L’antisemitismo dilaga sui social network

 
Emanuel Baroz
27 novembre 2010
2 commenti

NEGATA ANCHE LA SHOAH

Facebook e i social network sono la nuova vetrina dell’antisemitismo

di Dimitri Buffa

Guai a mettere una foto di “Playboy” su “Facebook”: trovi facilmente il represso o la repressa sessuale che ti segnalano e i burocrati di Zuckerberg ti chiudono in 48 ore senza nemmeno consultare la casa madre. Stessa cosa se hai troppe amicizie, o se ne chiedi troppe. Solo se fondi una pagina negazionista dell’Olocausto o predichi l’odio contro gli ebrei (sebbene Zuckerberg si professi ateo ma nato e cresciuto in una famiglia di origini e tradizioni ebraiche) puoi stare al sicuro: le burorazie del social network per antonomasia sono molto più lente in tal caso e gruppi e pagine vengono chiusi con solerzia molto minore.

Sarà anche per questo che tutta la rete internet è ormai sommersa da gruppi, pagine e siti antisemiti. E che aumentano di anno in anno. Infatti se nel ’95 ne esisteva solo uno, oggi nel mondo si contano 8mila siti e blog antiebraici. Una miriade di spazi nei social network, forum e chat che ripropongono gli orrori classici dell’odio antisemita con l’aggravante della pervasività del mezzo.

E, in Italia, sono tra i 40 e i 50 quelli di maggior rilievo. Già a maggio 2010 una denuncia in tal senso era venuta dall’Osservatorio dell’antisemitismo del Cdec di Milano (Centro di documentazione ebraica contemporanea). Una puntuale rassegna di siti antisemiti era stata presentata da Stefano Gatti, dell’Osservatorio, ascoltato come esperto, insieme ad Andrè Oboler, giovane ricercatore australiano, in un’audizione in Parlamento nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sull’antisemitismo, svolta dalle Commissioni Esteri e Affari Costituzionali congiunte.

Adesso un nuovo ulteriore allarme, in attesa del rapporto 2011. “Sul web in materia di odio anti ebraico si trova di tutto”, diceva Gatti, che aveva suddiviso i siti in quattro gruppi, cioè antisemitismo di origine integralista cattolica, derivante dall’integralismo islamico e infine di destra e di sinistra.

Veniva fatto l’esempio di un classico sito catto-integralista come “Holy War”, che ripropone, tra l’altro, il falso storico dei “Protocolli dei Savi di Sion”. E ci sono un’infinità di pagine web, soprattutto sui social network, che presentano il tema della cospirazione giudaica per impadronirsi del mondo.

Per non parlare dei siti dell’integralismo cattolico anti conciliare. Poi ci sono i forum e i luoghi di dibattito apertamente negazionisti della Shoà. Infine il paravento della causa palestinese, come quello dell’agenzia “Infopal”, sulle cui pagine web si parla disinvoltamente di ‘pulizia etnica sionista’.
Non mancano gli spazi online che diffondono “la calunnia che vedrebbe gli ebrei impegnati in un racket internazionale del traffico di organi”. Gruppi sdoganati da internet, si diceva, ma che hanno come vertice decine di iscritti a “you tube” che propagandano filmati di esaltazione delle pratiche naziste e leggende metropolitane come quella che l’11 settembre del 2001, “4mila ebrei fossero stati avvertiti prima”.

Se prima questa gente doveva accontentarsi di scrivere su riviste di settore, difficili da divulgare e soprattutto da acquistare, adesso questi siti e queste pagine su facebook sono alla portata di tutti. E c’è chi si fa il proprio telegiornalino anti semita fatto in casa su “you tube” e in streaming.
E come ne chiudi, con gravi difficoltà, uno subito ne spunta un altro. Molte pagine mettono il link con il film “Süss l’ebreo”, proibito in Germania e Francia e facilmente scaricabile dalla Rete in tutte le lingue, poi gli iscritti lo condividono su “facebook” e così la propaganda antisemita di Goebbels gira all’infinito.

E’ una spazzatura che non può venire né raccolta né differenziata, né incenerita. Chiunque voglia cibarsene non fa altro che mettere un nome su “google” e le pagine che appariranno saranno sempre centinaia se non migliaia. Come ha spiegato anche Oboler, “l’impatto dei social media è 50 volte più potente rispetto ai mezzi convenzionali della carta stampata”. Oboler ha studiato l’aspetto della diffusione dell’antisemitismo online a livello globale sviluppando il concetto di “Antisemitismo 2.0”, cioè la sempre più diffusa accettazione nel mondo di internet dell’antisemitismo o di altri atteggiamenti discriminatori che la società reale in cui viviamo aveva molto faticosamente imparato a ripudiare.

Basti pensare proprio al caso del sito “Holy War”, gestito da un italo-norvegese. Ricco come è di materiale antiebraico e vignette terribili, è da più di 15 anni online. L’Osservatorio del Cdec ha censito anche i siti negazionisti, cresciuti negli ultimi anni. Nove quelli più corposi. E adesso Marcello Pezzetti, storico della Shoah, auspica che il nuovo Museo della Shoah non si occupi soltanto di Memoria, ma anche di denunciare e combattere ogni forma di antisemitismo. In molti si comincia a capire che dall’antisemitismo e dall’odio anti ebraico vanno tutelati soprattutto gli ebrei ancora vivi.

Per la memoria di quelli morti, a quanto pare, contro l’idiozia e l’infamità di certi esseri umani, non esiste rimedio. La battaglia è persa in partenza.

(Fonte: L’Opinione.it, 26 Novembre 2010)

Nell’immagine in alto: il profilo della pagina “Kill a Jew Day” su Facebook

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Commento

  • #1esperimento

    Hai provato a digitare “Talmud” in google? Guarda quant’è la percentuale dei siti antisemiti rispetto agli altri…

    29 Nov 2010, 16:11 Rispondi|Quota
  • #2Sarah

    Tutto questo è abominevole, mi vergogno per loro. Io non sono ebrea, ma sarei orgogliosa di esserlo. Comunque per combattere contro i siti e le pagine web di questo tenore, l’unica soluzione che vedo sono multe salatissime per i responsabili, unitamente a denuncie per istigazione all’odio.
    Vi sono vicina
    Sarah

    29 Nov 2010, 16:42 Rispondi|Quota
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