Cresce anche in Italia la piaga del boicottaggio accademico contro Israele

 
Emanuel Baroz
2 febbraio 2016
4 commenti

I protocolli dei prof. contro Israele

Iniziarono in otto, oggi sono diventati un partito. 168 accademici italiani, fra cui alcuni dei Lincei, aderiscono al boicottaggio dello stato ebraico. I capi di Hamas li ringraziano. Qualcuno si ricorda di Tullio Levi Civita?

di Giulio Meotti

boicottaggio-israele-universita-focus-on-israelIl movimento per il boicottaggio di Israele ufficialmente è arrivato in Italia nel febbraio 2003, quando una decina di professori dell’Università di Venezia Ca’ Foscari invitò a boicottare lo stato ebraico. “Non assisteremo a conferenze in Israele e non risponderemo alle richieste scientifiche e culturali che arriveranno dallo stato ebraico“, si leggeva nella decisione dei docenti veneziani guidati da Riccardo Zipoli, direttore del dipartimento di Studi eurasiatici dell’università veneziana.

Contemporaneamente, all’Università di Bologna, un gruppo di professori fece circolare un documento agghiacciante: “Abbiamo sempre considerato il popolo ebreo intelligente, sensibile, forte forse più di tanti altri perché selezionato nella sofferenza, nelle persecuzioni, nelle umiliazioni subite per secoli, nei pogrom e nei campi di sterminio nazisti. Sentiamo purtroppo che la nostra stima e il nostro affetto per voi, per il popolo ebreo, si sta trasformando in dolorosa rabbia per quello che state facendo al popolo palestinese“. Ma da allora, l’Italia era rimasta fuori dalle grandi iniziative culturali contro Gerusalemme che stavano prendendo piede in tutte le università d’Europa. Fino a oggi.

Due giorni fa il salto di qualità, con tanto di apprezzamento da parte di Hamas, che sul suo sito ufficiale scrive: “Il Movimento per la Resistenza Islamica saluta una petizione di accademici e ricercatori italiani per boicottare le istituzioni e le università di ricerca israeliane“. A parlare così è Sami Zuhri, il portavoce del regime islamista di Gaza. Il riferimento è al documento, firmato da 168 accademici italiani, che invita a boicottare l’accademia israeliana, a cominciare dal Technion di Haifa, fucina di ben quattro premi Nobel. I 168 docenti e ricercatori italiani hanno messo giù un vero e proprio programma di lavoro: “Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro“. Ci sono nomi importanti: il fisico dell’Università di Firenze, Angelo Baracca; Cristina Accornero, docente all’Università di Torino e autrice per Donzelli; lo storico della Sapienza di Roma, Piero Bevilacqua, autore Einaudi e Laterza, già direttore della rivista Meridiana; Carlo Alberto Redi, docente all’Università di Pavia e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei; Angelo Stefanini, medico del Centro di salute internazionale dell’Università di Bologna; Giorgio Forti dell’Università di Milano; l’accademico e studioso di Nietzsche, Domenico Losurdo, fino all’azionista Angelo D’Orsi.

Lo scorso ottobre il giornale inglese Guardian ha pubblicato un appello simile con trecento firme e fra queste molte italiane. Qualche mese prima, cinquecento antropologi avevano approvato il boicottaggio d’Israele e anche quella volta, fra i firmatari, comparivano tanti italiani. Come nell’appello all’allora commissario europeo alla Ricerca, Màire Geoghegan-Quinn, per chiedere l’esclusione delle università israeliane. La prossima primavera, la Società Italiana di studi sul medio oriente terrà una tavola rotonda sul boicottaggio durante la sua conferenza annuale. Per la prima volta un’associazione universitaria discuterà pubblicamente di come isolare i colleghi israeliani. Il panel si intitolerà “Conoscenza e Potere”, è organizzato da Paola Rivetti dell’Università di Dublino e avrà come ospite Laleh Khalili, l’accademica di origini iraniane della University of London che, nel 2005, promosse il boicottaggio dell’Association of University Teachers, il più grande sindacato di insegnanti del Regno Unito. Da allora, il boicottaggio di Israele ha contaminato tanti pezzi dell’accademia europea.

Ieri il giornale israeliano Haaretz riportava la notizia di un docente inglese che ha rifiutato di collaborare con uno dei suoi laureandi soltanto perché israeliano: “Temo che, come parte del boicottaggio istituzionale osservata da parte di alcuni studiosi nei confronti delle organizzazioni israeliane, non posso aiutarla con la sua richiesta“.

In Italia è già successo, nel 1938, quando l’Unione matematica italiana sostituì in quanto ebreo il suo rappresentante nel comitato della rivista tedesca Zentralblatt für Mathematik, il celebre scienziato Tullio Levi Civita, con due matematici “ariani”, Francesco Severi ed Enrico Bompiani. Oltre a perdere la cattedra, Levi Civita fu cacciato da tutte le accademie italiane di cui era membro e venne addirittura vietata la ristampa del suo famoso trattato di meccanica razionale. Fu una prostituzione della scienza e della cultura. Come oggi.

(Fonte: Il Foglio, 2 Febbraio 2016)

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  • #1Emanuel Baroz

    Salgono a 300 i prof. anti Israele. “Firmano per opportunismo o ignoranza”

    Gabriella Steindler contro gli ex colleghi dell’Orientale di Napoli

    di Giulio Meotti

    Aumentano le adesioni in tutte le università italiane all’appello lanciato da 168 accademici per boicottare le istituzioni israeliane, in particolare il Technion di Haifa, per via del ruolo che, spiegano i firmatari, questo istituto “riveste nel supportare e riprodurre le politiche israeliane di espropriazione e di violenza militare ai danni della popolazione palestinese”. I professori e i ricercatori dichiarano che “non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro”.

    In una settimana il numero di adesioni è salito a trecento. Si sono aggiunti anche molti nomi del Cnr: Manlio Bacco, Emanuela Grifoni, Giovanni Lombardi, Gian Paolo Pazzi, Ornella Terracini e Monica Zoppé. Molti boicottatori di Israele provengono dall’Università Orientale di Napoli. Dove il Centro di studi postcoloniali e di genere ha persino ufficialmente adottato il Bds, il boicottaggio di Israele. “Non mi stupisco che tanti vengano dall’Orientale”, dice al Foglio la studiosa Gabriella Steindler, già Fulbright Scholar a Berkeley e che all’Orientale ha insegnato per tanti anni.

    Steindler è stata protagonista di un precedente, terribile caso di propaganda antisraeliana proprio nel cortile della sua facoltà. “Ero all’Orientale, nella sede dove ho l’ufficio a Palazzo Corigliano, sono scesa giù nel cortile ed ho visto ‘ricostruito’ un check point israeliano con un pupazzo che doveva simboleggiare un soldato israeliano naturalmente, del filo spinato e la bandiera israeliana imbrattata di sangue. Ho telefonato immediatamente al rettore, Pasquale Ciriello, che ha tergiversato. La Comunità ebraica di Roma telefonò alla Digos, che è venuta, ma il rettore non ha autorizzato che procedesse. In breve, la bandiera è rimasta al suo posto”.

    Steindler trova allucinante che così tanti accademici abbiano firmato l’ostracismo accademico di Israele. “I miei ex colleghi, prima di votare ciecamente contro Israele, avrebbero dovuto studiare più la storia, le guerre subite e vinte da Israele e come vivono lì gli arabi rispetto al medio oriente”, dice Steindler al Foglio. “In Israele ci sono parlamentari arabi e scrittori arabi che scrivono in ebraico. Penso che queste iniziative di boicottaggio siano un misto di opportunismo e ignoranza. Noi italiani, dopo la Prima guerra mondiale, ci prendemmo il Sud Tirolo, dove si parla tedesco. Non lo abbiamo mai dato indietro. A Israele, che non ha mai perso una guerra, chiediamo di fare diversamente. I miei ex colleghi dovrebbero vedere i traguardi che Israele ha raggiunto, compresi i premi Nobel. Non dovrebbero far finta di ignorare che gli ebrei hanno sempre vissuto in quella terra, da Gerusalemme a Safed. Non è vero, come dice Dario Fo, che ‘sono arrivati’ dalla Luna. E’ una terra più piccola della Lombardia, non abbiamo tolto niente a nessuno. Ma forse conviene stare contro Israele? Possibile che ignorino tutto? Non li leggono i giornali? I cristiani vengono massacrati in Siria e Iraq, le loro chiese distrutte, eppure non dicono nulla su questo. Forse cercano visibilità questi professori antisraeliani?”.

    La rettrice dell’Orientale, Elda Morlicchio, contattata dal Foglio per avere un commento sui suoi colleghi schierati contro i professori israeliani, ha fatto sapere di “essere all’estero”. Speriamo che, ovunque la rettrice si trovi, lì nessun accademico boicotti lo stato degli ebrei.

    (Fonte: Il Foglio, 9 Febbraio 2016)

    10 Feb 2016, 17:08 Rispondi|Quota
  • #2Eugenio

    Cerchiamo di sgonfiare un po la notizia di questi accademici ipocriti antisemiti , i firmatari per il boicottaggio sono circa 168 ma su un totale di 57000 accademici italiani è pari allo 0,003% , poco più del nulla !

    15 Feb 2016, 14:42 Rispondi|Quota
  • #3Eugenio

    Anche se fossero 300 la percentuale sarebbe lo 0,005 % sempre il nulla sarebbe !

    15 Feb 2016, 14:46 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Il ministro Giannini contro il boicottaggio accademico di Israele

    Il ministro dell’Istruzione interviene sulle firme dei professori italiani contro Gerusalemme di cui aveva scritto il Foglio.

    Durante il conferimento di una laurea honoris causa alla presidente dell’Unesco, Irina Bokova, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini è intervenuta in merito alla campagna per il boicottaggio accademico di Israele lanciato in Italia due settimane fa e che ha raccolto 312 firme.

    “Ho molto apprezzato la risposta data dalla Conferenza dei Rettori delle università italiane all’appello firmato da alcuni docenti universitari per il boicottaggio del Technion di Haifa”, ha detto il ministro Giannini. “L’accusa è che in quella Università si faccia ricerca finalizzata anche a generare oppressione ai danni del popolo palestinese. L’Italia, la cui amicizia con Israele è profonda e che non sottovaluta la minaccia all’esistenza e alla vita dello Stato portata da gruppi terroristici, sostiene tutti gli sforzi negoziali per giungere a una pace duratura. Ma non è questo il punto. È l’idea stessa di progresso della scienza che, per principio, esclude la modalità del boicottaggio”.

    Lo scorso 2 febbraio, Giulio Meotti aveva scritto per primo della vicenda su queste colonne, parlando di un “il salto di qualità, con tanto di apprezzamento da parte di Hamas, che sul suo sito ufficiale scrive: ‘Il Movimento per la Resistenza Islamica saluta una petizione di accademici e ricercatori italiani per boicottare le istituzioni e le università di ricerca israeliane’. A parlare così è Sami Zuhri, il portavoce del regime islamista di Gaza. Il riferimento è al documento, firmato da 168 accademici italiani, che invita a boicottare l’accademia israeliana, a cominciare dal Technion di Haifa, fucina di ben quattro premi Nobel. I 168 docenti e ricercatori italiani hanno messo giù un vero e proprio programma di lavoro: ‘Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro’.

    (Fonte: Il Foglio, 17 Febbraio 2016)

    18 Feb 2016, 13:00 Rispondi|Quota
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