Libia: la rabbia degli ebrei cacciati, discriminati e mai risarciti

 
admin
4 settembre 2008
5 commenti

Libia: la rabbia degli ebrei cacciati, discriminati e mai risarciti

di Michael Sfaradi

Sale lo sdegno fra gli appartenenti alla comunità libica di religione ebraica dopo l’accordo fra il governo italiano e quello libico. Accordo che non prevede alcun risarcimento per chi, allora, si vide portar via tutto ciò che possedeva e si ritrovò sul lastrico. Dobbiamo ricordare che, insieme agli italiani che vivevano in Libia, tutti gli ebrei libici, dopo la confisca dei beni mobili ed immobili, furono cacciati dalle loro case ed espulsi dalla nazione all’indomani del colpo di Stato che portò il colonnello Gheddafi al potere. E’ doloroso chiedere il parere a chi, per il solo fatto di essere ebreo subì un crimine contro l’umanità e che dopo essere stato ridotto alla fame conobbe i campi di raccolta prima dell’espulsione.

Ma noi lo abbiamo fatto ed abbiamo constatato che oltre al dolore mai sopito per ciò che accadde, c’è la certezza di essere stati traditi ancora, questa volta dal governo italiano. Non traditi da un governo qualsiasi ma da quello che hanno votato (dopo tanti anni di residenza in Italia la quasi totalità degli ebrei libici ha assunto la cittadinanza italiana), dal leader che si era sempre dimostrato amico di Israele ed attento alle ragioni degli ebrei di tutto il mondo.

La frase ricorrente è: ma Berlusconi, che si mette d’accordo per 5 miliardi di dollari di risarcimento coloniale, non poteva mettere nelle trattative anche ciò che fu tolto a noi con la forza? Visto che il governo italiano si prende le sue colpe, perché non mettere, una volta tanto, un leader arabo davanti alle sue responsabilità e chiedere giustizia? Nessuno restituirà mai a queste persone l’esistenza che poteva essere e che, invece, non sarà mai, ma visto che Gheddafi è stato così bravo a chiedere i danni, arrivando anche al subdolo ricatto del dare il via libera ad un’immigrazione di massa di clandestini se le sue richieste non fossero state soddisfatte, dovrebbe anche essere in grado di capire che diritti e doveri corrono di pari passo. E’ stata una resa senza condizioni, questo è il commento degli ebrei libici nel momento in cui vedono svanire l’ultima speranza di avere giustizia. Conoscono bene la mentalità della loro terra d’origine e sanno meglio di ogni altro che questo accordo verrà proprio inteso come una vittoria, l’Italia si è arresa perché sente sulla sua testa la spada di Damocle del terrorismo finanziato dalla Libia.

Si è arresa perché continuerà il sequestro dei pescherecci in acque internazionali come continueranno gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. Si è arresa perché quello che Silvio Berlusconi ha firmato sotto la tenda del Colonnello è una cambiale senza scadenza e perché prima di quanto crediamo il governo italiano si troverà a ridiscutere il prezzo e a rimettere mano al portafoglio.

Concludiamo quest’articolo con le ultime frasi della lettera aperta che Herbert Pagani scrisse a Gheddafi nel 1987: “Con l’amore inspiegabile, quasi perverso degli ebrei per le terre matrigne che li hanno adottati, avresti potuto fabbricare ali ai tuoi re, ai tuoi eroi, ai tuoi santi e martiri per mandarli a dire al mondo che il tuo Paese esiste. Avrebbero potuto cantarlo, il tuo deserto, con parole che avrebbero fatto cadere i petali di questa ‘rosa delle sabbie’ che hai al posto del cuore. Ma Allah, che è grande e vede lontano, ha voluto, per tua mano, farci partire, affinché io andassi a cantare i miei canti sotto altri cieli, e che la tua nazione potesse proseguire, come in passato, il suo esaltante compito: essere la pagina vuota del Grande Libro dell’Islam”.

(L’Opinione, 2 settembre 2008 )

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  • #1nevevalenti

    Chi sarebbe il ‘leader che si era sempre dimostrato amico di Israele ed attento alle ragioni degli ebrei di tutto il mondo’?

    4 Set 2008, 11:56 Rispondi|Quota
  • #2Alberto P.

    “Fu Craxi a salvare Gheddafi”

    Lo si sospettava, lo si sussurrava, ma nessuno lo aveva mai detto a chiare lettere: nonostante i pesanti contenziosi che avevamo con Gheddafi, nell’aprile del 1986 fu il governo italiano a salvargli la vita, avvertendolo in anticipo dell’imminente bombardamento americano su Tripoli. Non sappiamo se il ministro degli Esteri libico Abdel Rahman Shalgam abbia fatto questa rivelazione (subito confermata dall’allora ministro degli Esteri Giulio Andreotti) con l’intento costruttivo di consolidare ulteriormente i rapporti tra i due Paesi dopo il recente trattato di amicizia, o per cercare maliziosamente di seminare zizzania tra l’Italia e gli Stati Uniti in un momento in cui filano d’amore e d’accordo.

    Certo, non è stata una mossa ortodossa, ma dato che sono passati più di vent’anni e le circostanze politiche sono radicalmente mutate, la rivelazione è d’interesse più per gli storici che per le Cancellerie, anche perché si inquadra benissimo nella politica estera dell’Italia di allora, così sintetizzata da Montanelli e Cervi, ne «L’Italia degli anni di fango»: «Fedeltà generica e costante all’Occidente, però con sbandamenti terzomondisti e una inguaribile riluttanza ad approvare senza riserve i gesti di forza degli amici (nella fattispecie, l’incursione aerea americana, ndr) e a deplorare senza riserve i gesti di forza degli avversari (cioè l’appoggio che allora Gheddafi dava al terrorismo internazionale, per cui Reagan voleva punirlo)».

    Per quanto riguarda l’area mediterranea questa specie di doppio gioco ebbe due fasi distinte. La prima, risalente agli anni Settanta, ebbe soprattutto la regia di Aldo Moro, che a causa delle sue aperte simpatie per il mondo arabo venne soprannominato Al Domor e che, attraverso il famoso colonnello Giovannone si assicurò una specie di immunità dal terrorismo palestinese in cambio di non sempre confessabili favori. La seconda, che segnò gli anni Ottanta, ebbe come protagonisti Bettino Craxi e Giulio Andreotti, entrambi terzomondisti, grandi amici di Arafat e pieni di riguardi anche per la Libia, se non altro in quanto grande fornitrice di petrolio. L’alleato americano storceva il naso, ma dal momento che apprezzava Craxi per le sue posizioni anticomuniste e gli era grato per avere accettato di installare i missili a Comiso, chiudeva gli occhi. Finché, nell’ottobre ’85, arrivarono il dirottamento della «Achille Lauro» e la successiva crisi di Sigonella a rovinare tutto.

    Quando un commando palestinese si impadronì della nave italiana, Craxi e Andreotti attivarono la filiera dei loro amici arabi e riuscirono effettivamente a risolvere la situazione senza blitz militari. Ma, prima di arrendersi, i terroristi avevano commesso un delitto che gli Stati Uniti non potevano lasciar passare impunito: l’assassinio a sangue freddo dell’invalido, americano ed ebreo, Leon Klinghofer. Perciò, quando dopo varie vicende un aereo decollò dal Cairo con a bordo il rappresentante di Arafat, ma – come certificato poi anche dalla giustizia italiana – mente del sequestro Abu Abbas e i quattro membri del commando, Washington lo fece intercettare dai suoi caccia e, con il permesso italiano, lo costrinse ad atterrare alla base Nato di Sigonella con l’intento di mettere le mani sui colpevoli. Craxi, tuttavia, non stette al gioco: con un gesto senza precedenti nei rapporti tra i due Paesi ordinò ai carabinieri di bloccare la Delta Force e permise ad Abu Abbas di scappare a Belgrado.

    «Si preferì» scrissero sempre Montanelli e Cervi «umiliare e deludere l’alleato piuttosto che gli amici arabi e, amico tra gli amici, Arafat». Gli americani si infuriarono, ma la tempesta si esaurì presto, perché l’amministrazione Reagan, allarmata dal consenso che Craxi aveva ottenuto dal Pci, non ritenne opportuno tenerlo troppo a lungo nell’angolo. Tuttavia, a mio avviso, proprio i veleni sprigionati da quella crisi, oltre al proclamato «rifiuto dell’oltranzismo» di Craxi, sono all’origine del «tradimento» italiano. Come ha scritto l’ex ministro della Difesa socialista Lagorio, Sigonella fu interpretata oltre Atlantico come una prova della mancanza di fermezza dell’Italia nella lotta al terrorismo arabo. In questa chiave il governo italiano giudicò il bombardamento di Tripoli e Andreotti ieri l’ha ribadito, «un errore politico». Non potendo impedirlo, cercò almeno – con successo – di limitarne le conseguenze.

    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=302676

    9 Nov 2008, 16:50 Rispondi|Quota
  • #3autores

    Israele non ha nessuna intenzione di rivendicare .io non sono Ebrea,anzi.Ma ho qualche cosa in Internet e state certi che Israele non ha l’intenzione di rivendicare,si possono cacciare a pedate.

    31 Ott 2009, 21:02 Rispondi|Quota
  • #4Leone Nauri

    Verita’ sugli ebrei della Libia

    leggo continuamente dei bei tempi andati in Libia!? E rimango incredulo e stupito. Basterebbe ricordarsi che da quel paese siamo stati cacciati dopo tre pogrom e senza una lira in tasca per non credere a quste menzogne ma probabilmente non e’ sufficiente per cui vorrei ricordare ai miei compaesani come vivevamo, senza sindromi di Stoccolma o altro. vorrei ricordare che quando uscivamo di casa il consiglio silenzioso dei genitori era: testa bassa e passo svelto. Che le possibilita’ di essere insultai, sputazzati, picchiati erano tra il 30- ed il 50 per cento. Che quando uscivamo da casa eravamo possibilmente piu’ di uno e che ci accompagnavamo vicendevolmente. In genere ogni uno di noi aveva un accompagnatore” ghibbor e coraggioso” per tornare. Mia madre Z’ L’ quando tornavo mi diceva sempre che….ero un ataccabrighe perche’ in fin dei conti se avessi seguito strade piu’ sicure, a testa bassa, con passo svelto o di corsa avrei probabilmente ridotto il numero degli scontri!
    nella stradine piu’ strette con marciapiedi piccoli se eri sovrappensiero e non ti accorgevi che dalla parte opposta arrivava un mussulmano e quindi non scendevi dal marciapiedi beccavi un ceffone ed una seriedi insulti dal” ia kelb, a iudi kafr” E questa era le regola, non era una situazione speciale era cosi’ e basta. Quando si tornava dal tempio ti aspettavano fuori e ti attaccavano. Mi ricordo che il nostro gruppetto in uscita da Slat dar el malte era leone Nauri, Victor Meghnagi Z’ L’ e Simo Dula questo era il vero ghibbor, metteve la lingua fra i denti e diceva: non rispondere a caso se ti picchiano rispondi al loro capo e non agli altri.
    Ai miei gentitori quando dicevo di andarcene mi rispondevano sempre che ero un esagerato!
    Vorrei ricordarvi anzitutto che nel 1945 in Libia vivevano 40000 ebrei e 500000 arabi in un teritorio grande tre volte l’ Italia e che il nostro annichilimento ha portato ad una nostra progressiva cacciata nonostante noi fossimo residenti da oltre 2000 anni, molto prima dei mussulmani, ma quaesto non viene mai ricordato, nessuno si alza con le chiavi di casa a richiedere le nostre case ed i nostri diritti. Noi eravamo circa l’ otto per cento della popolazione e ci spetterebbe l’ 8 per cento del territorio, del petrolio, dei soldi che ci hanno derubato, oltre la rivalutazione e gli interessi. Centinaia di sinagoghe trasformate in moschee o date alle fiamme, centinaia di morti e il nostro cimitero coperto con l’ asfalto di una autostrada. non abbiamo resistito con le armi, non ci hanno ascoltato ne’ l’ONU e nemmeno le altre associazioni internazionali. Ma credo che dovremmo cominciare a pensare ad un movimento politico, anche con l’ uso delle flottiglie che vanno di moda. Maledetti loro.

    3 Lug 2012, 17:20 Rispondi|Quota
  • #5Leone Nauri

    I morti del 1945

    Vorrei anzitutto ricordare il contesto in cui si e’ svolto il polgrom. La Libia era una colonia Turca, poi una colonia Italiana e dopo la guerra era sotto il controllo della Gran Bretagna. IL 4 Novembre 1945 i mussulmani hanno attaccato gli ebrei ovunque fossero, hano dato alle fiamme centinaia di negozi, case, sinagoghe ed hanno assassinato 133 persone. le autorita’ Inglesi non hanno mosso un dito per quattro giorni e quattro notti! Il risultato e’ stato l’assassinio a Tripoli di:
    Amira Izhak( Huga Giabin), Attia Regina( Tesciuba), Barabes Huatu Asciusc, Barda David, Bendaud Masauda, Dadusc Lisa, Fellah Musci- Kisc, Fellah Rubina, Genah Barkhani- Kassis, Genah Yosef Kassis, Gerbi Hmani Barghut, Guetta Meri, Habib Pinhas, Haiun Mazala, Halfon Hmani- Aruah, Halfon Masuda- Buda, Hassan Mas’auda, Leghziel Mamus – Ghezal, Makhluf Nissim, Meghnagi Gebri, Messica Hai Glam, Messica Raffael- Halil, Nahum Pinhas, Nahum Shlomo- Nawi, Naim Bekhor, Naim Bekhor Baiiba, Naim Raffael, Naim Nasi, Naim Iosef- Haba, Rav Dadusc Sciaul, Rav Avraham Tesciuba, Serussi Iakov- Gabbai, Sofer Hanna( Haddad), Sofer Mas’ud, Zanzuri Rubina.

    Ad Amrus sono stati assassinati:
    Buaron Misa, Baranes Zina, Baranes Miha, Baranes Mas’ uda, Glam Abraham, Glam Giuara, Iamin Mas’uda, Cahlon Huatu, Cahlon Huatu, Cahlon Hai, Cahlon Micael, Cahlon Makhluf, Cahlon Mantina, Cahlon Saida, Cahlon Pinhas, Cahlon Sciuscian, Cahlon Sara, Makhluf Guta, Makhluf Huatu, Makhluf Khlafu, Makhluf Misa, Makhluf Misa, Makhluf Misa, Makhluf Mantina, Makhluf Nesria, Makhluf Sultana, Makhluf Scimon, Makhluf Scimon, Mimun Lisa, Mimun Sfani, Saada Wasi, SaadaMisa, Scmuel Bekhor, Scmuel Iaakov, Scmuel Meir, Scmuel Mergiana( Makhluf), Sasson Lisa, Scmuel Rahel, Scmuel Scimon.

    A Zanzur sono stati assassinati:
    Cahlon Bachuna, Cahlon Huatu, Cahlon Mamus, Cahlon Masu, Cahlon Sturi (Debasc), Guetta Aziza, Guetta Aziza, Guetta Eliau, Guetta Fragi, Guetta Ghezala, Guetta Ghezala( Debasc), Guetta Hluma, Guetta Hmani, Gueta Kalifa, Guetta Khamsa, Guetta Khlafu, Guetta Khlafo, Guetta Lidia, Guetta Mas’ uda ( Serussi), Guetta Misa, Guetta Mosce, Guetta Nissim, Guetta Saruna, Guetta Sbai, Guetta Sfani, Guetta Toni, Hayun Dukha, Haiun Hmani, Haiun Khamus, Haiun Kheria, Hayun Khlafo, Haiun Mergiana( Makhluf), Makhluf Gamira, Makhluf Sara, Makhluf Scimon, Scmuel Nissim.

    A Zawia sono stati assassinati:
    Bukris Ester( Dadusc), Badasc Giuara, Badasc Rahamin, Dadusc Scialom, Haggiag Nissim, Halal Eliau, Halal Hevron, Halal Khamus, Halal Somani, Haiun Sclomo, Hayun Ester (Tura), Leghziel Kheria( Dadusc), Zigdon Nesria.

    A Tagiura sono stati assassinati:
    Arbib Bekhor, Arbib Khalifa, Arbib Scmuel, Attia Eliau, Buaron Amira, Frig Guta (Dadusc), Skhaib Abraham.

    A Msellata hanno assassinato:
    Attia Rahmin-Agila, Attia Iehuda, Legtivi S’ ayid

    Gli ebrei si erano sempre fidati dei mussulmani, e nonostante alcuni problemi non evrebbero mai immaginato un assalto di quelle proporzioni. Questo provoco’ un abisso incolmabile con i mussulmani ed una assoluta mancanza di fiducia nelle autorita’ inglesi. I massacri durarono dal 4 al 7 novembre e non mi risulta nessuna commissione di inchiesta dell’Onu o delle associazioni Internazionali. Per onesta’ bisogna ricordare che anche alcuni dignitari mussulmani cercarono di bloccare i massacri e che solo dopo tale data gli inglesi intervennero fermandoli.

    3 Lug 2012, 17:21 Rispondi|Quota
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