Il voto dell’Unesco per la Palestina: una farsa, ma pericolosissima

 
Emanuel Baroz
1 novembre 2011
6 commenti

Il voto dell’Unesco per la Palestina: una farsa, ma pericolosissima

di Ugo Volli

Cari amici,
come dice la sua sigla, l’Unesco dovrebbe occuparsi di educazione, scienza, cultura e altre nobili cose del genere. Ma, come ha detto ieri l’ambasciatore israeliano, più che alla scienza sembra interessato alla fantascienza. Aggiungo io: più che alla cultura all’ignoranza, più che all’educazione all’indottrinamento. Comunque alla politica, in senso antidemocratico e antioccidentale.

E’ una vecchia storia, già Reagan ne fece uscire gli Stati Uniti vent’anni fa, quando l’agenzia lavorava per organizzare l’informazione internazionale in senso terzomondista (e da quel progetto sarebbe poi uscita Al Jazeera).

Per quanto riguarda il Medio Oriente è famosa l’operazione magica dell’ Unesco sulla tomba di Rachele, moglie del patriarca Giacobbe, ininterrottamente frequentata dagli ebrei dai tempi biblici e loro possesso perenne registrato anche dal governo ottomano e situata fra Betlemme e Gersualemme, che improvvisamente fu registrata come moschea Bilal ibn Rabah ( così chiamata dal nome di un muezzin abissino la cui tomba è a Damasco), e naturalmente patrimonio culturale “palestinese”. Bisogna attendersi che lo stesso accadrà ora per tutte le testimonianze della storia ebraica, che gli arabi cercano di negare e se possibile di distruggere. Del resto che l’Unesco sia nemico dei beni culturali scomodi per il mondo islamico si è visto anche nel caso dell’Armenia, quando l’agenzia ha avallato la distruzione sistematica delle tracce cristiane compiute da Turchia e Azerbaigian.

Si potrebbe dunque considerare la decisione di Parigi un classico caso di lupo messo a guardia delle pecore, di vandalo nominato custode di museo. Non è un caso che per un pelo due anni fa non fosse stato eletto direttore dell’Unesco l’allora ministro della cultura egiziano (oggi indagato per corruzione) che aveva dichiarato che, se avesse trovato in una biblioteca egiziana un libro ebraico, l’avrebbe bruciato con le sue mani (e non solo quello….).

Sul piano culturale, insomma, tutta questa storia è una farsa, una pagliacciata. L’Unesco non ha mai fatto niente per la cultura e la scienza, è una sede politica che compie scelte politiche anche quando riconosce questo o quel sito come “patrimonio dell’umanità”. Se uno dovesse preoccuparsi dell’autorità morale o culturale della banda di burocrati che riceve lauti stipendi dall’agenzia di Parigi, potrebbe togliersi il pensiero. E del resto è chiaro che il destino dei monumenti ebraici in Israele si deciderà sul campo, come pure quello dell’inesistente patrimonio culturale (inesistente ma inventato) di una nazione inesistente (inesistente ma inventata) come la “Palestina”.

Il punto però è proprio questo, il senso politico di questo gesto. Che va letto come indizio di orientamenti politici profondi. Il primo è la perfetta irrilevanza cui la politica di Obama ha confinato l’America. Uno stato che si ritira dappertutto, che lascia l’Iraq all’espansionismo iraniano, che ritira il suo ambasciatore dalla Siria non per protesta ma perché non è sicuro della sua incolumità, che sulla Libia intona l'”armiamoci e partite”, che lascia sviluppare all’Iran suo acerrimo nemico l’armamento nucleare nel bel mezzo della fonte di mezzo petrolio del mondo non è più un impero, è uno stato perfettamente irrilevante. E non a caso i suoi migliori alleati, Gran Bretagna in testa, hanno ignorato i suoi appelli politici, le sue esplicite minacce. E’ una Caporetto diplomatica per l’America, ancor più che per Israele. Speriamo solo che Obama se ne vada presto, perché anche quando come in questo caso fa la cosa giusta, non è in grado di sostenerla.

La seconda grande tendenza politica è l’odio per Israele, che ormai coinvolge non solo i paesi islamici, ma anche tutto il terzo mondo (hanno votato per la “Palestina”, India, Cina, Russia, Brasile, giù giù fino allo Sri Lanka) e buona parte dell’Europa: non solo i paesi antisemiti come Spagna, Norvegia, Svezia, Austria, ma anche la Francia e la Gran Bretagna, che hanno ripreso la tradizionale politica filo-araba, anche se hanno governi di destra. Con loro anche la Grecia, il Lussemburgo, il Belgio, insomma mezza Europa. L’Italia è rimasta fra color che son sospesi, e certo è una posizione debole e del tutto deludente, ma almeno non si è allineata con costoro, ha rifiutato il vecchio riflesso dei tempi di Moro e La Pira, Andreotti, Craxi e D’Alema.

Il risultato ricorda quello della recente conferenza Durban III: 107 stati hanno votato nel senso di un riconoscimento della “palestina”, anche senza trattative di pace, anche senza il controllo del territorio, anche se la contiguità col terrorismo è chiarissima, anche se la “palestina” non ha affatto rinunciato alle pretese sull’intero territorio israeliano. Solo 14 i contrari (insieme a Israele e Usa anche Germania, Canada,Olanda e pochi altri). Parte di questi voti, come quello americano e tedesco, erano dovuti, ma non sono vermente convinti. Gli astenuti sono stati 52. E’ un segno chiarissimo. Israele, bombardato giorno e notte dai terroristi, vittima designata dell’odio atomico iraniano non ha la solidarietà internazionale. Deve difendersi da sé, cercando di non dar modo ai suoi nemici di usare l’appoggio del mondo che non mancherebbe. Siamo di nuovo in una situazione in cui gli ebrei sono colpevoli di ogni cosa, innanzitutto di esistere e di mantenersi tali. Per la cultura l’ammissione della “palestina” all’Unesco non vuol dir niente. Per la politica è allarme rosso.

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  • #1Emanuel Baroz

    2 Nov 2011, 12:14 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Indegni dell’Unesco

    Di Khaled Abu Toameh

    L’Autorità Palestinese non soddisfa i criteri fondamentali richiesti dall’Unesco agli stati membri. È quanto emerge da uno studio pubblicato lunedì da IMPACT-SE, l’Istituto per il monitoraggio della pace e della tolleranza culturale nei sistemi educativi. IMPACT-SE è un’organizzazione non governativa che si occupa di monitoraggio e analisi dei libri di testo scolastici e dei programmi di studio in tutto il Medio Oriente, con particolare attenzione alla loro conformità agli standard internazionali sui temi della pace e della tolleranza: un obiettivo che deriva direttamente dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni dell’Unesco.

    “Il monitoraggio dei libri di testo palestinesi in uso durante l’anno scolastico 2011 mostra che i fondamentali contro Israele e gli ebrei sono confermati” è la conclusione dello studio, secondo il quale tali fondamentali comprendono la negazione stessa di Israele e degli ebrei.

    Israele, ad esempio, non viene nemmeno menzionato fra gli stati del Levante (che attualmente comprende gli stati di Israele, Libano e Siria, oltre ai territori sotto Autorità Palestinese). Anche i luoghi santi ebraici non vengono mai menzionati in quanto tali. Ad esempio, la Tomba di Rachele a Betlemme viene presentata solo come la “moschea di Bilal bin Rabah”.

    Secondo lo studio, nei libri di testo palestinesi sono completamente cancellate lingua e identità ebraiche della Palestina/Terra d’Israele sotto il Mandato Britannico (1922-48). Cancellate in senso letterale, sino al punto di pubblicare l’immagine manipolata di un francobollo del Mandato Britannico dal quale sono state cancellate le parole in ebraico “ERETZ ISRAEL [Terra d’Israele] PALESTINA”.

    Lo studio rileva anche una persistente demonizzazione sia di Israele che degli ebrei nei libri scolastici palestinesi. Gli ebrei vengono descritti, fra l’altro, come gente che viola i patti, che si arricchisce in modo indebito, che inganna, uccide bambini, sventra donne, e vengono paragonati a serpenti invasori. Non vengono mai presentati in termini positivi o anche solo neutri. Ecco alcuni degli esempi citati nello studio.

    “Il Messaggero di Dio [Maometto] ordinò a Zayd Ibn Thabit di imparare la lingua degli ebrei allo scopo di mettersi al sicuro dai loro inganni” (“Storia degli arabi e dei musulmani”, per alunni del sesto anno di scuola, 2009, pag, 133).

    “I vostri nemici hanno ucciso i vostri bambini, squartato il ventre delle vostre donne, preso per la barba i vostri venerati anziati trascinandoli alla fossa” (“Testi e letture”, per l’ottavo anno, parte 2, 2003 ristampato nel 2007, pag. 16).

    “Per la vostra vita! Come è possibile che dei serpenti vengano a invaderci e noi continuiamo a osservare un patto di protezione [dhimma] che rispetta gli impegni?” (“Lingua araba, scienze linguistiche”, per il dodicesimo anno, 2010, pag. 61).

    Gli accordi di Oslo e la Dichiarazione di Principi (che hanno dato avvio nel 1993 al processo di pace israelo-palestinese) sono menzionati e ne vengono anche citati dei brani, ma mai in senso positivo, spiegano gli autori dello studio. E non viene mai perorato né caldeggiato un accordo negoziato in modo pacifico. Al contrario, nei libri di testo palestinesi si trovano tanti elogi alla jihad (guerra santa) e al martirio per la “liberazione” della Palestina, senza che vanga mai definito con chiarezza quale sarebbe il territorio da liberare, con ciò lasciando intendere che sia da “liberare” anche tutto il territorio dello stato di Israele. Lo studio cita a titolo di esempio il seguente paragrafo da un libro per alunni dell’ottavo anno di scuola: “Oggi i paesi islamici hanno urgente necessità di una jihad e di combattenti per la jihad, allo scopo di liberare le terre rubate e sbarazzarsi dei ladri ebrei dalle terre rubate in Palestina e nel Levante”.

    Non basta. Nei testi scolastici palestinesi la Shoà non viene menzionata affatto, se non velatamente in un ambiguo passaggio che dice: “La questione ebraica è innanzitutto un problema europeo”.

    (Da: Jerusalem Post, 1.11.11)

    http://www.israele.net/articolo,3273.htm

    2 Nov 2011, 12:17 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    01/11/2011 Gli Stati Uniti hanno annunciato lunedì sera la sospensione dei finanziamenti all’Unesco, a partire dal trasferimento di 60 milioni di dollari che era previsto per novembre, a causa del voto che ha accordato all’Autorità Palestinese il riconoscimento quale stato-membro (senza negoziato né accordo con Israele). Victoria Nuland, portavoce del Dipartimento di stato Usa, ha spiegato ai giornalisti che Washington non aveva altra scelta che fermare i finanziamenti per via di leggi in vigore da tempo negli Stati Uniti.

    01/11/2011 Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha elogiato la decisone di lunedì dell’Unesco di conferire all’Autorità Palestinese lo status di stato-membro (senza negoziato né accordo con Israele). Anche il movimento terrorista islamista Hamas ha definito il voto all’Unesco “un passo importante che contribuirà a preservare il patrimonio palestinese nella sua battaglia contro la violazione israeliana dei luoghi santi a Gerusalemme, e in particolare della moschea di al-Aqsa”.

    01/11/2011 “Profondamente dannoso”. Così l’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice, ha definito con un comunicato su Twitter il voto che ha conferito all’Autorità Palestinese lo status di stato-membro a pieno titolo dell’Unesco. Un voto, ha aggiunto Susan Rice, “che non può sostituire i negoziati diretti con Israele”. Lunedì gli Stati Uniti hanno avvertito che il tentativo di by-passare i negoziati di pace (permettendo ai palestinesi di sottrarsi a un accordo negoziato con Israele) rischia di comportare il taglio dei finanziamenti Usa all’Unesco (che coprono il 22% del budget dell’agenzia). “Siamo convinti che questa mossa sia prematura e controproducente, in quanto ci distoglie dal nostro comune obiettivo di rilanciare negoziati diretti che garantiscano la sicurezza di Israele e uno stato palestinese che viva pacificamente a fianco di Israele”, ha dichiarato Washington.

    01/11/2011 Il ministero degli esteri israeliano ha dichiarato lunedì che Gerusalemme respinge la decisione dell’Unesco di accettare l’Autorità Palestinese come stato-membro a pieno titolo (senza negoziato né accordo con Israele), affermando che “in seguito a tale decisione lo stato di Israele dovrà riconsiderare la propria cooperazione con l’agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura”. L’inviato di Israele all’Unesco, Nimrod Barkan, ha definito “tragico” il voto di lunedì. “L’Unesco si dovrebbe occupare di scienza, non di fantascienza – ha dichiarato Barkan – Così facendo i palestinesi hanno imposto all’Unesco un drastico taglio dei fiondi”.

    01/11/2011 Ecco come hanno votato i paesi europei in merito all’adesione dell’Autorità Palestinese all’Unesco come stato-membro a pieno a titolo (senza negoziato né accordo con Israele). Hanno votato contro: Germania, Lituania, Olanda, Repubblica Ceca e Svezia. Si sono astenuti: Bulgaria, Danimarca, Estonia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Slovacchia, Monaco, Andorra, San Marino e Svizzera. Hanno votato a favore: Austria, Belgio, Cipro, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Slovenia.

    01/11/2011 Con 107 voti favorevoli, 52 voti contrari e 14 astensioni (tra cui l’Italia), l’Autorità Palestinese è stata ammessa lunedì come stato-membro a pieno titolo dell’Unesco (l’agenzia Onu per educazione, scienza e cultura): una vittoria simbolica in vista del voto con cui dell’Autorità Palestinese intende chiedere l’adesione all’Assemblea Generale dell’Onu come stato indipendente, senza negoziato né accordo con Israele. Finora l’Autorità Palestinese sedeva all’Unesco con lo status di osservatore. Hanno votato contro, fra gli altri, Canada, Germania e Stati Uniti. Questi ultimi, per bocca del sottosegretario alla pubblica istruzione Martha Kanter, hanno definito la decisione dell’Unesco “prematura e controproducente”.

    (Fonte: Israele.net)

    2 Nov 2011, 12:20 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Chi paga l’Unesco

    di Giulio Meotti

    Dietro all’ammissione dei palestinesi all’Unesco c’è soprattutto una questione di finanziamenti islamici. L’Arabia Saudita ad esempio ha elargito generose donazioni all’Unesco in questi due anni, sebbene il suo contributo alla cultura e alla scienza sia inferiore a quello del Lichtenstein. Sempre più stretta è anche la collaborazione dell’Unesco con l’Organizzazione della conferenza islamica.

    Le “donazioni” dei regimi islamici aumenteranno soprattutto se gli Stati Uniti taglieranno i propri finanziamenti. E’ una forma di “jiza” al contrario, la tassa che il califfato faceva pagare alle minoranze ebraiche e cristiane. Le satrapie oscurantiste, repressive, religiose e dittatoriali si stanno comprando l’Unesco. Tutte le tombe e i luoghi di culto ebraici in Israele sono pronti per essere trasformati in moschee (come è già successo un anno fa).

    http://www.ilfoglio.it/zakor/949

    2 Nov 2011, 12:25 Rispondi|Quota
  • #5Alberto Pi

    L’inquietante decisione dell’Unesco

    Difficilmente potrebbero essere definiti diversamente vista la politica di certi stati, iniziando dalla Francia. Parigi si piega sotto il peso dei pieds noirs mentre gran parte di quella che veniva considerata come una comunità ebraica importante va dissolvendosi per la partenza di molti verso Israele, il Canada e gli Stati Uniti.

    Il carico della sudditanza verso gli arabi – basti guardare il comportamento nella guerra di Libia – ha fatto sì che l’Unicef – organismo Onu che si occupa di educazione, scienza e cultura con sede a Parigi – ha riconosciuto come membro a pieno titolo la Palestina, ossia uno stato che ancora non c’è perché – come pare abbia precisato la scorsa settimana lo stesso Abu Mazen, Presidente dell’ANP – gli arabi non hanno mai voluto che ci fosse, rigettando anzitutto la dichiarazione Balfour -. Non per niente c’è anche uno stato giordano che occupa gran parte della terra “palestinese”, sebbene nessuno nel mondo abbia mai protestato per questo.

    La decisione di 107 stati sui 193 membri dell’Unicef ha qualcosa di inquietante. Tutto sommato non ha dato prova di forza neanche l’Italia che si è astenuta dal voto. Come sottolinea il portavoce della Farnesina Maurizio Massari “non era questo il momento per porre la questione della membership palestinese all’Unesco, in una fase in cui si sta cercando di creare le condizioni ideali per una ripresa del negoziato tra le due parti”. Se l’Italia pensava realmente questo e si è astenuta per non essere riuscita a trovare un voto comune con altre voci europee, poteva fare allora come la Germania e votare contro.

    D’altra parte la Libia di Gheddafi era stata nominata nel 2003 a capo della Commissione Onu sui diritti umani. Forse prossimamente altri organismi internazionali riconosceranno indipendentemente dalla casa madre un Kurdistan turco, una repubblica subsahariana marocchina, la Padania e lo Stato Libero di Bananas, tanto: dittatore più dittatore meno…

    Alan Baumann su L’Ideale

    http://esperimento.ilcannocchiale.it/2011/11/02/linquietante_decisione_dellune.html

    2 Nov 2011, 19:01 Rispondi|Quota
  • #6Simone

    L’Unesco come Arafat: vuole cancellare Israele

    di Fiamma Nirenstein

    Bene allora è fatta: adesso quando si parlerà del patrocinio dell’Unesco, del suo bollo su un’iniziativa o una dichiarazione, sapremo che non parliamo di cultura, di scienza, di patrimonio culturale dell’umanità, ma di fiction, di Indiana Jones. Questo è il messaggio ricevuto ieri dal riconoscimento della «Palestina» come stato membro dell’Unesco. Ha ricevuto, dopo che la Lega araba aveva dichiarato di sponsorizzare completamente l’iniziativa, 107 voti su 173 paesi votanti, fra cui la Russia, il Brasile, la Cina, l’India, l’Austria, la Francia; 14 contro, fra cui gli Usa, il Canada, la Germania, l’Olanda, la Romania, la Lettonia; 52 astenuti, fra cui l’Italia e l’Inghilterra. Di nuovo l’Europa si è spaccata, e gli Usa che da tempo avevano chiesto all’Unesco di evitare questa mossa adesso ritireranno gran parte dei loro fondi che finanziano per il 20 per cento l’agenzia. Il voto di astensione è probabilmente legato alla scelta di mediare una posizione europea unitaria in vista dell’appuntamento più grosso, quello per il riconoscimento dell’Onu. Ma è difficile credere in qualsiasi mediazione. Le maggioranze automatiche dei paesi islamici con i «non allineati» e gli opportunisti europei daranno sempre ragione a chi ha torto.

    È la prima agenzia dell’Onu a riconoscere come membro pieno Abu Mazen. È un gesto simbolico di una pesantezza inaudita dati i precedenti dell’Unesco, che ha dimostrato di essere professionalmente antisraeliana e dato che avviene mentre i palestinesi cercano la scorciatoia di evitare ogni trattativa per la pace. L’Unesco segue di fatto l’impostazione negazionista fondata da Arafat quando proclamò che il Monte del Tempio non era mai stata la sede del famosissimo tempio di Erode, una delle meraviglie del mondo di cui ci sono infinite tracce bibliche e storiche, e che si erge con i suoi reperti archeologici sopravvissuti alla distruzione romana che il mondo arabo seguita a cercare di cancellare. Cancellare l’eredità culturale ebraica in Israele infatti significa cancellarne la legittimità storica a risiedere a casa propria, e Arafat lo capì bene. L’archeologo Barkat ha dichiarato che si tratta di un negazionismo peggiore di quello della Shoah, Bill Clinton intimò a Arafat di smetterla di negare la presenza degli ebrei nella storia di Israele pena la sua uscita dai colloqui di Camp David: ma l’Unesco ha preso la fiaccola e ha lavorato sodo per cancellare i legami fra gli ebrei e la loro terra.

    Infatti l’agenzia dell’Onu ha adottato nella sessione di ottobre una proposta araba che dichiara che la cava dei patriarchi (cioè la fortezza di Hevron probabilmente costruita da Erode dove è situata la tomba dei padri d’Israele Abramo Isacco e Giacobbe) e la tomba di Rachele, dove da sempre le donne ebree pregano per la loro fertilità sono «siti palestinesi»,come anche la tomba di Giuseppe. Questa presa di posizione si è accompagnata a molte mosse di delegittimazione, come una conferenza su Gerusalemme da cui Israele è stata esclusa. Adesso i palestinesi cercheranno l’affidamento culturale per Betlemme, luogo di nascita di Gesù dove i cristiani, in costante diminuzione, soffrono la dominazione musulmana, e di chissà quanti altri siti cari alla tradizione cristiana e a quella ebraica. Si potrebbe arrivare al Santo Sepolcro. Ora, è provato che quando lo Stato d’Israele prende cura dei siti archeologici, consente a tutte le religioni libertà di accesso e di gestione. Non si conosce un’attitudine simile nei Paesi musulmani, e quel che possano fare i palestinesi fra cui l’influenza di Hamas è potentissima, è ignoto.

    L’Autonomia Palestinese ha cercato questo riconoscimento con tutte le sue forze, e mentre Abu Mazen rifiuta in ogni modo di tornare al tavolo della trattativa e piovono missili sul nord d’Israele, riceve tuttavia questo regalo contro ogni spirito di buon senso. A che gioco giochiamo noi europei?

    (il Giornale, 1 novembre 2011)

    3 Nov 2011, 23:20 Rispondi|Quota
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