Finanziamenti ai palestinesi: ma che fine fanno?

 
Emanuel Baroz
1 giugno 2015
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Abu Mazen: che fine fanno tutti i soldi che intaschi?

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Cresce l’indignazione per lo sperpero della colossale montagna di denaro che ogni anno copre l’Autorità Palestinese. Corruzione e malaffare sono fenomeni endemici, tipici oltretutto di regimi che non devono rispondere agli elettori del proprio operato – giusto poche settimane fa Abu Mazen ha festeggiato il decimo anno di un mandato presidenziale originariamente quadriennale – ma la misura è colma, ora che l’austerità fiscale costringe i governi a chiedere nuovi e ulteriori sacrifici ai propri cittadini.

I quali incominciano ora a chiedersi che ne è del fiume di denaro veicolato annualmente verso l’Autorità Palestinese, e se non si tratta di uno strumento dall’efficacia inversamente proporzionale agli sforzi della comunità internazionale: tranne i poppanti, tutti sanno che i miliardi di dollari stanziati non beneficiano alcuno dei poveri palestinesi.

Lodevole è risultata l’iniziativa di Rights Reporter, che qualche mese fa ha interpellato l’Unione Europea, per chiedere conto degli aiuti erogati all’ANP, dopo che diversi organismi di controllo contabile hanno denunciato la letterale scomparsa nel nulla apparente di migliaia di rivoli di finanziamenti; ricevendone in cambio risposte vaghe e volutamente superficiali.

Lo scandalo sta esplodendo ora nel Regno Unito, che non a caso si interroga circa l’opportunità morale di far parte di una Unione sempre più autoreferenziale, nell’appoggio a regimi a disagio con la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Qualche giorno fa il quotidiano The Express ha denunciato: negli ultimi cinque anni l’Autorità Palestinese di Abu Mazen ha intascato direttamente dalle tasche dei contribuenti britannici qualcosa come 130 milioni di sterline. Una somma, è questa la denuncia più opprimente, servita a finanziare gli 84 milioni di salari e indennità alle famiglie di palestinesi riconosciuti colpevoli di terrorismo e strage.

L’ANP, colta con le mani nel sacco, ha tentato una difesa d’ufficio, promettendo l’eliminazione di questa ripugnante pratica, che incoraggia sempre più indigenti facilmente manipolabili. Ma come spesso accade, alle promesse non sono seguite i fatti. Un gruppo di deputati (MP) ha sollecitato il governo Cameron a bloccare ogni ulteriore erogazione da parte dal Dipartimento per la Cooperazione Internazionale, fino a quando cesserà questa pratica; che interessa, secondo le stime di PMW, oltre 5.500 terroristi palestinesi. Alcuni dei quali sono particolarmente meritevoli, agli occhi dell’ANP – che pratica la versione palestinese del noto “chiagni e fotti” – da ricevere un salario complessivo di 2.000 sterline al mese.

A titolo di riferimento, una retribuzione media si aggira attorno alle 300 sterline. Rende fare il terrorista. E non è necessario condividerne l’ideologia criminale per esser indotti ad uccidere.

Il Borghesino

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