Germania: “Per gli ebrei è meglio non mostrare la kippah tra i musulmani”

 
Emanuel Baroz
27 febbraio 2015
3 commenti

“Evitate la kippah tra i musulmani”

Il presidente del Consiglio degli ebrei in Germania: “Mai nascondersi per paura, ma non è ragionevole farsi identificare da malintenzionati”.

kippah-germania-ebrei-pericolo-focus-on-israelBerlino – Meglio evitare la kippah, in certi contesti. Non è un allarmista, ripete spesso che non bisogna avere paura e anche a Benyamin Netanyahu ha recentemente replicato che scegliere Israele per motivi di sicurezza non sarebbe la cosa giusta da fare. Eppure oggi il presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Josef Schuster, ha messo in guardia la sua comunità anche sui rischi del copricapo che li identifica. Rinunciarci non è sbagliato, soprattutto in quartieri ad alto tasso di presenza musulmana.

Gli ebrei non devono nascondersi per paura, e la maggior parte delle istituzioni ebraiche sono ben protette. La questione è però se sia effettivamente ragionevole lasciarsi identificare come ebrei, in quartieri problematici, con un’alta presenza di musulmani. O se sia meglio portare un altro copricapo“, ha detto Schuster parlando all’emittente radiofonica Rbb. Parole che non è riuscito a pronunciare, senza osservare di esserne a sua volta sorpreso: “Si tratta di uno sviluppo che non avrei immaginato cinque anni fa, ed è già un po’ spaventoso“. La kippah del resto, gli ha fatto notare qualche rabbino in giornata, non è un indumento sacro, e dunque può essere sostituito, senza dover affrontare dilemmi.

Josef Schuster succede nel suo incarico a Dieter Graumann, l’uomo che la scorsa estate, dalle pagine del britannico Guardian, aveva sostenuto che gli ebrei vivono oggi “il tempo peggiore dall’era del nazismo“. L’affermazione era arrivata nei mesi delle manifestazioni per Gaza che, in Germania come nel resto d’Europa, avevano fatto registrare slogan antisemiti per le strade ed episodi di violenza, in un clima allarmante.

Da allora lo scenario è addirittura peggiorato: gli attentati di Parigi hanno mostrato infatti che gli ebrei possono essere effettivamente un bersaglio del terrorismo islamico. Di qui i nuovi reiterati inviti alla prudenza: su tutti quello di Netanyahu che ha suggerito di lasciare l’Europa e scegliere Israele. Gli ebrei non devono avere paura, è l’esortazione di Schuster, invece, ma oggi nei suoi toni rassicuranti ha aggiunto un tassello: non è insensato non farsi riconoscere.

E, in Germania, non è il primo messaggio di questo tipo. Giorni fa la comunità ebraica di Berlino è stata costretta a camuffare un mensile gratuito per rispondere alle preoccupazioni degli abbonati, che temevano di essere riconosciuti come ebrei attraverso la rivista finendo con l’essere esposti a dei rischi. Adesso il magazine viene spedito in una busta chiusa, praticamente un modo per nasconderlo.

Intanto è la fondazione Amadeu Antonio a confermare che l’agitazione crescente della comunità non sia infondata: i reati di matrice antisemita sono in aumento. Da dati governativi emerge che che l’anno scorso nel Paese ne sono stati registrati 864 (erano stati 788 nel 2013).

(Fonte: Corriere del Ticino, 26 Febbraio 2015)

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  • #1Emanuel Baroz

    Multiculturalismo? Germania agli ebrei: evitare la kippah nei quartieri musulmani

    La Germania non riesce a tenere a bada il razzismo degli islamici e non smette di stupire; sorge il dubbio che in realtà siano rimasti quelli che erano. Per non parlare del totale fallimento sul piano del multiculturalismo e dell’integrazione.

    Gli ebrei non devono celarsi a Berlino, ma in alcuni quartieri a forte presenza musulmana è meglio evitare di girare con la Kippah. L’invito alla prudenza arriva dal presidente del consiglio centrale degli ebrei in Germania Josef Schuster, a conferma dell’allarme antisemitismo.

    “Gli ebrei non devono nascondersi per paura, e la maggior parte delle istituzioni ebraiche sono ben protette. La questione è però se sia sensato lasciarsi identificare in quartieri problematici“, ha detto Schuster. Cioé, invece di fare dichiarazioni che minaccino pene piu’ severe per punire l’intolleranza islamica, chiedono agli ebrei di rinunciare alla kippah

    Ci chiediamo che cosa succederebbe se invece, per esempio, chiedessero ai musulmani di rinunciare a qualcuno dei loro simboli, come per esempio al velo…

    http://www.imolaoggi.it/2015/02/26/multiculturalismo-germania-agli-ebrei-evitare-la-kippah-nei-quartieri-musulmani/

    28 Feb 2015, 20:21 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Giornali comunitari consegnati in buste bianche: gli ebrei di Berlino non vogliono più apparire

    http://www.progettodreyfus.com/giornali-comunitari-consegnati-in-buste-bianche-gli-ebrei-di-berlino-non-vogliono-piu-apparire/

    28 Feb 2015, 20:22 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    In Germania i giornali israeliti adesso arrivano a casa come stampa clandestina

    di Giulio Meotti

    ROMA – La rivista mensile della comunità ebraica di Berlino, lo Jüdisches Berlin, da oggi sarà consegnato agli abbonati come una busta anonima, incelofanata, senza scritte identificative. “Abbiamo deciso di farlo, nonostante i notevoli costi aggiuntivi, per ridurre la probabilità di ostilità nei confronti dei nostri più di diecimila membri della comunità”, ha detto il portavoce del quotidiano Ilan Kiesling al giornale Tagesspiegel. In un articolo per l’ultimo numero della rivista, Gideon Joffe, capo della comunità ebraica della capitale, scrive: “Gli israeliani sono picchiati a Berlino per il solo fatto di essere ebrei israeliani. Non siamo ancora – lo ripeto ancora – nella fase in cui gli ebrei vengono uccisi in Germania solo perché sono ebrei. Ma alcune misure devono essere prese per proteggere lo stato di diritto democratico”. Dunque meglio non turbare il vicino di casa antisemita o dare nell’occhio in quanto lettori di ebraico. Il mensile diventa dunque un samizdat, un foglio carbonaro, da consultare soltanto all’interno della propria abitazione. Spaventati dal numero di minacce terroristiche e dagli allarmi, “alcuni avevano già chiamato, sostenendo di voler disdire l’abbonamento”.

    Henryk Broder, una delle firme più note del giornalismo tedesco, intellettuale ebreo di origini polacche, editorialista alla Welt dopo una lunga esperienza allo Spiegel, interpreta la decisione della rivista come un segno di capitolazione. “Gli ebrei europei non vogliono prendere il destino nelle proprie mani, amano essere protetti, ma così non capiscono che è come essere perseguitati”, dice Broder al Foglio. “Non credo neppure alle parole rassicuranti che vengono dai leader europei sull’antisemitismo, come Valls e Merkel. E’ una menzogna, in verità hanno paura della popolazione islamica in Europa. Mentre la protezione delle istituzioni ebraiche è amplificata e agli ebrei si consiglia di non essere ‘visibili’ nella sfera pubblica, ‘ebrei su chiamata’ assicurano che si sentono tedeschi a dispetto di tutto. La vita ebraica è stata sempre e ovunque possibile. In Egitto sotto i faraoni, sotto il dominio dei Romani in Palestina, in Spagna, dopo l’editto di espulsione del 1492, e anche nel ghetto di Varsavia, dove c’erano letture e concerti, come Marcel Reich-Ranicki ha descritto nelle sue memorie. E’ quasi tutto possibile. Ma a quali condizioni?”. Secondo Broder, oggi in Europa è possibile soltanto ristabilendo la figura dell’ebreo di corte. “Proprio come nella storia di ‘Süss l’Ebreo’, che divenne consigliere politico alla corte del duca Karl Alexander di Württemberg e finì sulla forca. Nel mondo arabo ci sono stati i ‘dhimmi’, cristiani ed ebrei etichettati come tali e che dovevano pagare una tassa speciale, ma non dovevano temere per la vita fino a quando non si fossero ribellati o avessero chiesto la parità di diritti. Quello a cui stiamo assistendo non è la rinascita della vita ebraica in Germania e in Europa, ma la fine di un esperimento. E’ finita. Non c’è vita dopo la morte. Tolosa era il preludio di Bruxelles, Bruxelles ha portato a Parigi e Copenaghen non sarà l’ultima. E gli ebrei continuano a giocare come al solito. Temono di dover essere costretti ad andare in Israele. Tutto ciò che vogliono è una ‘maggiore protezione delle istituzioni ebraiche’. Pregare, imparare e festeggiare sotto la supervisione della polizia. E’ possibile togliere il dhimmi dal ghetto, ma non il ghetto dal dhimmi”.

    (Fonte: Il Foglio, 26 Febbraio 2015)

    28 Feb 2015, 20:22 Rispondi|Quota