Giornata di sangue in Israele: il terrorismo palestinese attacca a più riprese cittadini israeliani

 
Emanuel Baroz
10 novembre 2014
7 commenti

Giornata di sangue in Israele: il terrorismo palestinese attacca a più riprese cittadini israeliani

attentato-terrorismo-palestinese-federica-mogherini-abu-mazen-focus-on-israelGerusalemme, 10 Novembre 2014 – Continuano gli attentati contro la popolazione israeliana compiuti da terroristi palestinesi: dopo gli attacchi delle settimane scorse in cui hanno perso la vita 4 persone, tra cui una bambina di pochi mesi, e molte altre sono rimaste gravemente ferite, questa mattina un ragazzo di 20 anni, soldato di leva,  è stato accoltellato a Tel Aviv alla fermata Haganà da un palestinese che lo ha colpito ripetutamente nel tentativo di impossessarsi dell’arma in suo possesso. L’aggressore è stato poi fermato dopo una colluttazione con un uomo di 40 anni, Gilad Goldman, rimasto ferito. In seguito la polizia ha scoperto che il terrorista, 18 anni, era proveniente dalla Cisgiordania (Giudea e Samaria)  ed era entrato illegalmente in Israele. Il ragazzo israeliano è poi deceduto nel corso della giornata

Nel primo pomeriggio un altro attentato è avvenuto a sud di Gerusalemme, alla fermata dell’autobus di Alon Shvut, dove un altro palestinese ha accoltellato tre persone in attesa nell’area, usata anche dagli autostoppisti, uccidendo una ragazza di 25 anni e ferendo gravemente un ragazzo di 26. La terza vittima ha riportato ferite non preoccupanti. La polizia ha confermato che l’aggressore palestinese è stato ucciso da una guardia privata.

Incredibile a dirsi, ma queste notizie sono state letteralmente bypassate dai nostri mass media, a partire dai telegiornali delle reti nazionali per arrivare a quelli delle reti private, salvo qualche rarissima eccezione. Poco interesse dimostrato anche dai maggiori quotidiani nazionali e dalla rete in generale, che probabilmente aspetta una reazione israeliana per poter iniziare a parlare, come sempre, delle “povere vittime palestinesi”. Silenzio anche da parte dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, attualmente in visita ufficiale proprio a Ramallah da Abu Mazen, al quale ovviamente non ha richiesto in maniera decisa la fine della sua politica di indottrinamento all’odio antiebraico e volta all’esaltazione del terrorismo palestinese antisraeliano, ma invece ha preferito parlare di “due stati, due popoli” e di “Gerusalemme capitale di due stati“.

Thanks to Progetto Dreyfus

Nella foto in alto: l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini mentre stringe la mano ad Abu Mazen, presidente (con mandato scaduto da anni) dell’Autorità Nazionale Palestinese, e la scena dell’attentato di questa mattina a Tel Aviv

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  • #1Emanuel Baroz

    Una giornata di sangue in Israele. Il racconto minuto per minuto

    http://www.progettodreyfus.com/una-giornata-di-sangue-in-israele-il-racconto-minuto-per-minuto/

    11 Nov 2014, 01:13 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    In un momento difficile come questo l’importante è rispondere con una voce forte e compatta: Non cadremo nella trappola dei terroristi

    http://www.progettodreyfus.com/ad-un-momento-difficile-come-questo-limportante-e-rispondere-con-una-voce-forte-e-compatta-non-cadremo-nella-trappola-dei-terroristi/

    11 Nov 2014, 01:13 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    11 Nov 2014, 01:13 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    11 novembre 2014 – Un soldato israeliano fuori servizio è stato accoltellato e mortalmente ferito lunedì pomeriggio, alla stazione ferroviaria Haganah di Tel Aviv, da un palestinese che aveva tentato di sottrargli l’arma. Pugnalato all’addome, Almog Shiloni, di 20 anni, originario di Modiin, ha perso molto sangue ed è stato ricoverato in condizioni critiche allo Sheva Hospital di Tel Hashomer, dove lunedì sera è deceduto. Il terrorista, Nur al-Din Abu Khashiyeh, 18enne originario di Nablus introdottosi illegalmente in Israele (secondo il padre, per cercare lavoro), colpito con un pugno al volto da un passante di 59 anni prontamente intervenuto, si è dato alla fuga, ma è stato raggiunto e arrestato dagli agenti di polizia a circa 200 metri dalla scena.

    (Fonte: Israele.net)

    11 Nov 2014, 01:15 Rispondi|Quota
  • #5Emanuel Baroz

    11 novembre 2014 – Circa quattro ore dopo il mortale accoltellamento di un soldato israeliano a Tel Aviv, un altro palestinese ha pugnalato lunedì sera tre israeliani alle porte del villaggio di Alon Shvut, nella regione di Gush Etzion (a sud-ovest di Gerusalemme) uccidendo Dalia Lemkus, 26 anni, di Tekoa, e ferendo altre due persone. Vani sono stati i tentativi di rianimare la donna mortalmente ferita. Un uomo sui vent’anni è stato accoltellato all’addome, un altro sulla cinquantina è stato ferito al volto mentre cercava di fermare il terrorista. Entrambi sono stati ricoverati allo Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme. Nel febbraio 2006, all’età di 17 anni, Dalia Lemkus era già rimasta ferita in un attacco perpetrato da un palestinese 28enne di Hebron che si era scagliato con un pugnalate contro i passeggeri in attesa a una fermata. Il terrorista che l’ha uccisa lunedì, Maher al-Hashlamun, originario di Hebron, probabilmente un ex detenuto affiliato a Hamas, ha dapprima tentato di investire le persone con un veicolo, ma non è riuscito nell’intento per via dei blocchi di cemento recentemente posizionati presso molte fermate di autobus. A quel punto è uscito dal veicolo assestando fendenti contro i pedoni presenti, prima di essere colpito al petto da una guardia di sicurezza. E’ ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Hadassah di Gerusalemme. L’attacco è avvenuto a circa cento metri dalla fermata dove, lo scorso giugno, vennero rapidi e poi assassinati i tre studenti israeliani Eyal Yifrach, Gilad Shaer e Naftali Frenkel.

    (Fonte: Israele.net)

    11 Nov 2014, 01:15 Rispondi|Quota
  • #6Emanuel Baroz

    Israele ancora nel mirino, due assassinati

    di Fiamma Nirenstein

    GERUSALEMME – Forse non è ancora una vera intifada, ma il pericolo è grande. Il secondo regolare attacco terrorista della giornata ha avuto luogo proprio allo stesso incrocio, la «trampiada» dove i ragazzi chiedono un passaggio a Allon Shvut, nel Gush Etzion, appena fuori di Gerusalemme. Fu là che il 12 giugno scorso cominciò ad avvolgersi la spirale di violenza col rapimento dei tre studenti subito macellati sulla strada. A seguire, alcuni pazzi il 5 luglio rapirono e uccisero un ragazzo arabo, Mohammed Abu Khdeir.

    Le tre famiglie, la società, le istituzioni israeliane respinsero con orrore l’atto. Invece Abu Mazen flirta con la violenza e Hamas esalta gli innumerevoli attacchi terroristi di questi giorni. Ieri ci ha lasciato la vita una ragazza, e i feriti ad Allon Shvut sono due. Il tenorista ha cercato di investire con l’auto un gruppo alla «trampiada», non ci è riuscito, è uscito col coltello e ha tagliato la gola alla giovane e il viso e una spalla ad altri due. II terrorista è un ventenne proveniente da Hebron, città tutta di Hamas. Poco prima, lontano dai «territori», alla stazione di Tel Aviv è stato ucciso un soldato di vent’anni mentre aspettava il treno. II terrorista, un ragazzo di Nablus, Nur a-Din Hashiya, è stato affrontato da un passante di mezza età che gli ha tirato un pugno in faccia, la polizia l’ha ferito e catturato. Sulla strada di Eilat, nell’estremo sud, un autobus veniva attaccato; a Fureidis domenica la polizia è stata bersagliata da una bomba; a Taibe, mentre l’auto veniva data alle fiamme, una folla di arabi israeliani cercava di linciare un israeliano che è stato salvato da un coraggioso arabo locale. Magli ha salvato Misha da morte certa. L’ultima esplosione di rabbia nasce dall’uccisione da parte della polizia israeliana, due giorni fa, del ventiduenne Kheir a-Din Hamdan, nel corso di una manifestazione violenta. La polizia è adesso sotto inchiesta per aver ucciso Hamdan. La sua città, Kfar Khana, nella Bassa Galilea, è adesso uno dei centri della rivolta. I toni sono saliti a tal punto che Netanyahu ha dichiarato che gli arabi israeliani sono parte integrante del Paese, ma chi preferisce la parte palestinese, non verrà trattenuto con la forza. Un’imponente escalation di attentati disegna l’ultimo periodo, e un’intenzione suicida domina i terroristi ovunque esaltati. La risposta è stata molto decisa: fermare l’assassino. Ma i palestinesi protestano che viene usato dalla polizia un «happy nigger» dovuto alla mancanza di rispetto per gli arabi. Gli israeliani vivono invece l’angoscia di una possibile nuova intifada, vogliono fermare l’ondata fomentata da Hamas, esaltata da Facebook che invita al martirio, dalla lettera di Abu Mazen in cui si fanno le condoglianze alla famiglia di uno dei terroristi. Accanto a questo, monta la questione della Spianata delle Moschee, il Monte del Tempio: di venerdì per evitare scontri è stato spesso bloccato ai minori di cinquant’anni.

    L’interpretazione che ha preso piede è che Israele voglia cambiare lo status quo sul Monte del Tempio. Una teoria della cospirazione che incita la violenza alimentata dalle accuse di razzismo, apartheid, discriminazione. Prevale lo spirito rappresentato da una canzone palestinese che dice «Investili, distruggili, annientali, falli esplodere, non lasciare che nessun ebreo possa diventare vecchio, o Al Aqsa noi siamo i tuoi difensori.»

    (Fonte: Il Giornale, 11 Novembre 2014)

    11 Nov 2014, 17:15 Rispondi|Quota
  • #7Emanuel Baroz

    Intifada coi coltelli, uccisi due israeliani

    Dopo gli attacchi con le auto, quelli all’arma bianca. Hamas plaude, Netanyahu: gli arabi se ne vadano a Gaza.

    di Maurizio Molinari

    GERUSALEMME – Due palestinesi scelgono i coltelli da cucina per portare il terrore fra gli israeliani. Nur a-DM Hashiya ha 18 anni, viene dal campo profughi di Askar vicino Nablus, e alle 12 di ieri passeggia alla stazione Haganà del treno di Tel Aviv. Si avvicina a un soldato, di 20 anni, estrae un coltello rudimentale e lo colpisce per venti volte. Quando il militare si accascia in una pozza di sangue, gli prende il fucile e fugge. Un passante di 50 anni tenta di fermarlo ma viene anch’esso ferito. Nur a-Din Hashiya si rifugia in un vicino edificio e nello scontro che segue con la polizia viene ucciso. Il controspionaggio Shin Bet non fa fatica a ricostruirne il profilo: il killer ha postato foto in cui innalza la bandiera di Hamas e il cartello «amiamo la morte più di quanto i nostri nemici amano la vita». Il soldato, ricoverato d’urgenza, muore a causa dei gravi danni subiti.

    Passano poche ore e arriva il secondo attacco. Questa volta alla fermata del bus di Mon Shvut a Gush Etzion, oltre la linea verde a Sud di Gerusalemme, ovvero a pochi metri dove il 12 giugno scorso due palestinesi di Hamas rapirono i tre ragazzi ebrei poi uccisi. In questo caso il killer è Maher Hamdi A-Shalmon, 30 anni, viene da Hebron, appartiene alla Jihad islamica e ha alle spalle cinque anni di detenzione per terrorismo: alla guida di un’auto, travolge una donna di 26 anni, scende, torna indietro con il coltello e infierisce più volte sul corpo caduto. Poi aggredisce un altro passante ma un agente lo ferisce, viene arrestato e ora è ricoverato sotto sorveglianza della polizia, intenzionata a sapere se vi sono complici o mandanti.

    Le tv israeliane parlano di «Ondata di terrore» spiegando che «sebbene non sia ancora un’Intifada gli attacchi si succedono rapidamente» con «il consenso non solo di Hamas e Jihad ma anche di Fatah». Nelle ultime settimane ne sono avvenuti cinque: tre con auto e ora due con coltelli. A compierli sono dei singoli, più o meno legati a altri armati, e per le forze di sicurezza è una sfida temibile perché agiscono da «lupi solitari» sfuggendo alla prevenzione. A rendere incandescente la situazione è la sovrapposizione con due rivolte: nei quartieri arabi di Gerusalemme, da Wadi Joz a Si-Iwan, dove i «shaabab» lanciano pietre contro i «sacrilegi sulla Spianata delle Moschee», e a Kfar Kanna, il villaggio arabo della Galilea dove migliaia manifestano contro l’uccisione di un 20enne da parte della polizia.

    Hamas plaude da Gaza agli autori dei «gesti eroici» e lo scontento contagia la Galilea araba, arrivando al Monte Carmelo dove compaiono le scritte «Daesh Falistin» ovvero «Isis Palestina». II premier Benjamin Netanyahu ammonisce gli arabi-israeliani: «Chi nuoce a Israele può trasferirsi a Gaza o nei Territori palestinesi». E per la sicurezza vara un piano di emergenza. La rabbia è palpabile a Tel Aviv dove la gente grida «Morte agli arabi», mentre alla Knesset il premier deve vedersela con l’ala destra della coalizione, guidata da Naftali Ben-net, che lo accusa di inerzia: «Non sai proteggere i cittadini».

    (Fonte: La Stampa, 11 Novembre 2014)

    11 Nov 2014, 17:15 Rispondi|Quota