Gerusalemme: profanato con scritte antisemite (in ebraico!) lo Yad Vashem

 
Emanuel Baroz
11 giugno 2012
2 commenti

Ovviamente il “solito” Battistini in una notizia del genere ci sguazza…ma d’altra parte dal giornale dove Sergio Romano quotidianamente pontifica contro Israele e gli ebrei non ci si può aspettare altro!

Scritte antisemite allo Yad Vashem. Profanato il simbolo della Memoria

Frasi inneggianti a Hitler al Museo dell’Olocausto

di Francesco Battistini

GERUSALEMME – Lì, non avevano mai osato: «Hitler, grazie per l’Olocausto». E poi: «L’Olocausto è tutta colpa del sionismo». E ancora: «Il regime del male sionista ci mette in pericolo». Dieci scritte spray sui muri. In ebraico. Yad Vashem, il memoriale della Shoah di Gerusalemme, il più famoso e visitato dopo quello di Auschwitz, è stato profanato nella notte con alcune frasi neonaziste.

LE INDAGINI – A scoprirlo sono stati i custodi, questa mattina, al momento d’aprire i cancelli: «È stata trovata una scritta – dice Micky Rosenfeld, portavoce della polizia – proprio sullo spiazzo dell’ingresso. Le altre, in vari punti del memoriale». Yad Vashem si trova alle porte della città, su una collina della foresta di Gerusalemme, in una zona un po’ isolata. Proprio per questo, l’area è di solito sorvegliata, anche durante la chiusura al pubblico, ed è attivo 24 ore su 24 un circuito interno di telecamere. «Indaghiamo in tutte le direzioni – dicono gl’investigatori -: possono essere ragazzini, vandali o individui spinti da altri motivi». Poco credito viene dato alla pista araba: di solito, la protesta palestinese non tocca un tema sensibile come la Shoah. Il direttore del museo, Avner Shalev, sostiene piuttosto che le scritte possano essere di ebrei ultraortodossi: della frangia più estremista, quella che combatte il sionismo e non riconosce l’esistenza dello Stato d’Israele. Una pista porterebbe anche alla campagna «Il prezzo da pagare»: coloni di destra che, da mesi, vandalizzano e incendiano moschee e abitazioni di pacifisti, lasciando scritte razziste. In questi giorni, è furiosa la polemica col governo Netanyahu (e con l’autorità giudiziaria) per la decisione di sgomberare un insediamento illegale in Cisgiordania. Proprio domenica notte, una decina d’auto palestinesi sono state danneggiate in un quartiere di Shuafat, a Gerusalemme Est.

DA WAGNER AL GENERALE – Chiunque sia stato, la profanazione colpisce. Non è la prima volta che Israele si scopre i neonazisti in casa: in passato, ci sono stati anche processi che hanno impressionato l’opinione pubblica. Perché la Shoah, e il rispetto che vi si deve, resta un tema di dibattito, soprattutto in un Paese come Israele. Nelle ultime settimane, non sono mancati argomenti di discussione, anche politica. L’università di Tel Aviv, per esempio, ha appena cancellato l’esecuzione di un’intera sinfonia di Wagner – il musicista amato da Hitler, incubo di milioni d’ebrei costretti ad ascoltarlo nei lager – che, in prima assoluta, si sarebbe dovuta tenere in Israele: le polemiche dei sopravvissuti hanno spinto gli organizzatori a cambiare programma. E sempre in questi giorni, è finito nella bufera un parlamentare della destra religiosa Shas, partito alleato del governo Netanyahu, che a Bruxelles ha partecipato (peraltro su invito d’un eurodeputato leghista italiano, Fiorello Provera) a una tavola rotonda sulla pace in Medio Oriente, con esponenti del partito neonazista austriaco. Il comportamento dell’onorevole, da qualche giornale, è stato messo a confronto con quello del generale Amir Eshel, un autentico eroe dell’opinione pubblica, che nelle stesse ore ha invece rispedito al ministero della Difesa la nuova macchina di servizio che gli era stata assegnata: «La mia famiglia è stata sterminata nei lager – ha detto -, non guiderò mai una Volkswagen tedesca». Fra gli applausi, s’è fatto ridare la sua vecchia Chevrolet.

(Fonte: Corriere della Sera, 11 giugno 2012)

Nella foto in alto: le scritte antisemite al Museo dell’Olocausto Yad Vashem, a Gerusalemme

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  • #1Emanuel Baroz

    Tutte le omissioni di Sergio Romano

    Una questione di confini. E di stermini

    Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

    Cari amici,

    avete presente la cartina dell’Europa fra il 1919 e il ’36? Forse no, ma potete guardarla qui (http://www.tntvillage.scambioetico.org/?act=showrelease&id=156445), se vi interessa: L’Italia aveva l’Istria e un pezzo di Dalmazia, la Francia la Saar, la Polonia comprendeva un bel pezzo dell’attuale Russia e Ucraina, su cui c’era anche un po’ di Cecoslovacchia. La Germania aveva perso un pezzo di territorio a favore della Francia, ma teneva quella che oggi è Polonia occidentale e addirittura l’enclave che oggi è Russia, intorno a Kaliningrad (allora Koenigsberg)?

    Giusto, sbagliato? Difficile dire, le città istriane erano italiane da sempre, A Koenigsberg erano nati Kant e Hanna Arendt… Fino al ’39, poi Hitler si annesse Austria e l’attuale Cechia (http://www.lager.it/espansione_della_germania_nazista_1936_1939.html). Nel ’45 la carta era del tutto diversa: l’Italia aveva perso l’Istria e provvisoriamente anche Trieste, la Germania tutta la parte a est della linea Oder-Neisse ma anche la Polonia aveva dovuto arretrare di 100 chilometri i suoi confini orientali. (http://www.naturalmentescienza.it/ipertesti/1900/900figure/confini.htm).

    I movimenti di popolazione furono immensi, i rifugiati decine di milioni, mescolati alle vittime della guerra e della Shoàh. Probabilmente i confini del ’29 corrispondevano meglio ai dati storici ed etnici, ma quelli del ’45 garantirono la pace e reggono ancora, a parte le divisioni interne ai paesi successive al crollo del “socialismo reale”.

    Perché vi dico questo? Per affermare due principi: il primo è che a seconda della data che si sceglie come punto di riferimento i confini cambiano. La seconda è che il modo per produrre una convivenza pacifica fra nazioni che sono state nemiche, è accettare i confini risultanti dalla storia. Questo può non avvenire subito: l’Italia accettò la perdita dei territori orientali solo trent’anni dopo la fine della guerra col trattato di Osimo (10 settembre 1975).

    L’importante è che se qualcuno oggi dicesse in Italia che dobbiamo riconquistare Fiume e Zara, per non parlare di Nizza e la Corsica, sarebbe preso per un pazzo pericoloso.
    E così per i tedeschi che rivolessero Praga o Breslau, o per gli ungheresi che puntassero a riprendersi la Transilvania. In buona parte le popolazioni interessate si sono trasferite o assimilate. Pochi ricordano la lunga storia italiana di Nizza (che include Garibaldi) o quella di Pola e Spalato.

    A questa regola, c’è un’eccezione, Israele.
    Nell’opinione pubblica internazionale è passata l’idea che ci sia un confine “giusto” che separerebbe Israele e la Palestina e che questo non è quello acquisito nell’ultima guerra (quella del Kippur 1973), che comprendevano l’intero Sinai e bei pezzi dei paesi arabi circostanti, e neppure della penultima, quella del ’67, che ebbe risultati analoghi; e neppure la terzultima, quella del ’56, che portò comunque alla conquista del Sinai; ma quella del ’48-49 (http://it.wikipedia.org/wiki/Conflitti_arabo-israeliani).

    Notate che tutte queste guerre, compresa quest’ultima, si conclusero con accordi armistiziali che escludevano esplicitamente che le linee del cessate il fuoco fossero confini definitivi; ma chissà perché oggi si parla delle linee del ’49 come “confini” del ’67. Notate che dall’altra parte di queste linee non c’era mai uno stato Palestinese, mai esistito da quelle parti (prima del ’48 c’era un mandato britannico finalizzato dalla Società della Nazioni alla costruzione di uno stato nazionale ebraico, prima degli inglesi, da secoli, i turchi), ma solo eserciti di stati arabi invasori (Egitto, Giordania, Siria, perfino l’Iraq…).

    E notate anche che tutte le guerre di cui stiamo parlando furono guerre di aggressione e di sterminio, da cui Israele si dovette difendere: di qui l’esigenza di “confini sicuri e riconosciuti” per Israele , che la risoluzione 242 dell’Onu collega al ritiro da alcuni dei territori conquistati in guerra (non necessariamente tutti, il testo inglese della risoluzione, ponderato con cura, dice “from territories” non “from the territories” – cosa che Israele ha fatto lasciando il Sinai e Gaza.

    Ultima considerazione. I nemici di israele, quelli esterni al mondo ebraico come Sergio Romano (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=44811) e anche quelli interni “pacifisti”, partono dal fatto che i territori al di là della linea verde fossero privi di ebrei al momento della guerra del ’67.

    In effetti lo erano, ma solo perché al momento della conquista giordana del ’49, gli arabi avevano proceduto a una spaventosa pulizia etnica, espellendo tutti gli ebrei non solo da Gerusalemme (“Est”, cioè la città vecchia) e da Hebron, dove stavano ininterrottamente da tremila anni, ma anche dagli insediamenti agricoli che avevano fondato molti decenni prima su zone desertiche e spopolate.

    Per esempio la cintura a SudEst di Gerusalemme, chiamata Gush Etzion, che Romano vede come un’invasione programmata dal governo attuale, risale agli anni Venti del Novecento (http://en.wikipedia.org/wiki/Kfar_Etzion).

    E qui di nuovo bisogna tornare alla nostra cartina dell’Europa.
    Nel 1935 la popolazione ebraica di città come Varsavia e Cracovia era intorno al 20%. Nel ’45 era vicina a zero. Qual è il termine di riferimento per discutere dell’insediamento ebraico orientale? Prima o dopo gli stermini nazisti? Lo stesso vale per Gerusalemme. Se guardate la tabella contenuta in questo sito (http://it.wikipedia.org/wiki/Gerusalemme), vedete che gli ebrei sono sempre stati maggioranza (assoluta o relativa) nella città, che significava fino alla fine dell’Ottocento solo la città vecchia e poi a lungo soprattutto questa.

    Nel ’49 però d’improvviso, grazie alla bestiale e programmata violenza della legione araba (l’esercito giordano), non ci fu più un ebreo nella città vecchia e in rioni come Shimon Hatzaddik, o se volete Sheik Jarrah. Chi sopravvisse alla guerra si concentrò a Ovest, costruendo sui campi rimasti a Israele.

    Poi nel ’67 gli ebrei tornarono, e alcuni recuperarono le loro vecchie proprietà grazie a lunghe cause legali, o ricostruirono i villaggi distrutti e li fecero naturalmente crescere.
    Un’invasione? O piuttosto un ritorno. E infine, a proposito di questa storia: perché nessuno dice che Israele ha mantenuto e fatto sviuluppare la sua popolazione araba e che invece i giordani l’hanno massacrata ed espulsa? E che l’Autorità Palestinese si propone di fare altrettanto, cioè di “espellere tutti gli ebrei” dal territorio “palestinese”?

    http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

    12 Giu 2012, 12:50 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    12/06/2012 Un incendio è scoppiato nella foresta israeliana di Anatot, nei pressi della barriera di sicurezza, a causa del lancio di ordigni molotov da parte di palestinesi del villaggio di Shuafat, alle porte nord di Gerusalemme. I lanci sono continuati anche dopo l’intervento dei vigili del fuoco israeliani.

    (Fonte: Israele.net)

    12 Giu 2012, 17:42 Rispondi|Quota