinaia di metri lungo la strada verso i soldati, che formavano uno sbarramento. Non saprei dire se è iniziato prima il lancio di candelotti lacrimogeni o il lancio di pietre, ma nel giro di pochi istanti c’era una sarabanda di entrambi. Mentre scattavo fotografie, mi è arrivato del gas lacrimogeno negli occhi. “Non toccarli – mi ha detto qualcuno – Il pizzicore passerà da solo, basta aspettare”.

Nel frattempo, dei ragazzini si erano messi a correre su per una collina brulla per gettare altre pietre contro i soldati, alcuni con le fionde, altri con le mani. Lo scambio è andato avanti per un po’, spostandosi di posizione varie volte.

Ad un certo punto i manifestanti hanno bloccato la strada. I bambini, sotto la guida dei ragazzi adolescenti, hanno cominciato a prendere grossi massi e a piazzarli in mezzo alla strada. “Stanno bloccando la strada alle jeep dell’esercito perché non vengano più tardi da dietro”, mi è stato spiegato.

La protesta si è quindi spostata su una collina adiacente, dove adolescenti e bambini più piccoli si sono messi a lanciare pietre contro i soldati, mentre attivisti e abitanti del villaggio li guardavano e li acclamavano.

E poi, all’improvviso, la gente ha iniziato a urlare. Una squadra di soldati era spuntata alle spalle dei manifestanti e aveva iniziato a bloccarne alcuni, mentre altri soldati correvano su dal fondo della collina e avevano bloccato uno degli adolescenti.

Un soldato col volto parzialmente mascherato e il fucile in una mano stava cercando di bloccare con l’altra un ragazzino che aveva un braccio ingessato. Sono corso verso il parapiglia proprio nel momento in cui il soldato afferrava il ragazzo bloccandolo sotto di lui, mentre una ragazza, Ahed Tamimi, sorella del ragazzino (figlia di Narimen e Bassem Tamini, conosciuto nella blog-sfera con il nomignolo di “Shirley Temper” – gioco di parole fra il nome della celebre attrice-bambina Shirley Temple e la parola inglese temper: caratteraccio – diventata un simbolo della “resistenza” palestinese sui siti anti-israeliani, ma anche un simbolo dell’uso sistematico di bambine e bambini usati dai palestinesi per provocare i soldati israeliani e causare incidenti da filmare e diffondere), era accorsa e aveva cominciato a strillare al soldato di lasciarlo andare. Ben presto all’adolescente si aggiungevano altre donne e ragazze.

Anche tutti coloro che avevano una macchina fotografica erano accorsi sul posto: fotoreporter e cineoperatori formavano quasi un cerchio tutt’attorno alla mischia. Mentre il soldato cercava di allontanare le donne e allo stesso tempo di trattenere il ragazzino, la ragazza gli mordeva una mano e tutte le altre iniziavano a tempestarlo di colpi. Alla fine è arrivato il comandante che ha tolto dai pasticci il militare autorizzandolo a lasciar andare il ragazzino lanci-sassi.

Prima di allontanarsi, il soldato ha gettato una granata di gas lacrimogeno dove si era raccolta tutta quella gente. Mi sono allontanato in fretta e quando ho raggiunto un punto d’osservazione abbastanza lontano ho visto che la gente stava riportando a casa il ragazzino, nel suo villaggio. Il soldato e il suo comandante se n’erano andati senza operare alcun arresto.

Dieci minuti più tardi, praticamente tutti i manifestanti erano davanti alla casa del ragazzino, che stava sdraiato mentre la gente cercava di confortarlo. Un operatore della Mezzaluna Rossa palestinese ha mostrato al ragazzino le immagini che aveva scattato dell’incidente. “Bel lavoro”, ha detto al ragazzino. Poi si è alzato per parlare con gli attivisti e i giornalisti di andare a Ramallah e diffondere foto e video. “Li abbiamo beccati”, ha aggiunto.

(Fonte: Times of Israel, 31 Agosto 2015)

Israele.net

Si veda il filmato integrale degli incidenti di venerdì scorso a Nabil Saleh

Si veda anche: Mandano avanti donne e bambine

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